Per-Jakez Hélias è nato à Pouldreuzic, tra la Pointe du Raz e la Pointe du Penmarc’h, nel Pays Bigoudin (Finistère), il 17 febbraio 1914 ed è morto a Quimper il 13 agosto del 1995. I suoi genitori erano due contadini “coltivateur sans terre” come li chiamava lui. Il padre era primogenito di sette fratelli e ben quattro di loro furono grandi narratori di storie, come il nonno, che veniva chiamato “le sabotier des merveilles”. Gli altri tre invece ereditarono dalla madre un carattere schivo, silenzioso e solitario. Per-Jakez già in infanzia, si rese conto perfettamente di essere nativo di una regione la cui cultura conservava misteri profondi. Quando ancora bambino manifestò l’ambizione a diventare un insegnante, la madre Marie-Jeanne Le Goff, donna umile e laboriosa, lo giudicò troppo ambizioso e affettuosamente lo definì “cheval d’orgueil“. Ai suoi tempi parlare bretone pubblicamente era ancora proibito dalla legge. Il suo enorme interesse per la narrativa di tradizione orale fu il suo tentativo costante di fare in modo che il passato non andasse perduto, ma trasformasse piuttosto, attraverso miti e personaggi, una realtà fatta di magia e miseria. Tutta la sua vita e le sue esperienze culturali, letterarie e teatrali, da giornalista, folklorista, poeta et romanziere saranno tese a salvare le sue radici dall’oblio. Le sue ceneri sono state sparse nella Baia di Audierne, tra le inospitali rocce magmatiche costantemente battute dai venti. In Bretagna, scuole elementari, biblioteche e numerose strade portano il suo nome.
La sua casa natale ora è un museo (Musée Maison natale de Pierre Jakez Hélias), proprio quella casa appartenuta al nonno materno, Alain Le Goff, cantoniere, i cui insegnamenti ebbero un ruolo fondamentale nella sua educazione: “Quando si è poveri bisogna avere onore, i ricchi non ne hanno bisogno”. Anche l’altro nonno, Alain Hélias, zoccolaio e grande raccontatore di storie, ebbe una grande influenza su di lui, al punto che a soli 15 anni Pierre-Jakez aveva già trascritto più di cento di quelle storie in bretone.
“Ho perso l’eredità
Prima di servirmene
Avrei dovuto essere più saggio
E non crescere mai“
Le Cheval d’orgueil
L’opera più conosciuta di Per-Jakez Hélias è stata “Le Cheval d’orgueil” del 1975, dove la povera infanzia rivive e racconta minuziosamente come si poteva vivere in una “paroisse” bretonante dell’estremo ovest armoricano, durante la prima metà del secolo scorso: “Troppo povero che sono per possedere un altro animale, almeno il Cavallo d’Orgoglio avrà sempre una stalla nella mia scuderia”.
Nel romanzo si esprime la profonda convinzione che non si debbano giudicare i contadini come degli esseri grossolani e che secoli di oppressione culturale germineranno un giorno una rivolta, nella quale il Cavallo d’Orgoglio scrollerà furiosamente la sua criniera.
Il libro sarà violentemente contestato da Xavier Grall che in risposta pubblicherà due anni dopo “Le Cheval Couché”. Grall si opporrà con militante veemenza all’idea attendistica e pietosa di una Bretagna ancora folklorizzata da turismo e arretratezza, un paese mummificato e sterile. E il cavallo che descriverà Grall corre il presente speranzoso verso il mare e al largo della costa, a rimuovere definitivamente la Bretagna dalla tomba dove era stata nascosta. A Hélias non saranno risparmiate le critiche anche per non aver insegnato il bretone ai propri figli.
Oltre a scrivere Per-Jakez Hélias è stato co-fondatore del Festival di Cornovaglia nel 1948, conduttore di trasmissioni radiofoniche tra il 1946 e il 1960 e nel 1971 ha partecipato alle prime trasmissioni televisive bretoni Breizh o veva (“Bretagna viva”).
Ha inoltre tenuto a lungo una rubrica settimanale su Ouest-France, è stato membro delle associazioni Ar Falz ed Emgleo Breiz, sempre rimanendo distante dai movimenti nazionalisti e vivendo con pragmatismo la sua doppia appartenenza culturale, scrivendo in entrambe le lingue. “…la poesia è un’erbaccia, talvolta velenosa e mortale, può essere anche medicamentosa e salvifica, in ogni caso perde buona parte delle sue qualità quando viene coltivata…se tu sei un eroe, terrai per te la tua erbaccia, se la cogli per gli altri, potrai parlar con loro di medicina, anche se sei solo un meschino guaritore, non cogliendola proteggerai una malattia che vale più di tutta la salute del mondo… “
Per-Jakez Hélias: poesie musicate
Alcune delle poesie di Per-Jakez Hélias sono state musicate, tra gli altri da Eliane Pronost (Spered An Tan), dai Sonerien Du (Yaoua), da Kristen Noguès (Ar Men Du), da (An) Triskell (Ar Men Du, Gand Mil Gouli e Kitar-Tredan, rititolata L’Amour est mort…), da Patrick Ewen (Luskellerez Evid Eur Bugel Koz), da Gérard Ducos (Après tout), da Violaine Mayor/Jakeza Le Lay (Ar Men Du), dai Tri Yann (Lug):
Orbene, avrete da farne per sfigurare il mio Paese
Con gli escrementi dei vostri corpi e dei vostri spiriti
La terra dove io sono nato vi ride in faccia
Da tutte le sue vecchie viscere dove batte il sangue di Lug
E mai i vostri immondezzai gli rovineranno la pelle,
che ha molto dura e molto spessa
Anche se il nostro sole si alza ora sul primo piano di ruggine, con un cimitero di auto nell’occhio
Poichè è un sole blu che sogna se stesso il giorno
E si dissolve la notte nei sonni bretoni
Poichè la più recente covata degli ingegneri dalla grossa testa
Anche scaricando la più violenta lisciva dell’ultima tinozza
Non potrà schiarire i velli neri del re Izur
Nè fecondare sua figlia di un seme troppo leggero per un ventre di seimila anni
Nè far passare la nostra lingua nelle equazioni
Bretonante sono, il Bretone è la mia salvaguardia*
*Le ultime due righe omesse dai Tri Yann, in “An Heol A Zo Glaz” – 1981
Traduzione italiana di Flavio Poltronieri (dal volume “Koroll Ar C’hleze” – Danza della Spada – Raccolta di testi bretoni contemporanei – 1985)
La chanson de Dolly Pentraeth (La canzone di Dolly Pentraeth)
Ugualmente questa Kanenn Dolly Pentraeth, interpretata da Pierre Menoret, dove si narra di questa signora Dorothy Pentreath, abitante di Mousehole, vicino a Penzance, morta nel 1777, a 102 anni, la cui notorietà oltrepassò i confini della Cornovaglia, per essere stata l’ultima a conoscere e saper parlare il “cornique” (kernewek/kernowek), uno dei rami principali dell’antica lingua bretone, simile al breton vannetais. Si è dovuti attendere più di un secolo prima della rinascita, oggi qualche migliaio di persone lo parla correntemente nel Regno Unito e le tre ortografie originali sono riunite in una standard.
Il testo della Canzone di Dolly Pentraeth è una elegia, ovvero una forma poetica che approda sempre alla morte o alla sofferenza, ed esprime anch’essa tutto il fatalismo e la passività dell’autore nei confronti della sparizione di una lingua. Il brano ha conosciuto alcune interpretazioni corali ma la più emozionante è indubbiamente quella musicata dal grande Pierre Ménoret nel suo disco “Je vous salue la mer” nei primi anni 80 e il cui ritornello in bretone recita:
“Dolly Pentraeth, tremen poent eo
Lezel da vond ar pez a garer
Gand youh diweza-oll ar hreiz
Ma teu ar peoh da respont dezañ“
La chanson de Dolly Pentraeth | La canzone di Dolly Pentraeth |
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Mon pays sent le cheval chaud L’ajonc broyé, la terre humide Le vent de mer et le fumier La boue et le ciel, c’est tout comme Mon pays sent très pur, très fort Le sentait plutôt, je veux dire, Son parfum s’en va tous les jours Avec les noms des grands chemins Dolly Pentraeth, il est grand temps De laisser aller ce qu’on aime Le monde a changé son odeur Ou notre odeur changé de monde Dolly Pentraeth! Dolly Pentraeth! Mes gens regardent le soleil Le ver de terre et l’alouette Le gros pain d’orge et le fricot La pluie et le grain, c’est tout comme Mes gens regardent bas et loin Regardaient plutôt, je veux dire, Leurs yeux ont perdu la clarté Avec la face du Seigneur Dolly Pentraeth, il est grand temps De laisser aller ce qu’on aime Nous n’avons plus ni frère ni sœur Et nos cousins sont tous à vendre Dolly Pentraeth! Dolly Pentraeth! Ma langue chante avec ses mots Les grands aïeux, les pauvres bougres L’exil du monde et le grand jour La vie et la mort, c’est tout comme, Ma langue chante son breton Le chantait plutôt, je veux dire, Sa voix s’éloigne à chaque fois Qu’on met en terre un laboureur Dolly Pentraeth, il est grand temps De laisser aller ce qu’on aime Avec le dernier cri du cœur Dont le silence est la réponse Dolly Pentraeth! Dolly Pentraeth! Mon pays sent le cheval chaud L’ajonc broyé, la terre humide Son parfum s’en va tous les jours Avec les noms des grands chemins Dolly Pentraeth! Dolly Pentraeth! | Il mio paese ha l’odore del cavallo caldo Ginestrone gramolato, la terra umida Il vento del mare e il letame Il fango e il cielo sono la stessa cosa Il mio paese ha un odore molto puro, molto forte L’ho assai sentito, voglio dire, Il suo profumo scompare ogni giorno Con i nomi delle autostrade Dolly Pentraeth, è arrivato il momento Di lasciar andare ciò che amiamo Il mondo ha cambiato odore O il nostro odore ha cambiato mondo Dolly Pentraeth! Dolly Pentraeth! La mia gente guarda il sole Il lombrico e l’allodola Il grande pane d’orzo e la sbobba La pioggia e il grano sono la stessa cosa Le mie genti guardano in basso e lontano Guardando assai, voglio dire, I loro occhi hanno perso luce Con la faccia del Signore Dolly Pentraeth, è arrivato il momento Di lasciar andare ciò che amiamo Non abbiamo più né fratello né sorella E i nostri cugini sono tutti in vendita Dolly Pentraeth! Dolly Pentraeth! La mia lingua canta con le sue parole I grandi avi, i poveri cristi L’esilio del mondo e il gran giorno La vita e la morte sono la stessa cosa La mia lingua canta il suo bretone L’ho assai cantato, voglio dire, La sua voce si allontana ogni volta Che un aratro entra nella terra Dolly Pentraeth, è arrivato il momento Di lasciar andare ciò che amiamo Con l’ultimo grido del cuore A cui il silenzio è la risposta Dolly Pentraeth! Dolly Pentraeth! Il mio paese ha l’odore del cavallo caldo Ginestrone gramolato, la terra umida Il suo profumo scompare ogni giorno Con i nomi delle autostrade Dolly Pentraeth! Dolly Pentraeth! |
– Raccolta di testi bretoni contemporanei – 1985)