La vecchia Strina

Dea dell’Abbondanza, Rubens -1630: nella cornucopia fichi, uva e mele e melograni. La mammella messa a nudo della dea allude alla sua fertilità. (fonte Wikipedia)

La vecchia Strina ossia la dea romana Strenia è all’origine dell’italica Befana. In molte tradizioni europee troviamo la figura di una dea dell’abbondanza, festeggiata nei primi giorni del nuovo anno, e sebbene i nomi siano diversi, le loro storie sono comuni!

Il primo di gennaio nell’Impero romano ci si scambiava le strenae cioè i rami di alloro e di ulivo come portafortuna in onore alla dea italica Strenia, Strenna o Strenua, Strinia.

Una dea locale  assorbita dai fondatori di Roma, dea del Bosco Sacro, ma anche triplice dea (Dea della natura e degli animali, Dea della Luna, Dea degli Inferi) che come Grande Madre, chiudeva e apriva il cerchio dell’anno (nascita, crescita e morte).


Lo scambio delle piante sacre  (a guarnire fichi, datteri e mele) il primo dell’anno era quindi benaugurale. Anche la tavola di Capodanno era decorata con i rami d’alloro, offerti poi ai convitati, così come scrive Varrone.

LE PUPAZZE DI FRASCATI

Le Pupazze al miele sono dei grossi tipici biscotti dei Castelli Romani (Lazio), che rappresentano l’immagine della Grande Dea dalle molte mammelle. Per tradizione le pupazze sono trimammellute: due per il latte ed uno centrale per il vino, in omaggio al frutto più fecondo del territorio, l’uva. L’impasto molto semplice a base di farina, olio extravergine d’oliva, miele viene aromatizzato, a seconda di chi lo prepara, con la buccia d’arancia, il cacao, o la cannella, oppure la noce moscata. Anche per le forme e le decorazioni i forni di Frascati si sbizzarriscono: una prosperosa contadinella con le braccia “a brocca” poggiate lungo i fianchi, oppure una leggiadra ballerina con tutù.

Pupazza frascatana
Pupazza frascatana con tre mammelle

RICETTA

STRINA E STRINARI NELLA MAGNA GRECIA

eiresione magna grecia il ramo d'ulivo inghirlandato
il ramo d’ulivo inghirlandato:
l’eiresione che porta fortuna per tutto l’anno

Tutte tradizioni di capodanno che sono sopravvissute nella Befana e nella sua Festa, ma soprattutto nella festa della Strina praticata nel Meridione d’Italia in particolare in quella che fu la Magna Grecia. In Calabria, Puglia meridionale e Sicilia gli “Strinari” e i “i figghi da Strina” andavano di casa in casa a chiedere dolci, frutta secca e qualche monetina, le questue rituali dette la strina, per augurare un felice anno nuovo alle famiglie.

Il “canto delle uova” (come si diceva in Piemonte) sono le “Kalanda” (“calendae” nella vecchia lingua romana) cioè l’inizio dell’anno nuovo, che in Grecia già nei tempi antichi prendevano il nome di  “Eiresioni”.

IL CANTO DELLA STRINA NELLA GRECIA SALENTINA

Il Salentino faceva parte della Magna Grecia, le colonie greche nella penisola italiana dove ancora si parla griko, la lingua dell’etnia grico-salentina, che impropriamente viene detto dialetto salentino ma in realtà più simile al greco.

Il canto della strina era un tipico canto di questua dei musicanti che andavano di masseria in masseria accompagnandosi con strumenti popolari spesso un po’ improvvisati. Grazie alla ricerca sul campo di Luigi Chiriatti compiuta tra il 1977 e il 1978 a  Corigliano d’Otranto (Lecce) possiamo accedere ad una raccolta di canti che testimoniano gli antichi rituali del mondo contadino.

Racconta Luigi Chiriatti “… mi spiegò che si trattava di un lungo canto di questua eseguito nel periodo che va da Santo Stefano al Capodanno, costituito da alcune strofe in dialetto e altre in grico. La Strina merita particolare interesse non soltanto perché è conosciuto solo a Corigliano, ma anche perché è ancora una delle poche testimonianze dei Manta della Grecia, cioè dei canti augurali che ancora oggi i ragazzi greci sono soliti cantare a Capodanno per ottenere qualche regalo.
Durante il periodo di Natale i contadini di Corigliano smettono i panni del duro lavoro quotidiano e si trasformano in fini musici e poeti e con i loro strumenti (organetto diatonico, “l’arpa a sonagli”, triangoli di ferro e altri strumenti percussivi) andavano di casello in casello come sacerdoti di antichi riti a benedire i campi, i raccolti, gli animali, le case, gli abitanti.

Luigi e Antonio Costa (Registrazioni sul campo di Brizio Montinaro con la collaborazione del Canzoniere grecanico salentino)

Oltre agli strumenti avevano con sé un grande paniere nel quale venivano sistemati i doni che ricevevano ogni volta che eseguivano la strina: uova, vino, farina, “bianche cuddhure” (formelle di formaggio fresco).
Tutti i doni raccolti erano successivamente consumati in un grande festino a cui partecipavano anche i parenti dei suonatori.
I contadini che vivevano nelle masserie erano moltissimi, non ascoltavano nessun’altra musica sia perché non avevano tempo, sia per mancanza di mezzi tecnici quali radio e affini e i cantori della Strina erano accolti con grandi manifestazioni di gioia.
Corigliano, oltre ad avere l’esclusiva del canto della Strina, si presentava anche come il paese con la più grande presenza di organetti diatonici del Salento. (tratto da qui)

LA STRINA CALABRESE

Anche in questa terra si cantava la strina con un rituale di questua legato però ad uno strumento particolare: il mortaio costruito con il bronzo o il ferro in cui si frantumavano i blocchi di sale (sazeri o murtali). Il rituale si ripeteva il 25 e 31 dicembre e il 6 gennaio per opera di un gruppo di “strinari” i quali riproponevano di anno in anno la stessa canzone aggiungendovi strofe benaugurali e maledizioni. Questi questuanti finirono per cantare anche la nascita di Gesù. La strina di Lago (Vachitana) si è trasformata in una competizione cittadina con argomentazione a piacere sul paese. E’ il carattere satirico che l’accomuna a certe maschere del Carnevale.

Mimmo Toscano
Danilo Montenegro

LA VECCHIA DI NATALE (Sicilia)

Vecchia, Vecchia strina, Strina, Vecchia di Natali o di Capudannu, Carcavecchia, Nunna vecchia sono le denominazioni locali più comuni di una maschera, un tempo presente in tutta la Sicilia nelle notti del 24, 31 dicembre e 6 gennaio e nel periodo di Carnevale-Quaresima, in cui assumeva la denominazione di Nanna, Sarramònica o Coraìsima. La Vecchia appare correlata alle strenne e, oggi in modo privilegiato ma non esclusivo, ai bambini. (tratto da qui)
Come sottolinea Fatima Giallombardo nel suo articolo “Le vecchie di Natale” la vecchia è una dea infera che vuole essere invocata con grida e schiamazzi, una Grande Dea, dispensatrice di abbondanza, il principio femminile della procreazione “il senso del rinnovamento perenne della vita (cosmica e umana)”.
Dallo storico Giuseppe Pitrè apprendiamo che la sera della festa si aggirava per le strade del paese la Vecchia di Natale o Strina, una donna anziana che porta regali ai bimbi che si sono comportati bene tutto l’anno. Essa è nascosta per preparare dolci e regali. Venuta la sera che precede la festa, i bimbi sono mandati a letto presto, perché deve passare la vecchia di Natale per lasciare i dolci, e poiché essa non vuole farsi vedere, passa avanti se li trova svegli. In quella notte essa cammina per le strade suonando una tromba  e tirandosi dietro una retina di muli carichi di dolci e giocattoli per distribuirli nelle case ove sono bambini. Entra a porte chiuse, perché le basta una piccola fessura per introdursi e prima di far giorno ritorna nella sua abitazione, che naturalmente si trova in luoghi solitari. (tratto da qui)

Nel nome della Strina si svolgevano le questue rituali “i figghi da Strina” con il canto benaugurale legato all’elargizione comunitaria e minacce e maledizioni verso coloro che si sottraevano al tributo.
Il gruppo “Sicilia canta – Sicilia frana” nato a Ribera (prov di Agrigento) negli anni 70 per volontà di G.Nicola Ciliberto e Giuseppe Smeraglia a cui si unirono Enzo Argento e Vincenzo Ruvolo (vedi) fu tra i primi a recuperare il patrimonio popolare dei canti rituali.

i figghi da Strina
 La strina, la strina
la bedda matina.
S’un nni dati un cicireddu (1)
vostru maritu cci cadi l’aceddu.
S’un nni lu dati ora ora
vostru maritu vi ietta fora.
La strina! Buon anno!
La strenna, la strenna
la bella mattina.
Se non ci date un cece
a vostro marito cade l’uccello.
Se non ce lo date subito
vostro marito vi butta fuori.
La strenna! Buon anno!

NOTE
1) sta per piccolo dono 

BUCCELLATI E VECCHIA STRINA

Buccellati della Vecchia di Natale
Buccellati della Vecchia di Natale: dolci siciliani a base di pastafrolla e farciti con fichi, uva passa, noci e mandorle, ma anche datteri e miele; sono biscotti tipici per le feste natalizie in particolare per il Capodanno, periodo in cui la vecchia Strina portava i doni ai bambini.

Si preparano in due varianti dei buccellati: uno detto in dialetto “turtigliuna” per la forma attorciliata, l’altro il “cuccidatu” per la forma tondeggiante (a mo’ di bocconcino di pane).
A Gratteri non mancano mai sulla tavola natalizia e come sempre accade per i dolci di antica tradizione ogni famiglia ha la sua ricetta collaudata LA RICETTA.
C’è chi li profuma con noce moscata, cannella, chiodi di garofano, baccelli di vaniglia e scorze di arancia, chi  li decora con glassa reale e zuccheri colorati tipo codette o palline, oppure pistacchi tritati, chi li spolvera semplicemente con lo zucchero a velo, chi li intaglia artisticamente facendoli sembrare delle foglie, palmette o gigli come nella RICETTA di Monreale.

buccellato della Strina
il buccellato, un grande ciambellone di pasta frolla ripieno di fichi

Chi invece ne ricava un unico grande dolce tipo ciambellone decorato con frutta candita e pistacchi RICETTA – RICETTA  anche per il buccellato rotondo c’è un modo di integliare la superficie per far vedere il ripieno con delle apposite pinze.

La pita di Vassilis (Grecia)

Il forte radicamento della tradizione di questa questua legata al Natale con particolare riferimento al primo di Gennaio fa riflettere su inevitabili richiami alla tradizione greca. In Grecia c’è però un santo e non una figura femminile a portare i doni ai bambini il 1 gennaio, è San Basilio, e per lui e preparata la “vassilopita”, cioè la pita di Vassilis (Aghios Vasileios è il nome greco di San Basilio), una torta molto semplice e soffice, aromatizzata con succo d’arancia, con la particolarità di contenere una monetina nell’impasto: chi la  trova avrà un anno fortunato e prospero. Un particolare che ritroveremo in molte altre tradizioni europee..

I Befanini/Befanotti toscani

Sono i biscotti di pastafrolla decorati con granelli di zucchero colorato con cui si premiavano i questuanti delle Befanate accompagnati dalla maschera della Befana (impersonata rigorosamente da un uomo). Anche lei a cavallo di un ciuchino era accompagnata talvolta dal marito (il Befano/Befanotto) e appena entrava in casa si esibiva in una danza licenziosa e buffa. Nel mondo rurale arcaico toscano era lei a portare i regali ai bambini.
I questuanti-musicisti cantavano dei versi composti per l’occasione in cui si raccontavano gli avvenimenti più importanti dell’anno e i padroni di casa li accoglievano ben volentieri con cibo e bevande.
La video-ricetta
la ricetta di Benedetta Rossi


FONTI
https://terreceltiche.altervista.org/io-saturnalia/
http://www.romanoimpero.com/2010/10/culto-di-strenna-o-strenua.html
http://www.romanoimpero.com/2012/01/strenna-natalis-lepifania.html
https://www.lacucinaitaliana.it/news/eventi/la-pupazza-frascatana-il-biscotto-al-miele-con-tre-seni/http://www.ominodizenzero.it/2012/10/la-pupazza-frascatana.htmlhttp://www.siciliano.it/articolo.cfm?id=32http://www.radioluce.it/2016/12/28/siciliani-e-sicilianita-strina-o-vecchia/http://www.siciliafan.it/strina-vecchia-figura-tradizione-siciliana-meta-augurio-minaccia/http://www.parenticomune.it/strina.pdfhttp://www.stornellisalentini.com/2009/09/la-strina/https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=44668

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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