Moro Saracino & Escriveta

Moro saracino è la versione piemontese della storia di King Horn, che troviamo in Scozia in forma di ballata (Hind Horn Child ballad # 17) e di romanzo cavalleresco in rima, novella e fiaba. Una storia conosciuta in tanti altri paesi europei quali Spagna (e in particolare la Catalonia), Germania e Francia (e in particolare Provenza e Linguadoca).

Nella versione Piemontese (l’unica area di diffusione della ballata sul suolo italico) una giovane sposina viene rapita dal Moro saracino. Il marito tornato dalla guerra dopo sette anni va a riprendersela in incognito.

I Mori Saraceni in Piemonte?

moro saracino

I Saraceni (Arabi), che diventeranno antagonisti della cristianità medievale, iniziarono le loro razzie a partire dalle coste del Nord-Africa. Conquistatori della Sicilia fondarono diverse basi militari lungo le coste della Liguria e della Provenza da cui partivano per incursioni predatorie nell’entroterra, spingendosi in Piemonte fino ai valichi alpini (X secolo).
Scrive Claudio Martino DoriaNon erano solo incursioni brevi a scopo di saccheggio e per catturare schiavi: in molti casi penetravano profondamente nel territorio interno, come in Piemonte, dove saccheggiarono e distrussero numerosi villaggi e monasteri distanti anche centinaia di km dalla costa. [I Saraceni] costituirono alcuni capisaldi per contrastare eventuali contrattacchi e rappresaglie (peraltro mai avvenute) e per meglio vessare le poche città esistenti che evitavano di saccheggiare e distruggere per poter imporre pesanti tasse (ulteriore causa di abbandono territoriale da parte degli autoctoni), così come imponevano pedaggi nei passi ad ogni viaggiatore.“(in ItaliaMedievale.org)

LE ORIGINI DEI SAVOIA

Umberto I Biancamano
Umberto I Biancamano

Scrive sempre Claudio Martino Doria nel suo articolo già citato “Incursioni dei Saraceni nell’Alto Medioevo in Piemonte e nel Monferrato”
Una delle ripercussioni delle scorrerie saracene era lo spostamento di genti sopravvissute, come ad esempio in Francia, dove su indicazioni di Ugo di Provenza, sentendosi minacciato anche da Berengario II d’Ivrea, fece trasferire alcune popolazioni costiere nella valle alpina che prese il nome proprio dalla minaccia saracena, la Moriana, che divenne poi contea assegnata a Umberto I Biancamano, capostipite della dinastia Savoia, che nacque infatti a Moriana attorno al 980 d.c., motivo per cui storicamente all’inizio della loro epopea erano conosciuti come i Moriana.

Le Versioni Piemontesi: il Moro Saracino

Che la ballata abbia origini così antiche è un’affascinante ipotesi, certamente l’impatto di queste terrificanti incursioni lasciò un solco profondo nell’immaginario collettivo anche se il pericolo saraceno cessò sul finire del X secolo.
Scrive sempre Claudio Martino Doria “Molti Saraceni in seguito agli eventi … dell’ultimo quarto di secolo, vennero catturati e resi schiavi, altri si convertirono ed i loro discendenti dapprima vissero in aree marginali sotto forma di clan autonomi denominati “Berberi”, e poi gradualmente si integrarono con gli autoctoni, come dimostrato dall’onomastica, da una molteplicità di nomi di origine e derivazione saracena che progressivamente si diffusero in Piemonte.” Così fiorirono nei secoli successivi moltissime tradizioni e leggende sui saraceni, per lo più fantasiose e folcloristiche, che permangono tuttora nelle rievocazioni storiche o le feste locali del Monferraro, Roero e Canavese. Ma sicuramente ci fu un crogiolo di leggende e storie franco-normanne e germaniche

Costantino Nigra

ritratto Costantino Nigra
ritratto Costantino Nigra

Costantino Nigra descrive così i tratti comuni a tutte le lezioni del Moro Saracino (Nigra #40) “una giovane si marita, tanto giovane che non sa vestirsi. Lo sposo la lascia e va alla guerra. Dopo sette anni ritorna, picchia alla porta e chiede della moglie. La madre risponde: «non è più qui; fu presa dai Mori Saracini». Lo sposo dice che andrà a cercarla, sapesse di morire. Vestito da pellegrino va a chieder limosina al castello del Moro. La donna lo riconosce e fugge con lui a cavallo. Il Moro si lagna. L’ha mantenuta sette anni e intatta!”
Secondo Nigra la ballata è originaria della Linguadoca. Egli rintraccia una trentina di lezioni dai tre paesi di diffusione (Catalonia, Occitania e Piemonte), le analizza e compara, dilungandosi per parecchie pagine del suo “Canti popolari del Piemonte” (da pag 213 a pag 256)
Per una collazione della ballata del Moro Saracino nelle versioni piemontesi raccolte dal Nigra vedasi qui
Nella versione della Linguadoca la protagonista si chiama Escriveta (come nei testi catalani), ma in quelli francesi e occitani, il nome diventa Florence, o Fluranço, e in Piemonte Fiorensa o Fiurànsa.

Mòro Sarasì (Il mòro sarasin)

Ariondassa in Campagne grame 2013, la versione del gruppo di area canavese-monferrato riprende in parte la lezione del Nigra #40 A

Bel galante si marida tan lontan fòra ‘d pais,
s’a l’ha pià na sposa giovo che si seva gnanch vestì.
Bel galant l’é andà a la guèra, për set agn na torna pì
e la pòvera Fiorensa l’é restà sensa marì.
– O la mama dla mè mama, ‘v racomand la mia mojé.
S’i torn nen da sì set ani voi tornela a maridé. –
A la fin de li set ani bel galant a l’é rivà.
– O la mama dla mè mama, Fiorensa dova l’é ‘ndà? –

Soa mama da la finestra: –Fiorensa a-i é pa pì.
Fiorensa l’é stàita robeja, l’é dal Mòro Sarasì. –
– O campemi giù la speja, cola dal pomel an d’òr.
Veuj andé trové Fiorensa ch’i dovèiss murì s’ na stra. –
Quand l’é stàit metà la strada pòch lontan da sò castel,
l’ha vëddù tre lavandere ch’ai lavavo sò fardel.
– Mi vi digh, tre lavandere, di chi l’é col bel castel? –
– Col castel, coma ‘s domanda? L’é dël Mòro Sarasì.–

O tòn tòn, pica la pòrta: – O Fiorensa, vnì durvì,
o venì durvì, Fiorensa, ch’a-i é ‘d gent dël vòst pais. –
– O com é ch’a podrà d’essi dla gent dël mè pais
ch’a-i é gnanch le rondanin-e l’han ël vòl così gentil? –
An fasendje la limòsna aj j’ha vist sò anel al dil.
E Fiorensa l’à conossu-lo ch’a l’era sò prim marì.
– O monté, monté, voi bela, o monté sël caval gris –
– Steme alegre, mie creade, mi ‘m na torno a mè pais. –
Quand son stàit a metà strada, scontro ‘l Mòro Sarasì.
O s’a l’han bassà la testa, ognidun fà ‘l sò camin.

Bel galante si sposa tanto lontano dal suo paese,
la prende giovane e non si sapeva nemmen vestire (1).
Bel galante và in guerra (2), per sette anni non torna,
e la povera Fiorenza è rimasta senza marito.
– Oh mamma cara vi raccomando la mia sposa (3),
se non torno entro sette anni, fatela risposare. –
Alla fine dei sette anni bel galante è ritornato:
– Oh mamma, madre mia Fiorenza dov’è andata? –

La madre dalla finestra: – Fiorenza non c’è più,
Fiorenza è stata rapita dal Moro Saracino.
– Gettatemi la spada (4), quella col pomello d’oro;
voglio ritrovare Fiorenza, dovessi morire per strada. –
Era a metà strada (5), non lontano dal suo castello,
quando ha visto tre lavandaie che lavavano il corredo:
– Io vi dico, tre lavandaie (6), di chi è quel bel castello?-
– Quel castello, c’è da chiederlo? è del Moro Saracino. –

Toc, toc, batte alla porta: – O Fiorenza, venite ad aprire
venite ad aprire Fiorenza, c’è gente del vostro paese. –
– Come potrebbe esserci gente del mio paese,
che neppure ci sono le rondini dal volo sì gentile? –
Facendogli l’elemosina (7) ha visto il suo anello al dito.
E Fiorenza l’ha riconosciuto , era il suo primo marito
– O montate, voi bella, montate sul cavallo grigio. –
– Statemi allegre, mie damigelle, ritorno al mio paese. –
Erano a metà strada e incontrano il Moro Saracino (8).
Hanno abbassato la testa e ognuno per il suo cammino.

NOTE
1) è risaputo che l’ambito paesano è sempre diffidente nei confronti della gente che viene da fuori, con usi e costumi diversi; così la sposa “foresta” è criticata per la sua diversità culturale (non conosce le usanze del paese sull’abbigliamento delle mogli).
2) come sottolinea anche il Nigra la partenza per la guerra è un tratto genuino della ballata essendo presente in tutte le versioni
3) in altre versioni il figlio si raccomanda con la madre di non maltrattarla (reminiscenza comune con la ballata della Porcajuola)
4) la frase vuole sottolineare l’intento bellicoso dell’uomo che intende riscattare la sposa con la forza
5) è una tipica espressione ballatistica che indica come la storia sia a una svolta
6) le tre donne richiamano i tre aiutanti magici delle fiabe che sostengono l’eroe nella sua impresa. Svolgono nella ballata il ruolo di informatori, come per il mendicante nelle versioni britanniche di Hind Horn. Sono loro che gli consigliano di travestirsi da pellegrino
7)  l’eroe è travestito da pellegrino ed è  solo grazie all’anello, presumibilmente un dono della donna prima della partenza per la guerra (broken token) che avviene il riconoscimento.
8) più che un inseguimento da parte del saraceno, sembra trattarsi di un incontro casuale

Il moro saracino

Teresa Viarengo in Teresa Viarengo e la ballata popolare in Piemonte 1998

E sor cont a si marida tant lontan dal sò pais
l’ha piat ‘na dòna tanto giovane
l’era gnanca bon-a a vestir.
Da ‘na man ‘s buta la vesta e da l’àutra ‘l faudalì
e da lì riva na neuva bel galant l’ha da partir.
S’ arcomanda a soa mamma s’arcomanda a soa mujer
che la vaga nè per aqua,
nè a cusi nè a cumprè
e la bela la và per aqua a la fontana dël mulin
Fioransa l’é sta robeja da col Mòro sarasìn.

Dàit un pé pica a la pòrta – Fioransa mnì durbì –
soa mamma a la finestra Fioransa j’é pa pì,
Fioransa é stà robea da col Mòru sarasìn.
o campemi giù la spadin-a cola dal pugnal dorà
e mi veuj andé cerchéla am cherdèisa ben murì.
Dait un pé pica a la pòrta – Fioransa mnì durbì –
l’oma feje na limòsna a la gent del vòs pais.
Se vi dico bel galante come feivi a essi si
gnanca l’osej che vòlo par l’aria gniran pa fin-a si

Il signor conte prende moglie lontano dal suo paese
ha preso una sposina giovane
che non sapeva nemmeno come vestirsi
Con una mano metteva la veste e dall’altra il grembiule.
Quando arriva una notizia, il bel galante deve partire.
Si raccomanda alla madre e si raccomanda alla moglie
che non vada a prendere l’acqua,
a cucinare o al mercato.
La bella va a prendere l’acqua alla fontana del mulino
Fiorenza è stata rapita dal Moro Saracino.

Con un piede batte alla porta “Fiorenza vieni ad aprire”
Sua madre alla finestra “Fiorenza non c’è più,
Fiorenza è stata rapita dal Moro Saracino”.
“Oh gettatemi giù lo spadino, dall’impugnatura dorata
la voglio andare a cercare anche se dovessi morire”
Con un piede batte alla porta “Fiorenza vieni ad aprire,
fate l’elemosina alla gente del vostro paese”
“Se vi dico bel galante, come fate ad essere qui?
Neanche gli uccelli che volano in cielo arrivano fin qui!”

Ulteriori versioni

Coro Bajolese: El Moru Selesin

La Ciapa Rusa, o sentì che bel cantà – lato A traccia 3 (3:31):’l moru sarazin

LE VERSIONI PROVENZALI

Escriva/Escriveta (la piemontese Fiorenza)  è la giovane e inesperta sposa provenzale rapita dal Saraceno mentre il marito l’ha lasciata sola per andare in guerra. Quando l’eroe ritorna dalla guerra (dopo i canonici sette anni) riparte alla ricerca della moglie e la trova nel castello del Moro Saraceno. Sotto le mentite spoglie di pellegrino si avvicina alla donna e si fa riconoscere. Talvota il nostro ero prende una barca e attraversa il mare.

Alberto Cesa & Cantovivo

Guilhaumes se marida, Guilhaumes tan polit
La pren tan joveneta que se sap pas vestir
Lo ser la desabilha, l’abilha lo matin
E la balha a sa maire per la i far noirir.

Guilhaumes part en guèrra per la daissar grandir
Al cap de sèt annadas, es tornat al pais
S’en va tustar a sa pòrta:”Escriveta, durbis !”
Sa maire a la fenèstra respon: “N’es plus aici
Los Moros te l’an presa, los Moros Sarrasins”
“Trovarai Escriveta quan sauriài de morir !”

Rencontra de lavairas, lavaban linge fin
“Digatz, digatz, lavairas, qu’es lo castèl d’aicì “
“Es lo castèl del Moro, del Moro Sarrasin”
“Consì que se pòt faire per i dintrar, consì ?”

“Abilhatz-vos en fòrma de paure pelegrin
Demandaretz l’almoina tot lo long del camin”
Tot en fasent l’almoina, reconei son marit
“Dintra dins l’escuriera, sela lo bèl rossin !

Ieu monti dins ma cambra, de serga me vesti.”
E del còfre del Moro, prenguèt l’aur lo plus fin
“Escriveta es partida, delial de pelegrin!
De tot l’aur que n’empòrta, farià la mar lusir !”

Sèt ans ieu l’ ai noirida de bon pan, de bon vin,
Sèt raubas l’i ai crompadas, de seda, de satin.”
“Se sèt ans l’as noirida, al diable, Sarrasin !
Era la mia femneta, a flor de mon pais.”

Guglielmo si sposa Guglielmo tanto bello
prende una giovincella che non si sa neanche vestire.
La sera la spoglia, la veste al mattino
e la dà in balia a sua madre per farla nutrire (1).

Guglielmo parte per la guerra per lasciarla crescere
e dopo sette anni ritorna in paese.
Va a bussare alla porta “Escriveta apri!”
Sua madre dalla finestra risponde “Non è più qui
l’hanno presa i Mori, i mori saraceni”
“Troverò Escriveta anche se sapessi di morire!”

Incontra le lavandaie (2) che lavano il bel corredo
“Ditemi, ditemi lavandaie di chi è questo castello?”
“E’ il castello del Moro, del Moro saraceno”
“Cosa posso fare per entrarci?

“Vestitevi come un povero pellegrino
e chiedete l’elemosina lungo il cammino”
Mentre fa l’elemosina riconosce suo marito (3)
“Dentro alle scuderie sella il bel baio!

Salgo in camera a vestirmi da serva”
Dal tesoro del Moro prende l’oro zecchino (4)
“Escriveta è partita, traditore di un pellegrino!
Con tutto l’oro che si porta, può far brillare il mare!

Sette anni l’ho nutrita con buon pane, di buon vino
sette abiti le ho comprato di seta e di raso”
“Se l’avete nutrita per sette anni, al diavolo Saraceno! Era la mia donna, il fiore del mio paese!”

Traduzione italiana di Cattia Salto

NOTE
1) nella versione provenzale la sposa è poco più di una bambina, ci troviamo di fronte ad un matrimonio combinato da famiglie d’alto lignaggio
2)  Le lavandaie  rappresentano i tre aiutanti magici delle fiabe che sostengono l’eroe nella sua impresa. Svolgono nella ballata il ruolo di informatori come per il mendicante nelle versioni britanniche di Hind Horn, in questa versione sono loro a suggerire l’espediente del travestimento
3) il riconoscimento della fanciulla è immediato, non è necessario il tramite dell’anello
4) la fanciulla fugge con l’oro del Moro

Mourres de Porc in una versione ancora più condensata

Guilhem se marida, Guilhem es tant polit. (bis)
Se la se pren tròp joine se sauprà pas vestir. (bis)
Guilhem vai a la guèrra, servir lo rei Lovís. (Bis)
E dins sèt ans tornèt, au sen de son paїs. (bis)
Se’n vai tustar a la pòrta: “Escriveta dobrís!” (bis)
Sa maire faguèt responsa: “Escriveta i es pas! (bis)
Los mòros te l’an presa, los mòros sarrasins. (bis)
-Ieu l’anarai ben quèrre, quite de lai morir ! (bis)
Farai faire una barqueta li me metrai dedins. (bis)
Sus l’aiga correrai en païs sarrasin! » (bis)

Escriveta de la fenèstra ie gita un bèl ardit.
“Piètre aumòna Madama siám dau meme païs.
-Coma aquò pòu èstre, que siáguèm dau meme païs.
I a que las girondèlas que son per tot paїs ! ».

“Se vos siátz l’Escriveta, ieu siáu vòstre marit. (Bis)
“Se vos siátz mon marit, anatz atalar lo rossin. (Bis)

Guglielmo si sposa Guglielmo tanto bello
la prende troppo giovane non si saprà vestire.
Guglielmo parte per la guerra a servire il Re Luigi
E dopo sette anni ritorna al paese.
Va a bussare alla porta “Escriveta apri!”
Sua madre risponde “Non è più qui
se la sono presa i Mori i mori saraceni”
“Troverò Escriveta dovessi morire!
Mi farò fare una barchetta e mi metterò dentro
sull’acqua correrò fino al paese dei saraceni!”
(Parlato)
Escriveta alla finestra getta un bel Hardi
“Fate l’elemosina madama siamo dello stesso paese”
“Come è possibile che siamo dello stesso paese
se solo le rondinelle sono di tutti i paesi?”

“Se voi siete Escriveta io sono vostro marito”
“Se siete mio marito andate a sellare il baio!

Traduzione italiana di Cattia Salto

Dòna Bèla ovvero Maurizio Martinotti e Renat Sette
L’Escriveta – Moru Sarasin uniscono la versione provenzale con quella piemontese seppure con testo diverso da quelli presentati



Campè giù la mia spadina cola dal pomel dorà
mi veuj andà a cercar Fiorenza
s’a j’é ben da murir për strà.
Quand l’é staj metà la strada
na lavandera l’ha rescontrà
còsa vi dico lavandera chi ch’a l’é col palassi lì.

Col palassi l’é dël mòro, l’é dël mòro sarazin
a gh’é dentar na Fiorenza, l’é set ani ch’a l’é lì.
E o ton ton pica la pòrta, Fiorenza bela vien-mi ad aprì,
o vien-mi ad aprì Fiorenza che mi sòn dël tò paìs.

E o ton ton pica la pòrta, Fiorenza bela vien-mi ad aprì
o vien-mi ad aprì Fiorenza che mi sòn ël tò marì.
La duver tute le pòrte e peu ancora ël sò portin
e s’a l’é saltata in braccio, ghe salta in braccio al sò marì.



“gettatemi giù lo spadino, dall’impugnatura dorata
voglio andare a cercare Fiorenza
anche se dovessi morire per strada”
Quando è stato a metà strada
ha incontrato una lavandaia
“O lavandaia, di chi è quel palazzo lì?”

“Quel palazzo è del Moro, è del Moro Saraceno
dentro c’è Fiorenza, sono sette anni che vive lì”
E toc toc bussa alla porta, “Fiorenza bella vieni ad aprire
vieni ad aprire Fiorenza che sono del tuo paese”.

E toc toc bussa alla porta, “Fiorenza bella vieni ad aprire
vieni ad aprire Fiorenza che sono tuo marito”.
Lei ha aperto tutte le porte e infine il portoncino
ed è saltata in braccio, è saltata in braccio a suo marito


Tutti i testi in piemontese sono stati riveduti, e/o trascritti all’ascolto in piemontese unificato, da Valerio Rollone e tradotti da Cattia Salto.

piemontese standardizzato
piemontese standardizzato

FONTI
http://www.italiamedievale.org/portale/incursioni-dei-saraceni-nellalto-medioevo-in-piemonte-e-nel-monferrato/
http://filologiacognitiva.let.uniroma1.it/variantipopolari.html
http://www.cantovivo.com/cantovivo/testi/testi.asp?cartella=01FOLK_TRADIZIONALE&canzone=Escriveta.txt&azione=testo

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

2 Risposte a “Moro Saracino & Escriveta”

  1. Non dimenticare di aggiungere questa splendida versione (più lunga), anche perchè il secondo disco dei Prinsi Raimund è rimasto inedito un sacco di anni (il libretto sostiene sia stato registrato nel febbraio 1985, su questa pagina YouTube leggo ora addirittura 80-81)

    https://www.youtube.com/watch?v=QdmTLYJtF-I

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