Gruagach antica dea o folletto?

Sebbene il termine gaelico Gruagach si traduca con “fanciulla“, il Gruagach del folklore scozzese è diventato più simile ad un folletto tipo Brownie che una fanciulla del Mare (Gruagach-Mhara).

SPIRITO TUTELARE

Khatarine Briggs nel suo “Dizionario di fate, gnomi e folletti” parla dei Gruagach maschi delle Highlands scozzesi paragonandoli ai Brownie, belli e slanciati, elegantemente vestiti di rosso e dotati di capelli biondi, dediti alla sorveglianza del bestiame.

La maggior parte però sono brutti e trasandati e come i Brownie aiutano gli uomini nei lavori domestici e agricoli.

Sorta di spirito tutelare della casa e del bestiame la/il gruagach è considerato un folletto da rabbonire con offerte di latte lasciate nelle coppelle dei massi erratici. Stuart McHardy ritiene tuttavia che la gruagach sia stata una divinità più potente e antica decaduta nel tempo al rango di guardiano.

“J.A. McCulloch (The religion of the ancient Celts, 1911) scriveva: “Fino a poco tempo fa il latte veniva versato sulle ‘pietre del Gruagach’ [ndt Gruagach stones] nelle Ebridi, come offerta al Gruagach, un folletto che sorvegliava le mandrie e che aveva preso il posto di un dio”. Anche Evans-Wentz in The Fairy Faith in Celtic Countries (1911) descrive il Gruagach, sottolineando ancora una volta il legame con il bestiame: “La regina delle fate che veglia sulle mucche si chiama nelle isole Gruagach, e la si vede spesso. Nel versare libagioni a lei e alle sue fate, vengono usati vari tipi di pietre, solitamente con cavità. In molte parti delle Highlands, dove è conosciuta la stessa divinità, la pietra in cui le donne versavano la libagione è chiamata Leac na Gruagaich, “Pietra della Gruagach”. Se la sera si ometteva la libagione, al mattino si trovava morta la migliore vacca nel recinto”[1]

Masso coppellato detto in gaelico scozzese Clach a’Bhainne [milking stone] vicino a Mullach Sgar sull’isola di Hirta, Santa Kilda
Gruagach raffigurato come un folletto domestico

LA FANCIULLA DEL MARE

John Gregorson Campbell nel suo “Superstitions of the Highlands and Islands of Scotland”, 1900 descrive il Gruagach come una fanciulla del mare dai capelli biondi:

“Una Gruagach ha infestato la ‘Island House’ (Tigh an Eilein, così chiamata per essere stata inizialmente circondata dall’acqua), la residenza principale dell’isola, da tempo immemorabile fino al presente secolo. Gli isolani non la chiamavano mai Glaistig, quanto piuttosto Gruagach e Gruagach mhara (fanciulla di mare). La tradizione la raffigura come una piccola donna dai lunghi capelli biondi, ma raramente si riusciva a vederla. Stava nelle soffitte, e le porte delle stanze in cui la si sentiva lavorare, erano chiuse a chiave in quel momento. La si sentiva mettere in ordine la casa quando dovevano venire degli estranei, per quanto inaspettato potesse essere il loro arrivo. Picchiava i domestici quando trascuravano il loro lavoro[2]

Secondo una testimonianza diventata canzone – Hill ò ho, Hù ill ò ho – Oran Luadhaidh, la Gruagach-Mhara è invece una donna-foca

Così scrive Ethel BassinIl Gruagach qui è una femmina, sebbene sia una “fanciulla del mare” non la si deve immaginare come la solita donna nuda dai capelli biondi con la coda di pesce. Lo spettatore mentre bada alla pecore vede una fanciulla dal mantello grigio seduta su uno scoglio al largo. Nell’alzare la testa si allunga e prende la forma di  “un animale senza le corna”.  Poi “Fendette il mare da ogni lato .. verso l’immensità dell’oceano”. Sebbene non si usi il termine “seal” si suppone che ‘the hornless animal’ dalla coda di sirena potrebbe essere una foca. L’abito grigio è un ulteriore aggiunta alla sua caratteristica di foca grigia, il cui nome è spesso abbreviato in “grey”. ‘Nelle credenze del Nord- scrive  W.T. Dennison nel suo Orcadian Sketch-book- la foca occupava un posto privilegiato rispetto ad ogni altro animale inferiore e aveva il potere di assumere sembianze umane.. ogni vero discendete dai Norvegesi considera la foca come una specie di cugino di secondo grado caduto in disgrazia” [da Ethel Bassin “The Old Songs of Skye: Frances Tolmie and her Circle”, 1997 ]

Gruagach-Mhara (Gruagach femmina)
Oran mu’n Ghruagaich (Gruagach maschio)

LA DEA DEL MARE

Nella tradizione la gruagach è associata ad una vacca sacra giunta dal mare e ad una pietra coppellata per le offerte di libagioni (ovvero latte), una creatura soprannaturale in origine sicuramente di genere femminile, guardiana del bestiame di un determinato territorio. Potrebbe essere il ricordo di antichissimi rituali celebrati da sacerdotesse della Dea Madre e in seguito trasformate in creature fatate.

Stuart McHardy prosegue nel suo saggio: ‘Gruagach’ può significare “dai lunghi capelli” ed essere derivato da gruag = wig, ed è un nome gaelico comune per una fanciulla o una giovane donna. In A Midsummer Eve’s Dream (1971) Alexander Hope analizza le poesie scozzesi del XVI secolo di Dunbar. Nel poema the Golden Targe le dee indossano gonne verdi sotto i loro mantelli verdi e con i loro lunghi capelli sciolti hanno l’apparenza di fate. La credenza in un “culto delle fate” che Hope scorge in queste e altre opere è abbastanza chiaramente un residuo di una precedente religione pagana. .. Gruagach può essere correlato alle parole bretoni Groac’h o Grac’h, un nome dato alle Druidesse o Sacerdotesse, che avevano scuole sull’isola di Sein, al largo della costa nordoccidentale della Bretagna. Le Groac’h erano note per occuparsi di divinazione, guarigione e mutaforma, e P.F.Anson (Fisher Folk Lore, 1965) dice di loro: “Sull’isola di Sein, fortemente cattolica, c’era la convinzione che certe donne avevano il cosiddetto ‘le don de vouer’, cioè il potere di comunicare con il Diavolo o con i suoi emissari, in altre parole erano streghe. I pescatori sostenevano di aver visto queste donne nelle notti buie mettere in mare misteriose barche (bag-sorcérs) per consentire loro di prendere parte a un sabba o congrega di streghe noto come groach’hed “[3]

La Gruagach potrebbe benissimo essere un altro nome della Cailleach, la dea primigenia della creazione come viene chiamata in Scozia, il cui ricordo ha lasciato una traccia nel folklore celtico e ci parla di un culto primordiale conservatosi pressoché immutato anche durante l’affermarsi del Cristianesimo e praticato soprattutto dalle donne con poteri sciamanici, ben presto demonizzate e declassate al rango di streghe.

La Giumenta Bianca era una delle sembianze di Cailleach, la velata, così come si manifestava la Dea durante l’Inverno la “Vecchia Donna”, lei colpiva con il suo martello la terra e la rendeva dura fino a Imbolc, la festa del risveglio della Primavera.

Questa antichissima Dea Anziana che controlla le forze della natura e plasma la terra con il suo potere ha forse origini lontane dalle Isole Britanniche. Lo storico greco Erodoto nel V° secolo A.C. ci parla di una tribù celtica in Spagna che chiama “Kallaikoi”. L’autore romano Plinio parla del popolo dei Callaeci, tribù da cui deriva il nome Gallaecia (Galizia) e Portus Cale (Portogallo). Il nome Callaeci viene fatto risalire ad “adoratori della Cailleach”. …Numerose sono le leggende [scozzesi] che ci parlano di questa Dea e analizzandole possiamo evidenziare delle caratteristiche ricorrenti: – La Cailleach dà forma alla terra sia in modo volontario che involontario (il suo grembiule carico di pietre ritorna in moltissime leggende celtiche) creando laghi, colline, isole e costruzioni megalitiche. – Una costante associazione con l’acqua attraverso pozzi, laghi e fiumi di cui è spesso guardiana. – L’associazione con la stagione invernale. – La sua mole gigantesca. – La sua antichissima età, essendo fatta risalire a uno dei primi esseri presenti sulla terra. – La sua funzione di guardiana di particolari animali come il cervo e l’airone. – La sua capacità di trasformarsi ed assumere diverse forme come quella di fanciulla, airone e pietra… In Irlanda l’animale sacro alla dea è la mucca. La dea stessa si occupava del suo bestiame e mungeva le sue mucche fatate ricavandone del latte magico che usava per ridare la vita ai morti. La Dea appare quindi sia come signora della morte che della vita. (Claudia Falcone tratto da: ilcerchiodellaluna.it)

I SIMBOLI DELLA DEA

Troviamo la fanciulla che munge scolpita sulle mura di molte chiese medievali ed è una presenza molto antica in terra d’Irlanda e più in generale lungo le coste delle isole britanniche e d’ Europa.

In Irlanda Boanna, la “Vacca Bianca” (BoVinda) è la dea che rappresenta la prosperità.  La Vacca o il Toro cavalcati da Dee femminili o dalla Luna stessa sono il simbolo del potere della Madre Terra, la forza racchiusa nel segreto della Natura. 

Il Folletto-capra

Brian Froud

Una creatura che si può associare alla Gruagach è il folletto-capra presente sia nel folklore irlandese con il nome di bocánach sia in quello delle Highlands scozzesi con il nome di Glaistig (metà donna e metà capra):  dai lunghi capelli biondi e bellissima, nasconde la sua parte inferiore animale sotto una lunga veste verde.

Detta in Scozia anche The Green Lady nella sua versione maligna è una sorta di sirena che attira l’uomo con un canto o una danza e poi si nutre del suo sangue. Al contrario nella sua versione benigna è considerata una protettrice del bestiame e dei pastori, oltre che dei bambini lasciati soli dalle madri per sorvegliare gli animali al pascolo.

[1] J.A. McCulloch (The religion of the ancient Celts, 1911) had this to say: “Until recently milk was poured on ‘Gruagach stones’ in the Hebrides, as an offering to the Gruagach, a brownie who watched over herds, and who had taken the place of a god”. Evans-Wentz in The Fairy Faith in Celtic Countries (1911) also describes the Gruagach, again stressing the link with cattle: “The fairy queen who watches over cows is called Gruagach in the islands, and she is often seen. In pouring libations to her and her fairies, various kinds of stones, usually with hollows in them, are used. In many parts of the Highlands, where the same deity is known, the stone into which women poured the libation is called Leac na Gruagaich, ‘Flag-stone of the Gruagach’. If the libation was omitted in the evening, the best cow in the fold would be found dead in the morning”. (Stuart McHardy in https://goddess-pages.co.uk/galive/issue-21-home/gruagach-fairy-queen-of-the-highlands/

[2] “A Gruagach haunted the ‘Island House’ (Tigh an Eilein, so called from being at first surrounded with water), the principal residence in the island, from time immemorial till within the present century. She was never called Glaistig, but Gruagach and Gruagach mhara (sea-maid) by the islanders. Tradition represents her as a little woman with long yellow hair, but a sight of her was rarely obtained. She staid in the attics, and the doors of the rooms in which she was heard working were locked at the time. She was heard putting the house in order when strangers were to come, however unexpected otherwise their arrival might be. She pounded the servants when they neglected their work.” [John Gregorson Campbell]

[3] ‘Gruagach’ may mean “the long-haired one” and be derived from gruag = a wig, and is a common Gaelic name for a maiden, or a young woman. In A Midsummer Eve’s Dream (1971) Alexander Hope analyses16thC Scots poems by Dunbar. In the poem the Golden Targe Dunbar’s goddesses wear green kirtles under their green mantles and with their long hair hanging loose they are also presented as fairies in their appearance. The belief in a “fairy-cult” which Hope discerns in these and other works is quite clearly a remnant of an earlier pagan religion. .. Gruagach may be related to the Breton words Groac’h or Grac’h, a name given to the Druidesses or Priestesses, who had colleges on the Isle de Sein, off the NW coast of Brittany. These Groac’h were known for being involved in divination, healing and shape-shifting, and P.F.Anson (Fisher Folk Lore, 1965) says of them: “On the intensely Catholic Isle de Sein there used to be the conviction that certain women had what was known as ‘le don de vouer’, i.e. the power of communicating with the Devil or his emissaries, in other words that they were witches. Fishermen alleged that they had seen these women on dark nights launching mysterious boats (bag-sorcérs) to enable them to take part in a witches’ Sabbath or coven known as groach’hed”. (Stuart McHardy)

FONTI
http://www.booksfromscotland.com/Authors/Stuart-McHardy
http://ontanomagico.altervista.org/poor-horse.htm

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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