Storm Force Ten 1977 (tutti i testi)

Sostituire Peter Knight e Bob Johnston con John Kirkpatrick e col ritorno di Martin Carthy non è cosa da poco ma l’idea viene da lontano.

Storm Force Ten

La scaletta del disco degli Steeleye Span rivela a prima vista già molte cose, gli unici due brani non tradizionali recano la firma militante nientemeno che del padre del teatro moderno europeo, il drammaturgo Bertolt Brecht. In “The Victory” compare l’estraneo sintetizzatore del produttore Mike Batt, contemporaneamente arriva sul mercato un 45 giri contenente l’inedito “Boar’s head carol”, il disco è registrato ancora nella campagna olandese. Nell’impegnata “Treadmill song” è Carthy a cantare e più in generale si affievoliscono le scenografie favolistiche dei brani, non si incontrano più tante fate e gnomi tra le righe. La fisarmonica di Kirkpatrick al posto del violino sposta la sonorità generale dell’ensemble verso una espressività nuova ma la recente tempesta ha purtroppo spezzato gli alberi di legno e naufragato il veliero degli Steeleye Span: lo evidenzia bene il titolo del disco. Il vento della Manica restituisce il relitto alla terraferma.

Una pelle di nebbia circonda sovente il mondo di queste canzoni dove la sfortuna è un rischio assolutamente ordinario. Leggi spietate o imbrogli d’ogni sorta possono trasportare verso destini ignoti dove le tonalità di grigio presto diventano quotidianità. Assai più raro è incontrare invece una pace profonda e serena al posto di una serie di prove e di interrogazioni continue su sofferenze radicali, in grado di trasformare chiunque in vittima di casualità o necessità superiori. Il cammino non sembra quasi mai tracciato definitivamente, specialmente per chi gode di giovine età, la pesca non appare mai certa e neppure i ritorni di chi viene trascinato lontano dai propri luoghi o dai propri affetti.

Nei magistrali quadretti degli Steeleye Span si intuisce tutta la miseria e la grandezza della Storia, l’universalità delle aspirazioni, le contraddizioni dei sentimenti e la coscienza dei limiti umani. La volontà personale di superare, anche col crimine, le fatalità e le avversità e poi l’angoscia diffusa e dolorosa che circonda sempre gioie e vittorie, in guerra come in pace. In molti casi si tratta anche del rimpianto per quelle cose sconosciute e inafferrabili, intraviste attraverso l’anima.

Il loro folk ha animato appassionatamente lungo molti anni, la descrizione di territori e di una umanità di figure popolari, con i loro costumi e i loro mestieri, i loro sforzi e i loro destini, la loro bontà e la loro perfidia. I canti di Maddy Prior hanno mescolato fantasia e poesia, splendore e ombre. Sono assolutamente certo che, come per me, per tanti altri, il loro spazio nel proprio giardino sonoro privato, sarà eternamente garantito.

A1 Awake, Awake
A2 Sweep, Chimney Sweep
A3 The Wife of the Soldier
A4 The Victory
B1 The Black Freighter
B2 Some Rival
B3 Treadmill Song
B4 Seventeen Come Sunday

Maddy Prior vocals
Tim Hart guitar, vocals
Rick Kemp bass, vocals
Martin Carthy guitar, vocals
John Kirkpatrick accordion, vocals
Nigel Pegrum drums

Storm Force Ten full album
/ 5
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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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