I voli dei Malicorne

Nel canzoniere, così sovente macabro, di Gabriel Yacoub con i Malicorne non si contano le citazioni di animali che molte volte hanno ruoli fondamentali nello svolgersi degli eventi. E gli uccelli si possono letteralmente veder svolazzare tra righe e note, minacciosi o soavi, a seconda dei casi.

Perché, come si sa, è consuetudine in ogni cultura contadina che Usignolo, Cuculo, Allodola, Quaglia, Gazza, Corvo rappresentino amore, adulterio, speranza, ricerca del piacere, cattivo presagio.

(ibis sacro in volo)

In mezzo alla palude umida di Bretagna che va dall’Isola de Ré fino a Vannes, può capitare di avere una visione sbalorditiva che fa pensare di trovarsi sulle rive del Nilo: appare improvvisamente l’ibis sacro (Threskiornis Aethiopicus).
Il protettore degli scribi, che affresca le tombe dei faraoni e ha ispirato la rappresentazione di Thôt, ora prospera nelle zone umide della costa atlantica.
Ma non c’è da stupirsi se è vero che un fenicottero nato nell’estate scorsa all’interno della Riserva Naturale Saline di Priolo, in tre mesi è enigmaticamente volato fino a Umm al Quwain, sulla penisola di Khor Al Bidiyah, Emirati Arabi Uniti, a 4500 chilometri di distanza dalla Sicilia.

L’uomo ha imparato a cantare dagli uccelli, c’è stato un tempo, di cui ora siamo immemori, nel quale erano loro i solisti, i fiati e i cori di un insieme in cui il vento giocava un ruolo di una certa importanza, acqua e temporali fornivano le percussioni, gli insetti erano i bordoni.
Per fortuna le canzoni popolari ogni tanto ce lo lasciano intuire.



Usignolo, cantore dell’amore

In “Rossignolet du bois” (1973), per raggiungere l’immagine erotica centrale delle “mele renette”, è all’usignolo [1], cantore dell’amore, che il giovane amante chiede pudico consiglio, considerandolo un vero specialista nella seduzione. Una leggenda narra che sotto le sue spoglie si celi in realtà una fata gentile dai capelli dorati, comunque nonostante ciò la conclusione verrà mancata, le pretese dell’amata risultano impossibili da soddisfare per un uomo.

Lo stesso uccelletto detiene ancora il rango di consigliere ne “La fille soldat” (1974) dove la ragazza teme di finir vedova ancor prima d’esser sposa e diventa, ne “Les tristes noces” (1976)[2], il simbolo di un matrimonio combinato per convenienza. In seguito sarà la vendetta del sangue da parte dell’amore tradito a legare i protagonisti per l’eternità, come spina che abbraccia l’ulivo.

Il gorgheggiare sereno dell’usignolo serve invece da totale contrasto con le parole della truce storia d’orrore descritta nella medioevale canzone canadese “L’écolier assassin” (1976) le cui origini sono rintracciabili ne La Charente (Nuova Acquitania), nel cantone de Le Pays Messin (Mosella) e nel Nivernese, una delle antiche province di Francia che corrisponderebbe attualmente alla Nièvre.

Les tristes noces scheda d’approfondimento in Terre Celtiche Blog: l’usignolo è simbolo di un matrimonio combinato per convenienza
L’écolier assassin” in Almanach (1976)

I volatili sono protagonisti anche di “Le mari jaloux” (1978) dove un uomo reso folle dalla gelosia crede che Dio lodi la bellezza della moglie attraverso le rondini e che il più nero dei corvi si adoperi a farle ombra.
Il canto melodioso degli uccelli finisce per ingrossare a tal punto la sua rabbia che la malcapitata donna preferirebbe la sua stessa morte al loro cinguettìo.

Il Cuculo

In tutta l’Europa tradizionale il cuculo[3] porta spesso cattive notizie, in “Quand je menai mes chevaux boire” (1976) annuncia al ragazzo che la sua innamorata sta per essere sepolta. Forse inizialmente lui non crede a questa notizia perché insulta la bestiola, eppure dovrà arrendersi all’evidenza quando sarà la ragazza stessa da dentro la bara a sussurrargli che vicino a lei all’inferno un posto riservato lo attende. Una promessa che sottintende una rivalsa postuma per un amore forte ma evidentemente contrastato su questa terra. Almeno, questo stando alla versione che appare nel disco Almanach, che nella discografia, rappresenta un po’ il Sergent Pepper dei Malicorne.

Quand je menai mes chevaux boire” in Almanach (1976)

La loro versione proviene dall’Alta Normandia ma in Bretagna ne esiste un’altra più convenzionale e dettagliata dove il protagonista chiede alla fidanzata Jeanne se esista un modo per non finire dove è finita lei. La ragazza risponde che bisognerebbe recarsi alla messa e ai vespri senza mai mancare e non abbracciare le ragazze, come lui abitualmente fa, sulla cassapanca ai piedi del letto. Anche nella realtà, il cuculo, uccellino furbacchione e scansafatiche, si infila sempre nel nido di altri e ciò gli è valso da tempo il titolo di pennuto ingannatore, adultero o infedele.

Margot

L’Averla, conosciuta anche come “Margot” (1976), è piccola come un passero ma è un rapace che ha l’abitudine di infilzare la sua preda su una spina per meglio conservarla. Si dice lo fece anche con la testa coronata di spine del Gesù crocefisso ed è per questo che viene considerata un essere diabolico.

“Margot” in Almanach (1976)

Lo scrittore francese Claude Seignolle, raccoglitore del patrimonio leggendario delle regioni dell’Esagono ne “I Vangeli del Diavolo” riporta che sia tradizione nel Berry in Tempo Pasquale, che un gruppo di bambini riservino a lei il medesimo trattamento, questuando poi di porta in porta al grido di “Il Cristo è vendicato!”.
Gabriel Yacoub scrive nell’occasione per Malicorne un testo originale su questa usanza.

L’Extraordinaire Tour de France d’Adélard Rousseau, dit Nivernais la clef des cœurs, Compagnon charpentier du devoir

Ne “Si l’amour prenait racine” (1978), Hughes de Courson canta di un giovane che sentendosi solo vorrebbe seminare l’amore così come si pianta il grano, per poterne avere sempre in abbondanza da donare a tutte le ragazze che lo desiderano. Ciò dopo aver constatato di persona quanto sia sempre troppo breve il tempo dell’amore allorquando l’allodola canta l’arrivo del nuovo giorno, e giunge purtroppo l’ora di uscirsene dal letto.

Nella complainte “Dans la ville où je suis” (1978) la ragazza preferisce il suicidio all’imposizione di sposare un vecchio ricco e in una lettera d’addio lascia scritto di volere che la sua tomba sia delimitata e protetta da quattro alberi. Una colomba bianca rappresenterà la fedeltà eterna al vero amore della sua vita mentre l’oro del mercante che l’ha comperata un giorno svanirà. Grazie a questa magia, il sentimento protetto da pietra e terra potrà rinascere e dei fiori uscire dal suo cuore innamorato.

Se le canzoni hanno attraversato i secoli è anche perché spesso contengono messaggi ermetici o codificati. Come già prima di lui i Catari medioevali o i Surrealisti francesi, quali André Breton, Robert Desnos o Georges Perrec, anche Gabriel Yacoub ha spesso utilizzato come procedimento linguistico quello degli uccelli, affascinato dalla mitologia ornitologica.

Le Bestiaire

Se i volatili hanno un posto-chiave, altrove è la natura intera ad assumere ruoli simbolici. Le Bestiaire, disco finale dell’epoca storica dei Malicorne è fin dal titolo suggestivamente programmatico.

Inizia subito con una filastrocca proveniente dai Pays de la Loire “Les sept jours de mai[4] dove l’innamorato offre vari animali all’amata, forse non troppo cosciente dei loro differenti significati, per poi proseguire con un tradizionale guascone “La mule” (1979), dove una ragazza è stata trasformata in mula da un intervento divino a causa dei suoi settimanali rapporti sessuali con il parroco di Lalande, sulle rive della Bruyère.
Nella maggior parte delle mitologie europee gli animali assimilati al cavallo rappresentano simboli solari ma sovente sono legati alla morte. Nessuna notizia è mai trapelata (a mia conoscenza) sulla sorte che fu riservata al curato in questione.
Per il cantato “a cappella” Gabriel Yacoub si ispira all’arte polifonica dei pastori sardi di Orgosolo mentre l’accompagnamento viene arrangiato a partire da falsi bordoni di voci sovrapposte che funzionano come un “organo umano”.

La caccia d’amore

Quello delle metamorfosi legate al gioco dell’amore[5] è un tema assai frequentato e comune a molte terre. Ogni stato europeo ha le sue varianti. Albert Lancaster Lloyd affermava che questa fantasia da secoli ha perseguitato i sogni sessuali di uomini e donne. Già nelle scritture indù quando il primo uomo inseguì la prima donna, lei per sfuggirgli si trasformò in una mucca e lui in toro e fu così che nacque il bestiame. In seguito divennero giumenta e stallone, quindi pecora e montone e via via fino a quando l’intero mondo fino alle formiche fu creato. Così come nella mitologia greca Teti, la più bella delle Nereidi, discendente di Oceano si trasformò in fuoco, acqua, leone, serpente e seppia spruzzatrice di inchiostro, prima di cedere a Peleo e sposarlo sull’Olimpo alla presenza di tutti di dèi, procreando in seguito Achille, prode semidio.

Ne “Les transformations” (1979) per sfuggire al corteggiamento insistente di un giovane, una ragazza diventa rosa ma lui si trasforma in ape, quindi in quaglia e lui in volpe, poi in dàina e lui in cacciatore, infine la poveretta deciderà di uccidersi e l’uomo diverrà terra per coprirla.[6]
Oggi si parlerebbe di “stalking” e di “Art. 580 codice penale” per quest’uomo che vuole sposare a tutti i costi una fanciulla, viva o morta.

Malicorne episodi significativi

Abbiamo molto amato questo ensemble francese, capace di raggiungere vertici, anche di successo commerciale, che all’epoca appartenevano solamente alla triade di gruppi folk anglosassoni: Fairport Convention, Steeleye Span, Pentangle. Oltre alle particolari voci soliste Malicorne ha sempre posto estrema attenzione strumentale ad ogni canzone.
Episodi significativi furono il quartetto d’archi “alla Bartok” ne “Le tristes noces” oppure l’inedito, per l’epoca, suono orientale di violino in conclusione di “La fille-soldat”, gli echi e i riverberi in “Le luneux” e in “Marion s’y promène”[7], l’organo elettrico in “L’écolier assassin”, le perfette polifonie vocali in “Daniel mon fils” e “Marions les roses”[8], l’organo positivo in “Misère”, i corni da caccia in “La blanche biche”[9] o gli ottoni in “Fiancée du timbalier” (su testo di Victor Hugo) per una messa in scena sonora davvero commovente e spesso drammatica.

L’écolier assassin (Live)

Le canzoni popolari sono prova dell’esistenza di una comunità culturale autentica e negazione vivente di qualsiasi sotto-cultura. Si tratta piuttosto di un tesoro etnico di inestimabile valore, sopravvissuto agli oscurantismi di tempi antichi e anche alle logiche commerciali della parte più influente del mercato discografico recente.
Si può notare ascoltando l’inizio del relativo disco, che la canzone infantile popolare di una rondinella che ruba tre sacchi di grano (“La p’tite hirondelle”)(*) venne presa come inno già del primo Festival Folk francese, svoltosi a Lambesc in Provenza nell’agosto del 1970.
Uno sconosciuto Alan Stivell[10] vi partecipava, imbracciando l’arpa costruitagli dal padre, era l’epoca che precedeva immediatamente il suo primo LP. In Francia, va ricordato, a metà del secolo scorso in tutte le scuole elementari e medie a ciascun alunno veniva fornito un quadernetto con dieci canzoni popolari da imparare durante quell’anno scolastico. Quindi ognuno, finita la scuola dell’obbligo, conosceva quasi un centinaio di esse, anche se selezionate e rigorosamente “a lieto fine” potevano essere comunque un’ottima spinta a curiosità ulteriori.

La nascita del nome Malicorne

La storia racconta che verso fine luglio del 1973 Gabriel Yacoub stava raggiungendo Stivell in Bretagna, in occasione di una delle sue ultime apparizioni in seno al suo gruppo, ovvero il secondo Kertalg Festival. Era in macchina con la moglie Marie Sauvet e l’amico fraterno Hughes de Courson, in direzione Moëlan-sur-Mer, nel dipartimento del Finistère. La decisione di formare un proprio gruppo era già stata presa ma ancora stavano discutendo sul nome quando attraversarono il villaggio di Malicorne-sur-Sarthe, nei pressi di Mans. Questo nome significa “svolte pericolose” e fa riferimento ai meandri che il fiume Sarthe compie proprio in prossimità del borgo abitato. Il misto di sonorità poetica e inquietudine evocata affascinò Gabriel, che aveva scartato dapprima Saulge Violine e poi Merlicorne e fu così che si decise senz’altro indugio per MALICORNE.


Nel 2001, molti anni dunque dopo la fine della vita del gruppo, gli uccelli torneranno in qualche modo a far visita a Gabriel Yacoub quando parteciperà alla colonna sonora del film Travelling Birds (in Italia, “Il popolo migratore”, assieme tra gli altri a Nick Cave, A Fileta e Bulgarka Jr Quartet). Comporrà per il progetto i testi di tre canzoni su musiche di Bruno Coulais; due di esse in inglese “Masters of the field” e “The highest gander” saranno offerte nientemeno che alla voce di cristallo di Robert Wyatt.

La colombe poignardée

Gabriel Yacoub interpreterà in proprio “La colombe poignardée”***, che contiene una citazione proveniente da “Les sept jours de mai” (“deux tourterelles, une perdriolle qui va qui vient qui vole”) e che inizia con “la colomba pugnalata” (come una poesia simmetrica di Guillaume Apollinaire**) per concludersi con “il grande corvo dei mari mi ha portato via l’anima”.

In puro “stile malicorniano”.

Gabriel Yacoub “La colombe poignardée”

RIFERIMENTI e APPROFONDIMENTI in Terre celtiche Blog
[1]L’usignolo è “par eccelance” l’uccello del mese di Maggio nonchè simbolo della poesia. “The Sweet Nightingale” (The Birds in the Spring), “By the Green Grove” e “One May Morning Early” sono tre titoli per la stessa canzone tradizionale inglese la cui melodia gareggia con i gorgheggi dell’usignolo. https://terreceltiche.altervista.org/one-may-morning-early/
Nella tradizione popolare l’usignolo è il simbolo degli amanti e dei loro convegni amorosi, immortalato da Shakespeare nel “Romeo e Giulietta” canta presso il melograno ed è la scelta tra la vita e la morte: restare nel talamo nuziale e morire o partire per l’esilio (e forse la salvezza)? Così il canto dell’usignolo ha assunto una caratteristica negativa, egli non è il cantore della gioia come l’allodola bensì della malinconia e della morte. https://terreceltiche.altervista.org/sweet-nightingale/
si veda anche https://terreceltiche.altervista.org/nightingale-sings/

[2] https://terreceltiche.altervista.org/les-tristes-noces/

[3] Nelle Isole Britanniche è il cuculo tra tutti gli uccelli ad essere l’araldo della Primavera, e più in generale è un uccello sacro (oggi si dice magico) dalle doti oracolari. Nel mito greco il cuculo è un animale consacrato a Zeus, il quale per sedurre Hera (la sorella-sposa) scatenò una tempesta e mutato in cuculo, si posò tutto bagnato e infreddolito sulle ginocchia della dea, la quale si mosse a compassione e lo accolse al seno per riscaldarlo.  Nel culto romano il cuculo è invece consacrato a Giunone in quanto dea della fecondità: era il canto del cuculo a portare la pioggia e a rinnovare la fertilità dei campi. Da qui il simbolo positivo associato a amore, fecondità e abbondanza. In entrambi i miti l’uccello è foriero di pioggia. https://terreceltiche.altervista.org/cuculo-english-balladry/

[4]https://terreceltiche.altervista.org/le-mai-in-francia/#6

[5] La Caccia d’Amore è un tema tipico dei canti popolari, secondo modi propri della canzone d’amore cortese ovvero i contrasti tra due innamorati, Il tema della trasformazione è l’ispirazione delle Metamorfosi di Ovidio: un susseguirsi di divinità dell’Olimpo che per la propria lussuria si trasformano in animali o cose e seducono belle mortali o ninfe dei boschi (le quali a loro volta si trasformano nel loro antagonista). https://terreceltiche.altervista.org/beltane-love-chase/

[6] E’ la storia raccontata nella ballata “The two magicians” nella versione raccolta da da Cecil Sharp in One Hundred English Folksongs  (1916): nelle note dice di averlo ascoltato dal signor Sparks (di mestiere fabbro), Minehead, Somerset, nel 1904. https://terreceltiche.altervista.org/beltane-love-chase/#2

[7] Marion s’y promène è una ballata francese rielaborata da Gabriel Yacoub molto simile alla ballata piemontese Il Corsaro o Il Marinaio (Costantino Nigra #14) https://terreceltiche.altervista.org/marion-sy-promene/
[8] https://terreceltiche.altervista.org/le-mai-in-francia/#3

[9] Complainte de la Blanche Biche è una ballata dell’Alta Bretagna, la più antica giunta fino ai nostri giorni, in cui sopravvive l’elemento fantastico e magico della trasformazione notturna della bionda Margherite-Margot in bianca cerva. La ballata nasconde nella caccia alla cerva l’archetipo dell’incesto tra fratello e sorella 
https://terreceltiche.altervista.org/complainte-de-la-blanche-biche/

[10] tag Alan Stivell per seguire le schede su di lui in Terre Celtiche Blog

ALTRI RIFERIMENTI
*https://www.discogs.com/fr/release/4140814-Various-1er-Festival-De-Folk-Song-CEst-La-F%C3%AAte-A-Lambeschttps://youtu.be/BRh-P__lBng
** La colombe poignardée et le jet d’eau [La colomba pugnalata ed il getto d’acqua] il calligramma di Apollinaire http://tpe-poetes-engages.wifeo.com/la-colombe-poignardee-calligrammes-version-anglaise.php
http://letteraturagrafica.over-blog.com/article-explication-condensee-calligramme-d-apollinaire-52474794.html
*** il testo di La colombe poignardée di Gabriel Yacoub con traduzione italiana di Flavio Poltronieri

Reine blanche ailée de noir
grue cendrée et son gruau
le clan des étourneaux
quatre canards voiliers
trois pigeons ramiers
deux tourterelles
une perdriolle
qui va qui vient qui vole

[et ça margote ça trisse
ça jargonne ça piaille
ça cacarde ça siffle
ça carcaille ça criaille
ça parle avec le vent]

Colombe poignardée
colvert pilet souchet eider
martin-pêcheur king fisher
quatre canards voiliers…

Le grand corbeau des mers
a emporté mon âme
car au cou de chacun
s’accroche son oiseau

Regina bianca alata di nero
gru cenerina e il suo piccolo *
il clan degli storni
Quattro anatre in volo
Tre piccioni
Due tortorelle
Una pernice
che va, che vien, che vola

E stride, grida,
schiamazza, strilla,
pigola, strepita,
fischia, starnazza, urla
parla con il vento

Colomba pugnalata
germano reale, codone, mestolone, edredone
martin pescatore
Quattro anatre in volo

Il grande corvo dei mari
mi ha portato via l’anima
perché al collo di ciascuno
s’aggrappa il proprio uccello

* “gruau” o “gruon” è il termine francese molto raro che definisce i pulcini della gru. Comunemente viene utilizzato per intendere il seme di avena senza la crusca, quindi in cucina è utilizzato anche per la farina di avena, la farinata, il semolino di avena, il fior di farina. Nelle panetterie se dici genericamente “pain de gruau” ti danno il pane di fior di farina.

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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