Steeleye Span, il bus del folk-rock inglese

“Steeleye Span is like a bus. It goes along and people get on and off it. Sometimes the bus goes along the route you want to go, and sometimes it turns off, so you get off.” (Maddy Prior)

Cinquant’anni (abbondanti) di attività, 24 album in studio, una manciata di live, un diluvio di concerti (principalmente in patria, ma con qualche eccezione, in un caso addirittura in Australia), numerosi cambi di formazione (con stessi musicisti entrati e usciti più volte dal gruppo, da qui la metafora del bus coniata da Maddy Prior) ma conservando un sound sempre riconoscibile. Questa in pillole l’avventura musicale degli Steeleye Span (nome rubato a un personaggio di una ballata, il “poor old Steeleye Span”, un carrettiere vittima di un prepotente datore di lavoro), il gruppo che con i Fairport Convention può legittimamente rivendicare il titolo di “fondatore del folk rock inglese”.

Usando line up sostanzialmente da gruppo rock, senza tastiere (e per un po’ senza batteria) ma con il violino, una voce solista prevalentemente femminile (in primis la straordinaria Maddy, presente in 22 dischi su 24) spesso integrata da impasti vocali perfetti (che raggiungono l’apice in sontuose esecuzioni a cappella), gli Steeleye hanno contribuito in modo determinante a svecchiare il folk della loro terra ridando nuova vita a ballate e melodie recuperate dall’imponente patrimonio dei traditionals delle isole britanniche, generando epigoni in patria e influenzando anche esperienze in altri paesi (come Malicorne in Francia o Folque in Norvegia).

SOMMARIO DISCOGRAFIA
[Prequel Tim Hart & Maddy Prior]
FOLK SONG OF OLD(E) ENGLAND (vol 1 e 2)
SUMMER SOLSTICE (1971)

[DISCOGRAFIA, tutti gli album in studio]
HARK! THE VILLAGE WAIT (1970)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
PLEASE TO SEE THE KING (1971)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
TEN MAN MOP OR MR. RESERVOIR BUTLER RIDES AGAIN (1971)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
BELOW THE SALT (1972)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
PARCEL OF ROGUES (1973)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
NOW WE ARE SIX (1974)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
Live at the Bottom Line (NYC 1974)
COMMONERS CROWN (1975)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
ALL AROUND MY HAT (1975)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
ROCKET COTTAGE (1976)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
STORM FORCE TEN (1977)
(+la scheda di Flavio Poltronieri)
LIVE AT LAST (1978)
(la scheda di Flavio Poltronieri)
SAILS OF SILVER (1980)
BACK IN LINE (1986)
TEMPTED AND TRIED (1989)
TIME (1996)
HORKSTOW GRANGE (1998)
BEDLAM BORN (2000)
PRESENT (2002)
THEY CALLED HER BABYLON (2004)
WINTER (2004)
BLOODY MEN (2006)
COGS, WHEELS AND LOVERS (2009)
WINTERSMITH (2013)
(+ la scheda di Cattia Salto)
DODGY BASTARDS (2016)
EST’D 1969 (2019)
THE GREEN MAN (2023)

PAGINA QUADRO, a cura di Sergio Paracchini

Un tributo agli Steeleye Span nato dalla collaborazione interattiva di alcuni Autori di Terre Celtiche Blog [ nuovo argomento 2024]..

stay tuned!!


Le origini

Il gruppo nasce ufficialmente nel 1969, per iniziativa del bassista Ashley Hutchings, che aveva appena lasciato i Fairport Convention dopo la pubblicazione del loro album capolavoro Liege and Lief, e del duo Tim Hart & Maddy Prior.
Origine del nome Steeleye Span (Cattia Salto)

FOLK SONG OF OLD(E) ENGLAND

Tim Hart & Maddy Prior – Folk Songs Of Olde England (Vol 1 & 2)

In un certo senso, questi due album possono essere considerati una sorta di prequel dell’avventura steeleyana.

TUTTI GLI ALBUM IN STUDIO

1. HARK! THE VILLAGE WAIT (1970)

L’album di esordio del gruppo rappresenta per diversi aspetti un unicum. Intanto è l’unico album pubblicato dalla primissima formazione, che con i soci fondatori (Ashley Hutchings, Tim Hart e Maddy Prior) vede i coniugi Terry e Gay Woods mentre alle percussioni si alternano nei diversi brani Gerry Conway e Dave Mattacks, due batteristi che avrebbero avuto in seguito carriere prestigiose.

Inoltre il sound del gruppo è ancora prevalentemente acustico e poco “rock”. Ma gli arrangiamenti raffinati, la bella alchimia degli strumenti e le incantevoli voci di Maddy e Gay donano all’album un’aura che rimane incontaminata a 50 anni di distanza. L’album si apre come meglio non potrebbe, con una “canzone di chiamata” scritta da Hutchings nello stile dei tradizionali canti usati dai gruppi di danzatori per radunare il pubblico.  Poi, senza soluzione di continuità, introdotta da un attacco di basso e batteria, parte la prima ballata. Ed è subito leggenda

Tim Hart electric guitar, banjo, dulcimer, harmonium, fiddle, vocals
Ashley Hutchings electric bass
Maddy Prior vocals
Gay Woods vocals, autoharp, concertina, bodhran
Terry Woods mandolin, banjo, electric guitar, vocals

Gerry Conway drums (2-3-5-6-7-8)
Dave Mattacks drums (4-10-11-12)

HARK! THE VILLAGE WAIT (la scheda di Flavio Poltronieri)

2. PLEASE TO SEE THE KING (1971)

Secondo album e già cambia la squadra in campo. Dalla formazione escono i coniugi Woods ed entrano Martin Carthy e Peter Knight, violinista che resterà nel gruppo fino al 2013.  Rispetto al primo disco, il suono si fa più elettrico, mentre scompaiono le percussioni. Il compito di “tenere il ritmo” se lo assume il basso di Ashely, e il risultato è strepitoso. L’apertura dell’album è una rivisitazione di The blacksmith con le nuove coordinate musicali. Altri pezzi pregiati di un album tutto comunque meraviglioso sono l’indiavolata Cold haily windy night, la classica Lark in the morning e la suggestiva Lovely on the water

Maddy Prior vocals, spoons, tabor, tambourine
Tim Hart guitar, dulcimer, vocals
Ashley Hutchings bass, vocals
Martin Carthy guitar, banjo, organ, vocals
Peter Knight fiddle, mandolin, organ, vocals

PLEASE TO SEE THE KING (la scheda di Flavio Poltronieri)

3. TEN MAN MOP OR MR. RESERVOIR BUTLER RIDES AGAIN (1971)

Stessa formazione del precedente e ancora un signor disco, stavolta pure impreziosito da una copertina straordinaria. Tra i gioielli dell’album il wassail gallese di apertura e la monumentale When I was on horseback, caratterizzata da un arrangiamento che esalta la gravità del tema. Ma personalmente andavo in visibilio anche per le due tracce strumentali, una suite di jigs e una di reels, impossibili da ascoltare stando seduti

1. Gower Wassail
2. Jigs: Paddy Clancy,s Jig / William Clancy’s Jig
3. Four Nights Drunk
4. When I was on horseback
5. Marrowbones
6. Captain Coulston
7. Reels: Dowd’s Favourite / £ 10 Float /
The Morning Dew

8. Wee Weaver
9. Skewball

Maddy Prior vocals, spoons, tabor
Tim Hart guitar, dulcimer, banjo, mandolin, vocals
Ashley Hutchings bass
Martin Carthy guitar, organ, vocals
Peter Knight fiddle, banjo, mandolin, timpani, vocals

TEN MAN MOP (la scheda di Flavio Poltronieri)

4. BELOW THE SALT (1972)

Il disco che cinquant’anni fa mi aprì le porte all’universo del folk-rock. Dal bus Steeley sono scesi l’irrequieto Ashley Hutchings (avviato a fondare un ennesimo nuovo gruppo, la Albion band) e Martin Carthy, rimpiazzati dal bassista Rick Kemp e dal chitarrista Bob Johnson, i quali contribuiscono in modo determinante a definire più compiutamente l’alchimia tra folk e rock che resterà marchio di fabbrica per tutta la stagione migliore dell’avventura steeleyana ma non si perderà mai del tutto.

Below the salt è un capolavoro a partire dalla mitica copertina, e regala una serie di gioielli musicali dall’idillio rurale di Spotted Cow alla saga gotica di King Henry, dal travolgente folk rock di Royal Forester alla suggestiva corale di Rosebud in June, dalla scintillante versione di John Barleycorn alla irresistibile chiusura di Saucy Sailor.

1. Spotted Cow
2. Rosebud in June
3. Jigs: The Bride’s Favourite / Tansey’s Fancy
4. Sheep-Crook and Black Dog
5. Royal Forester
6. King Henry
7. Gaudete
8. John Barleycorn
9. Saucy Sailor

Maddy Prior vocals, mourissette, tambourine
Tim Hart guitar, dulcimer, tabor, spoons, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Bob Johnson electric guitar, vocals
Peter Knight fiddle, viola, banjo, mandolin, piano, vocals

BELOW THE SALT (la scheda di Flavio Poltronieri)

5. PARCEL OF ROGUES (1973)

Da un capolavoro all’altro. Dopo Below the salt un altro album spettacolare. Dieci tracce diverse, tutte bellissime, molte memorabili nella storia del gruppo, dal quasi hard rock di Alison Gross alla dolente ballata di The Bold Poachers, dalla trascinante Wee Wee Man all’epico canto a cappella di Rogues in a Nation. Fino al capolavoro assoluto di Cam ye o’er Frae France, dove Maddy Prior vocalizza in stato di grazia sopra un arrangiamento spericolato che senza esagerare strizza l’occhio al prog rock dominante in quegli anni.

Maddy Prior vocals
Tim Hart guitar, dulcimer, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Bob Johnson electric guitar, vocals
Peter Knight fiddle, viola, mandolin, piano, recorders, harmonium, vocals

PARCEL OF ROGUES (la scheda di Flavio Poltronieri)

6. NOW WE ARE SIX (1974)

Il titolo dell’album allude al fatto di essere arrivati al sesto album pubblicato e di essere diventati in sei grazie all’ingresso nella band del batterista Nigel Pegrum. Il disco contiene alcuni dei brani diventati più famosi, come Drink down the moon e Thomas the rhymer. Meno entusiasmanti, imho, le incursioni fuori dal folk della title track e della filastrocca Twinkle twinkle little star, mentre la To know him is to love him di Phil Spector si fa apprezzare per la brillante interpretazione vocale di Maddy Prior

Maddy Prior vocals
Tim Hart guitar, electric dulcimer, banjo, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Bob Johnson electric and acoustic guitar, vocals
Peter Knight fiddle, mandolin, banjo, piano, vocals
Nigel Pegrum  drums, recorder, flute, oboe, tambourine

NOW WE ARE SIX (la scheda di Flavio Poltronieri)

7. COMMONERS CROWN (1975)

Una copertina molto originale introduce questo altro disco brillante della “migliore formazione” degli Steeleye. L’album contiene la mitica Long Lankin (nella mia personalissima classifica la canzone più bella di tutta la discografia del gruppo) ma anche molto altro e si conclude con una effervescente versione di New York girls che vede la presenza di Peter Sellers all’ukulele

Maddy Prior vocals
Tim Hart guitar, dulcimer, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Bob Johnson guitar, vocals
Peter Knight violin
Nigel Pegrum  drums, flute

COMMONERS CROWN (la scheda di Flavio Poltronieri)

Tra i due album in studio s’incunea questo live registrato pochi mesi dopo la registrazione dell’album “Commoners Crown” e contiene brani di quell’album come Long Lankin, Little Sir Hugh e Demon Lover. Una sessione privata fatta per il programma televisivo tedesco Rockpalast

live 1975

8. ALL AROUND MY HAT (1975)

All around my hat può essere definito il “disco della discordia”, l’unico vero grande successo commerciale del gruppo e (di conseguenza?) il più vituperato dai puristi del folk. E’ indubbio che in questo album le radici tradizionali appaiono sbiadite in favore di un sound più genericamente rock. Ma ci sono brani che personalmente trovo degni della storia della band, come la grintosa Hard times of old England, o Cadwight anthem, che rimanda ad altre splendide loro esecuzioni a cappella o ancora Black Jack Davy.  Quanto alla title track, il cui singolo trascinò il successo dell’album, è vero che può apparire un poco irritante e ruffiana, ma è anche assai divertente.

Maddy Prior vocals
Tim Hart guitar, dulcimer, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Bob Johnson guitar, vocals
Peter Knight violin, mandolin, vocals
Nigel Pegrum drums, flute

ALL AROUND MY HAT (la scheda di Flavio Poltronieri)

9. ROCKET COTTAGE (1976)

Ultimo disco della formazione d’oro, che infatti si sfalderà subito dopo, presenta evidenti segni di usura e mancanza di idee. Si salvano pochi brani, su tutti Sir James the Rose o London che, in apertura del disco, creava anzi aspettative migliori. Altri brani comunque interessanti, come Twelve witches o The brown girl o soprattutto Orfeo evidenziano pecche nella registrazione. L’impressione generale è di un album meno curato dei precedenti.

1. London
2. The bosnian hornpipes (strum)
3. Orfeo / Nathan’s Reel
4. The twelve witches
5. The brown girl
6. Fighting for strangers
7. Sligo Maid (strum)
8. Sir James the Rose
9. The drunkard

Maddy Prior vocals
Tim Hart guitar, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Bob Johnson guitar, vocals
Peter Knight violin, mandolin
Nigel Pegrum drums

ROCKET COTTAGE (la scheda di Flavio Poltronieri)

10. STORM FORCE TEN (1977)

La crisi del gruppo, che porta all’abbandono di Bob Johnson e Peter Knight, non interrompe il viaggio dell’autobus steeleyano. Nel 1977 esce questo decimo album, che vede rientrare in squadra Martin Carthy insieme a John Kirkpatrick. La presenza della chitarra di Martin, più “classica” di quella rock di Johnson e di una fisarmonica al posto di un violino cambia piuttosto sensibilmente il sound del gruppo, tanto da renderlo poco accettato da una parte del pubblico steeleyano. Inoltre la pubblicazione dell’album nel pieno dell’esplosione del punk non fu probabilmente una scelta commercialmente felice.

Eppure questo album così “strano” è a sua volta uno scrigno di tesori, non solo per i consueti traditionals rivisitati (dalla maestosa intro di Awake Awake, ispirata al Canto di Salomone, al frizzante finale di  Seventeen Come Sunday) ma anche per le due canzoni brechtiane, la antiwar song The wife of the soldier  e la formidabile Black Freighter da L’Opera da Tre soldi

Maddy Prior vocals
Tim Hart guitar, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Martin Carthy guitar, vocals
John Kirkpatrick accordion, vocals
Nigel Pegrum drums

STORM FORCE TEN (la scheda di Flavio Poltronieri)

11. LIVE AT LAST (1978)

E’ il primo live pubblicato dal gruppo e la formazione è quella di Storm Force Ten. Però contiene molti brani inediti che ne giustificano la collocazione in questa rassegna. Il pezzo forte del disco è sicuramente la lunga ballata Montrose, ma sono altrettanto piacevoli The maid and the palmer e la rivisitazione con nuovo arrangiamento di The false knight on the road.

Nelle note di copertina del disco Tim Hart scrive che dpo la pubblicazione dell’album stesso la band si è sciolta. Come sanno tutti i fans steeleyani, per fortuna di trattò di un annuncio fake

1. The Atholl Highlanders/Walter Bulwer’s Polka
2. Saucy sailor / The Black Freighter
3. The maid and the palmer
4. Hunting the wren
5. Montrose
6. Bonnets so blue (strum)
7. The false knight on the road

Maddy Prior vocals
Tim Hart guitar, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Martin Carthy guitar, vocals
John Kirkpatrick accordion, vocals
Nigel Pegrum drums

LIVE AT LAST (1978) (la scheda di Flavio Poltronieri)

12. SAILS OF SILVER (1980)

A meno di due anni dall’annunciata fine della band esce invece questo nuovo disco di inediti. Dopo la parentesi del 77-78, il gruppo è di nuovo nella formazione “classica” degli anni ’70. Il disco però (probabilmente fatto per i soliti “obblighi contrattuali”) suona in modo completamente diverso; i brani non sono tradizionali ma composti dalla band e gli arrangiamenti più che al folk tendono al pop. Insomma, anche i nostri eroi sembrano non resistere all’aria che tira e fanno un disco che all’ascolto suona comunque piacevole, ma da tutt’altra parte rispetto alla loro gloriosa storia

Maddy Prior vocals
Tim Hart guitar, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Bob Johnson guitar, vocals
Peter Knight violin, keyboards, vocals
Nigel Pegrum drums, percussion, woodwind

13. BACK IN LINE (1986)

Dopo l’esperimento “pop” (non felicissimo) di Sails of silver ad inizio decennio, il gruppo si inabissa per davvero e i musicisti si dedicano ad altro. Johnson apre un ristorante e si laurea in psicologia, Pegrum apre uno studio di registrazione, Prior e Kemp fanno figli. Per un nuovo disco si deve attendere il 1986. La formazione è la più classica dei ’70 ma per la prima volta senza il “socio fondatore” Tim Hart; come omaggio ai tempi, l’aggiunta (discreta) di un Yamaha DX7, uno dei più famosi sintetizzatori digitali. 

Complessivamente un disco piuttosto disomogeneo, nel quale non mancano comunque brani di pregio, come la ballata Edward e il remake di Blackleg miner, entrambe riarrangiata da Bob Johnson in stile rock “sincopato”. Isabel offre una bella interpretazione di Maddy, mentre singolare è la funkeggiante White Man, giocata su un complesso arrangiamento corale.

Maddy Prior vocals
Rick Kemp bass, vocals
Bob Johnson guitar, vocals
Peter Knight violin, vocals
Nigel Pegrum drums
guest Vince Cross synthesizer Yamaha DX7

14. TEMPTED AND TRIED (1989)

Dopo Back in line scende dal bus Rick Kemp, afflitto da problemi ad una spalla che gli impediscono di suonare. Al suo posto arriva il giovane Tim Harries che sembra portare nuove energie al gruppo. Il nuovo album infatti richiama l’approccio storico degli Steeleye al folk rock; gli arrangiamenti appaiono più semplici e meno innovativi rispetto ai capolavori del decennio precedente, ma rendono i brani orecchiabili e capaci di catturare con immediatezza l’ascoltatore.

Oltre ai traditionals riarrangiati, tra i quali spiccano Padstow (canto tradizionale del maggio nell’omonimo villaggio in Cornovaglia) e la rockeggiante Jack Hall, l’album propone tre brani composti da Peter Knight, tra i quali il suggestivo Following me.

1. Padstow
2. The fox
3. Two Butchers
4. Following me
5. Seagull
6. The cruel mother
7. Jack Hall
8. Searching for lambs
9. Shaking of the sheets
10. The First House in Connaught/Sailor’s Bonnet (strum)
11. Betsy Bell and Mary Gray

Maddy Prior vocals
Tim Harries bass, piano, vocals
Bob Johnson guitar, vocals
Peter Knight violin, mandolin, vocals
Nigel Pegrum drums

15. TIME (1996)

Nel 1995 il gruppo festeggia il 25-esimo anniversario con un tour nel quale la maggior parte degli ex-componenti suona insieme. Il successo del tour (documentato nel prezioso cofanetto The Journey) è da stimolo alla pubblicazione di un nuovo album in studio. I problemi di voce manifestati da Maddy Prior la inducono a ricontattare Gay Woods. Time, che vede le due voci femminile insieme come l’album di esordio, è una sorta di “resurrezione” del gruppo che mancava dalla scena discografica da sette anni ed è un gran bel disco.

Tra i brani migliori la Child Ballad The elf knight, la delicata e malinconica Go from my windows, la grintosa rivisitazione di Corbies (Twa Corbies nel primo album)

Maddy Prior vocals
Gay Woods vocals, bodhran
Tim Harries bass, vocals
Bob Johnson guitar, vocals
Peter Knight violin, vocals
Liam Genockey drums

16. HORKSTOW GRANGE (1998)

28 anni dopo l’esordio esce un disco degli Steeleye Span senza la voce di Maddy Prior. E per molti fans del gruppo (come chi scrive) è un piccolo trauma. Steeleye senza Maddy è come Genesis senza Peter Gabriel, ci volle del tempo per metabolizzare. Gay Woods peraltro è una bravissima cantante, anche se la sua voce è assai diversa da quella di Maddy. Con la storica vocalist anche Liam Genockey non è della partita; Dave Mattacks appare come ospite in qualche brano ma la maggior parte di essi è senza batteria.

Il tutto rende Horkstow Grange un disco che suona più folk e meno rock dei classici Steeleye, con qualche momento brillante, come Erin o Bonny Birdy assieme ad altri meno memorabili. Complessivamente, un album che appare un po’ indefinito. Andrà molto meglio con il successivo

Gay Woods vocals, bodhran, tambourine
Bob Johnson acoustic & electric guitar, vocals
Tim Harries bass, piano, keyboards, vocals
Peter Knight violin, viola, piano, vocals
guest Dave Mattacks drums

17. BEDLAM BORN (2000)

L’album che saluta la fine del millennio è uno dei più rock dell’intera avventura discografica steeleyana. Arrangiamenti energici e schitarrate come non si udivano dai tempi di Alison Gross. In primissimo piano proprio il chitarrista Bob Johnson, già nei settanta anima più squisitamente rockettara del gruppo, affiancato dalla efficace sezione ritmica di Tim Harries e Dave Mattacks, ospite d’eccezione anche in questo disco.

Pure Gay Woods appare in grande spolvero (molto più che nell’album precedente) anche se canta da solista solo in cinque brani, tra i quali emergono la dolente I see his blood upone the rose e la struggente ninna nanna irlandese The Connemara Cradle Song

Gay Woods vocals, bodhran
Bob Johnson acoustic & electric guitar, vocals
Tim Harries bass, electric guitar, keyboards, vocals
Peter Knight violin, keyboards, vocals
guest Dave Mattacks drums

18. PRESENT (2002)

Un vero e proprio “regalo” (confezionato in un doppio CD con splendida copertina) che gli Steeleye fanno ai loro fans. Riuniti nella formazione classica degli anni settanta (senza Tim Hart e con Genockey alla batteria) registrano con nuovi arrangiamenti una serie di brani classici della loro storia. Ne viene fuori un lavoro semplicemente commovente, in cui canzoni già originariamente bellissime sono rese ancora più sfavillanti, mantenendo di base gli arrangiamenti originali, tranne che in Hard times of old England, rifatta in versione “rallentata”. Present contiene anche un inedito, la corale Lyke-Wake Dirge (già una hit dei Pentangle in Basket of light)

Maddy Prior vocals
Bob Johnson acoustic & electric guitar, vocals
Rick Kemp bass, guitar, vocals
Peter Knight violin, ocyave violin, piano, organ, mandolin, vocals
Liam Genockey drums, cymbals

19. THEY CALLED HER BABYLON (2004)

Ennesima “resurrezione” del gruppo nel 2004, con ennesimo rivoluzionamento della formazione. Abbandonano Woods e Johnson, rientrano Maddy Prior, Rick Kemp e il batterista Genockey, mentre fa il suo esordio alla chitarra Ken Nicol. Ne viene fuori un nuovo disco molto bello, con atmosfere che rimandano alla golden era. Peter Knight, che ha preso il posto di Johnson come arrangiatore, ci regala brani di grande fascino, come la title track (ballata che si riferisce all’assedio di Lathom House del 1644, durante la Guerra Civile inglese), Samain, Child Owlet, Van Diemen’s land. Risentire la voce di Maddy, ancorché un poco segnata dalle ingiurie del tempo, è la ciliegina sulla

Maddy Prior vocals
Rick Kemp bass, vocals
Ken Nicol guitar, vocals
Peter Knight violin, Octave violin, keyboards, vocals
Liam Genockey drums

20. WINTER (2004)

Classico album “natalizio”, confezionato nel 2004 dalla formazione di They called her Babylon. Come molti dischi di questo genere, non è particolarmente entusiasmante anche se la band esegue con la consueta maestria un mix di canti alcuni medievali altri più recenti. Una citazione particolare meritano la trascinante Mistletoe Bough composta da Ken Nicol e la versione “accelerata” e rockettara di Good King Wenceslas.

1. The first Nowell
2. Down in Yon Forest
3. Unconquered sun
4. Chanticleer
5. Bright morning star
6. Winter
7. See amid the winter’s snow
8. Mistletoe Bough
9. Sing we the Virgin Mary
10. Today in Betlehem
11. Slow your trumpet Gabriel
12. Hark! The herald angels sing
13. Good King Wenceslas
14. In the bleak midwinter

Maddy Prior vocals
Rick Kemp bass, vocals
Ken Nicol guitar, vocals
Peter Knight violin, viola, electric piano, vocals
Liam Genockey drums

[le schede dell’album saranno analizzate e completate per il Natale 2024]

21. BLOODY MEN (2006)

Stessa formazione del disco precedente per un album altrettanto interessante. Notevole, ad esempio, l’interpretazione di Bonnie Black Hare con Maddy che canta su toni insolitamente gravi e Peter Knight che suona il violino come fosse una chitarra elettrica. E che dire della versione “hard-rock” di Cold haily windy night? Il secondo Cd presenta una mini opera rock in 5 movimenti, scritta da Rick Kemp e dedicata a Ned Ludd, protagonista delle rivolte operaie dell’Ottocento

Maddy Prior vocals
Rick Kemp bass, vocals
Ken Nicol guitar, vocals
Peter Knight violin, vocals
Liam Genockey drums

22. COGS, WHEELS AND LOVERS (2009)

Il disco del 2009, il quarto con la stessa formazione dei primi anni duemila, segna una sorta di “ritorno alle origini” in quanto presenta solo brani tradizionali (naturalmente rivisitati “elettricamente”) e nessun pezzo composto da uno o più componenti della band. Arrangiamenti raffinati e ottime esecuzioni rendono l’album assai gradevole. Ovviamente non si possono fare confronti con i capolavori degli anni ’70, ma occorre riconoscere che il bus Steeley, arrivato alla fine del quarto decennio di percorso, ancora ha il suo perchè

Maddy Prior vocals
Rick Kemp bass, vocals
Ken Nicol guitar, vocals
Peter Knight violin, vocals
Liam Genockey drums

23. WINTERSMITH (2013)

Il primo e unico “concept” realizzato dal gruppo in collaborazione con Terry Pratchett, scrittore inglese di fantasy. I due nuovi elementi della band, il chitarrista Julian Littman e il polistrumentista Pete Zorn, chiamati a sostituire Ken Nicol, appaiono perfettamente integrati nel gruppo e contribuiscono efficacemente a far sì che i 16 brani dell’album fluiscano armonicamente come un’unica suite. Tra gli ospiti nella registrazione da segnalare il ritorno della voce di Bob Johnson

1. Overture
2. The Dark Morris song
3. Wintersmith
4. You
5. The good witch
6. Band of teachers
7. The Wee Free Men
8. Hiver
9. Fire & Ice
10. The making of a man
11. Crown of ice
12. First Dance
13. The Dark Morris tune
14. The Summer Lady
15. Ancient eyes
16. We shall wear midnight

Maddy Prior vocals
Rick Kemp bass, vocals
Julian Littman guitar, piano, vocals
Pete Zorn guitar, sax, vocals
Peter Knight violin, vocals
Liam Genockey drums
Guest
John Spiers  melodeon
Kathryn Tickell northumbrian pipes
Bob Johnson vocals
Terry Pratchett spoken words

WINTERSMITH (la scheda di Cattia Salto)

24. DODGY BASTARDS (2016)

Il ventitreesimo album non sfigura per nulla a cospetto dei capolavori degli anni ’70. Ad accompagnare Maddy una formazione ancora rinnovata. Se n’è andato anche lo storicissimo violinista Peter Knight, ma la bella e brava Jessie May Smart riesce a non farlo rimpiangere. L’album comprende per lo più rivisitazioni di Child Ballads, tra le quali spiccano una Cruel Brother magnificamente orchestrata ed eseguita con una grinta e un’intensità davvero d’altri tempi.

Magnifici anche i due remake: All things are quite silent (già nel primissimo album) eseguita in tono ancora più delicato e “sofferto” dell’originale e Boys of Bedlam, stravolta con un arrangiamento heavy rock (addrittura con un intermezzo “rappato”). Irresistibile la traccia strumentale che dà il titolo all’album

Maddy Prior vocals
Rick Kemp bass, vocals
Julian Littman guitar, mandolin, keyboards, vocals
Spud Sinclair guitar, vocals
Jessie May Smart violin, vocals
Liam Genockey drums

25. EST’D 1969 (2019)

L’ultimo (finora) album in studio celebra il cinquantennio della fondazione del gruppo. L’ultimo cambio di formazione vede l’uscita di Rick Kemp, rimpiazzato da Roger Carey, e l’ingresso di Benji Kirkpatrick, figlio del John era salito sul bus Steeleye nel biennio 1977-78. Pur senza raggiungere le vette del precedente Dodgy Bastards, anche questo è un buon album. Tra i brani migliori la traccia iniziale Harvest, l’epica Old Matron che vede la partecipazione di Ian Anderson con l’inseparabile flauto, l’acustica January Man e la scanzonata Domestic.

1. Harvest
2. Old Matron (Child 249)
3. The January Man
4. The Boy and the Mantle
5. Mackerel of the sea
6. Cruel ship’s carpenter
7. John Hobbs/My Husband’s Got No Courage in Him
8. Roadways
9. Reclaimed

Maddy Prior vocals
Julian Littman guitar, mandolin, keyboards, vocals
Spud Sinclair guitar, vocals
Jessie May Smart violin, vocals
Benji Kirkpatrick bouzouki, mandolin, banjo, guitar, vocals
Roger Carey bass, vocals
Liam Genockey drums
Guest
Ian Anderson flute on “Old Matron”
Sophie Yates harpsichord on “The boy and the mantle”

APPENDICI

SUMMER SOLSTICE (1971)

Il terzo album della coppia Maddy Prior / Tim Hart fu pubblicato nel 1971, quando i due già avevano contribuito a fondare gli Steeleye Span. Rispetto ai due album delle Folk songs, questo disco si caratterizza per l’inserimento (discreto) di strumentazione elettrica nonché per l’uso della tecnica multitraccia nella registrazione

False Knight on the Road
Bring Us in Good Ale
Of All the Birds
I Live not Where I Love
The Ploughboy and the Cockney
Westron Wynde
Sorry the Day I Was Married
Dancing at Whitsun (Austin John Marshall, Copper Family)
Fly up My Cock
Cannily Cannily (Ewan MacColl)
Adam Catched Eve
Three Drunken Maidens
Serving Girls Holiday

Maddy Prior vocals
Tim Hart vocals, acoustic & electric guitar, dulcimer, harmonium, psaltery, tabor
guest
Andy Irvine mandolin (10)
John Ryan strung bass (10, 12)
Gerry Conway percussion (1) bells (2)
Pat Donaldson electric bass (1, 5)
Robert Kirby string arrangement (4)

THE GREEN MAN (2023)

Un album molto particolare, che contiene 4 brani inediti, 3 vecchi brani ri-registrati, un paio di live da concerti del 2018 (la formazione di Dodgy Bastards) e, a completamento, una compilation di pezzi dagli ultimi due album in studio. Il brano che dà il titolo all’album è una canzone ecologista scritta da Bob Johnson negli anni ’80 e qui viene presentata nella versione originale (che non fu inclusa in alcun disco) e in una rifatta dalla attuale formazione. Essendo Bob scomparso da poco, l’album finisce per essere un omaggio al chitarrista protagonista di più stagioni fondamentali nella carriera degli Steeleye Span

Green Man
Hard times of old England (feat. Francis Rossi)
Hey Nonny Violence
Ship Building
Jack Hall
New York Girls
Old Matron
Dodgy Bastards
The Gardener
Cruel Brother
Harvest
January Man
Green Man (versione originale)
Edward (live 2018)
Sir James The Rose (live 2018)

Maddy Prior, Julina LIttman, Spud Sinclair, Liam
Genockey: tutti i brani tranne 13
Roger Carey (bass) tutti tranne 8-9-10
Jessie May Smart (violin) in 2-5-7-8-9-10-11-12-14-15
Athena Octavia (violin) in 1-3-4
Benji Kirkpatrick in 5-8-9-10-14-15
Maddy Prior, Bob Johnson, Peter Knight, Rick Kemp,
Nigel Pegrum in 13

LINK
https://steeleyespan.org.uk/
https://steeleyespanfan.co.uk/
https://mainlynorfolk.info/steeleye.span/records/
https://en.wikipedia.org/wiki/Steeleye_Span_discography
http://www.folkvinyls.it/steeleye.htm
https://www.blogfoolk.com/2022/11/steeleye-span-live-at-rainbow-theatre.html [Flavio Poltronieri]

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Pubblicato da Sergio Paracchini

Sergio Paracchini, ascoltatore seriale di buona musica, dagli anni ’70 innamorato del folk revival (celtico e non solo). Gestisce il gruppo Facebook “Folk rock e dintorni”.

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