Patrick Ewen: Laggiù nei Monti d’Arrée

Patrick Ewen un musicista bretone innamorato della Scozia

“…Ci sono delle immagini
che non si dimenticano mai
e chiudendo il libro ho voglia di cantare”

Patrick Ewen, il maggiore dei sei figli di un gendarme, è nato nel 1948 ad Annaba, nel nord-est dell’Algeria, sulla costa, non lontano dal confine con la Tunisia, quando ancora la città si chiamava Bône (Bona in italiano, l’antica Ippona). A otto anni la famiglia emigra a Batna, la capitale dell’Aures, che però si trova ad essere uno dei luoghi dove maggiormente esplode la ribellione algerina e allora il padre presenta domanda di espatrio in Francia. Lui è bretone, originario di Guidel Trévoux, nel Morbihan e la moglie viene invece dalla regione dell’Alvenia-Rodano-Alpi.
La famiglia di Patrick Ewen finirà per stabilirsi a Thionville, nel Dipartimento della Mosella, sul confine con il Lussemburgo, proprio ai piedi dei vulcani dormienti fino a quando nel 1960 verrà finalmente accolta la sua domanda di trasferimento in Bretagna, prima a Pontivy e poi a Brest. Entrambi i genitori di Patrick si dilettano nel canto e la madre quando i bambini fanno i capricci, li minaccia di cantare la canzone strappalacrime “Les roses blanches” per calmarli.

Per Patrick Ewen, risale alla fine del 1968 in un folk club di Brest, l’incontro con Gérard Delahaye, il quale ha da poco iniziato ad esibirsi con Jean Gillet. Finito il servizio militare viaggia in Lapponia e in Irlanda, poi rientrato in Bretagna si esibisce assieme ai gemelli Quefféléant che presto fonderanno il gruppo An Triskell. A quell’epoca Patrick non conosce il bretone anche se i suoi nonni materni parlavano il breton cornouaillais, sua madre comprendeva quello di Spézet e i nonni paterni si esprimevano in quello vannetais. Comunque nel settembre del 1971 decide assieme a Gérard Delahaye di vivere in maniera spartana e rustica, stabilirsi nei Monts d’Arrée, colline desolate e brulle della parte centrale del Finistère, ricchissime di leggende dell’epoca dei primi Celti e popolate di anime dannate, streghe e diavoli, la palude di Yeun-Elez, ad esempio, sarebbe la bocca dell’Inferno. I due amici si istallano dapprima a Le Grinec, Plounéour-Ménez e poi a Cloitre-Saint-Thégonnec, Mengleuz per vivere esclusivamente di musica e dei prodotti della terra. A questo punto fanno la conoscenza di Melaine Favennec e subito dopo del poeta Yvon Le Men e così l’avventura Névénoé prende vita.

Beggin’ I will go: il percorso scozzese

Patrick Ewen

Patrick Ewen, voce roca, anarchico, pipa, gilet tipico, barba rossiccia foltissima e sguardo trasparente, violinista, ma anche suonatore di chitarra, armonica a bocca, banjo, accordéon, incide Beggin’ I will go, nel 1973 e sarà il secondo LP ad essere prodotto dalla Cooperativa.

In precedenza l’etichetta Noroit gli aveva pubblicato un 45 giri con due brani scozzesi: Fisherman’s Lassie e Johnnie Cope. La canzone tradizionale scozzese lo intriga e gli sembra talmente vicina a quel che accade in Bretagna che decide addirittura di andare in Scozia per un po’ di tempo ad abbeverarsi di quella cultura, imparare canzoni e al momento di incidere il suo esordio discografico lo consacrerà interamente proprio a quel repertorio.

Nel disco, della Bretagna non c’è nemmeno l’ombra e quattro pezzi sono di Robert Burns, poeta e autore di canzoni del XVIII° secolo, soprannominato “Il bardo d’ Ayrshire” o “Il figlio prediletto di Scozia”, precursore del romanticismo e figura politica gradita sia ai socialisti che ai liberali. L’influenza di Ewan MacColl, che ha dedicato tutta l’esistenza a raccogliere e divulgare i classici scozzesi è evidente, qualche mese prima era stato pubblicato lo splendido “Chemin de Terre” da Alan Stivell, che iniziava con due celebri canti irlandesi Susy Mac Guire e She Moved Through The Fair, uno scozzese Ian Morrisson Reel e uno gallese Can I Melinydd ma quello di Patrick Ewen risulta essere il primo disco bretone in assoluto interamente costituito di tradizionali anglosassoni.

Le condizioni di registrazione sono piuttosto artigianali e anche poco confortevoli: tra novembre e dicembre le stanze hanno temperature rigide e la qualità delle apparecchiature è piuttosto scarsa ma ascoltare l’arpa di Kristen Noguès che da sola ricama l’affascinate melodia di Bonnie Moorhen annulla di colpo ogni disagio.
Questi nell’ordine cronologico sono i brani presentati:

John Barleycorn
Bonnie Moorhen
Captain Ward
Such A Parcel Of Rogue
Spancell Hill
Beggin’ I Will Go
Reynardine
Ye Jacobites By Name
Highland Widow’s Lament
Johnnie O’Breadisley

Patrick sarà il primo ad abbandonare l’esperienza Névénoé, stanco di discussioni teoriche che, a suo parere, vanno a discapito della creatività e l’LP seguente del 1977 è una specie di auto-produzione (etichetta Farouell-La Boueze-Mengleuz, ovvero il suo indirizzo dell’epoca), una registrazione dal vivo di un paio di concerti effettuati a Concarneau, Poullan/Mer e a Morlaix (sempre in compagnia dei membri della Cooperativa). E questa volta il repertorio risulterà interamente di Bretagna.

Ker Ys: i vecchi canti tradizionali bretoni

Il titolo è Ker Ys, dal famoso gwerz che evoca la cupa vicenda della mitica capitale del regno di Gradlon e della sua scellerata figlia Ahès (o Dahout) bellissima ma dal cuore nero, che provocò l’ira di Dio, il quale permise al Demonio di sprofondare per sempre la città peccaminosa nel mare. Inoltre vengono cantate, sempre tratte dal Barzaz Breiz, altre storie che trattano della miserabile classe contadina bretone, del rimpianto per i tempi passati, della peste che nel 16° secolo spopolò i cantoni armoricani (oltre che del resto d’Europa) e infine il truculento gwerz “Ar bleizi mor” pubblicato nel 1868, che narra dell’orrore della battaglia contro i “Lupi di mare”. Ewen dunque stavolta sceglie la via dei vecchi canti tradizionali per raccontare della presente società in cui il sogno è in via di sparizione e la società stessa è in via di estinzione. I testi navigano profeticamente tra l’irreale e l’incalzare dei giorni contemporanei, il mito e la povertà del quotidiano; Ewen raffigura un’evoluzione densa in piena celtitudine. Le rive impure della realtà di una società disgregata, la decadenza di un popolo si levano dai canti antichi, in opposizione alla storia raccontata nei libri dai vincitori, dai potenti, quella dei grandi, dei re, dei principi, delle battaglie gloriose, dei matrimoni fastosi.

Nel 1979 registra un 45 giri, Kanaouennoù ha rimadelloù ewid ar vugale, a sostegno delle scuole per l’infanzia bretoni, contenente due splendide interpretazioni: un altro canto tratto dal Barzaz Breiz (“Son al leur newez” “La canzone dell’aria nuova”) dove si celebra la festa dell’agricoltura e un brano composto con Ivonig Picard (“Marc’harid al leur ger” “Margherita della pubblica piazza”) che racconta la storia di una terribile strega e diavola dei Monts d’Arrée che “abita sulla montagna in un buco sotto la rupe e ogni sera si aggira nel villaggio in cerca di bambini soli”.

Quest’ultima verrà ripresa poi anche all’interno del seguente CD, pubblicato dopo un silenzio di molti anniBerceuses pour les vieux enfants (“Ninnenanne per vecchi bambini), bellissimo titolo dovuto alla penna del poeta Pierre-Jakez Hélias. Un disco molto ispirato, di quasi tutti pezzi dell’autore e finalmente inciso con mezzi tecnici all’altezza, accompagnato da una nutrita formazione di nuovi musicisti e antichi compagni tra cui Kristen Noguès, Gérard Delahaye, Patrig Molard e dal Coro Infantile dei Monts d’Arrée “...Vieni, vieni, cammina sull’acqua, se lo vuoi puoi camminare sull’acqua, resta un posto a bordo di questo battello che naviga verso il paese degli Elfi…

Patrick Ewen

La sua voce grave, con nostalgia e ironia, narra le parole che portano nel paese delle meraviglie, le favole del nonno che racconta gli accadimenti storici e bellici dei tempi lontani e ci insegnano ad andare in pantofole nel bosco alla ricerca della principessa perduta.

Nel 1996 assieme a Gérard Delahaye e al Yvon Le Men realizza, sui versi tratti da alcuni dei libri di quest’ultimo, un viaggio sonoro dal titolo Vers l’extreme nord du monde e quindi nel 2012, Liberté attitude che contiene oltre a canzoni proprie, testi di Pierre-Jakez Hélias, Youenn Gwernig, Glenmor e vari tradizionali tra cui la celebre The great Silkie of sule skerrie oltre alla ripresa di quattro delle nove quartine originali del commiato del giovane contadino imbarcato come marinaio a bordo del bastimento da guerra, “An droug hirnez” “La nostalgia della propria terra” dal Barzaz Breiz, che già erano state presenti nel vecchio disco Ker Ys

An eorioù zo savet, setu ar flik-ha-flok;
Kreñvaat ra an avel, mont a reomp kaer a-raok
Stegnañ reeur ar gwelioù, an douar a bella:
Va c’halon, siwazh din! ne ra met huanadañ

Kenavo neb am c’har em parrez tro war-dro;
Kenavo, dousig paour, Linaig, kenavo,
Ar c’himiad ma ran dit, ken evit da guitaat,
Marteze, siwazh din, da viken, evit mat.

Pelloc’h va daoulagad na weljont nemet mor,
A gren a-zindanon, a lamm hag a zigor
Ha pa ‘z an da soñjal ‘mañ achuet gane
Ha me e gweled mor, em strinkañ ra d’an neñv.

Allas ! ar Vretoned zo leun a velkoni!
Meveliñ ra va fenn, ne hallan soñjal mui.
Va c’halon a zigor; ‘n aner ran ar son-mañ
Marteze, siwazh din, n’em c’hlefot he c’hanañ
Le ancore sono levate, ecco il cick ciack
Il vento diventa più forte, filiamo rapidamente
Le vele si gonfiano, la terra si allontana
Ahimè, il mio cuore non fa che sospirare

Addio a chi mi ama nella mia parrocchia e dintorni
Addio, povera cara Linaik, addio
Addio a te, ti lascio, ahimè
Forse sarà per sempre

Presto i miei occhi non vedranno che mare
Tremolante sotto di me, che sobbalza, che si socchiude
E che, mentre io penso che tutto è finito per me
E che sono nel fondo dell’abisso, mi lancia verso il cielo

Ahimè, i Bretoni sono pieni di tristezza
Mi gira la testa, non posso pensare a lungo
Mi si apre il cuore, è invano che faccio questa canzone
Forse, ahimè, non mi sentirete mai cantarvela

Traduzione italiana di Flavio Poltronieri dal volume “Koroll Ar C’hleze” – Danza della Spada –
Raccolta di testi bretoni contemporanei – 1985

La barba oramai definitivamente da bardo d’altri tempi, Patrick Ewen, assieme ai vecchi compari, Delahaye e Favennec, ha dato vita nel 2003 al trio EDF, tuttora in attività e che ad oggi, ha prodotto ben sei CD.

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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