La pastora e il lupo

[Nigra 69; trad]

La pastora e il lupo

La pastora e il lupo è una ballata popolare piemontese, diffusa più in generale nelle regioni del Nord Italia, proposta ancora oggi dai gruppi corali, in particolare quelli degli Alpini.
Il genere è una Pastourelle, il gioco d’amore tra il cavaliere galante e la pastorella, genere poetico secondo i modelli classici greci e latini, rinverdito nel Seicento-Settecento negli ambienti colti, al divampare della moda verso il mondo (idealizzato) della campagna, quale perduta Arcadia.

Si distinguono due trame della storia: una pastora è a guardia del gregge su per i monti, alla riva del mare o lungo il pendio di una valle, passano nei pressi sia un gentil galante (un cavaliere) che un lupo. Nella prima trama il lupo viene ucciso dalla spada del gentil galante, nella seconda il lupo divora l’agnellino.

La pastora e il lupo

Nella trama, dalle versioni riportate da Costantino Nigra nella sua raccolta dei canti piemontesi, il cavaliere entra in scena solo dopo che il lupo ha preso d’assalto il gregge della pastora e con il suo aiuto l’agnellino/capretto è salvo!

Alberto Cesa & Cantovivo in Il Canzoniere del Piemonte (Canti e musiche tradizionali piemontesi, occitane, francoprovenzali…) la melodia abbinata nella parte finale s’intitola Il Bosco incantato
Coro Della Sat armonizzazione di Arturo Benedetti Michelangeli (1920-1995).

Betti Zambruno & Tendachënt in A Lung De La Riviera 2003
la melodia finale s’intitola Bucca ‘D Luv composta da Maurizio Martinotti

La bergera la larga i moton
e la bergera la larga i moton
Al longh de la riviera
e ‘l sol levà l’era tan’ càud
la s’é setà a l’ombrèta.

J’é sortì ‘l gran luv del bòsch, con la boca ambajeja
a j’à pià ‘l pi bel barbin ch’a j’era ‘nt la tropeja.

La bergera ‘s buta a criar,”Ahj, mi pòvra fijeta!
Se qualcun am ajuteis, sarìa soa moroseta.”

Da lì passa gentil galant, con la soa bela speja
a j’à dàit tre colp al luv, barbin l’é sautà ‘n tèra.

“Mi ’v ringrassio, gentil galant
mi ’v ringrassio ‘d vòstra pena
quand ch’i tonda ‘l me barbin, vi donarò la len-a”.

“Mi na son pa marcant de pann, e gnanca de la len-a
un basin dël vòst bochin mi pagherà la pen-a.”

La pastora porta al pascolo i montoni(1)
La pastora porta al pascolo i montoni
lungo il pendio
il sole alto faceva tanto caldo,
e si è seduta all’ombra.

E’ uscito un grosso lupo dal bosco con la bocca aperta,
e ha preso il più bel agnellino(2) del gregge.

La pastora si mette a gridare “Oh povera me!
Se qualcun m’aiuta diverrò la sua amante (3)

Passa nel mentre un genti galante, con la bella spada.
Mena tre colpi al lupo, e l’agnellino saltò in terra.

“Vi ringrazio, gentil cavaliere
vi ringrazio per il vostro disturbo.
Quando toserò il mio agnellino, vi donerò la lana”

“Io non son mercante di panno e nemmeno di lana
un bacino della vostra boccuccia(4) mi pagherà il disturbo”

piemontese standardizzato
piemontese standardizzato

NOTE trascrizione del testo in grafia piemontese unificata a cura di Valerio Rollone, Traduzione italiana Cattia Salto

  1. montone è il maschio adulto della pecora (detto anche ariete)
  2. Sono andata a leggere il Dizionario Zoologico di Giacomo Giamello: crava, civrin, crvin, cevra, cvra, civra, ciavurin, barbin, ciabra, ciba buch, bech, becc, cravun, crlu cravat, cravt, cravot, cibin (nome infantile: minin) Capra hircus capra chvre goat caprone capretto bouc, bouquin billy-goat.
    Costantino Nigra tuttavia traduce come agnello e così anche Roberto Leydi
  3. la morosa è più precisamente il termine per fidanzata, ragazza. Ma nel contesto è palese l’offerta sessuale in cambio di aiuto.
  4. sarà che io sono maliziosa, ma sicuramente il cavaliere non sta chiedendo solo un casto bacio!

La pastora e il lupo nei Carmina Burana

Lucis orto sidere è la parodia di un canto gregoriano ad opera di un anonimo chierico vagante come trascritto nei Carmina Burana (XII-XIII sec). Era il chierico uno studente itinerante che non aveva di solito risorse stabili e viveva in modo irregolare, vagando tra le varie università presso le quali svolgeva il suo percorso di studi.
Studenti anticonformisti e indisciplinati, precursori di quella goliardia che ancora caratterizza i nostri atenei, hanno lasciato una notevole e varia documentazione scritta: poesie erotiche e canti di taverna, componimenti satirici e antipapali.
Tra le più note raccolte proprio i Carmina Burana. E’ grazie alle loro notazioni musicali trascritte con i testi che possiamo farci un’idea della musica popolare del Medioevo, altrimenti tramandata solo in forma orale.

Lucis orto sidere

Ensemble für frühe Musik Augsburg in Amours & Désirs, 1992

Il canto medievale è paro paro al canto piemontese come ancora cantato nella seconda metà dell’Ottocento. Manca solo il finale in cui il galante chiede un bacio in cambio del “favore”.
E qui le opinioni si dividono tra chi crede che la storia medievale finisca così e chi invece crede che sia stato omesso il finale. Io sono della seconda opinione, fosse anche solo per il fatto che il canto è inserito nel fascicolo dei carmina amatoria, e quindi un finale in tal senso ci doveva pur essere.
Il canto è infarcito di dotte citazioni dei versi della Bibbia stravolti da quel gusto di dissacrazione e di materialismo tipico dell’ambiente goliardico delle prime università medievali.

A me sembra che il chierico prenda in giro il cavaliere e il suo sproloquiare sull’amor cortese, cavaliere che nel servizio alla dama amata, sottomette completamente la sua volontà a quella della donna. La pastora agli occhi del chierico è invece invitante e desiderata così come l’agnello stuzzica l’appetito del lupo.

Lucis orto sidere(1)
exit virgo propere
facie vernali,
oves iussa regere
baculo pastorali(2).

Sol effundens radium
dat calorem nimium.
Virgo speciosa
solem vitat noxium
sub arbore frondosa.

Dum procedo paululum,
lingue solvo vinculum:
«Salve, rege digna!(3)
audi, queso, servulum(4),
esto michi benigna!»

«Cur salutas virginem,
que non novit hominem(5),
ex quo fuit nata?
Sciat Deus! neminem
inveni per hec prata».

Forte lupus aderat,
quem fames expulerat
gutturis avari.
Ove rapta properat,
cupiens saturari.

Dum puella cerneret,
quod sic ovem perderet,
pleno clamat ore:
«Siquis ovem redderet,
me gaudeat uxore!»

Mox ut vocem audio,
denudato gladio
lupus immolatur(6),
ovis ab exitio
redempta reportatur.

Alle prime luci dell’alba
lesta esce la fanciulla
dal volto di Primavera
a governare le pecore
con il bastone pastorale.

Il sole dardeggiava
con troppo calore.
La bella
si riparò dal sole
sotto ad un albero frondoso.

Mi sono avvicinato un poco
e ho ripreso favella
“Salve signora degna di un re!
Ascolta, ti prego, il tuo servo
e sii gentile con me”

“Perchè saluti una fanciulla
che non conosce uomo
da quando è nata?
Dio lo sa! Nessuno
ha trovato in questo prato”

Un lupo si nascondeva nei pressi,
spinto dalla fame
dalla sua gola avida.
Afferrò una pecora al volo,
desiderando sfamarsi.

Quando la ragazza si accorse
che stava perdendo così una pecora,
gridò forte:
“Se qualcuno mi restituisce la pecora,
avrà il piacere di avermi in moglie!”

Non appena ho sentito questo,
ho sfoderato la mia spada.
Il lupo è stato sacrificato.
La pecora dalla morte
fu riportata indietro salva.

NOTE, traduzione italiana Cattia Salto:

  1. l’incipit riprende il canto gregoriano del VI secolo “Iam lucis orto sidere” ( Già sorta la stella del giorno [= il sole]) che invita alla sobrietà del corpo e dello spirito ed era cantato da chierici e monaci al mattutino tra le vari pratiche devozionali quotidiane.
  2. E qui si continua con la dissacrazione gregge di pecore e bastone pastorale, sono la rappresentazione nella Chiesa cristiana medievale dei fedeli e il loro vescovo, ma in questo contesto la pastora è accostata alla Vergine Maria
  3. Questo è il saluto che l’angelo Gabriele rivolge alla Vergine Maria, quando le annuncia la gravidanza divina
  4. il cavaliere presta alla pastora l’omaggio riservato alla dama nell’amor cortese, sperando da lei null’altro che un cenno di condiscendenza.
  5. Anche Maria risponde all’angelo “Come posso essere incinta se non ho mai conosciuto uomo?”
  6. qui possiamo azzardare un’ipotesi interpretativa in cui il lupo è la parte bestiale/sessuale della natura dell’uomo che deve essere ucciso perchè la donna lo possa tenere accanto come marito.

La pastora maritata

Nelle versioni piemontesi delle Pastorelle o Pastorellerie il cavaliere ha scarse o nulle possibilità di successo con la pastora. Prevale l’onestà e il rispetto per l’istituzione del matrimonio.
La versione di Teresa Viarengo come raccolta da Roberto Leydi (Cantè Bergera, 1995) conclude la storia dopo l’uccisione del lupo: il cavaliere chiede un bacio, la pastora dichiara di essere sposata, e lo respinge.
Così in tutte le lezioni riportate dal Nigra: la versione A, B (sono donna maritata e se lo venisse a sapere mio marito sarei bastonata). Nella versione C e seguenti la pastora risponde quasi esattamente come nel canto di Donata Pinti.
In altre versioni la pastora sembra pronta a cedere, basta che nessuno lo venga a sapere; quando si rende conto però che il cavaliere è un vanesio e sbruffone, lo respinge.

Donata Pinti (Silvano Biolatti alla chitarra classica) in Io t’invoco, libertà! (registrato live nel 2008). La melodia che suona Silvano Biolatti è quella intitolata da Cantovivo Il Bosco incantato (Biolatti è entrato nella formazione a partire dal 1985)

La versione di Donata Pinti differisce sia da quelle trascritte dal Nigra che dalla versione cantata da Teresa Viarengo, seppure il testo non si discosti molto da quest’ultimo.

Adrè la riva dello mar se gh’era d’una pastora
pascolava i suoi durin e l’era così sola
gh’é sortù feura e dant’al bòsch, con la bocca la pija
l’ha piaje el più bel durin e s’lè portalo via
Gh’é sortù feura gentil galant, con la spada l’an pija
a l’ha dai tre colp al luv, durin l’é sautà via.
“Prendì voi bella vòs arburin, metilo ansema a j’àltër
mi v’ho faie un favor a voi e voi ‘m në farì n’àltër”
“O che favore gh’é mai da fà, son donna maritata
l’anelin che gh’eu n’tal di l’é quel che m’ha sposata” 

Lungo la riva del mare c’era una pastora
che pascolava i suoi capretti ed era sola
Esce fuori dal bosco [il lupo] e con bocca
le ha preso il più bel agnellino(1) e l’ha portato via.
Esce fuori [dal bosco] il gentil galante e prende la spada
e tira tre colpi al lupo, l’agnellino è saltato via.
“Prendete bella il salvato(2) e mettetelo con gli altri
io vi ho fatto un favore e voi mi ricambierete”
“O che favore devo farvi mai? Sono donna sposata
l’anello che porto al dito è quella del mio sposo”

piemontese standardizzato
piemontese standardizzato

NOTE, trascrizione del testo in grafia piemontese unificata a cura di Valerio Rollone, traduzione italiana Cattia Salto:

  1. Nel Dizionario Zoologico di Giacomo Giamello alla voce durin, usel dij sent ann, usel d la freid, zoch fuligule milouinan fuligule nyroca little owl; che con tutta evidenza non fa al nostro caso. Non ho trovato il termine in nessun altro dizionario piemontese-italiano (al momento).
  2. Arburin al contrario è un temine in cui mi sono già imbattuta in merito ai riti del Maggio è l’altro nome del “palo” di solito un pino ma anche un pioppo decorato con nastri, riti che riguardano il tema della rinascita vegetativa. Credo che nel contesto l’animale venga definito “il virgulto” del branco, il rinato (le ballate sono delle fiabe messe in musica e quindi possiamo anche aspettarci un evento “prodigioso” come in alcune versioni della fiaba di Cappuccetto rosso dove il cacciatore uccide il lupo e dentro ci trova nonna e bambina ancora vive)

La pastora

Nella seconda versione della Pastora e il lupo, la pastorella incontra un gentiluomo che la mette in guardia della presenza del lupo, proprio nello stesso istante in cui il lupo sbuca dalla boscaglia e si avventa sull’agnellino, divorandolo. A mio avviso il lupo non è altri che il gentiluomo che compie violenza sulla bella pastora e poi lei piange per la perduta innocenza.

Antonella Ruggiero in Cjantâ Vilotis – Canti ladini e villotte friulane della raccolta Gartner (1904-1915) – interpretate e ricreate in chiave word music con Destrani Taràf, MarMar Cuisine, Loris Vescovo & Caia Grimaz – direzione artistica Roberto Colombo 2008

E sulla riva del mare gh’era su una pastorella
pascolava i suoi caprin, sull’erba fresca e bella.
E passò d’un cavaliere e le disse “o cara figlia,
bada ben che i tuoi caprin, il lupo se li piglia”

“Stia pur certo cavaliere, stia pur certo e ben sicuro
che dal lupo e gli orsi, io non ho paura”.
Saltò fòr dal bosco il lupo, con la bocca nera nera,
e pigliò il più bel caprin che la pastora aveva.

La pastora pianse pianse, e piangeva tanto forte
a veder il bel caprin andare alla morte.
“Giovedì dla settimana che verem a San Martino
comprerem il bel caprin, gli taglierem la lana”

[l’ultimo verso cantato da Antonella Ruggiero non è ben comprensibile: visto che il povero capretto è morto la pastora andrà alla fiera di San Martino che si terrà in settimana, per comprarne un altro. Il fatto della tosatura è una reminiscenza della prima versione della storia in cui la bella prima promette di diventare la morosa del cavaliere se l’aiuta contro il lupo, e poi si rimangia la parola dicendogli che gli darà la lana dell’agnellino/capretto salvato quando lo toserà.]

Calicanto in Isole senza mar 2005
Vent Negru (Mauro Garbani e Esther Rietschin)
Coro alpino Ai Preat
armonizzazione di Luigi Pigarelli (1875-1964)
Gigliola Cinquetti

E lassù sulla montagna gh’era su ‘na pastorella,
pascolava i suoi caprin su l’erba fresca e bella.
E di lì passà un signore e ‘l ghe diss:
“Oi pastorella, guarda ben che i tuoi caprin
lupo non se li piglia”.

Salta for lupo dal bosco, con la faccia nera, nera:
l’à magnà, ‘l più bel caprin che la pastora aveva.
Ed allor si mise a piangere, e piangeva forte forte,
a veder il ben caprin, vederlo andar a morte

Lino Straulino in La bella che dormiva – La ballata popolare nell’Italia del Nord 2004

Era su sulle montagne là su c’è una pastorella
che pascolava i suoi caprin sull’erba fresca e bella.
E di lì passò un signore che le disse “pastorella.
bada ben che i tuoi caprin il lupo se li piglia.”

Saltò fuori lupo dal bosco con la faccia nera nera
si pigliò il più bel caprin che la pastora aveva.
Ed allor si mise a pingere e piangeva forte e forte
a veder il più bel caprin vederlo andare a morte.

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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