Le Fate delle Alpi occidentali

Il gruppo di leggende più numerose riguarda le fate, specialmente in Valle d’Aosta, nelle valli valdesi e nel Biellese. Però, mentre in Valle d’Aosta le fate sono cattive e giocano ogni sorta di tiri agli uomini, nelle valli valdesi e nel Biellese sono buone, laboriose e servizievoli con gli uomini che le rispettano; ma quando i valligiani accennano a non più rispettarle, a schernirle, a voler rubare i loro segreti, si offendono: sarebbe questa la ragione per cui hanno abbandonato le valli.

Valle d’Aosta: le fate cattive

Il nastro incantato

Le fate della Valle d’Aosta sono in genere cattive, però la furbizia dei valligiani riesce a vincere le loro male arti. In una grotta presso Rechanté (Pont St. Martin) abitava una fata bellissima e malvagia; con le sue arti magiche aveva fatto innamorare di sè un valligiano e lo aveva convinto ad abbandonare la moglie. Non contenta diede un giorno al giovane un nastro dei suoi capelli perché lo portasse alla giovane moglie; per fortuna il valligiano nel cammino sostò sotto un albero e vi appese il nastro: l’albero morì! La stessa fata un giorno rapì un bambino lasciando al posto un orribile nanerottolo. I genitori del bimbo rapito presero il nano, che non era altro che il figlio della fata -noto come ‘l baratà [1] -, e andarono a frustarlo all’apertura della grotta; la fata si precipitò in soccorso del figlio e il bambino poté essere salvato. La stessa leggenda del nastro fatato regalato a un giovane (in altra versione si tratta di un braccialetto) è attribuita alla fata che abita la Borna d’la Faia (Bionaz).

Fate e Balme dei paesi tuoi

Nel vallone di Ruine, nel Barmet de la Teugghia (Perloz) viveva una fata con due figli addestrati dalla madre al furto. I valligiani naturalmente non potevano vedere il terzetto. Una sera un uomo vide la fata che spaccava la legna e si offerse di aiutarla. Non avendo un cuneo per spaccare il tronco, propose alla fata di usare le mani; quando questa ebbe le mani imprigionate la buttò in un burrone e anche i figli sparirono.
Invece nella Balma des Orchons (Fontainemore) le fate tenevano due giovani prigionieri per mandarli a rubare.
Nella Barma da Faa (Brusson) abitavano insieme fate buone e cattive, mentre decisamente buona era la fata che abitava la caverna presso il lago Leytier (Issime); questa fata, un anno in cui i valligiani erano disperati per la siccità, fece scaturire la sorgente che si può ancora vedere oggi presso lo chalet di Cridney.

© Enzo G. Conti

Il Biellese e le valli valdesi: le Fate buone

Presso Graglia si racconta che degli stranieri fossero venuti ad abitare nella Bore d’Jafè, grotta a quota 1376, alla ricerca di minerali. Da buoni biellesi i paesani guardavano con sospetto gli stranieri che vivevano molto isolati; un giorno però questi ultimi diedero una festa e invitarono gli abitanti dei paesi vicini. Ma nel fervore del ballo le gonne delle donne straniere si sollevarono un poco e, orrore , si vide che avevano i piedi di mulo; tutti capirono così che si trattava di fate. Gli alpigiani derisero le donne degli stranieri. Gli stranieri indispettiti fuggirono portando con loro i segreti delle miniere.
Una leggenda molto simile si narra a Muzzano nei cui pressi a 1247 metri d’altitudine esiste la
“Roccia delle fate” (Ròc ‘d la faja) e dove in certe notti di luna pare di scorgerle mentre lavano i
loro indumenti. Mongrando invece sarebbe stato protetto da una genia di piccole fate che promisero agli abitanti di rifornirli dell’oro delle vicine miniere della Bessa, ma la gelosia e l’invidia delle donne locali costrinsero le fate a non far più ritorno e celarsi per sempre agli umani.
A Cossila vivrebbero particolari fate lavandaie nei pressi del vecchio mulino. In genere sono
benevole ma conviene non scherzarci troppo. Il rischio è che diventino molto pericolose.

Moltissime erano le fate delle Valli Valdesi. Alcune facevano il burro, come quelle della Roccia de la Fantina di Bobbio o quelle di Pra d’la Geisa in regione Li Rou; ma quando gli uomini vollero strappare loro i segreti della fabbricazione del burro scomparvero. Altre stavano tranquillamente a custodire tesori come quelle del Vandalino o di Roccio Cubertet e di Pic Malauro, tra Poumenfrè e Fontaines. Tutte sparirono perché tormentate dai valligiani, anche quelle di regione Sparè che facevano graziose campanelline per le mucche.
Alcune prima di andarsene si vendicarono, come quelle che abitavano una grotta sopra il bacino del Prà, a monte di Bobbio, che allora era un lago. Queste fate decisero, prima di andarsene, di aprire il lago verso valle, facendo morire i valligiani. Questi riuscirono però a salvarsi perché avvertiti da una fata innamorata di un giovane del luogo. La fata buona per amore del giovane rimase e i due amanti si chiusero in una grotta senza mai uscirne. Ma un giorno udirono abbaiare un cane: le pietre con cui avevano chiuso l’apertura della grotta crollarono e degli uomini apparvero nel vano: Ahimè! la fata morì: un incantesimo le permetteva di stare in vita finché nessun occhio umano tranne quello del suo amante l’avesse vista. Le valli valdesi persero così una delle ultime gentili abitatrici delle loro grotte.
Altre fate andando via ricompensarono i pochi che erano stati gentili con loro. Ben 5 vasi contenenti oro lasciarono le fate al padrone del fondo in cui si apre la grotta da loro abitata in regione Sparè. Nella grotta si vedono ancora i cocci dei vasi, lasciati dal contadino quando ritirò il tesoro.

Altre fate attiravano i giovani non con tesori ma con la loro bellezza[2]: come quella che abitava la Roccia d’la Fantina, sulla via di S. Laurent a Serre. Questa fata filava lasciando dondolare il fuso: il giovane che da mezzanotte all’una, la notte di Natale, riusciva a toccare il fuso, la conquistava. Pochissime fate rimangono ora nelle valli valdesi, dove i valligiani hanno così poco rispetto per loro. Alcune abitano ancora il Pertus d’la Fantina, sotto il Pertus dl’Accia, regolano la pioggia e il bel tempo e avvertono dei pericoli.

Sempre nel torinese si narra che la balma di Vonzo (Chialamberto) fu niente meno che portata in volo dalle fate. Si tratta di una roccia sporgente che forma un riparo. Le fate nel trasporto avrebbero lasciato delle impronte ancora visibili.

Lago delle Fate

Presso Macugnaga (VCO) è presente un laghetto montano che viene chiamato Lago delle Fate ed è caratterizzato da un’antica leggenda.
Lungo la costa si possono scorgere delle piccole sculture di legno che rappresentano i nani (detti Gut Viarghini), famosi per l’attitudine a raccogliere gemme delle profondità della terra. Si racconta infatti che quando uno spettatore si avvicina, i nani laboriosi si immobilizzino, diventando statue. Nelle vicinanze si trova anche una miniera abbandonata, la Miniera della Guia. A quanto pare il luogo non è del tutto deserto, poiché alcuni nani vi risiedono in cerca di oro, che poi consegnano alle fatine del lago in cambio di marmellata di more e mirtilli, di cui sono particolarmente ghiotti. Le fate, altra metà di questo rapporto simbiotico, camminano sull’acqua al chiaro di luna e usano l’oro dei nani per ricamare i loro abiti.
Con quello che avanza, creano la polvere magica che gli serve a volare.

© Enzo G. Conti

Le Ninfe delle Alpi Lepontine piemontesi

Diale: ninfe delle Alpi Lepontine piemontesi (Val Formazza, Valle Antigorio, Valle Devero, Alta Valle Divedro), dal volto bellissimo ma con i piedi caprini. Vivono in caverne ricche di oro e pietre preziose. Estremamente gentili e premurose aiutano chi ha smarrito la strada, ed i contadini nel lavoro dei campi. Hanno vestiti rossi, orlati d’oro e impreziositi da gemme.

tratto da CREATURE FANTASTICHE E DOVE TROVARLE … IN PIEMONTE E VALLE D’AOSTA di Enzo G. Conti
https://www.tremartelli.it/public/Creature%20fantastiche%20e%20dove%20trovarle%20in%20Piemonte%20e%20Valle%20d’Aosta.pdf?fbclid=IwAR1K1NLW8n9z9OHHw9XZdvGXtvfQQuku8sL-MFPVZi47hFAEF8CIFHSNBGo_aem_AUA_emZSomiYq6RZGpFEXlCCofa0OnpGyGgrsDpPKUTV5HbwjcjnzIec9NHqfEVn9MMFut7XkaXFL_CufmNRBpLf

[1] Le fate talvolta rapiscono gli umani, in genere bellissimi bambini sani e robusti per rinvigorire la loro stirpe o giovani e belle fanciulle durante le loro nozze, per farle diventare loro spose o i bei giovinetti per le languide damigelle del mondo fatato. Anche le madri che allattano sono prede appetibili delle fate, ricercate per nutrire la progenie fatata. da Changeling child- il bambino scambiato dalle Fate. Chiamato nel dialetto piemontese “‘l baratà”, (il barattato, lo scambiato, in francese si dicono enfants changés) il changeling conservava una dote dal suo soggiorno con le fate, in genere il potere della divinazione o l’attitudine per la musica. https://terreceltiche.altervista.org/bambino-scambiato-dai-folletti/
[2] https://terreceltiche.altervista.org/belle-dame-sans-merci-2/

LINK
https://www.biellaclub.it/cultura/RocciaDelleFate.php
https://www.newsbiella.it/2017/06/11/leggi-notizia/argomenti/biellese-magico-e-misterioso/articolo/il-biellese-magico-e-misterioso-le-fate-coi-piedi-doca-della-janka-biellese-e-le-janas-del.html

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Pubblicato da Enzo G. Conti

Musicista alessandrino e ricercatore etnomusicologo, fondatore del gruppo di musica popolare piemontese Tre Martelli, Presidente dell'Associazione Culturale Trata Birata, con cui realizza produzioni discografiche ed editoriali, concerti, mostre, convegni, seminari ed eventi vari legati alla cultura popolare ed etnica. https://it.wikipedia.org/wiki/Enzo_Conti

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