Reina Jana (o Rejna Jano)

Reina Jana (o Rejna Jano), Regina Giovanna è un personaggio leggendario ancora ricordato nelle Valli del Cuneese (Piemonte) la cui figura storica originaria si è ammantata di ancestrali credenze collegate alle Jankas/Janas creature fatate/guardiane dei luoghi sacri (in particolare le acque sorgive) riscontrate sia in Piemonte/Valle d’Aosta che in Sardegna.

Scrive Roberto Gremmo: “Come le donne dai piedi d’oca della val dl’Elf anche le Janas di Sardegna vivevano appartate in profonde caverne, nascondevano dei grandi tesori, erano padrone di segrete pratiche salvifiche che avevano confidato generosamente agli abitanti del luogo, allontanandosi dopo aver subito un ingiusto oltraggio.. le notevoli somiglianze fra le due tradizioni non vanno considerate casuali o fortuite ma sono invece il segno evidente di quel che resta in forma epica della comune matrice culturale delle antiche popolazioni megalitiche che per prime civilizzarono l’Europa occidentale. Dai Baschi ai Sardi, dai Pirenei catalani alle Alpi attorno al Monte Bianco ed al Monte Rosa fino alle Marittime.” [6]

Il personaggio storico

Reina Jana (o Rejna Jano) è una figura fantastica dalla fusione del ricordo di due personaggi storici[1]: Giovanna II d’Angiò-Durazzo, nota anche come Giovanna II di Napoli, (1373-1435) e in particolare sua zia Giovanna I di Napoli ovvero Giovanna I d’Angiò (1326-1382) accumunate da analoghi destini, dal medesimo carattere volitivo e dalle leggendarie attitudini libertine, ma in essa confluiscono anche leggende come quella della visigota Pedoca figlia di Alarico e miti che ci portano alle antiche credenze celtiche.
Giovanna I fu anche Contessa di Provenza, di Forcalquier e di buona parte del Cuneese.
Molti luoghi ne conservano il ricordo anche al di qua delle Alpi, dove nel medioevo si
estendevano i domini provenzali. Le valli cuneesi Grana, Stura di Demonte, Gesso e Maira
sono i luoghi dove maggiormente si è conservato il mito di Giovanna.
Alla regina Giovanna Frederic Mistral, premio Nobel per la letteratura e fautore del rilancio
della lingua occitano-provenzale ha dedicato il suo unico dramma[2] e nell’introduzione veniamo a conoscenza di numerose opere di autori precedenti ispirate alle vicende di Giovanna.

La chançoun de la Rèino Jano

La mitica Giovanna d’Angiò (1326-1382), prima regina donna d’Europa, sovrana di Napoli, Sicilia, Acaia greca, Provenza e Forcalquier francesi, Gerusalemme, al fine di garantirsi una porta di accesso tra Provenza e Piemonte regnò nella strategica Valle Stura accordando numerosi privilegi a quelle genti. Nella vallata, dell’Appennino Ligure oggi appartenente a Genova e Alessandria, era per questo considerata una benefattrice, alcune canzoni tradizionali sono rimaste a testimoniarlo.
Ancor oggi è riscontrabile l’immagine della sua luminosa bellezza e delle qualità ritenute semi-divine, sui monti della Granda numerosi luoghi evocano La Rèino Jano e ancor più toponimi la citano, laddove storia e mito circondano la sua leggendaria figura
. [Flavio Poltronieri stralciato da Quando le Alpi piemontesi scesero in Calabria]

Senhal -La reino Jano

La composizione in occitano (provenzale alpino) fu pubblicata nel 1930 da Alfonso Maria Riberi e non risale al Medioevo ma probabilmente fu scritta nel XIX o XX secolo in Valle Stura nella parlata locale della valle mescolata ad un po’ di provenzale (oggi si direbbe un fake)[3].

Commenta Philippe Martel interpellato nel merito da Monique Palomares “Conosco questo testo, pubblicato nel 1930 da Riberi nel Folclore cuneese. Lo presenta come un testo medievale della Valle Stura (vicina alla mia). Come si dice in oïl (francese), si tratta di un fake, realizzato probabilmente nell’800 o nel 900 da un tipo che conosceva un po’ la lingua di Stura “Chanson, tuchi courioun”, un po’ di provenzale (il participio passato forma in -ado – ido) e che aveva sentito parlare della regina Giovanna. Aggiunge anche l’occitano medievale sconosciuto nelle Alpi (“meteisha causa” nella versione Riberi). E sì, penso come te che “clèio” sta per “chiave”, per la rima. Sjàissa non mi dice niente”

L’aigla tournaivo – soubra la mountagno,
sous li passaivo – nosto reina Jano.
Que causa vèire – ela ‘ncourounado
sus les gran peire – de la Baricado!
Tuchi courìoun – à lou sìou passage,
tuchi venìoun – à li far oumage.
Tuchi pourtavoun – de flours, de tello
e li dounavoun – d’ogni causo bello.

Foro la glèia – del noste San Lauren
pòrtoun la clèia – ‘n bassi d’argèn.
I es la bailìa – que li fai presèn
e ‘n coumpagnìa lou aba de San Lourèn.
Venès, chivaus – trop vite, trop lèns,
metàisa causa: – es fach lou serments.
Passa la sjàissa – la guèrra es finida,
lou mound se pàissa – l’obra es polida.

Passa la sjàissa – passa l’asìr,
revèn la vida – revèn lou plasir.
L’aigla tournaivo – de soubra, de lèns,
‘n bèc tenaivo – ‘n bèu liri ‘strèns.
Lou lìri blau – trait à la mountagno
dins lou jardin – de la rèina Jano.
Les saps arsònen – de nosto jouissanço,
les vals entònen – les chançouns de danço.

Viva la rèina – de nosto mountagno,
e tout lou mounde – qu’aici l’acoumpagno.
Viva la rèina – embè sa baronìa
e tuchi les mestres – de Senescallìa.
Vièrge Marìo per plans e mountagno
garda Tu, pìo nosto rèina Jano
Vièrge Marìo per plans e mountagno
garda Tu, pìo nosto rèina Jano.

L’aquila roteava sopra la montagna
sotto le passava la nostra Regina Giovanna.
Che cosa mirevole lei incoronata
sulle grandi pietre dalle Barricate(1)!
tutti correvano al suo passaggio
venivano tutti a renderle omaggio.
Tutti indossavano fiori, della tela
e le donavano ciascheduno, delle cose bellissime.

Fuori dalla chiesa del nostro San Lorenzo,
portano la chiave(2) in un bacile d’argento.
È il villaggio che le fa un regalo
in compagnia dell’Abate di San Lorenzo(3).
[Venite cavalli in fretta o lentamente
fa lo stesso: si è già fatto giuramento di fedeltà.
Passa la paura, la guerra è finita(4),
il mondo si calma, l’opera è luminosa

Passa la paura(5), passa l’odio,
torna la vita, torna il piacere.
L’aquila roteava di sopra, di sotto,
nel becco teneva stretto il bel giglio.
Il giglio azzurro colto sulla montagna
nel giardino(6) della Regina Giovanna.
Gli abeti risuonano della nostra esultanza,
le valli intonano i canti della danza.]

Viva la regina della nostra montagna
e tutto il mondo che qui l’accompagna.
Lunga vita alla Regina con la sua baronia(7)
e tutti i maestri di Siniscalchia (8).
Vergine Maria, per pianure e monti,
custodisci pia la nostra regina Giovanna.
Vergine Maria, per pianure e monti,
custodisci pia la nostra regina Giovanna

NOTE di Cattia Salto, traduzione italiana di Monique Palomares e tra parentesi quadra i versi tradotti da Flavio Poltronieri
(1) gli storici non sono concordi in merito al soggiorno nei domini delle montagne piemontesi occitane (Vermenagna, Gesso, Stura, Grana e Maira) della Regina Giovanna. E tuttavia molte sono le narrazioni leggendarie (come anche i toponimi) riferite alla Regina. In Valle Stura è inseguita da un esercito nemico e sollevata da un gruppo di angeli (o da uno stregone) su un pianoro che prese il nome di “Jardin de la Reino Jano”, sovrastante lo strapiombo delle “Barricate[7] trattasi di un imponente contrafforte di roccia calcarea che forma col versante opposto una stretta gola in cui scorre il torrente Stura, a monte della frazione di Pontebernardo (comune di Pietraporzio)
(2) “Cléia” è una mescolanza di francese (clé =  chiave) e d’occitano –”ia”
(3) La fondazione della chiesa di San Lorenzo a Bersezio si fa risalire ai monaci di San Teofredo di Le Puy, che nel XI secolo, si insediarono, con numerosi priorati, in tutta la Valle Stura fino a Cherasco, fissando due importanti capisaldi a Bersezio ed a Cervere. Trattasi di un Priorato più che di un’abazia; qui si conserva il braccio reliquiario di San Lorenzo
https://www.visitstura.it/fileadmin/vallestura/contents/Progetto_Valle_Stura_una_valle_mille_opportunita/4_Argentera_S._LORENZO_def.pdf
Daniele Tron in Cenni sulla storia della vai Pellice scrive a proposito del proliferare di grandi monasteri ai piedi delle Alpi: “In genere la nascita di una nuova abbazia avveniva con modalità abba stanza tipiche. Un signore «per la salvezza della sua anima e in suffragio dei suoi defunti» donava una vasta estensione di terreno in una località solitaria e incolta; al centro nasceva l’edificio abbaziale, circondato ben presto da campi, prati, boschi. In seguito altre donazioni, spesso lontane dall’abbazia, venivano ad accrescerne il patrimonio; in queste località periferiche poteva venir eretto un priorato, dipendente dall’abbazia, con un priore e qualche monaco”
(4) In questa canzone la Regina Giovanna è ritratta come una signora buona e benefica portatrice di pace nel Regno
(5) “passà la sgiasso” in piemontese lo sgiai è lo spavento/brivido (nella mia famiglia, originaria dal Canavese) si diceva fare “sgiai” quando una persona era mal vestita o aveva una brutta cera a causa di una malattia o perchè con i capelli/vestiti in disordine. Aggiunge Monique Palomares che la parola occitana per sgiai è “esglai/esglasi” e vuol dire terrore, spavento. Può significare anche fantasma, spettro/spirito
(6) il piccolo terrazzo prativo sospeso sulle Barricate a Pietraporzio denominato appunto “il giardino della regina Giovanna”.
(7) Nel 1214 Demonte si costituí in Comune, su gentile concessione del Marchese di Saluzzo. Gli Angió, infine, nel 1259 si impossessarono di tutta la valle stura fino al Colle della Maddalena, e la unirono in seguito alla Provenza . La storia di Demonte è legata alle vicende di due famiglie nobiliari: i Bolleris (dal sec.XIV) e i Borelli (dal Sec. XIX). I primi entrarono nella storia di Demonte nel 1372 nella persona di Franceschino Bolleris, Signore di Salmour, il quale riconquistato il castello di Demonte per gli Angiò di Provenza e cacciati i Visconti di Milano, venne insignito da Giovanna I d’Angiò del titolo di Vicario Regio. Nel 1376, la regina Giovanna I, a seguito di nuove imprese guerresche nelle quali ricaccia Gian Galeazzo Visconti che aveva reinvaso la valle, infeuda Franceschino Bolleris, ed i suoi eredi, dei beni e dei redditi del luogo, di Roccasparvera e di Centallo, e lo nomina feudatario di Demonte e della Valle Superiore di Stura. (stralciato da https://www.visitdemonte.com/la-storia)
(8) anche Senescallia Sotto Giovanna.. la residenza cisalpina dei siniscalchi diviene occasionale e ha come cuore Cuneo. I grandi ufficiali non hanno dunque una propria sede, né, per quanto se ne sa, veri e propri archivi fisici, ma soltanto propri notai che li accompagnano e registrano via via gli atti.. Dopo la morte di Roberto I, sotto Giovanna I, con il nuovo declino della potenza regia nell’Italia nord-occidentale, l’autorità sulla regione, ormai ridotta entro i limiti del comitatus Pedemontis, tornò al siniscalco di Provenza, inizialmente nei termini di una luogotenenza : Fulques d’Agoult nel 1355 era siniscalco di Provenza ma vicegerens in comitatu Pedemontis. Furono effettuati alcuni effimeri tentativi di ripristinare una guida autonoma dei domini angioini al di qua delle Alpi all’inizio degli anni Sessanta del Trecento, dapprima con il genovese Gaspare Lercaro, poi, tra il 1362 e il 1363, con il vescovo di Alba, Lazzarino Fieschi, eccezionalmente indicato come gubernator Pedemontis, e infine con Guigues Flotte. Ma ormai il progetto di annessione del comitatus a quelli di Provenza e Forcalquier appariva ben delineato : nel 1363 Fulques d’Agoult risulta intitolato in alcune scritture come siniscalco dei tre comitati di Provenza, Forcalquier e Piemonte (stralciato da I siniscalchi e i grandi ufficiali angioini di Piemonte e Lombardia di Riccardo Rao https://books.openedition.org/efr/3035?lang=it a cui si rimanda per una disamina approfondita)

Le leggende della Regina Giovanna nel Cuneese

Una leggenda della Val Grana vuole che la Reino Jano fuggiasca nelle valli, sentendo la sua fine prossima chiese ai valligiani di essere sepolta ai piedi di una vite.
In Valle Maira, non lontano da Montemale, nella località “argille” ci sono i ruderi di un castello-torre di avvistamento. La tradizione locale, vuole il maniero appartenuto alla Regina Giovanna[4] e una leggenda racconta del fantasma di un nobile cavaliere. Si tratterebbe di uno dei tanti amanti della regina che venutole a noia sarebbe stato letteralmente defenestrato. Ma nel bosco si aggirerebbe anche un’altra aliena presenza, quella della “dama bianca” che altri non sarebbe che la Reino Jano stessa pentita per il misfatto.
A monte di Entracque, troviamo invece le Gorge della Reina[5]. All’origine delle dirupate gole
sarebbe stato il rifiuto della regina Giovanna di prendere in sposo il figlio del Re di Francia.
Questi, adirato, le mosse incontro con il suo esercito. La Regina si rifugiò allora a Roaschia.
Gli sgherri del pretendente respinto furono però fatte sprofondare dall’ira divina nell’abisso
delle gorge, apertosi sotto di esse.
Tra Fontanelle e Roccavione troviamo ancora una collina chiamata “Renostia” che significherebbe “porta della Regina” dove si celerebbero i ruderi di un castello.
Nei pressi un avvallamento del terreno, una piccola grotta è conosciuta come “lou pertus de la Rèino Jano” contenente un fantastico tesoro purtroppo ormai perduto.

I piedi di Gallina/Oca (o di capra)

Dalle parti di Boves si racconta che durante una visita la Contessa desiderò mettere alla prova i suoi sudditi con la richiesta di un paio di comode scarpe nuove per i suoi regali piedi. I valligiani per soddisfare la bizzarra richiesta dovettero però escogitare uno stratagemma, scoprendo così un tremendo segreto, la regina aveva i piedi di gallina (in altre versioni da capra).
La Regina dai piedi non umani rimanda comunque ad altre leggende come quella di Pedoca narrata a Pietraporzio (CN) e in valle d’Elvo (BI).[6]

A Giovanna la “fata” è dovuto invece il piccolo terrazzo prativo sospeso sulle strapiombanti e dirupate pareti delle Barricate a Pietraporzio (Pontebernardo in Valle Stura) denominato appunto “il giardino della regina Giovanna”.[7]
Ad Albaretto Macra, Giovanna è una magica fata che attraversa il torrente su di una pelle di
pecora e traccia con il suo mantello incantato il sentiero che conduce al paese. Accolta con
grandi favori, la regina avrebbe intercesso affinché i paesani avessero raccolti abbondanti e
fossero protetti dalla grandine.
Sopra il santuario di Castelmagno luogo già sacro presso i romani troviamo la “cima Rèino“, a Valloriate infine esisteva una “sedia della regina” (un masso usato come sedile), “querèa ‘d la rèina Jana” ma anche una “via ‘d la reina“.

[tratto dal saggio CREATURE FANTASTICHE E DOVE TROVARLE … IN PIEMONTE E VALLE D’AOSTA]: Creature fantastiche e dove trovarle in Piemonte e Valle d’Aosta.pdf (tremartelli.it)

[1] In realtà le regine Giovanna sono state almeno due, zia e nipote, accumulate da analoghi destini e dal medesimo carattere volitivo e libertino, ma a cui anche l’ava Beatrice la figlia di Beatrice di Savoia, che ad Aix sviluppò una raffinatissima corte , deve aver contribuito.
A seguire queste vicende c’è da farsi venire il mal di testa tra il XIII secolo e il XIV è un continuo rimescolarsi di dinastie parentele e regni.
[continua in http://www.piemonteparchi.it/cms/index.php/territorio/personaggi/item/957-lou-temps-de-la-reino-jano]
la genesi di un mito. “La nosto Rèino Jano è venuta tra noi!” in https://www.cuneodice.it/cultura/cuneo-e-valli/la-nosto-reino-jano-e-il-sogno-della-provenza-indipendente_62942.html
https://www.cuneodice.it/cultura/cuneo-e-valli/nosto-reino-jano-la-regina-e-ancora-tra-noi_62729.html
https://www.ilnuovoarengario.it/racconti-e-leggende-della-nostra-tradizione-le-leggende-su-giovanna-dangio/
il mito di Pedoca può aver avuto origine dai canti popolari del medioevo che celebravano Bertrada di Laon, madre di Carlo Magno, conosciuta come «Berta dal gran piè» per via di un piede più lungo dell’altro. Alcuni pensano possa trattarsi della omonima figlia di Alarico I oppure di Ragnachilde, moglie di Teodorico III. Altri ancora la associano a Genoveffa di Brabante, protagonista dell’epica storia d’amore con il duca Sigfrido ovvero a Berta di Borgogna (nota per i suoi piedi palmati), la quale, dopo essere stata moglie del conte di Chartres, andò in sposa al cugino re di Francia Roberto II il Pio. [continua in https://lavocealessandrina.it/blog/2018/03/14/alessandria-racconta-la-regina-pedoca/]
https://alessandrialisondria.altervista.org/la-leggenda-di-pedoca/
https://www.piemonteitalia.eu/it/curiosita/la-leggenda-della-regina-dai-piedi-doca-di-netro
[2] “La Belle Jeanne est, pour nous autres Provençaux, ce que Marie Stuart est pour les Écossais: un mirage d’amours rétrospectives, un regret de jeunesse, de nationalité, de poésies enfouies. Et les rapports ne manquent pas entre les deux royales et tragiques enchanteresses”. La Bella Giovanna è, per noi Provenzali, quel che Maria Stuart è per gli Scozzesi: un miraggio di amori retrospettivi, un rimpianto di giovinezza, di nazionalità, di poesie sepolte. E le corrispondenze non mancano tra le due reali e tragiche ammaliatrici. Così chiosava Fréderic Mistral nella prefazione al suo dramma “La Rèino Jano”. [stralciato da https://www.cuneodice.it/cultura/cuneo-e-valli/nosto-reino-jano-la-regina-e-ancora-tra-noi_62729.html]
[3] si veda in particolare l’analisi di Daniele Tron in Cenni sulla storia della vai Pellice nel capitoletto Valdesi e lingue (pg 19) e di Jean-Louis Sappé nel capitoletto Il patouà, una lingua viva (pg 25 e seguenti) e di Tullio Telmon nel capitoletto Occitano, provenzale: nominalismi? e in particolare Come si scrive il patouà? di Matteo Rivoira (pg 36)
[4] Il castello della Regina Giovanna a Montemale https://www.cuneodice.it/cultura/cuneo-e-valli/nosto-reino-jano-la-regina-e-ancora-tra-noi_62729.html
[5] https://it.wikipedia.org/wiki/Gorge_della_Reina
https://www.piemonteitalia.eu/it/curiosita/la-gorge-della-reina-parco-naturale-delle-alpi-marittime
[6] La tradizione popolare delle “Jan[k]e” dai piedi deformi é diffusa nel Cuneese dove la figura della regina con gli arti inferiori mostruosi ed animaleschi s’é trasferita in quella della “Rejna Jana” [https://www.newsbiella.it/2021/04/18/leggi-notizia/argomenti/biellese-magico-e-misterioso/articolo/il-biellese-magico-e-misterioso-le-fate-coi-piedi-doca-della-janka-biellese-e-le-janas-del-1.html]
[7] nei pressi di Pontebernardo, poco oltre la galleria, sulla sinistra orografica e nella verticalità della nuda e severa bastionata rocciosa delle montagne chiamate le Barricate, è da notare un curioso triangolo verde smeraldo prativo, sospeso sulle strapiombanti e dirupate pareti di vegetazione, un luogo magico secondo i montanari locali, che lo chiamano il “giardino della Reina Jano”, ovvero della Regina Giovanna d’Angiò.. Personaggio discusso e controverso, lasciò nelle valli provenzali, nelle quali seppur fugacemente dimorò, una profonda traccia di sé, finendo per trasporsi nel mito: secondo la leggenda, fu trasportata qui in volo da un potente stregone, divenendo la “Reina Jano”, una sorta di dea, signora dei fiori, della primavera, dispensatrice di prosperità e benessere. https://paesaggiopiemonte.regione.piemonte.it/cms/documentazione/pubblicazioni/111-alta-valle-stura/file.html

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Pubblicato da Enzo G. Conti

Musicista alessandrino e ricercatore etnomusicologo, fondatore del gruppo di musica popolare piemontese Tre Martelli, Presidente dell'Associazione Culturale Trata Birata, con cui realizza produzioni discografiche ed editoriali, concerti, mostre, convegni, seminari ed eventi vari legati alla cultura popolare ed etnica. https://it.wikipedia.org/wiki/Enzo_Conti

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