The Wee Wee Man, Child #38

The Wee Wee Man (in italiano “L’Ometto piccolino”) è una ballata tradizionale su un piccolo folletto, uno sguardo fugace al regno del Piccolo Popolo (Wee folk). Ci sono moltissimi racconti popolari, leggende e fiabe sulle creature fatate [1], e anche le ballate nella loro funzione di racconto dei girovaghi e ambulanti non potevano ignorare l’esistenza di tali creature.

Scrive Riccardo Venturi: “Il Child incluse quindi nella sua raccolta questa venerabile e straordinaria nursery rhyme scozzese, con tanto di gnometto dalla forza straordinaria, bellissime fatine della foresta (vestite tradizionalmente di verde) e castello d’oro e di cristallo. Malgrado il linguaggio infantile dovuto all’ “uso” che è stato fatto della ballata, l’atmosfera è però incontestabilmente quella della “foresta verde” ed il senso del soprannaturale è sentito come presente e palpabile, con la tipica sospensione della realtà della green forest; si tratta quindi, con tutta probabilità, di un’antichissima ballata ricca di elementi soprannaturali adattata solo in seguito a nursery rhyme.. La ballata era, comunque, probabilmente ancora conosciuta e cantata agli inizi del nostro secolo, come testimoniano le numerose versioni relativamente recenti. Il testo che qui presentiamo proviene invece dalle Ancient and Modern Scottish Songs di David Herd (1776; p.153) ed è il più antico pervenutoci.” (tratto da “Il Soprannaturale e Remote Tradizioni Popolari” in Ballate popolari angloscozzesi (Child Ballads) e Francesi

The Wee Wee Man

Roud 2865 ; Child 38 ; Ballad Index C038 ; trad.]

Child 38A (da David Herd)
I
As I was walking all alone,
Between a water and a wa,
And there I spy’d a wee wee man,
And he was the least that ere I saw.
II
His legs were scarce a shathmont’s length,
And thick and thimber was his thigh;
Between his brows there was a span,
And between his shoulders there was three.
III
He took up a meikle stane,
And he flang’t as far as I could see;
Though I had been a Wallace wight,
I couldna liften’t to my knee.
IV
‘O wee wee man, but thou be strang!
O tell me where thy dwelling be?’
‘My dwelling’s down at yon bonny bower;
O will you go with me and see?’
V
On we lap, and awa we rade,
Till we came to yon bonny green;
We lighted down for to bait our horse,
And out there came a lady fine.
VI
Four and twenty at her back,
And they were a’ clad out in green;
Though the King of Scotland had been there,
The warst o them might hae been his queen.
VII
On we lap, and awa we rade,
Till we came to yon bonny ha,
Whare the roof was o the beaten gould,
And the floor was o the cristal a’.
VIII
When we came to the stair-foot,
Ladies were dancing, jimp and sma,
But in the twinkling of an eye,
My wee wee man was clean awa.
Traduzione italiana di Riccardo Venturi
I
Me ne andavo tutto solo
Fra un ruscello e un muro di pietre
Quando vidi un omettino,
Il più piccino che mai avessi visto.
II
Aveva le gambe non più lunghe d’un palmo,
Però era robusto e massiccio,
Tra un occhio e l’altro c’eran nove pollici,
Fra una spalla e l’altra solo tre.
III
Sollevò una grande pietra
E la lanciò lontano lontano;
Avessi anche avuto la forza di Wallace
Neanche l’avrei sollevata al ginocchio.
IV
“Omino piccino, sei davvero forte;
Dimmi, dov’è la tua dimora?”
“La mia dimora è in quel bel castello,
Vuoi venire a vederlo con me?”
V
Saltammo su e cavalcammo
Fino a arrivare a una verde radura;
Smontammo giù per riposare (i cavalli)
Ed uscì fuori una bella dama,
VI
Ventiquattro ancelle al sèguito
Tutte quante vestite di verde;
Se il Re di Scozia fosse stato là
La più brutta sarebbe potuta esser la Regina.
VII
Risalimmo a cavallo ed proseguimmo
Fino a arrivare a quel bel castello:
Aveva il tetto d’oro lavorato
E i pavimenti tutti di cristallo.
VIII
Quando arrivammo allo scalone
C’eran damine piccine a ballare,
Ma il mio omino piccino picciò
In un batter d’occhio era già scomparso.

Rapunzel&Sedayne riprendono pari pari il testo in Child 38 A[2] adattato da Sedayne a una melodia bretone

E tuttavia con Stanley Robertson che possiamo ascoltare -in un frammento- di come la tradizione dei traveller scozzesi abbia tramandato la ballata oralmente

The Wee Wee Man era già abbastanza popolare ai tempi perchè l’editore Thomson ne affidasse la composizione ad Haydn, impostata sulla stessa melodia di “Bonny was yon Rosy Brier”

Arrangiamento pubblicato nel 1790 circa

Il canto è una giga con melodia in 6/8 e la forma binaria con la parte A e B che contengono 8 barre.
Jim & Holly Lawrence in Caledonian Shadows 2010

Carterhaugh Father

Circolano diverse varianti della ballata tra cui questa in cui si individua una precisa zona, rinomata in Scozia come “triangolo del soprannaturale” nei pressi di Selkirk dove sembrano essere ambientate tutte le ballate sulle fate di Scozia. Anche gli elementi nazionalistici vengono eliminati e l’eroe William Wallas diventa un gigante.

Gli Steeleye Span nel loro rifacimento folk-rock della ballata la registrano nell’album Parcel of Rogues 1973[3]

Child 38C
I
‘Twas down by Carterhaugh Father (1),
Between the water and the wall;
There I met with a wee wee man
And he was the least that ever I saw.
II
His legs were scarce a finger’s length
And thick and nimble was his knee.
Between his eyes a flee could go,
Between his shoulders inches three.
Chorus:
His beard was long and white as a swan,
His robe was neither green nor grey.
He clapped his hands, down came the mist,
And he sank and he’s fainted clean away.
III
He’s lifted up a stone six feet in height
And flung it farther than I could see.
And though I’d been a giant born,
I’d never had lifted it to my knee.
IV
“Wee Wee Man but thou art strong,
Tell me where thy dwelling be.”
“It’s down beneath yon bonny green bower,
Though you must come with me and see.”
V
We rode on and we sped on
Until we came to a bonny green hall.
The roof was made of the beaten gold
And purest crystal was the floor.
VI
There were pipers playing on every stair
And ladies dancing in glistering green.
He clapped his hands, down came the mist,
And the man and the hall no more were seen.
Traduzione italiana di Cattia Salto
I
Fu nel Bosco di  Carterhaugh
Fra il ruscello e il muro
dove incontrai un omettino,
e era il più piccino che mai avessi visto.
II
Aveva le gambe erano a stento lunghe un dito,
ma le ginocchia erano agili e robuste,
Tra un occhio e l’altro ci stava una mosca,
Fra una spalla e l’altra tre pollici.
Coro
La barba lunga e bianca come cigno
il vestito tra il verde e il grigio
Battè le mani e calò la nebbia
E lui si tuffò e scomparve
III
Sollevò una pietra grande sei piedi
E la lanciò più lontano dello sguardo;
e Anche se avessi avuto la forza di un gigante
Neanche l’avrei sollevata al ginocchio.
IV
“Omino piccino, sei davvero forte;
Dimmi, dov’è la tua dimora?”
“E’ laggiù, in quel bel castello verde,
Vuoi venire a vederlo con me?”
V
Cavalcammo e proseguimmo
Fino a arrivare a quel bel castello verde:
Aveva il tetto d’oro lavorato
E i pavimenti tutti di cristallo.
VI
C’erano musici che suonavano su ogni scalone
e dame che danzavano in un verde scintillio
Battè le mani e calò la nebbia
E omino e castello non si videro mai più

Bundle and Go

Dal saggio di Conor Caldwell ‘The Wee Wee Man’ – The evolution of a song through musical and geographic boundaries[4] apprendiamo che all’inizio del 1800 la melodia incominciò ad essere presente nelle collezioni irlandesi- con il titolo di “Rogara Duff” (“Rogaire Dubh” / “The Dark Rogue’) la troviamo per la prima volta nel Vol III del Pocket Companion- in cui la versione scozzese originaria viene assimilata stilisticamente con delle variazioni più tipicamente irish.

La melodia divenne popolare in Irlanda con il titolo di ‘Bundle and Go’ cos’ come diffusa dal violinista John Doherty.

Scrive Conor Caldwell nel suo saggio “Le principali differenze tra le versioni scozzesi in stampa e quelle irlandesi fin-de-siecle si trovano nella chiave e nella tonalità piuttosto che nella melodia o nel ritmo. La versione irlandese è stata chiaramente adattata per un pipe chanter spostando la melodia dal fa maggiore al sol maggiore, come si vede nell’ambientazione di O’Farrell [Pocket Companion]. Il fatto che la melodia fosse nella collezione di O’Farrell ci fornisce un collegamento conclusivo con ilgrande suonatore di cornamusa del Donegal Tarlach Mac Suibhne (c.1831-1916), che notoriamente portava in giro la sua copia del testo di O’Farrell. Sebbene la melodia non sia mai stata annotata da Mac Suibhne, è da questa fonte che il musicista itinerante Micky Mór Doherty ha imparato molti dei suoi brani, poiché Mac Suibhne era un suo parente.
Micky Mór era sia un suonatore di cornamusa che un celebre violinista dalla famiglia numerosa. I suoi figli sarebbero diventati alcuni dei più importanti musicisti irlandesi del ventesimo secolo, in particolare il figlio più giovane, John.
Fu John Doherty a rendere popolare l’attuale versione irlandese attraverso registrazioni per il collezionista di musica popolare inglese Peter Kennedy (1953) e l’antropologo americano Allen Feldman (1976 circa). Entrambe queste registrazioni sono state pubblicate in commercio negli anni ’80 e hanno ispirato Mairéad Ní Mhaonaigh di Altan, tra gli altri, a farla rivivere attraverso la sessione tradizionale.

The main differences between the fin-de-siecle Scottish and Irish printed settings are found in the key and tonality rather than melody or rhythm. The Irish version has clearly been adapted to suit a pipe chanter by moving the melody up a tone from F major to G major, as is seen in O’Farrell’s setting. The fact that the tune was in O’Farrell’s collection gives us a conclusive link to the great Donegal piper Tarlach Mac Suibhne (c.1831-1916), who famously carried around his own copy of O’Farrell’s text. Although the tune was never notated from Mac Suibhne, it is from this source that the traveling musician Micky Mór Doherty learned many of his tunes, as Mac Suibhne was a relation. Micky Mór was both a piper and a celebrated fiddle player who had a large family. His children would become some of the most important Irish musicians of the twentieth century, in particular his youngest son, John.
It was John Doherty who popularised the current Irish version through recordings for the English folk music collector Peter Kennedy (1953) and the American anthropologist Allen Feldman (c.1976). Both of these recordings were commercially released in the 1980s and inspired Altan’s Mairéad Ní Mhaonaigh, amongst others, to revive it through the medium of the traditional session.
(Conor Caldwell)

Single Jig: Bundle and Go · John Doherty

[1]https://terreceltiche.altervista.org/la-musica-delle-fate/
[2]https://www.sacred-texts.com/neu/eng/child/ch038.htm
[3]https://mainlynorfolk.info/steeleye.span/songs/theweeweeman.html
[4]https://www.academia.edu/keypass/ajBXTkllNTNLQzF6SmVHV0owS1l6Z01CYmJnNVJheGdWZlRKZkxUbkVpQT0tLU4zSjBMRml4UjY3WWlaWUJrVVJXaUE9PQ==–66750fbe7e16fdbaa34c26997435237dc42e49ef/t/jxf5L-QgAs4HQ-AoAD7/resource/work/9728226/The_Wee_Wee_Man_The_evolution_of_a_song_through_musical_and_geographic_boundaries?email_work_card=title

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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