Alberghi di sangue

L’Auberge Sanglante (la Locanda di Sangue)

Ar Marc’hadourig Bihan (Il Piccolo Mercante) è il titolo generico di una canzone che ogni tanto appare in Bretagna sotto diverse forme e con diversi titoli: Ar Marc’hadour Bihan, Erwanig Prigent, Ivonig Berjen Hag ar Markiz Vilaodren e altri. La storia racconta di un crimine o talvolta di un tentativo di crimine, all’interno di un albergo ma parole e nomi dei personaggi cambiano. L’ho individuata sotto forma di gwerz (lamento), di “son” (canzone da tavola, ma più corta) e anche di ”kanaouenn da ganañ” o “kan ha diskan” (canto per la danza o canto a risposta). In quest’ultima veste la interpreta per esempio il compianto Yann-Fañch Kemener assieme a Marcel Guillou, all’interno del disco Kerzh Ba’n’ Dans (Entrate nella danza) del gruppo Skolvan (1991). Nel loro esordio (1984) invece i Kornog la inseriscono come parte iniziale di un trittico assieme a Autrefois Disait un Guerrier e Ton Dérobée, il tutto interpretato in solo da Jean-Michel Veillon al flauto. In una delle varianti di Erwanig Prigent, colui che è minacciato di venire assassinato è in effetti un suonatore di flauto.

Ar Marc’hadourig Bihan proviene dal repertorio di Claude Lintanff (Klaod an Intañv, ovvero Claudio il Vedovo), cantante tradizionale della regione del Trégor, nord Bretagna, che purtroppo non ha fornito informazioni ulteriori al riguardo. Gli storici Les frères Morvan l’hanno spesso interpretato nelle fest-noz, a tre voci con il titolo Fisel ton diwezhañ. Marthe Vassallo la interpreta “a cappella” in Les Chants Du Livre Bleu (2016). Finora non sono riuscito a trascrivere il testo nel quale in questo sinistro albergo, agli ospiti viene tagliata la gola durante il loro sonno notturno, però mi riservo, quando mi sarà possibile, altri tentativi di ricerca futuri in terra bretone.

L’Auberge Sanglante

Quello che però mi risulta veramente interessante e curioso è che la trama di questa narrazione appare identica anche altrove. La ritroviamo ad esempio nel brano L’Auberge Sanglante, presente nel disco dei Malicorne, L’extraordinaire Tour De France D’Adélard Rousseau, Dit Nivernais La Clef Des Cœurs, Compagnon Charpentier Du Devoir (1978).
Il testo è tradizionale e Gabriel Yacoub ha composto per esso una musica molto efficace sulla falsariga di Les Tristes Noces o L’Ecolier assassin.

Malicorne

Il testo ha un superficiale e discutibile lieto fine e la spiegazione la fornisce lo stesso viaggiatore protagonista del disco dei Malicorne che nel suo diario di viaggio, il giorno 23 gennaio tra l’altro, annota:

…sono ancora tutto preso dall’emozione per l’avventura terrificante capitatami ieri sera… dopo tre giorni di viaggio e due freddissime notti passate una in un granaio e l’altra in un dormitorio pubblico, mi sono trovato in aperta campagna. La neve iniziava a cadere e il giorno finiva in fretta quando vidi questo edificio circondato da fiori e dall’aria così accogliente, le finestre illuminate da scaldare il cuore. Descrivo la mia avventura per poterla un giorno cantare. Non c’è menzogna nelle mie parole, che mi si impicchi se non è vero.

La mesta voce di Gabriel Yacoub e gli arpeggi delicati della chitarra, uniti agli effetti di altre corde che stridono e sonagli rotolanti, si sposano perfettamente con la macabra storia narrata e il tutto produce un clima generale molto inquietante. Nella parte strumentale dopo un’introduzione al violino, Hughes de Courson soffia nella parte superiore dell’ancia della sua gaita galiziana. Anche Laurent Vercambre, pur non essendo notoriamente un solista, pare in stato di trance nel produrre dissonanze violinistiche come se camminasse sul sottilissimo filo dell’emozione pura.

Solo l’ultima quartina è pura invenzione ma non modifica l’orribile avvenimento, è solo che ho pensato di terminare la canzone in modo più romantico. Jeanneton non aveva alcuna intenzione di sposarmi e la mia valigia conteneva di tutto tranne che soldi. Ci siamo solamente giurati amicizia eterna con dei trasporti molto calorosi (evito i dettagli). Che la sorte abbia pietà di questi disgraziati locandieri e che riservi a Jeanne tutta la fortuna del mondo.”

L’Auberge Sanglante

Un compagnon si brave son tour de France allait
s’en va chez une hôtesse pour y loger
Bonjour dame l’hôtesse logerions-nous?

Quand vient vers les sept heures le garçon de souper
dites dame l’hôtesse souperions-nous?
Oui mon brave jeune homme attablez-vous

Appelle la servante petite Jeanneton
donne de ce bon lièvre à ce garçon
car ce brave jeune homme a de l’argent

Quand vient vers les neuf heures le garçon demandait
dites dame l’hôtesse coucherions-nous?
Oui mon brave jeune homme j’ai lit pour vous

Appelle la servante petite Jeanneton
Amène moi cet homme là-haut dans la maison
à la plus haute chambre en vérité

Tout en montrant la chambre la servante pleurait
Que pleurez vous la belle que chagrinez?
tout en montrant la chambre tant soupirez

Mon brave gentilhomme je pleure que de vous
là-haut dedans la chambre dessous le lit
il y a quatre cadavres je vous le dis

Comment pourrais-je faire pour passer cette nuit?
Faudra prendre un cadavre dessous le lit
le mettre à votre place pour cette nuit

Quand vient vers les onze heures le garçon de veiller
l’hôte avecque l’hôtesse ils se sont levés
de marteau et de pierre l’ont massacré

Quand vient vers les cinq heures le garçon s’est levé
Rendez-moi ma valise assassineurs
mon sac avec ma canne maudits voleurs

Appelle la servante petite Jeanneton
tiens dedans ma valise il y a de l’argent
tu m’as sauvé la vie pour cette nuit

Ramasse ton bagage petite Jeanneton
car nous irons ensemble dans ma maison
nous marierons ensemble à la saison

La Locanda di Sangue

Un coraggioso compagno faceva il suo giro di Francia
arriva presso una locandiera per passare la notte
buongiorno, signora ostessa, si potrebbe pernottare?

Quando sono circa le sette il giovane scende a cena
mi dica, signora ostessa, si potrebbe mangiare?
Si, mio bravo giovanotto, sedete pure a tavola

Lei chiama la servetta, la piccola Jeanneton
dai un po’ di quella buona lepre a questo ragazzo
perché questo bravo giovane ha dei soldi

Quando sono circa le nove, il giovane domanda:
dite, signora ostessa, si potrebbe dormire?
Si, mio bravo giovane, ho un letto per voi

Lei chiama la servetta, la piccola Jeanneton
porta quest’uomo su, al piano di sopra
proprio nella camera che sta lassù più in alto

Mostrandogli la camera, la servetta piangeva
Perché piangete, mia bella, che cosa vi addolora
perché sospirate tanto nel mostrarmi la camera?

Mio bravo gentiluomo, piango per voi
quassù in questa camera, sotto il letto
ci sono quattro cadaveri, io ve lo dico

E come posso fare per passare questa notte?
Bisognerà prendere un cadavere da sotto il letto
e metterlo al vostro posto per questa notte

Quando arrivano circa le undici il giovane vegliava
l’oste con assieme l’ostessa si alzano
con martello e pietre l’hanno massacrato

Quando arrivano circa le cinque il giovane si alza
ridatemi la mia valigia, assassini
la mia borsa e il mio bastone, maledetti ladri

Chiama la servetta, la piccola Jeanneton
tieni, nella mia valigia ci sono dei soldi
tu mi hai salvato la vita questa notte

Prendi il tuo bagaglio, piccola Jeanneton
perchè ce ne andremo insieme a casa mia
e ci sposeremo quando sarà stagione
(Traduzione italiana Flavio Poltronieri)

L’Albergo Rosso di Peyrebeille

Auberge Sanglante di Peyrebeille
L’Auberge Sanglante: Albergo Rosso di Peyrebeille

La vicenda parte da un fatto di sangue realmente accaduto all’Albergo Rosso di Peyrebeille, nel comune di Larrorée, dipartimento dell’Ardèche, regione poco abitata dell’Alvernia/Rodano/Alpi, che prende il nome dal fiume che l’attraversa, affluente di destra del Rodano. Nell’Auberge Sanglante comunque il racconto popolare è di molto modificato come spesso accade, inserendo episodi appartenenti ad altre vicende analoghe ma di più antica data (uno del 1712 e un altro del 1609). In questa locanda di proprietà dei coniugi Pierre Martin e Marie Breysse, contadini diventati albergatori, si mangiava e si dormiva bene…spesso in eterno! I due locandieri assassinavano e derubavano infatti gli incauti ospiti. Tra il 1805 e il 1830 ne avrebbero uccisi ben cinquantatre, grazie anche alla complicità del loro cameriere, Jean Rochette detto “Fétiche” e del nipote André Martin. Una vera banda criminale ben organizzata insomma che aveva accumulato negli anni un notevole bottino. A quei tempi se qualcuno spariva non era come adesso e non arrivava subito la Polizia o “Chi l’ha visto?”

Il 26 ottobre 1831 però fu rinvenuto il cadavere di un uomo, con una frattura al ginocchio e il cranio sfondato, sulle rive del fiume Allier, nei pressi proprio di questa locanda. Venne identificato come il sensale di bestiame Jean-Antoine Enjolras. La storia narra che costui non riusciva più a trovare una delle proprie giovenche e avendola cercata invano e trovandosi nei paraggi, aveva deciso di passare la notte del 12 ottobre proprio all’Auberge Rouge. Vennero fatte delle indagini e degli interrogatori e un tale Claude Pagès, dichiarò che il cadavere di Enjolras era stato trasportato da Pierre Martin, dal cameriere “Fétiche” e da un altro sconosciuto, su un carretto proprio dalla locanda al fiume. Quindi il giorno 25 ottobre, il giudice di pace Étienne Filiat-Duclaux andò all’albergo in questione per verificare i fatti e il primo novembre arrestò Pierre Martin e suo nipote. Il giorno successivo fu la volta di Jean Rochette mentre Marie Breysse fu l’ultima in quanto nessuno sul momento ipotizzava un suo coinvolgimento nel crimine, in quanto donna.

Il 18 giugno 1833 ebbe inizio il processo ai quattro imputati a Privas, presso la Corte d’Assise dell’Ardèche. Più di cento testimoni resero ogni sorte di dichiarazioni e questo determinò la sensazione che l’immaginario collettivo avesse preso decisamente il sopravvento sui fatti reali. Ci fu chi affermò che i locandieri bruciavano i cadaveri nel forno per il pane, che si sentivano fumi ripugnanti uscire dal camino, che c’erano schizzi di sangue sui muri e che anche le lenzuola talvolta risultavano insanguinate. La cosa più terrificante fu che qualcuno disse di aver visto parti umane ben distinte nei pentoloni e che poi finivano nei piatti dei clienti sulla tavola, come spezzatino o ragù. L’unico testimone diretto apparve un mendicante di nome Laurent Chaze che parlava solo in dialetto e le cui dichiarazioni furono tradotte in francese. Egli affermò di essere stato cacciato quella sera perché privo del denaro per pagare e di essersi perciò nascosto a dormire in un deposito adiacente, assistendo quindi all’omicidio dell’uomo rinvenuto al fiume. Non esistevano a quel tempo analisi del DNA o delle impronte digitali. Fu però una gaffe proprio dell’avvocato difensore di Jean Rochette a destare i maggiori sospetti, in quanto nel tentativo di salvarlo, dichiarò alla corte che il proprio assistito essendo un dipendente poteva solo ubbidire, senza discutere, ai suoi padroni. Questo parve a tutti rappresentare indirettamente una ammissione di colpa per sé e per i coniugi Martin e determinò la loro condanna a morte per l’omicidio di Jean-Antoine Enjolras, anche se vennero assolti per tutti gli altri cinquanta delitti che venivano loro attribuiti.

Oramai la macabra leggenda galoppava incontrollabile di bocca in bocca e si raccontava che abitualmente fosse il servo che entrava nelle stanze nel cuore della notte, armato di tridente ad inchiodare le vittime al letto, mentre la signora Martin gli versava in bocca olio bollente o piombo fuso. Durante questo periodo, il vecchio locandiere, che la voce pubblica aveva soprannominato Lucifero, infieriva sulle teste dei malcapitati con colpi di mazza. Le pareti delle stanze erano state addirittura dipinte di rosso per evitare di riconoscere facilmente le macchie di sangue. In un secondo momento i corpi venivano bruciati e le loro ceneri disperse all’aria aperta. Anche la Cassazione confermò l’accusa e il Re Luigi Filippo respinse la grazie richiesta.

Auberge Sanglante: la condanna degli assassini
Auberge Sanglante: la condanna degli assassini

La condanna fu stabilito che doveva venire eseguita proprio di fronte alla locanda maledetta. La processione impiegò una giornata e mezza di cammino a percorrere i sessanta chilometri che separavano la prigione dall’amena frazione, attraversando la catena dell’Escrinet, risalendo la valle dell’Ardèche e superando infine il passo Chavade. Quando giunsero nel luogo indicato si trovarono davanti a questo sinistro, vecchio edificio, situato su un altopiano desertico spazzato dai venti. Nel frattempo la folla si era ingrossata a dismisura strada facendo: 30.000 persone. Tutta la regione voleva assistere all’esecuzione mentre i preti che dovevano accompagnare i condannati abbandonarono il mesto corteo. A mezzogiorno in punto del 2 ottobre 1833, dalla chiesa di Lavillatte si levava il suono dell’Angelus, quando il domestico Jean Rochette nell’attimo supremo urlò: “Maledetti padroni, che cosa mi avete fatto fare!”

Una banda di Criminali o pregiudizi?

Non esistevano comunque prove certe della colpevolezza dei ghigliottinati, il processo fu indiziario e anche la discutibilissima condotta di Fornier de Claussonne, il Presidente della Corte d’Assise, indirizzò i giudici, in quanto le sue affermazioni finali si potrebbero riassumere piuttosto come una seconda requisitoria d’accusa. Non va dimenticato che il barbone Laurent Chaze era alcolizzato e non sapeva nemmeno parlare la lingua. Il suo racconto conteneva elementi fantasiosi assai. Qualcuno ipotizzò che Jean-Antoine Enjolras fosse semplicemente morto per cause naturali (crisi cardiaca dovuta ad eccessivo cibo e alcool) e che fosse precipitato improvvisamente a terra battendo la testa contro un sasso. Oppure che i locandieri, spaventati dalla sua morte improvvisa a casa propria, si fossero semplicemente sbarazzati del corpo per simulare un incidente. Certo è che se l’hanno ucciso loro, non si capisce il motivo per il quale non ne abbiano, come consuetudine, bruciato nel camino il corpo.

Auberge Sanglante Meurtres à l'auberge rouge
Meurtres à l’auberge rouge (1910 circa)

Resta un mistero poi anche il motivo per il quale il nipote André venne invece assolto, visto che pure lui aveva partecipato, secondo le dichiarazioni del testimone. Molti aspetti contribuirono a delineare il quadro accusatorio come il fatto che Jean Rochette aveva la pelle scura e nei ritratti come ad esempio in questo del 1910 circa, viene addirittura dipinto come un nero proveniente da Martinica (o Antille), cosa assolutamente falsa perché era anche lui originario dell’Ardèche.

I coniugi Martin poi simpatizzavano per le bande di taglialegna dell’epoca e del luogo e il processo potrebbe essere stato anche dimostrativo e indirettamente rivolto ad intimidire gli Ultrarealisti. La verità non si saprà mai. In compenso sulla vicenda di Peyrebeille sono stati pubblicati libri, saggi storico-giudiziari, libelli pulp e pure due film, il primo nel 1951 da Claude Autant/Lara e il secondo nel 2007 da Gerard Krawczyk, entrambi con il medesimo titolo L’auberge rouge.

Auberge rouge in Italia

A questo punto non si può non andare con la mente ai cosiddetti Misteri di Alleghe, una catena di cinque omicidi avvenuti tra il 1933 e il 1946, nell’Albergo Centrale del paese in provincia di Belluno, nel cuore di una vallata delle Dolomiti. Anche qui come nella vicenda di Peyrebeille si tratta di una intera famiglia di albergatori assassini e di un complice esterno. Tutto nasce da un figlio illegittimo avuto quand’era ragazza, dalla proprietaria, Elvira Riva e immediatamente dato in affidamento appena nato. La donna, quando sposa Fiore Da Tos è già incinta di un altro uomo ma lui, interessato soprattutto al patrimonio della sua futura moglie, acconsente comunque al matrimonio. Al momento del parto Elvira torna al suo paese, Mirano, a pochi chilometri da Venezia e affida il bambino Umberto Giovanni a degli zii. Fiore non si scompone ma non dimentica quel peccato di gioventù, pur procreando con lei altri due figli, la maggiore, Adelina che andrà in sposa a Pietro De Biasio e Aldo che gestisce una macelleria di proprietà, esattamente dall’altra parte della piazza del paese.

Il giorno che, oramai maggiorenne, il detestato “veneziano” tornerà sulla scena per rivendicare la propria parte di eredità, sarà l’inizio della saga degli orrori. Infatti il “figlio della colpa” viene ucciso e fatto a pezzi e poco dopo stessa sorte toccherà alla cameriera dell’albergo, Emma De Ventura, sgozzata da Adelina con un rasoio nella camera numero 6, forse per aver visto o capito qualcosa. La sua morte venne subito e assurdamente archiviata come un suicidio per amore nonostante non torni niente e manchi assolutamente una reale motivazione per questo “insano gesto”. Sette mesi dopo sarà la volta di Carolina Finazzer, rinvenuta cadavere nel lago. Si trattava della fresca sposa di Aldo Da Tos, strangolata per aver raccolto in viaggio di nozze, le inconfessabili confidenze del neo-marito piuttosto debole di carattere. Lei però si spaventò alquanto e iniziò a sospettare, volle addirittura interrompere il viaggio e da Venezia tornare immediatamente indietro per poter incontrare l’indomani, la propria madre. Ma non fece in tempo perché durante la notte, i tre la ammazzano. A questo punto Fiore ed Elvira ordinarono al figlio di sbarazzarsi del cadavere gettandolo nel lago ma venne notato per caso con un grosso fardello sulle spalle da due fidanzati che rientravano a casa a piedi. Le indagini superficiali ancora una volta, parlarono di depressione, di sonnambulismo e di fatalità. Venne disposta l’autopsia e non fu rinvenuta acqua nel corpo, inoltre il collo presentava lividi evidenti. Il medico legale li attribuì però ad un inizio di putrefazione, nonostante fosse deceduta da pochissime ore e rimasta immersa in acque gelide. Anche il suo caso fu dichiarato quindi un suicidio.

Nulla successe più ad Alleghe per ben tredici anni, nel mezzo arriva e finisce una guerra mondiale, finché, il 18 novembre 1946, i coniugi Luigia De Toni e Luigi Del Monego non vengono freddati assieme, a colpi di pistola mentre rincasavano. Avevano appena chiuso lo spaccio dell’Enal e stavano tornando a casa con l’incasso di 100.000 lire. I soldi sparirono. Rapina a carico di ignoti venne sentenziato subito. Altro caso chiuso. Questi due erano proprio gli ex-fidanzati che avevano incrociato per strada Aldo Da Tos la lontana notte dell’omicidio della moglie. Quattro morti misteriose in una decina di anni sono davvero troppe in un paesino di poche centinaia di anime. Le voci sussurrano ma la paura e l’omertà tengono. Al paese di Alleghe si affibbia anche l’epiteto di “Montelepre del Nord” (Montelepre, vicino a Palermo è il luogo dove durante quegli anni imperversava il bandito Giuliano). I turisti girano al largo. Tutti gli abitanti cercano di dimenticare. E’ un periodo post-bellico e armi ne circolano ancora parecchie.

Sergio Saviane nel 1964, con uno stile tra un giallo e un resoconto di cronaca nera, narra nel libro le vicende dei delitti

Quando nel novembre di quel 1946 il giornalista Sergio Saviane, che andava in precedenza a passare le vacanze da quelle parti e aveva conosciuto bene i due ultimi assassinati, legge della loro morte stenta a crederci. Aveva giocato a carte molte volte con Luigi e raccolto anche le sue paure, seppur mai definite e decise di interessarsi di quei delitti, supponendo fossero collegati tra loro in un qualche modo. Tornò ad Alleghe a più riprese: domandava in giro cercando di approfondire, finché si sentì pronto nell’aprile del 1952 a scrivere un lungo articolo sul settimanale “Il lavoro illustrato” che riassumeva la vicenda, insinuando dubbi. Per risposta ottenne una condanna per diffamazione. Querelato dagli albergatori che, nonostante non apparissero in alcun modo nell’articolo si sentirono stranamente tirati in causa. Il processo costò al giornalista otto mesi di carcere con la condizionale, il pagamento delle spese processuali e 700.000 Lire come risarcimento ai Da Tos per danni morali. L’articolo di Saviane aveva però attirato l’attenzione del giovane brigadiere dei carabinieri Ezio Cesca, appena trasferito da quelle parti, che assieme al suo comandante il maresciallo Domenico Uda della stazione di Agordo, riaprono le indagini sotto copertura.

Con astuzia, e frequentando gente del luogo scoprono infine la verità anche se oramai Elvira era deceduta di morte naturale, così come il marito Fiore Da Tos. Il processo si aprì nel marzo del 1960 e l’8 giugno la Corte d’Assise di Belluno dopo nove ore di camera di consiglio, condannò Adelina e Aldo Da Tos e anche Pietro De Biasio all’ergastolo per l’uccisione di Carolina Finazzer e dei coniugi Del Monego. Per quest’ultimo delitto vennero sentenziati trenta anni anche al complice Giuseppe Gasperini, alias Beppin Boa, ex-partigiano, ora sbandato, di cui sei furono condonati per aver contribuito con la propria confessione ad incastrare gli altri. Nessuna condanna invece per l’omicidio di Emma De Ventura in quanto questo delitto era oramai caduto in prescrizione. Identica sorte per quello del figlio illegittimo di Elvira, di cui, per assurdo, oltre al cadavere, non si riuscì mai a trovare neppure un certificato di nascita. Come se non fosse mai esistito, nonostante le numerose testimonianza contrarie. Anche gli ulteriori processi d’Appello a Venezia nel 1962 e di Cassazione nel 1964, confermeranno la sentenza di primo grado. Durante il processo d’appello, i Da Tos e De Biasio confessarono di aver partecipato agli omicidi, proposero dei ricorsi che la Corte di Cassazione però respinse, confermando, il 4 febbraio dello stesso anno, la sentenza di primo grado all’ergastolo. Aldo Da Tos e Pietro De Biasio morirono in carcere, mentre Adelina Da Tos, a 73 anni, ricevette la grazia dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini all’inizio del 1981. Trattandosi comunque di delitti avvenuti nel 1933, troppi anni erano passati perché non si possa sospettare che non tutto sia stato definitivamente chiarito.

Dopo quello di Saviane, altri libri seguiranno: “I segreti del lago” (2001) di Pietro Ruo che parte dalla possibile esistenza in vita del figlio di Elvira Riva all’epoca in cui avvennero i delitti, sostenendo perciò l’ insufficienza delle accuse e “La montagna assassina” (2010) di Toni Serena, in cui si evidenziano errori, omissioni ed estorsioni gravi nelle indagini. Per il delitto dei coniugi Del Monego, il colpevole sarebbe un uomo di nome Verocai, che era stato assolto dai giudici sulla base degli atti a disposizione.

Per ripercorrere dettagliatamente il fatto di cronaca: https://it.wikipedia.org/wiki/I_misteri_di_Alleghe

E’ stata realizzata e trasmessa al riguardo una puntata del programma televisivo Blu Notte (2000): https://www.raiplay.it/video/2017/02/Blu-notte-I-misteri-di-Alleghe-79a75c1f-d736-4406-8267-e619d7934c7d.html

Le Locande Sanguinose

Va anche detto che di “locande sanguinose” o di “alberghi degli orrori”, la tradizione popolare abbonda. In ogni paese ne esistono, pensiamo, ad esempio, a quella del “Manoscritto trovato a Saragozza” di Jan Potocki. Con una coincidenza beffarda estrema da parte della storia, i delitti dell’Albergo Centrale di Alleghe ebbero inizio nel 1933, cioè esattamente cento anni tondi dopo che venne eseguita la condanna a morte degli osti dell’Albergo Rosso di Peyrebeille.

E’ uno straordinario romanzo criminale la vicenda di questo Fiore Da Tos, uomo avido e dispotico, negli anni trenta del secolo scorso, di un paesello tra i monti del nord Italia, chiuso e maschilista. Maritato per interesse con la figlia dei padroni dell’Albergo Centrale, una donna più vecchia di lui di undici anni e già incinta, ossessionato dal pensiero che “il bastardo” potesse mettere le mani su un pezzo “della sua roba”. Uno che è stato capace di trasformare in criminali tutti i suoi familiari, due donne e un figlio con riconosciuti problemi psichici e che col terrore, per ben un quarto di secolo, ha tenuto in omertoso ostaggio un intero paese. Come non richiamare alla mente la sordida atmosfera della plumbea provincia descritta in Ces gens-la da Jacques Brel o in molti romanzi delle inchieste del Commissario Maigret!? Forse neppure la fantasia del grande Simenon avrebbe saputo far meglio della realtà e comunque questa vicenda non ha niente da invidiare a quelle trattate da molte Murder Ballads provenienti da ogni dove. Non mi risultano però canzoni italiane che ne facciano riferimento, come invece è avvenuto per altri fatti di cronaca più recenti. A questo proposito, se qualcuno ne è a conoscenza, è pregato gentilmente di contattarmi anche per integrarle nel racconto.

il campanile sommerso nel lago di Resia

Ero partito da Ar Marc’hadourig bihan di Bretagna e alla Bretagna in qualche modo vorrei tornare. Perché nella storia dei Misteri di Alleghe c’è anche un particolare per me molto affascinante. Nelle chiacchiere di paese ogni tanto viene citato come in una leggenda, un misterioso campanile che da sotto il lago, dove fu rinvenuta Carolina, rintocca annunciando le morti imminenti. Non è una suggestione. C’è davvero! Una frana nel 1771 trascinò sott’acqua una parte della chiesa del paese e li è rimasta. Ebbene, questo non ricorda forse la città di Ys che, come Atlantide, giace tutta intera inghiottita in fondo al mare di Bretagna?

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

3 Risposte a “Alberghi di sangue”

  1. Anche nelle murder ballads leggiamo di analoghi alberghi di sangue, quello che mi viene subito in mente è una sea ballad https://terreceltiche.altervista.org/young-emsley/
    La ballata, diffusa sotto molti titoli nel nuovo e vecchio continente, è una murder ballad ed è stata pubblicata in Inghilterra in molti broadsides del 1800; l’argomento è stato trattato in modo esaustivo nel blog di Patrick Blackman “Sing Out! Murder Ballad Monday” e quindi in Terre celtiche Blog ho solo tradotto i testi in italiano insieme a qualche osservazione personale, per una consultazione più agevole ho suddiviso i testi in
    American versions
    English version
    Irish version
    Scottish version

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