Below the salt 1972 (tutti i testi)

un cambiamento epocale, musicalmente un salto nel vuoto, un secondo inizio per gli Steeleye Span

Below the salt

E’ un cambiamento epocale, musicalmente un salto nel vuoto, un secondo inizio per gli Steeleye Span, comunque i brani rimangono sempre tradizionali ricavati in buona parte da “The English and Scottish popular ballads” di Francis James Child. Questo stupefacente disco è la prova che talvolta i miracoli accadono davvero!! Non c’è un solo attimo di scadimento emotivo in queste murder ballads, dalle sofisticate polifonie vocali della sessual-farsesca “Rosebud in June” (cantata all’unisono e in maniera sia ancestrale che pagana da tutti i musicisti) alla cesellatissima “Royal Forester” (con la melodia della Prior che è una giga a cui si attorciglia il violino ostinato), dalla rarefatta e corale “John Barleycorn” alla terrificante, metallica e sanguinolenta “King Henry“, attraversata da sonorità da incubo. Una ballata lunga, multiforme, densa di cambi, cantata in duo da Johnson e dalla Prior, con passaggi a cappella e variazioni in equilibrio perfetto che richiamano danze macabre, raga indiani e musica tzigana. Le fate, nel concetto celtico, sono divinità femminili che hanno bisogno degli uomini per rigenerarsi (un po’ come le Amazzoni), senza maschi vivi non riuscirebbero a donare la loro ricchezza e fecondità all’Universo. Frequenti nel mondo arcaico, da cui provengono le ballate dell’antico folk inglese, sono anche le tradizioni che descrivono spedizioni nell’aldilà, straordinarie testimonianze metafisiche ad opera di popolazioni dominate materialmente ma al contempo dedite a sorprendentemente alte meditazioni intellettuali.

A partire da questo disco le canzoni scelte e arrangiate dagli Steeleye Span dipingeranno sovente oniriche scene a tinte laceranti, scure, fantastiche e misteriose (come spesso accade nei testi antichi). Il gruppo si avventurerà su un terreno musicale dove agiscono campi che rendono minacciosa e incombente la materia sonora. Testi tradizionali e suoni nuovi saranno uno dei suoi punti di forza. Le scene descritte rivelano un uomo, inserito nei meccanismi della Natura, in cui in numerosi casi esplode tutta la sua crudeltà atavica, altrove invece è letteralmente schiacciato dall’ineffabilità violenta di regole sociali riferibili a schemi arcaici. Steeleye Span ha saputo creare in perfetto equilibrio, il miraggio d’illusione musicale folk che ha portato le finzioni ad avere tutte le qualità delle storie vere, a ciascuno la scelta della propria verità preferita!

L’uomo descritto nelle fantastiche canzoni tradizionali appare completamente avvolto dall’idea delle ritualità iniziatiche, liturgiche, mitologiche o divinatorie. E’ una poetica che vive di riferimenti lontani, di campi d’ispirazione che vanno ricercati nell’archeologia dell’essere vivente. La sua passionalità, la sua spiritualità, il suo destino, tutto vi fa riferimento nella ricerca di scrivere la sua storia attuale all’interno di quei solchi.

Inutile aggiungere: miglior album del 1972 e ulteriore tournée negli Stati Uniti.

Spotted Cow
Rosebud in June
Sheep-crook and Black Dog
Royal Forester
King Henry
Gaudete
John Barleycorn
Saucy Sailor

Maddy Prior – vocals, morrisette
Tim Hart – vocals, tabor
Bob Johnson – guitar
Peter Knight – mandolin
Rick Kemp – bass

Rick Kemp e Bob Johson sono all’epoca due perfetti sconosciuti nell’ambiente musicale inglese. Il primo è un bassista elettrico più aggressivo di Ashley Hutchings e anche più vicino al suono rock, il secondo aveva già suonato in duo con l’amico Peter Knight qualche anno prima ed è un chitarrista più percussivo del geniale Martin Carthy.

Below the salt
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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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