Nous sommes chanteurs de sornettes

Un viaggio nella discografia dei Malicorne

“Come se gli Steeleye Span avessero attraversato la Manica”. Fu questo il pensiero immediato quando, a metà degli anni ’70, ascoltai per la prima volta un disco dei Malicorne. In effetti, le analogie tra il gruppo francese e quello inglese (del quale ero già appassionato fan) non sono poche: la scelta di rileggere canti e musiche di danza tradizionali alla luce delle sonorità rock, con una certa attenzione ad alcune modalità dell’allora imperante progressive, la commistione di strumenti tradizionali e moderni (ma senza la batteria), gli impasti vocali usati come strumento aggiuntivo, la presenza di una voce femminile capace di variare dai toni più dolci a quelli più drammatici.

Ciò non vuol dire però che siamo in presenza di un gruppo clone degli Steeleye; infatti tanto quelli sono indiscutibilmente “british” tanto i Malicorne sono assolutamente “francesi”, nella scelta delle canzoni e delle danze, nell’approccio al canto sia della bravissima Marie Sauvet (all’epoca coniugata Yacoub) che del marito Gabriel Yacoub, con la sua voce da autentico chansonnier. Ancora a differenza degli Steeleye Span, che hanno mutato più volte formazione, l’organico dei Malicorne per buona parte della carriera è rimasto invariato: insieme ai coniugi Yacoub, il polistrumentista Hughes de Courson e il violinista Laurent Vercambre, a formare un quartetto che da subito è riuscito a definire una fisionomia sonora inconfondibile divenuta il marchio di fabbrica del gruppo, nel quale a partire dal quarto disco si integrerà perfettamente il “quinto uomo” Olivier Zrzdalik.

Pierre de Grenoble (1973)

Il nostro viaggio attraverso la discografia malicorniana comincia da un “prequel”; un disco realizzato e firmato solo da Gabriel e Marie, ma che anticipa e prefigura perfettamente l’avventura del gruppo.

Copertina stupenda (come saranno quelle dei Malicorne), produzione di Hughes de Courson, con la collaborazione di diversi musicisti (tra i quali Dan Ar Braz) Gabriel Yacoub (che aveva lavorato con Alan Stivell) e la moglie Marie realizzano il disco che non solo fa da anteprima all’avventura dei Malicorne ma più in generale apre la stagione del folk revival francese. Tutti i brani dell’album infatti sono pescati dal repertorio delle canzoni tradizionali francesi e ri-arrangiati da Gabriel.

Tra le canzoni del disco spiccano due brani “antimilitaristi” come la title track Pierre de Grenoble (molto simile nel testo alla nostra La licenza) seguita dall’aria della danza Schiarazzula Marazzula e Le Prince d’Orange, entrambi poi entrati a far parte del repertorio e delle scalette dei concerti dei Malicorne.
Molto belle anche le arie di danza, dallo scottish alle bourrée, dai bransles all’andro

Malicorne I (1974)

Tre dei primi quattro album dei Malicorne non hanno titolo, così solitamente sono identificati numericamente. Questo primo reca in copertina una bella foto seppiata del quartetto; sul retro e all’interno compare anche il logo dei due serpenti intrecciati che diventerà una firma della band. Tutti i brani provengono dalla tradizione di diverse regioni della Francia, solo La Pernette ha la musica composta da Gabriel.

LISTA DEI BRANI

Colin Il disco si apre e si chiude con questa breve aria per cornamusa proveniente dalla regione del Berry.

Dame Lombarde La prima traccia cantata è la ballata piemontese Donna Lombarda, naturalmente tradotta in francese, e resa con un suggestivo arrangiamento dove a tenere il tempo è un insistito e inquietante giro di basso che da solo già suggerisce il contesto tragico della storia

La Pernette, unico brano con la melodia composta da Gabriel su un testo originario del Delfinato; magnifica l’interpretazione di Marie della storia dell’innamorata di un condannato a morte

Les filles sont volages Brano di origine canadese, seguito da uno strumentale piccardo

La fille soldat ballata savoiarda sul classico tema della ragazza che si traveste da uomo per seguire l’amato spedito in guerra; un usignolo (“rossignolet sauvage, rossignolet charmant”) deve fare da consigliere alla fanciulla timorosa d’essere vedova prima ancora che sposa. La melodia usata dai Malicorne è quella di una canzone del XV secolo

Landry su un ritmo giocoso la ballata originaria della Savoia che racconta le difficoltà a trovare marito pe rle ragazze del piccolo villaggio

Le chant des livrées Un rituale canto di fidanzamento del Berry

Bourrée / Réveillez vous belle endormie Dopo l’intermezzo strumentale con una bourrée del Limousin una filastrocca tradizionalmente cantata la vigilia di Pentecoste per annunciare la festa. Curiosamente (ma non troppo), il testo non ha molto di religioso, soprattutto nello scanzonato invito finale del “bon paysan” che all’innamorato della figlia non ancora quindicenne dice “Je ne peux pas te donner ma fille, faites l’amour en attendant”

Branle poitevin / Le deuil d’amour Ancora un brano strumentale, seguito da un traditional di origine canadese; ancora una canzone tragica, il “lutto d’amore” è quello di un giovane per l’amata defunta a cui vuole restare fedele rifiutando l’offerta della madre per la “fille du president, qui a de l’or e de l’argent”

Malicorne II (1975)

Il secondo album è annunciato da una stupenda copertina di Albert Riou (dovrebbe rappresentar la casa nel bosco degli gnomi), mentre all’interno ci sono le foto in bianco e nero dei quattro musicisti. Il disco conferma e rinforza le belle promesse dell’esordio, presentando una sequenza di brani tradizionali riarrangiati magnificamente dal gruppo.

LISTA DEI BRANI

Le mariage anglais L’album si apre con questa canzone di origine normanna che racconta non uno bensì due “matrimoni misti” franco-britannici, quello della figlia di Enrico IV di Francia eon carlo I d’Inghilterra e quello di Caterina figlia di Carlo Vi con Enrico V re d’Inghilterra. Le prime strofe della canzone sono eseguite su una melodia quebequoise e la canzone stessa si conclude con un motetto gregoriano della scuola di Notre Dame

Le garçon jardinier Sul tema della fanciulla che rimpiange d’aver troppo facilmente ceduto alle lusinghe di un seduttore, questo brano del Berry è cantato da Gabriel su un vigoroso accompagnamento nel quale spicca il violino di Vercambre

La fille aux chansons (Marion s’y promène) Una delle moltissime varianti di una “complainte” sulla tragica storia di fanciulla rapita, in questo caso si presume da pirati, e che preferisce uccidersi che cedere alle loro brame. Arrangiamento superbo per quella che è secondo me in assoluto una delle più belle canzoni del gruppo

J’ai vu le loup, le renard et la belette Quasi a sciogliere la tensione dopo la lunga drammatica ballata precedente, ecco una bourrée a due tempi dell’Auvergne

Cortège de noce dalla Franca Contea, su un ritmo che sembra da marcia funebre più che da corteo nuziale, la canzone che esprime il rimpianto della sposa per i giorni felici che sta lasciando

Branle / La Peronnelle Uno strumentale del Poitou seguito da una canzone del Delfinato

Le galant indiscret Ancora dal Berry proviene questa canzone con Marie che canta sia la parte del corteggiatore “indiscreto” sia quella della fanciulla che lo maltratta

Marions les roses Canto di questua pasquale splendidamente reso in forma corale

Bourrée – Scottish valse due brevi intermezzi strumentali per due danze della Francia centrale

Le Bouvier Versione francese della canzone occitana Lo Boier, che racconta del contadino che cerca invano di portare conforto alla moglie morente. Brano antico ricco di riferimento alla simbologia dei Catari. L’arrangiamento dei Malicorne è particolarmente ricco di pathos.

Almanach (1976)

Il concept dedicato ai mesi dell’anno è a mio parere il capolavoro della discografia malicorniana. La confezione del vinile si apriva a mo’ di libro con le pagine interne contenenti la descrizione dei brani e le pratiche rituali relative ai singoli mesi.  L’album, premiato con il disco d’oro, contiene alcune tra le più belle e note canzoni del gruppo

Salut à la compagnie L’album si apre con una canzone di questua dell’Epifania proveniente dalla regione di Orleans

Quand j’étais chez mon père Un brano cantato a due voci da Gabriel e Marie con un arrangiamento compiutamente folk rock e “steeleyano”

Margot Un breve ma struggente canto a cappella che ricorda un rituale piuttosto crudele diffuso nel Berry, durante le cerimonie della Passione; un gruppo di ragazzi catturava una averla (considerata “uccello del diavolo”) e le conficcava nella testa due spine (simbolo della corona di Cristo crocifisso) portandola poi in processione infilzata in una picca

Les tristes noces Versione francese della Child Ballad Lord Thomas and Fair Annet, questo è uno dei brani più intensi di Almanach. Il solito rossignolet qui è chiamato a cantare la tragica storia del matrimonio combinato e dell’incursione dell’amante tradito; storia che, va da sé, finisce male per tutti. Bellissimo l’arrangiamento che procede con tono drammatico per interrompersi a metà con una briosa aria di danza (suonata dai musicisti della Bamboche, gruppo di amici/rivali dei Malicorne) che rappresenta l’incontro dei vecchi amanti durante la cerimonia nuziale.

Voici venir le joli mai Un’altra canzone di questua, di provenienza borgognona

Voici la Saint Jean Su uno scatenato ritmo di ronde si sviluppa una delle più allegre e trascinanti canzoni malicorniane, dedicata alla festa che saluta l’inizio dell’estate

Le luneux uno straordinario arrangiamento minimalista sostiene la meravigliosa interpretazione di Marie che canta la storia di questo mendicante cieco; uno dei vertici della discografia del gruppo

Branle de la haie Dalla Orchesographie di Thoinot Arbeau una musica di danza per un ballo estivo

Quand je menai mes chevaux boire Originaria dell’Alta Normandia, un’altra tragica canzone, protagonista un cuculo che annuncia ad un giovane la morte dell’amata

La fille au cresson Un allegro gioco di corteggiamento tra tre cavalieri e una fanciulla andata a cogliere il crescione; l’accompagnamento musicale in forma di ronde è stato composto dai Malicorne stessi

L’éecolier assassin Forse la più classica delle murder ballad riarrangiate da Yacoub e compagni. In questa storia di madre crudele, crudelissima anzi, versione canadese di una complainte medioevale, il rossignolet joli del ritornello suona come uno straziante contraltare, così come l’accompagnamento dell’Hammond accentua il carattere tragico della storia

Noel est arrivé In chiusura dell’album un nouvé provenzale riadattato in francese

Malicorne IV (1977)

Presentato da questa splendida copertina, il quarto album vede l’ingresso nella formazione di un quinto elemento, il bassista Olivier Zrdzalik. Il sound classico del gruppo si arricchisce con l’uso, qua e là, di sintetizzatori ed effetti elettronici e di musiche composte da Yacoub accanto a quelle riprese dalla tradizione

Nous sommes chanteurs de sornettes Il prologo dell’album è tratto da quello di un canzoniere anonimo del XVIII secolo, ampliato nella seconda strofa da Gabriel. Segue una gavotta tratta dal Terpsichore, la collezione di danze realizzata da Michael Praetorius

Couche tard lève matin Testo di un traditional canadese musicato da Gabriel; in coda un breve assaggio di una versione alternativa sempre del Quebec, cantata da Marie

Daniel mon fils Una canzone che ricorda l’anglosassone Lord Randal resa in forma di salmo, cantato a cappella, con finale satirico

Le deserteur Una antiwar song proveniente dalle province dell’Ovest francese, musicata sull’aria di un canto delle crociate riarrangiato dal gruppo

La blanche biche La versione malicorniana della complainte della cerbiatta bianca è uno dei brani più memorabili del gruppo. Sopra un accompagnamento vocale/strumentale fascinoso ed esoterico la voce di Marie sembra venire dalle profondità della foresta

Bacchu Ber Potente interpretazione della “danza di spade” di origine occitana e tuttora eseguita a Briancon ogni 16 agosto.

Le jardinier du couvent la storia tragica ma con lieto fine della fanciulla rinchiusa in convento e del giovane amante che si fa assumere nel convento stesso come giardiniere è raccontata in un lungo brano con tre temi musicali, la narrazione (ballata lenta), la disperazione della fanciulla (tono da complainte), l’arrivo del ragazzo al convento (folk-rock).

Misère Canzone popolare dell’ovest francese su tema musicale savoiardo. Protagonista la miseria, che va a vivere a casa di giovane sposa. Bellissima interpretazione corale con accompagnamento del solo organo positivo suonato da Hughes de Courson

La fiancéè du timbalier Una poesia di Victor Hugo a suo tempo già musicata da Saint-Saens. La versione dei Malicorne su musica di Gabriel è ovviamente ridotta nel testo ma mantiene la forza drammatica dell’originale, grazie ad un arrangiamento in crescendo che fornisce tutto il pathos necessario al tragico finale

Ma chanson est dite L’album si chiude con una sorta di scherzo musicale in cui si mescolano strumenti antichi e moderni

Quintessence (1978)

Una compilation che raccoglie brani dai primi quattro album, più un inedito, Martin, uscito solo come singolo nel 1975: una bizzarra filastrocca, che Gabriel disse di aver appreso dalla madre, su un giovane che si taglia il naso congelato per il freddo, poi incontra tre suore che glielo vogliono prendere

L’extraordinaire Tour de France d’Adélard Rousseau… (1978)

L’album dal chilometrico titolo è un concept dedicato ad un immaginario viaggio attraverso la Francia di un componente dei Compagnons du Devoir, corporazione di apprendisti girovaghi che mentre imparavano un mestiere facevano il Tour de France qualche secolo prima dei ciclisti. In realtà solo alcuni dei brani trattano effettivamente il tema, altri appartengono alla tradizione malicorniana degli album precedenti. In un paio di brani dell’album suonano il chitarrista Dan Ar Braz e il batterista Michel Santangeli

La conduite L’album si apre con la canzone che cantavano gli apprendisti alla partenza del loro tour. Il tono e l’arrangiamento fanno somigliare il tutto a una marcia di soldati in partenza per la guerra

La danse des damnés Una danza infernale resa con grande efficacia, ritmo rockeggiante e violino di Laurent in gran spolvero

Le mari jaloux / La valse druse Su un buffo ritmo di valzer Marie canta i dolori di una donna oppressa da un marito troppo geloso; segue un brano strumentale sempre sullo stesso ritmo

Si l’amour prenait racine la canzone (interpretata da Hugues de Courson) descrive il rimpianto per la brevità del tempo dell’amore, la cui fine è scandita dall’allodola che saluta l’arrivo del nuovo giorno

Une fille dans le désespoir Ancora una bella interpretazione di Marie per questa canzone che racconta dell’incauta richiesta d’amore da parte di una fanciulla

Les couleurs Interpretazione a cappella di un canto devozionale dei Compagnons

A Paris la grande ville / Compagnons qui roulez en Provence Due brani (il primo rockeggiante, il secondo a tempo di marcia) che descrivono ancora il tour de France dei Compagnons

La complainte du coureur de bois La dura vita del taglialegna “Surtout dans le temps de l’hiver” è cantata con una bella interpretazione corale

L’auberge sanglante Ispirato ad un fatto di cronaca avvenuto nell’Ardèche nella prima metà del XIX secolo, la canzone ne deforma e ingigantisce i tratti per raccontare una sorta di “locanda degli orrori”. L’accompagnamento musicale ricorda, non a caso, quello de L’écolier assassin

Le depart des Compagnons / La conduite L’album si chiude come è iniziato sulle note della Conduite

Le Bestiaire (1979)

Nel 1979 la formazione storica dei Malicorne si spezza a metà; De Courson e Vercambre se ne vanno (Hughes si limiterà a produrre il nuovo disco) e vengono rimpiazzati da un gruppo più nutrito di musicisti: Patrick Le Mercier e Dominque Regef agli archi, e ai fiati nientemeno che Brian Gulland, già fondatore dei Gryphon, una delle più originali formazioni del prog folk inglese. Infine, in squadra arriva un batterista, Jean Pierre Arnoux. Questa nuova formazione incide il Bestiario, un concept dedicato alla presenza e al ruolo degli animali nelle canzoni della tradizione popolare.

Les sept jours de mai La traccia iniziale dell’album ha un che di (volutamente) misterico. Su un ritmo ripetitivo, quasi ossessivo, tenuto da basso, batteria e armonica si innesta una sorta di canto/recitativo monotono di voci maschile e femminili, bruscamente interrotto da un break di chitarra che apre ad una seconda parte strumentale che rimanda a certo prog francese dell’epoca (Ange e similari)

La mule un brano tradizionale che racconta di una fanciulla trasformata in mula come punizione alle sue frequentazioni intime con un parroco. Splendido arrangiamento per sole voci, con la band che realizza un accompagnamento che simula una specie di “drone gutturale”

Le branle des chevaux Bella versione di una delle più famose danze medioevali francesi

Les transformations Uno dei brani più lunghi dell’album, si apre con accompagnamento acustico, delicato ma anche un po’ sinistro, tra voci lugubri e sintetizzatori inquietanti. Violino, flauto, cornamuse e un assolo di chitarra si confondono in una trama onirica che alla fine si risolve in una sorta di sabba medioevale.

La Chasse Gallery Dopo una intro quasi ambient ricca di effetti elettronici il brano assume il tono della ballata lenta condotta dalla chitarra acustica e dalla voce di Gabriel “disturbati” qua e là da interventi bruschi di basso e percussioni, altri effetti elettronici e un gong finale

Le ballet de coqs Breve fanfare medioevale eseguita da violino e flauto

Alexandre / Danse bulgare Un brano dall’andamento sognante per la voce di Marie seguito da una musica di danza eseguita dal violino

Jean des loups Una classica ballata dark che è come riprendesse e riassumesse temi e melodie di tutto l’album; forse il brano che più ricorda band come i Gryphon e che ben testimonia l’evoluzione che il sound dei Malicorne sta subendo

Balancoire en feu (1981)

Arrivano gli anni ’80, il folk rock vive momenti difficili ovunque, la crisi non risparmia i Malicorne, che coraggiosamente decidono di considerare esaurita la stagione folk e pubblicano un album completamente “nuovo”, fatto solo di brani originali.

Curiosamente, nello stesso anno anche gli Steeleye Span fanno un’operazione simile con “Sails of silver”; ma mentre quella del gruppo inglese è una virata verso il pop commerciale che fa storcere il naso ai loro fans, i Malicorne compiono un passo più radicale. Intanto fanno scrivere tutti i testi al poeta anarchico Etienne Roda-Gil; poi le musiche, composte da Gabriel Yacoub e Olivier Zrdalik sono orientate ad un raffinato e complesso rock, antico e nuovo al contempo

Testi e musiche rendono il disco il più “difficile” della discografia malicorniana; ai fans (compreso il sottoscritto) occorreranno molti ascolti prima di innamorarsi di un album che personalmente ritengo uno dei dischi migliori a livello internazionale prodotti in quegli anni difficili per la buona musica.

Tra i brani migliori del disco c’è sicuramente la title track Balancoire en feu, che in apertura ci porta subito dentro l’atmosfera contenutistica e musicale dell’intero disco. Nella poetica di Roda-Gil la “altalena in fiamme” (rappresentata anche in copertina con un disegno a dir poco inquietante) è una metafora del mondo. Cantata su un ritmo di rock duro, quasi punk

Ma degne di menzione sono anche:
Paysans sans peur Cantato a cappella questo breve salmo laico è probabilmente dedicato ai contadini spagnoli che combatterono accanto ai rivoluzionari (tra i quali c’era il padre di Roda-Gil)
Chantier d’eté Uno dei brani più intensi dell’album, affidato alla voce di Olivier. Il contrasto spiazzante tra la fatica del muratore al lavoro e la spensierata libertà delle donne che pendono il sole è reso dal poeta con vivida crudezza (la nudità della ragazza che brilla “come una pistola”)
Soldat de la Repubblique Splendida durissima canzone antimilitarista a tempo di rock.
Vive la lune e Petit Oasis sono due brani più pop (ma di qualità”) affidati alla voce sempre splendida di Marie
Infine, una citazione particolare per Quand les cypres canzone dolente che però termina con due versi di speranza, ripetuti ad libitum dal coro: “Preparons une vie nouvelle et nous enfants aurons des ailes”. Versi che allora mi colpivano assai anche perché li ascoltavo tenendo in braccio il mio primo figlio di pochi mesi

Les cathedrals de l’industrie (1986)

L’ultimo album in studio dei Malicorne, uscito a cinque anni di distanza da Balancoire en feu può essere considerato quasi il primo della discografia solista di Gabriel Yacoub, autore di tutti i brani. Nella formazione, al violino Michel Le Cam sostituisce Patrick Le Mercier. Musicalmente il disco risente ahinoi delle sonorità imperanti all’epoca, anche se la qualità delle composizioni e la bravura degli interpreti rimane indiscussa.

Rimane comunque l’album dei Malicorne che personalmente ascolto meno. Salverei dall’oblio La nuit de sorcières e Robe blanche robe noire, due belle interpretazioni di Marie (che non a caso le riprenderà nel suo disco solista di rivisitazioni malicorniane). E magari anche la curiosa Big Science, con il suo sound alla Peter Gabriel.

En public (1979)

Il live che praticamente chiude la fase della formazione “storica”. Ancora una volta, una curiosa analogia con la storia degli Steeleye Span (il loro “Live at last” quasi contemporaneo). Il disco, che riporta registrazioni da due concerti del dicembre 1978 a Montreal, è molto bello.

In scaletta si segnalano una intensa release di L’ecolier assassin, la ripresa di due brani storici del primo disco di Marie e Gabriel (Le prince d’Orange e Pierre de Grenoble) nonché uno scatenato reel di Laurent Vercambre (in procinto di lasciare la band) in coda a La danse des damnés

Vox (1996)

Una compilation molto particolare. Non un “best of” ma una raccolta di brani esclusivamente vocali, a cappella o con leggerissimo accompagnamento musicale. Un disco assai pregevole, perché permette di apprezzare le grandi qualità che il gruppo ha sempre avuto nel curare le voci oltre che gli strumenti, anzi direi a considerare le voci proprio come uno “strumento in più”.


Concert exceptionnel aux Farancofolies de La Rochelle (2010)

L’aggettivo “exceptionnel” non è sprecato. Trent’anni dopo si riforma la formazione storica (quella a 5) del gruppo per un concerto che diventa un evento, documentato da un CD e un DVD. Imperdibili entrambi, per chiunque abbia amato questo straordinario gruppo. Molti i momenti memorabili del concerto, dai classici Prince d’Orange, Pierre de Grenoble, L’ecolier assassin magistralmente cantati da Gabriel alla interpretazione da brividi di Marie in Le luneux, dal folk rock trscinante di Voici la Saint jean allo scatenato finale danzereccio con Bacchu Ber, Danse Bulgare e J’ai vu le loup, le renard et la belette.

Marie de Malicorne (2005)

La voce femminile dei Malicorne, che nei dischi storici appariva con il cognome dell’allora marito (Yacoub) e che dopo la separazione ha ripreso il suo (Sauvet) firma questo disco solista con il solo nome, Marie, perché è così che la ricordiamo noi fans, Marie dei Malicorne, appunto. L’album è naturalmente un omaggio che Marie rivolge alla storia del gruppo, proponendo brani spesso remixati o addirittura nuovamente registrati. Insomma, un regalo bellissimo di Marie a tutti noi.

LINK

https://fr.wikipedia.org/wiki/Malicorne_(groupe)
http://www.gabrielyacoub.com/
https://www.antiwarsongs.org/do_search.php?lang=it&idartista=489&stesso=1

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Pubblicato da Sergio Paracchini

Sergio Paracchini, ascoltatore seriale di buona musica, dagli anni ’70 innamorato del folk revival (celtico e non solo). Gestisce il gruppo Facebook “Folk rock e dintorni”.

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