Trovatore cercasi

“Davvero è morto chi d’amore non prova
alcuna dolcezza nel cuore…

Così soavemente mi ferisce
nel cuore di dolcezza questo amore,
che cento volte ogni giorno muoio di dolore
e rinasco di gioia altre cento.
Invero il mio male è di dolce sembiante
e più vale il mio male che altro bene;
e poi che tanto m’è dolce il mio male,
dolce il bene sarà dopo il tormento.”
[Bernart De Ventadorn Amore e poesia trad. it. di A. Roncaglia, in Le più belle pagine delle letterature d’oc e d’oïl, Nuova Accademia, Milano 1961][1]


Da sempre filosofi e poeti -e nell’era moderna biologi e psicologi- s’interrogano sulla natura di Amore, un sentimento e un desiderio del corpo e dell’anima, da che l’uomo ha trasceso l’imperativo biologico della riproduzione.

Fin’amor e gioco di ruolo

Una premessa per rimarcare come l’amore sia soggetto non solo alla materia del corpo, ma anche ai codici morali della società di un determinato periodo storico. Così è per il fin’amor dei poeti occitani, che ha brillato nelle brutali lande del medioevo feudale, e ha plasmato la vita dei cavalieri elevandoli da soldataglia, a paladini (senza macchia e senza paura in difesa della giustizia e degli inermi e -purtroppo-della fede).[2] Per lo meno sulla carta (quella dei romanzi e dei canzonieri), ma comunque un gioco delle parti, con l’uomo-cavaliere che si dichiarava inferiore alla donna-castellana (esibita dall’uomo-castellano quale fulgido gioiello della sua corona) e completamente sottomesso alla sua volontà, tutto e solo per il privilegio di essere ricevuto come drudo (amante carnale) nelle grazie della dama (e il forse è d’obbligo).

L’argomento è molto complesso e sfaccettato, anche perchè la Chiesa cercò con tutti i mezzi di plasmare la cultura cortese e l’amor profano – da qui la donna angelicata; curioso è d’altronde che i trovatori che non finivano ammazzati quando combattevano al fianco del loro signore, in vecchiaia si facessero monaci. Era inoltre la Chiesa a fornire un’istruzione agli esponenti della nobiltà minore o ai figli dei “bottegai” dei primi centri urbani in rinascita, i quali si facevo “chierici”. C’è da aggiungere però, che la grande nobiltà occitana mal tollerava le ingerenze della Chiesa nelle sue decisioni, l’Aquitania e la Guascogna -a cui si aggiungono al Nord Bretagna e Normandia, ma anche il Poitou, l’Angiò- erano terre con ancora profonde tradizioni celtiche, una cultura in cui le donne avevano una dignità sociale pari a quella dell’uomo.

Trovatore cercasi

Esistono così varie fasi o se vogliamo generazioni di trovatori. Il primo trovatore fu l’aquitano Guglielmo IX, nonno di Eleonora. Quando Eleonora sposò in seconde nozze Enrico II re d’Inghilterra, Poitiers divenne la corte in cui confluirono tutti i migliori letterati, poeti e musicisti del tempo, non solo del Nord e del Sud della Francia, ma anche dalla Normandia, dalla Bretagna e dall’Inghilterra, qui si formarono le opere letterarie del XII secolo in lingua d’oc, oil, bretone e gallese, sull’onda di un mecenatismo che favorì la creazione di opere letterarie ispirate al ciclo arturiano e alle leggende celtiche.

Oc e Oil

Trovatori e trovieri però sono poeti che cantano per allietare la vita dorata della nobiltà, non certo per raccontare i fatti e fattacci della vita di corte, per quello ci sono le ballate medievali, e in particolare molte di quelle che vanno sotto il nome di Child Ballad- in Terre Celtiche Blog Ballate Folk dalla Vecchia Europa.
La grande novità che portano è l’uso del volgare come mezzo espressivo, siamo alla fine dell’anno mille, e già dal secolo successivo la lingua d’oc e la lingua d’oil saranno quelle più usate anche fuori dalla Francia, l’una per le canzoni e l’altra per i poemi e i romanzi cavallereschi.

Mecenate cercasi

Oggi siamo soliti ritenere i testi delle canzoni della poesia minore (nei migliori dei casi) eppure fanno parte del nostro quotidiano e ci regalano grandi e piccole emozioni.
Nel Medioevo furono i trovatori e trovieri a comporre canzoni “pop” rivolgendosi alla cerchia dei cortigiani, e ad affannarsi a promuovere il loro “album” (un canzoniere manoscritto) spedito con tanto di dedica ai probabili mecenati, sempre alla ricerca di uno sponsor, perchè se è vero che pure nelle alte sfere della nobiltà nasceva un poeta, per la maggior parte erano degli squattrinati appartenenti alla nobiltà minore o alla gente comune e più umile.

Bernart De Ventadorn

Eleonora d’Aquitania , Kinuko craft

Tra questi Bernart De Ventadorn originario dell’odierna Corrèze (un tempo Limosino, Francia), trovatore del XII secolo di illustre fama. Era probabilmente un figlio illegittimo del visconte Eble di Ventadorn, poeta egli stesso, che lo prese sotto la sua ala e lo istruì.

Attivo come poeta tra il 1147 e il 1170 menò vita itinerante tra Francia e Inghilterra (scacciato dai mariti gelosi) per ritirarsi in vecchiaia in monastero, forse nell’abbazia cistercense di Dalon.

Frequentò la corte di Eleonora d’Aquitania, e non c’è dubbio che a lei fossero dedicate alcune delle sue canzoni. Principale esponente del trobar leu, di lui ci sono pervenute più di una 40ina di canzoni, tutte a soggetto amoroso, di cui 18 con notazione musicale.

Can vei la lauzeta

Can vei la lauzeta (Quando vedo l’allodola) è una canzone di Bernart De Ventadorn scritta probabilmente tra il 1170 e il 1173. Il brano è particolarmente interessante perchè possiamo essere certi che la melodia sia stata effettivamente quella originaria, voluta e composta dal trovatore. Un tratto distintivo di questa produzione musicale è stato proprio lo stretto legame tra parola e suono, e il veicolo della melodia come tratto qualificante del testo.
Nella prima stanza il trovatore descrive con versi di estrema bellezza il comportamento dell’allodola, l’araldo della Primavera, simbolo dell’ardore giovanile, la quale pur essendo un uccello terricolo all’alba si slancia in voli acrobatici.
L’allodola sprizza gioia e vitalità, mentre s’innalza quasi verticalmente in volo, puntando verso il sole, ed emette una cascata di suoni simili a un crescendo musicale. Poi, chiude le ali e si lascia cadere a corpo morto fino a sfiorare terra per subito risorgere e risalire ancora verso l’alto.

Sir Frederick William Burton -“The Meeting on the Turret Stairs” (1864)

Furono proprio i trovatori occitani a postulare la dinamica dell’innamoramento, l’amore nasce dagli occhi e trae nutrimento dal cuore. Così il poeta, specchiandosi negli occhi della dama, ne è catturato, soggiogato al punto da perdere ogni volontà propria, non potendo far altro che amare e desiderare la dama. E’ lui che ha provato l’ebbrezza del volo vertiginoso dell’allodola, quando lei gli permise di guardarla negli occhi (sicuramente durante l’hommage in cui si è sottomesso a lei come il vassallo al suo signore), ed ora la rimprovera perchè più di lui non si cura, anzi si sottrae al suo sguardo. Il poeta supplica e si lamenta e teme che non otterrà mai i favori della sua dama, e il sol pensiero lo distrugge.
La canzone non deve essere presa alla lettera, il poeta l’ha composta proprio per fare breccia nel cuore della dama, entrambi sono consapevoli che il loro è un amore che non potrà mai essere corrisposto- non pubblicamente, ella è il sole in alto ed egli il folle che cade dal ponte cercando di raggiungerla.
Ma nel segreto dell’alcova tutto poteva accadere. Cacciato da molti castelli, a cominciare da quello natio, dai mariti gelosi e cornuti, il bel Bernardo si deve essere molto impratichito nell’arte di amare!


Can vei la lauzeta mover
de joi sas alas contra·l rai,
que s’oblida e·s laissa chazer
per la doussor c’al cor li vai,
ai! tan grans enveya m’en ve
de cui qu’eu veya jauzion!
Meravilhas ai, car desse
lo cor de dezirer no·m fon.

Ai, las! tan cuidava saber
d’amor, e tan petit en sai,
car eu d’amar no·m posc tener
celeis don ja pro non aurai.
Tout m’a mo cor, e tout m’a me,
e se mezeis e tot lo mon;
e can se·m tolc, no·m laisset re
mas dezirer e cor volon.

Anc non agui de me poder
ni no fui meus de l’or’en sai
que·m laisset en sos olhs vezer
en un miralh que mout me plai.
Miralhs, pus me mirei en te,
m’an mort li sospir de preon,
c’aissi·m perdei com perdet se
lo bels Narcisus en la fon.

De las domnas me dezesper;
ja mais en lor no·m fiarai;
c’aissi com las solh chaptener,
enaissi las deschaptenrai.
Pois vei c’una pro no m’en te
vas leis que·m destrui e’m cofon,
totas las dopt’e las mescre,
car be sai c’atretals se son.

D’aisso.s fa be femna parer
ma domna, per qu’e·lh o retrai,
car no vol so c’om deu voler,
e so c’om li deveda, fai.
Chazutz sui en mala merce,
et ai be faih co·l fols en pon;
e no sai per que m’esdeve,
mas car trop puyei contra mon.

Merces es perduda, per ver
(et eu non o saubi anc mai!),
car cilh qui plus en degr’aveI,
no·n a ges; et on la querrai?
A! can mal sembla, qui la ve,
qued aquest chaitiu deziron
que ja ses leis non aura be,
laisse morir, que no l’aon!

Pus ab midons no·m pot valer
precs ni merces ni·l dreihz qu’eu ai,
ni a leis no ven a plazer
qu’eu l’am, ja mais no·lh o dirai.
Aissi·m part de leis e·m recre;
mort m’a, e per mort li respon,
e vau m’en, pus ilh no·m rete,
chaitius, en issilh, no sai on.

Tristans, ges no·n auretz de me,
qu’eu m’en vau, chaitius, no sai on.
De chantar me gic e·m recre,
e de joi e d’amor m’escon.

Traduzione italiana
Quando vedo l’allodola muovere
di gioia l’ali sue contro il sole
che s’oblia e si lascia cadere
per la dolcezza che le va al cuore,
ah! tanto grande invidia me ne viene
di chiunque veda gioioso,
e mi meraviglio se subito
il cuore di desiderio non mi si strugga.

Ahimè! Credevo di sapere
d’amore(1) e tan poco ne so,
che io d’amare non mi posso trattenere
colei da cui mai otterrò vantaggio(2).
Tolto m’ha il cuore, tolto m’ha me stesso,
e sé stessa e tutto il mondo:
e quando mi si tolse, nulla mi lasciò
tranne il desiderio e il cuore voglioso(3).

Mai più ebbi il dominio su me stesso
e non fui più mio da allora,
che lei mi lasciò vedere negli occhi suoi(4)
in uno specchio che molto mi piace.
Specchio, dopo che mi rispecchiai in te,
m’hanno ucciso i profondi sospiri
che lì mi persi come si perse
il bel Narciso(5) nella fonte.

Delle donne mi dispero,
e mai più in loro avrò fiducia,
che così come solevo sostenerle
allo stesso modo toglierò le mie lodi.
Poiché vedo che nemmeno una(6) mi avvantaggia
contro lei che mi distrugge e mi confonde,
tutte le temo e non credo in loro
perchè ben so che sono fatte allo stesso modo.

In ciò dimostra bene la natura femminile
la mia signora(7), perciò io le dico
che non vuole ciò che si deve volere,
e ciò che le si vieta, fa.
Caduto sono in mala grazia
e ho fatto davvero come lo stolto sul ponte(8)
e non so perchè mi avviene
tranne che ho preteso troppo.

Mercé è perduta per davvero
(e io non lo seppi mai)
poichè colei che più ne dovrebbe avere
non ne ha affatto e dove la cercherò?
Ah quanto male appare, chi la vede,
a questo infelice desideroso,
il quale mai senza lei avrà bene,
lasci morire senza aiutarlo!

Poichè la mia signora non mi può valere
né preghiera né grazia né il diritto che io ho(9)
né a lei non viene a piacere
ch’io la ami, mai più non glielo dirò.
Così mi separo, e mi arrendo:
mi ha ucciso e come morto le rispondo,
e me ne vado, poiché ella non mi trattiene(10),
infelice in esilio, non so dove.

Tristano(11), non saprete più niente di me,
perchè me ne vado, infelice, non so dove
smetto di cantare(12) e mi do per vinto
e mi nascondo dalla gioia e dall’amore.

NOTE traduzione italiana secondo l’analisi filologica di Sara Gavinelli, Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano
(1) il codice del fin amor prevede il superamento di vari livelli, prima che il trovatore possa appagare il suo desiderio di possesso della donna amata: per prima cosa si doveva ottenere il permesso dalla dama per diventarne il corteggiatore; era lei, in genere già sposata, che decideva se accettare o meno la corte del trovatore; in caso positivo concedeva la “mercede” ossia la buona disposizione d’animo. Come prova finale lo attendeva l’asag una prova di integrità morale e di autocontrollo. A questo punto l’amante doveva porgere un omaggio feudale alla sua signora inginocchiandosi e mettendosi nelle sue mani per sottomettersi a lei
(2) il poeta è frustrato e disperato, è certo che non potrà mai soddisfare il suo desiderio d’amore verso la dama, il suo tormento però sembra dargli piacere e ci tiene a farlo sapere alla sua signora
(3) ma questa è la dame sans mercì dai poteri d’incantatrice, una “Queen of Faerie” che regna in Avalon!! Più che la donna angelicata è la donna fata della mitologia celtica.
(4) l’omaggio di sé offerto dal trovatore alla dama è l’equivalente del servizio feudale: sul piano amoroso nell’hommage egli si è inginocchiato davanti alla dama e dichiarato “sono tuo” guardandola negli occhi. Secondo le regole del fin amor ora egli è drut, cioè, amante vero e proprio, che ha conquistato il cuore della dama e può vantarne l’amore carnale, ma… non per questo era certo di ottenerlo
(5) paragonando Narciso a se stesso il poeta non vuol dire che come Narciso si sia innamorato della propria immagine, ma che come Narciso egli si strugge vanamente d’amore. Consapevole che non potrà mai ottenere l’amore della dama, è come morto. Il mito di Narciso è narrato nelle Metamorfosi di Ovidio e le citazioni dei Classici era un vezzo dei trovatori
(6) il poeta rimprovera le dame di compagnia della castellana che non intercedono per lui, anzi potrebbero fare parte della schiera dei maldicenti, che avrebbero potuto danneggiare l’amante agli occhi della sua signora
(7) Ma domna “mia signora” diventa più oltre midons ‘mio signore’, lei è una donna di potere, forte e risoluta, come lo era Eleonora d’Aquitania, con le proprie idee in testa
(8) gli amanti folli sono all’opposto degli amanti cortesi e molto spesso sono il bersaglio dei trovatori. Il significato della frase ha un riferimento che oggi sfugge. Non proviene da citazioni letterarie o espressioni idiomatiche. Forse un evento accaduto a cui hanno assistito il trovatore e la dama. Viene spontaneo chiedersi: ma cos’ha combinato per essersi giocato il favore della sua signora? Si è spinto un po’ troppo oltre fraintendendo i segnali semaforici, si direbbe oggi, ovvero ha superato la mezura come si diceva allora?
(9) secondo la legge del fin amore l’amante deve essere corrisposto dall’amato (e qui la citazione dantesca è d’obbligo Amor, ch’a nullo amato amar perdona) la forza dell’amore passionale travolge i sensi e non consente a una persona che sia davvero amata di non ricambiare il sentimento
(10) Retener è usato col significato del ‘signore che accoglie e considera suo uomo un vassallo’, con una sovrapposizione tra lessico feudale e lessico amoroso, è il verbo che si usa per dire che la signora accetta o non accetta colui che si offre come suo amante
(11) è il senhal, ovvero il soprannome con cui il poeta cela la donna amata, Eleonora d’Aquitania. Ahinoi il bel Bernardo ci è ricascato, il suo intenso amore per Eleonora, che evidentemente lei ricambiò, gli costò l’allontanamento dalla corte
(12) secondo la sua poetica non si può comporre e cantare se nel cuore non alberga il fin amor e questi non può scaturire se non esiste una corrispondenza “d’amorosi sensi” tra amante e amata

Gérard Zuchetto
Micrologus
Ensemble Alla Francesca in Richard Cœur de Lion, troubadours et trouvères 1996

Duo Enßle-Lamprecht in Tesserae 2017 tra cui Can vei la lauzeta mover è l’unico brano vocale

Martin Best Mediaeval Ensemble
Ensemble für frühe Musik Augsburg in Songs & Dances of the Middle Ages 2020
Maria Dolors Laffitte 1991

https://www.examenapium.it/cs/biblio/Ferrari1988.pdf
Gérard Zuchetto — Wikipédia (wikipedia.org): grande studioso e interprete specializzato nella lirica dei trovatori del xii e xiii secolo.

[1] a parte l’omaggio a Catullo in questi versi Bernardo manifesta tutto il piacere masochistico del fin amore, gioia e tormento per la donna -la moglie del feudatario- (per il sesso c’erano le altre). Il dato fondamentale da tenere presente è che il poeta canta i turbamenti degli stati d’animo dell’amante, in ciò rifacendosi proprio ai classici latini
https://imalpensanti.it/2014/10/davvero-morto-damore-non-prova-alcuna-dolcezza-nel-cuore/
https://www.cultweek.com/catullo/

[2] https://medievaleggiando.it/i-poeti-dellamor-cortese-i-trovatori/


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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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