Dio coprì il mondo con l’ombra e sussurrò all’umanità

Ar Skloferien

“Folk Celtique”
Gwin Ar C’hallaoued (Il vino dei Galli)
The ballad of father Gilligan ( William Butler Yeats)
IL MESSAGGIO DI WHITE EAGLE ( 9 luglio 2021 )


Chissà perché uno dei primissimi dischi giunti dalla Bretagna in un negozio di Verona attraverso i vagoni misteriosi della distribuzione musicale è stato quello di un gruppo minore, dalla vita breve e senza ospiti illustri.
Si chiamavano Ar Skloferien (Gli scolari), erano di Nantes ed avevano la fortuna di incidere per la Vogue Disques che annoverava tra le sue fila cantanti di enorme successo in Francia e all’estero come Johnny Hallyday, Antoine, Françoise Hardy, Petula Clark, Michel Polnareff.

Il loro era quindi il classico disco di qualità, da produrre per questioni di prestigio d’etichetta, ma su cui non puntare un centesimo da parte di una major. Forse fu scelto da scaltri importatori proprio grazie al generico titolo che all’epoca (1), nella sua sintetica semplicità, identificava all’istante il contenuto: “Folk Celtique” (2).

Ciò bastava a stuzzicare la crescente curiosità verso questi suoni di cui non esistevano molte informazioni se non che Alan Stivell ne era il maggior rappresentante.

Ar Skloferien “Folk Celtique” 1973 lato A
Ar Skloferien “Folk Celtique” 1973 lato B

Folk Celtique, 1973

In mezzo ad antiche ballate e danze irlandesi che andavano dal XIII° al XIX° secolo, ogni tanto compariva qualche brano bretone come ad esempio “Kimiad Ar Soudard Yaouank”. Nella sua breve vita Ar Skloferien finirà per perdere anche una parte del nome, diventando Sklof.

Ebbene, in questo disco d’esordio degli Ar Skloferien in mezzo a gavotte della montagna, an dro e reels d’oltremanica, si trovano anche i due brani:“Gwin Ar C’hallaoued” e “The ballad of Father Gilligan”.

Gwin Ar C’hallaoued (Il vino dei Galli)

La Danza bretone della Spada(3), benché edulcorata dei versi più lividi e combattivi rispetto a Gilles Servat (4), è irresistibile con quel suo incalzante ritornello

Gwell eo gwin gwenn barr
Na mouar !
Gwell eo gwin gwenn barr 
Tan ! tan ! dir ! o! dir ! tan ! tan ! dir ha tan !
Tann ! tann ! tir ha tonn ! tonn !
Tann ! tir ha tir ha tann !

Gwell eo gwin nevez
O ! na mez !
Gwell eo gwin a lufr
O ! na kufr
Gwell eo gwin ar Gall
Nag aval

Meglio il vino bianco di vite,
non di mora!
Meglio il vino bianco di vite
Fuoco! fuoco! acciaio! oh! acciaio! fuoco! fuoco! acciaio e fuoco!/Quercia! quercia! terra e onde! onde!
Quercia! terra e terra e quercia

Il vino bianco di vite è vino nuovo.
E’ meglio dell’idromele!
E’ vino brillante.
Meglio il vino brillante dell’idromele!
Meglio il vino gallico.
Sangue rosso e vino bianco!

Ar Skloferien

[ Gwin Ar C’hallaoued: prima pubblicazione in “Barzhaz Breizh, seconda edizione, 1845. Si rimanda alla ricerca approfondita di Christian Souchon Le vin des Gaulois (fr/ingl) in http://chrsouchon.free.fr/gwelleof.htm]

The ballad of father Gilligan

La ballata di padre Gilligan invece è un estratto dalla poesia di William Butler Yeats(5) del 1992 che celebra l’ovunque costante presenza di Dio e racconta di un miracolo nei confronti di un vecchio buon prete di campagna. Una terribile malattia stava uccidendo i suoi parrocchiani uno per uno e, a forza di seguire tutte le loro vicende, il pover’uomo stremato si era addormentato quando fu nuovamente chiamato, e per un attimo si innervosì a causa della stanchezza. Subito si pentì e pregò Dio di perdonarlo, malgrado ciò ripiombò immediatamente nel sonno.

Al mattino appena sveglio prese di corsa il cavallo per recarsi a casa del malato, ma la moglie gli comunicò che nel frattempo, un’ora prima, l’uomo era morto con la pace nell’anima grazie al suo conforto. Quindi si stupì di vederlo nuovamente alla sua porta. Padre Gilligan si rese perciò conto che al suo posto forse un angelo era stato inviato a sostenere il moribondo, da un Dio che aveva avuto pietà della sua innocente stanchezza fisica.

The ballad of father Gilligan

Nonostante il buon gusto generale del disco e una scrittura musicale originale prossima a quella classica antica, bizzarramente il brano non viene interpretato in forma di ballata come lo stesso Yeats l’aveva perfino composta, bensì accelerata come si trattasse di una danza.
Questo unitamente all’averne sintetizzato il testo attutisce un po’ la poetica delle parole

The old priest Peter Gilligan
 Was weary night and day
 For half his flock were in their beds
 Or under green sods lay.
 Once, while he nodded in a chair
 At the moth-hour of the eve
 Another poor man sent for him,
 And he began to grieve.
‘I have no rest, nor joy, nor peace,
 For people die and die;
 And after cried he, ‘God forgive!
 My body spake not I!’
He knelt, and leaning on the chair
 He prayed and fell asleep;
 And the moth-hour went from the fields,
 And stars began to peep.
They slowly into millions grew,
 And leaves shook in the wind
 And God covered the world with shade
 And whispered to mankind.
Upon the time of sparrow chirp
 When the moths came once more,
 The old priest Peter Gilligan
 Stood upright on the floor.
‘Mavrone, mavrone! The man has died
 While I slept in the chair.’
 He roused his horse out of its sleep
 And rode with little care.
He rode now as he never rode,
 By rocky lane and fen;
 The sick man’s wife opened the door,
 ‘Father! you come again!’
‘And is the poor man dead?’ he cried
 ‘He died an hour ago.’
 The old priest Peter Gilligan
 In grief swayed to and fro.
‘When you were gone, he turned and died,
 As merry as a bird.’
 The old priest Peter Gilligan
 He knelt him at that word.
‘He Who hath made the night of stars
 For souls who tire and bleed,
 Sent one of this great angels down,
 To help me in my need.
‘He Who is wrapped in purple robes,
 With planets in His care
 Had pity on the least of things
 Asleep upon a chair.’

Il vecchio prete Peter Gilligan
Era stanco notte e giorno
Poiché metà del suo gregge era a letto
O sotto zolle verdi
Una volta mentre ciondolava su una sedia
All’ora notturna della falena
Un altro pover’uomo chiese di lui
Che cominciò a crucciarsi
“Non ho riposo, né gioia, né pace
Perché la gente muore e muore
E poi gridò: ‘Dio perdono!
Il mio corpo ha parlato, non io!”
Si inginocchiò e appoggiandosi alla sedia
Pregò e cadde addormentato
All’ora in cui la falena arrivò dai campi
E le stelle cominciano a far capolino
Lentamente diventarono milioni
E le foglie tremavano al vento
Dio coprì il mondo con l’ombra
E sussurrò all’umanità
All’ora del cinguettìo del passero
Quando le falene tornarono
Il vecchio prete Peter Gilligan
Stava ritto sul pavimento
Ahimè! Ahimè! l’uomo è morto
E io intanto dormivo sulla sedia
Destò il cavallo dal suo sonno
E lo cavalcò senza cautele
Cavalcò come mai aveva cavalcato
Per viottoli rocciosi e paludi
La moglie del malato aprì la porta:
“Padre! Siete di nuovo qui?”
“E’ morto il pover’uomo?” gridò
“E’ morto un’ora fa”
Il vecchio prete Peter Gilligan
Dal dolore oscillò avanti e indietro
“Quando ve ne siete andato, si è girato ed è morto
Allegro come un uccello”
Il vecchio prete Peter Gilligan
A quelle parole si inginocchiò
“Colui che ha creato la notte stellata
Per le anime che sono stanche e sanguinanti
Ha inviato giù uno dei Suoi grandi angeli
Per aiutarmi nel bisogno
Colui che è avvolto in vesti di porpora
Con i pianeti sotto la Sua protezione
Ha avuto pietà delle piccole cose
Che dormivano su una sedia”
[traduzione Flavio Poltronieri]

Nella poetica di Yeats credere è la fonte delle azioni dell’uomo ed equivale ad amare. Uno dei suoi principali interessi era la conoscenza di ciò che legava viventi e defunti, profezie e magie. In questa direzione vanno i continui recuperi di tradizioni e folclore, gli studi su William Blake o sul fondamento della sua amata Irlanda, le proprie commistioni tra arti differenti. La sua è una poesia in perenne e coraggiosa mutazione. Yeats era stato un bambino malinconico e trasognante in un’Irlanda miserabile ma ricca di natura incontaminata, si era nutrito delle favole delle fate. Anche in seguito il mondo moderno gli faceva orrore, preferendo di gran lunga quello dei contadini del Connaught, la “terra dei figli di Conn” con le loro antiche sapienze in via di sparizione. Sognava fosse l’unione di quelle eredità perdute a formare l’Irlanda, i residui di mitici spiriti, i resti sparsi della letteratura gaelica dissanguata dagli Inglesi e dalle carestie. La sua poesia tiene assieme questi fili e si adopera a tessere una mitologica tela che trattenga i frantumi rimasti della tradizione. Vuol essere un centro unificatore di parola-immagine-suono. L’intima lacerazione del parroco in “The ballad of Father Gilligan” ne è ottimo esempio come lo è ancor più il mistero fatato di “Stolen child” che Loreena McKennitt interpreta magistralmente nel suo folgorante disco d’esordio “Elemental” (1985).
Venendo all’attualità, la poesia di Yeats trasformata in canzone dagli Ar Skloferien offre alcune
suggestioni.

le parole di Aquila Bianca, pronunciate il 9 luglio 2021

IL MESSAGGIO DI WHITE EAGLE

Nel mezzo della pandemia White Eagle, capo degli indiani Hopi, ha commentato la situazione. Ci fosse da qualche parte nel mondo una Illuminata Nazione con un Capo di Stato capace di pronunciare un discorso di questo livello!
Forse uno ci sarebbe ma non è più in carica da anni: Josè Mujica, “El Pepe”, ex presidente uruguaiano, idealista oltre il tempo!

′′Questo momento che l’umanità sta vivendo può essere considerato una porta o un buco. La decisione di cadere nella buca o di varcare la porta è tua. Se consumi le informazioni 24 ore su 24, con energia negativa, costantemente nervosa, con pessimismo, cadrai in questo buco. Ma se ne approfitti per guardarti, per ripensare la vita e la morte, per prenderti cura di te e degli altri, allora passerai dalla porta. Prenditi cura della tua casa, prenditi cura del tuo corpo. Connettiti con la tua casa spirituale. Quando ti prendi cura di te stesso, ti prendi cura di tutti contemporaneamente. Non sottovalutare la dimensione spirituale di questa crisi. Prendi la prospettiva di un’aquila che vede tutto dall’alto con una vista più ampia. C’ è una richiesta sociale in questa crisi, ma anche una richiesta spirituale. Vanno di pari passo. Senza la dimensione sociale, cadiamo nel fanatismo. Senza la dimensione spirituale, cadiamo nel pessimismo e nella futilità.
Sei pronto a superare questa crisi? Prendi la tua cassetta degli attrezzi e usa tutti gli strumenti a tua disposizione. Impara la resistenza dall’esempio dei popoli indiani e africani: siamo stati e siamo ancora sterminati ma non abbiamo mai smesso di cantare, ballare, accendere un fuoco e provare gioia. Non sentirti in colpa per essere fortunato in questi momenti difficili. Essere tristi o arrabbiati non aiuta. La resistenza è la resistenza con la gioia. Hai il diritto di essere forte e positivo. E non c’è altro modo per fare questo che mantenere una postura bella, gioiosa e luminosa. Ciò non ha nulla a che fare con l’alienazione o il disconoscimento del mondo. È una strategia di resistenza. Quando varchiamo la porta, abbiamo una nuova visione del mondo perché abbiamo affrontato le nostre paure e difficoltà. Questo è tutto quello che puoi fare ora: mantenere calma e serenità nella tempesta, pregare quotidianamente e abituarti ad incontrare il sacro ogni giorno. Mostra resistenza attraverso arte, gioia, fiducia e amore.

(1) Erano tempi dove, nel volgere di una breve rassegna, dalle mie parti si potevano ascoltare i romani Roisin Dubh (Rosa Scura cioè l’Irlanda) di Kay McCarthy, la normanna Veronique Chalot, già in Italia da qualche tempo e partita nel 1975 dal Folkstudio di Giancarlo Cesaroni, gli amici di Arzignano (Vicenza) del Folk Studio A o i toscani Whisky Trail di Antonio Breschi.
(2) All’epoca di Folk Celtique il gruppo Ar Skloferien era composto da Alain Leroux, musicista professionista con studi classici di violino (canto, violino, chitarra, banjo), Dominig Leroux (canto, violino), Yves Minassian (canto, contrabbasso), Gil Heurtin (canto, flauto irlandese, percussioni) et Lanig Le Roux (canto, chitarra, mandolino, banjo). Non si sentirà più parlare di nessuno di loro dopo lo scioglimento nel 1979, il solo Alain, antico militante politico del Fronte di Liberazione Bretone, emigrerà in Canada per fondare un altro gruppo folk “Ad Vielle que Pourra” con il quale realizzerà quattro dischi tra il 1989 e il 1996.
(3) sulle origini delle danze con la spada e la sua evoluzione nel Medioevo https://terreceltiche.altervista.org/la-moresca-antica/ -le sue tracce/permanenze nella tradizione popolare https://terreceltiche.altervista.org/sword-dance/
(4) in Le pouvoir des mots, 1976
(5) schede sul poeta e le sue poesie messe in musica in Terre Celtiche Blog a partire da https://terreceltiche.altervista.org/i-bardi-delle-terre-celtiche/#12

Ar Skloferien – Keltia “Folk Celtic” (full album)
 Ar Skloferien
Sklof* – Folk Celtic 1975
/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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