Il Testamento di Giaco Tross

Il Testamento di Giaco Tross, (Giacomo Trosso o Torsolo) viene dalla penna di un frate vissuto a Torino nel Settecento.
Giaco Tross è l’ubriacone/grande bevitore di vino della tradizione torinese e monferrina, preso a protagonista da Padre Ignazio Isler nella canzone testamentaria sul tema della sepoltura in una cantina vinicola con la testa sotto alla spinetta della botte.

In Scozia c’erano le Merry Muses, in Francia le Muse Gaillarde, in Italia il buon frate Ignazio Isler e le sue Poesie piemontesi. Vere e proprie Canzoni in lingua piemontese su musiche presumibilmente composte dallo stesso autore. Le canzoni del buon frate circolarono manoscritte dapprima nella città di Torino e vennero pubblicate solo dopo la sua morte (la prima edizione completa è del 1799).
Il testamento di Giaco Tross è datato 1748 e viene riportato con rigo musicale nell'”Antologia della canzone popolare piemontese tra Settecento e Novecento” a cura di Michele Straniero.

Giaco Tross è inoltre il personaggio di una serie di canti piemontesi: Mi I veuj pijeme Giaco Tros e la filastrocca Giaco Tross.

Il Testamento di Giaco Tross

Il Testamento di Giaco Tross
Il Testamento di Giaco Tross

Il testo della ballata Ël Testament ëd Giaco Tross è chilometrico e nelle varie edizioni delle canzoni di padre Isler alcuni versi sono modificati come pure la grafia piemontese.

Giaco manda a chiamare il notaio per fare testamento perchè è moribondo (nel frattempo per tenergli compagnia chiede un po’ di Malvasia). Segue una lunga lista testamentaria con alcuni punti condivisi da altre canzoni da osteria sullo stesso tema: che mi sotterrino in una cantina vinicola con la testa sotto alla spina, bottiglie di nebbiolo come candele, barilotto di vino come cuscino.
Rivelatore l’epitaffio che sarà scritto sulla tomba di Giaco Tross: è l’acqua del pozzo bevuta per sbaglio quella fatidica sola volta -invece del vino spillato dalla botte- che l’ha portato alla morte!!
Qui giace Giacomo Trosso, perchè una sola volta, invece che in cantina, è andato a bere al pozzo”

Roberto Balocco in “Cheur giojos ël cel l’agiuta” Omaggio a Ignazio Isler.

I
Mi n’ sai pa s’ i sia malavi / Io non so se son malato
Për la frev o për la doja / per la febbre o per la caraffa
L’ ai un non so che ch’ a m’ roja / ho un non so che che mi rosica
Teribilment sul cheur / terribilmente sul cuore.
A m’ ven tante caudan-e / Mi vengono certe caldane
Ch’ a m’ fan tiré d’ pavan-e (1) / che mi fanno tremare
Ohimì povr om ch’ i meuiro! / ohimé poveruomo, che muoio!
Ohimì povr om ch’ i meuiro!

II
Marcé, marcé ampó dun-a / Andate, andate un po’ donna
E pieve tanta pen-a / e abbiate molta pietà
Ciamè ‘n nodar ch’ a ven-a / chiamate un notaio che venga
Ch’i veui fé testament. / che voglio fare testamento.
Tra tant për cortesia / Nel frattempo, per cortesia
Porte ampò d’ malvasia / portate un po’ di malvasia
A coust povr om languent. / a questo poveruomo che langue.

III
S’ i meuiro, j’ arcomando / Se muoio, gli raccomando
Ch’ a m’ sotro ant una crota / che mi sotterrino in una cantina
Donta ch’ai sia tavota / dove ci siano sempre
Ed bon botai pien d’ vin / delle botti piene di vino.
Almanch j’ avrai quand viagi / Almeno avrò nel viaggio
Ancor un po’ d’ sufragi / ancora un po’ di sollievo
Sent agn, e gnanch pié fin. / cento anni, e anche più.

IV
Con i pè vers la muraja / coi piedi verso il muro
I veuj ch’ me corp a resta / voglio che stia il mio corpo
Butandme con la testa / mettendomi con la testa
A mira dël pongat / all’altezza della cannella
Për gode cola bagna / per godere quell’intingolo
Quand ël botal a dagna / che fa la botte colando
Ma ch’ ai sia gnun concat. / ma che non ci sia alcun catino.

V
Fème soné për ciòche / Fatemi suonare come campane
An tute j’ ostarie / in tutte le osterie
Mie gésie (cà pì) favorie / le mie chiese (case più) favorite
Quartin, pinte e bocàj / quartini, pinte e boccali.
Sentend ste sarabande / Sentendo queste sarabande
Le gent da tute bande / la gente da tutte le parti
Savran ch’ l’eu fait ij baj. / sapranno che ho dato l’ultimo respiro.

VI
Për tòrce e për candèile / Per torce e per candele
Portème singsent san-e / portatemi cinquecento calici
Tra gròsse (grande), pcite e mezan-e (msan-e) / tra grandi, piccoli e mezzani
Pien-e d’ bon vin d’ nubieul / pieni di buon vino nebbiolo.
Almanch sta luminaria / Almeno questa luminaria
A tam né ‘l vent, né l’aria / non teme né il vento né l’aria
Ch’ a sofia fin ch’ a veul. / che soffi finché vuole.

VII
Vestime peui coul camus / Vestitemi poi con quel camice
Stermà ant la guardaròba / nascosto nel guardaroba
Ch’ a m’ fassa pà una bòba / che non mi faccia il broncio
Ant coust ultim onor / nel rendermi quest’ultimo onore.
I l’ eu mai pì gavalo (lavalo) / Non l’ho mai più levato (lavato)
Dal dì ch’ i l’ hai catalo / dal giorno che l’ho comprato
Da Nicola ‘l brindor (2). / da Nicola il brentatore.

VIII
Cogéme drinta a un arbi / sdraiatemi dentro un truogolo da vino
Ch’ a m’ servirà për cassia / che mi servirà da cassa
Ma fait con bon-a grassia / ma fatto con buona grazia
E ch’ a sia bin vinà / e che sia ben avvinato.
E për cussin im lasso / E per cuscino mi lascino
Me car barlat ëd frasso / il mio caro barilotto di frassino
Ch’a l’è tant nominà. / che è tanto rinominato.

IX
Gropeme le man giunte / legatemi le mani giunte
D’ antorn a ‘na boracia / intorno a una borraccia
Con la soa bon-a cracia / col suo buon strato di sporcizia
E pien-a d’ breu d’aotin / e che sia piena di brodo di vigna.
E an testa ‘na gran bota / E in testa una grande bottiglia
Tajandie ‘l fond da sota / tagliandole il fondo da sotto
Ch’ a m’ scusa për bartin. / mi serva da berretto.

X
Noté bin lo ch’ i v’ dio : / prendete ben nota di quel che vi dico
La mia carcassa mòrta / la mia carcassa morta
Sens autr i veui ch’ as porta / senz’altro voglio che sia portata
Da dodes botale / sopra dodici botti
Con una cuvertassa / con una copertaccia
Ambriacà d’ vinassa / imbevuta di vinaccia
Ch’ a m’ penda fin sui pé. / che mi penda fin sui piedi.

XI
I veui për compagnème / Voglio, per accompagnarmi
Dosent brindor an gala / duecento brentatori vestiti da festa
Con la soa brinda an spala / con la loro brenta in spalla
E so pongon an man; / e il loro bottacciolo (pongone) in mano.
E sent bronsson për banda / E cento ubriaconi per parte
Ma tuti bin d’Olanda/ma tutti ben bevuti,
(Tuti cioch d’ vin o branda / tutti ciucchi di vino o di grappa)
E cioch tant ch’a podran./ ciucchi a più non posso.
(A cantè fin ch’ a podran. / a cantare finché ce la faranno.)

XII
Apres a lor ch’ a ven-o / Dietro di loro vengano
Con le plorasse an vista / con le bande a lutto in vista
E j’ osto, e j’ obergista / gli osti e gli albergatori
Ch’ a son ant coust pais; / che ci sono in questo paese.
Piorand la soa sventura / Che piangano la loro sventura
Vedend ch’ an sepoltura / vedendo che in sepoltura
Ai va ‘l sò mej amis. / ci va il loro migliore amico.

XIII
E për pì bela pompa / E per più bella pompa
A venta ancor ch’ ai sia / bisogna ancora che ci sia
A féme compania / a farmi compagnia
La guardia dij todesch / la guardia dei tedeschi
A j’ anviron dla bera / tutt’intorno alla bara
Con la soa bandrojera / con la loro bandoliera a tracolla
E so picé d’ vin fresch. / e la loro brocca di vino fresco.

XIV
Ai quatr canton ch’ ai sia / Ai quattro angoli ci sia
A tnime la cuverta / a tenermi la coperta
Doi paira dij pì a l’ erta / due paia dei più svegli
E mèj marcand da vin / e migliori mercanti di vino
Vestì tuti da festa / tutti vestiti da festa
Portand un oiro an testa / portando un otre in testa
Durand tut ‘l camin. / durante tutto il cammino.

XV
Féme marcé a la testa / Fatemi camminare alla testa del corteo
Un timbaliè ch’ a son-a / un suonatore di timpano che suoni
Ch’ a bata e ch’ a ferdon-a / che batta e faccia un gran casino
Su doe gran baràj / sopra due grandi barili
An mes a doi trombéta / in mezzo a due trombettieri
Ch’ a toco quaich ariéta / che suonino qualche arietta
Con d’ ponghe da botàj. / con cannelle da botti.

XVI
Peui fème con bel ordin / Poi fatemi in bell’ordine
Trené darè dle spale / trascinare dietro le spalle
Quarant’ e ses botale / quarantasei botti
Ch’ a son i me canon / che sono i miei cannoni
Tute con la valdrapa / tutte con la gualdrappa
Bin ansupà ant la rapa / ben inzuppata nel grappolo
Ch’ a vada giù a rablon / che vada giù a strascico

XVII
Për strà mi veui ch’ am canto / Per strada voglio che mi cantino
A tuta gran ganassa / a tutta gola
Massimament an piassa / soprattutto in piazza
Coula bela canson / quella bella canzone.
La qual noi i cantavo / Quella che noi cantavamo
An tel mentre s’anciocavo /mentre ci ubriacavamo
(Quand j’ stasio a tavo / quando stavamo a tavola)
A fé voghé ‘l pinton. / a far girare il pintone.

XVIII
Passand dnans a j’ ansegne / Passando davanti alle targhe delle osterie
I veuj peui arcordeve / voglio poi ricordarvi
Ch’ i staghe ampò a fermeve / di stare un po’ a fermarvi
Fin ch’ l’ osto ven-a a l’ us / finché gli osti si facciano sull’uscio
Con una gran burnìa (3) / con una grande arbanella piena
Del mei vin bianc ch’ ai sia / del miglior vino bianco che ci sia
A demne dontrè sprus. / a darmene due o tre spruzzi.

XIX
Passà la quaranten-a / passata la quarantena
Coust’ incombensa i lasso / lascio questa incombenza
Ai me compagn, ch’ am fasso / ai miei compagni, che mi facciano
Marlait un funeral / un po’ di funerale
An mes d’una cantin-a / in mezzo a una cantina
Cantand la bërtolin-a / cantando l’allegra cantilena
D’ antorn al mej botal. / intorno alla mia botte.

XX
Al dì d’ me aniversari / il giorno del mio anniversario
Fin tant che ‘l mond a dura / fintantoché il mondo dura
Su la mia sepoltura / sulla mia tomba
Ch’ am verso ‘n baril d’vin / versino un barile di vino
Lolì për mia gran gloria / questo per mia gran gloria
A servirà d’ memoria / servirà a ricordare
Ch’ i ciupinava bin. / che io bevevo bene.

XXI
An tute j’ ostarie / in tutte le osterie
A m’ ven la fantasia / mi vien la fantasia,
Veuj ch’ mè nom ai sia / voglio che ci sia il mio nome
Ansem al me ritrat / insieme al mio ritratto.
Ai na sarà pi d’quindes / Ce ne saranno più di quindici
Ch’ al vëdme am faran brindes / che vedendolo mi faranno un brindisi
Ciapà ch’ a l’ abio ‘l rat. / presa che abbiano la sbronza.

XXII
Mia carica i l’armëtto / la mia carica la rimetto
A Bërtromè Bronsogna / a Bartolomeo l’ubriacone
Ch’ as fa l’ onor ch’ a bsogna / che si fa onore come si deve
Tratandse për cimpé / quando si tratta di bere
Tra tuit i mè camrada / tra tutti i miei camerati
Ch’ a son ant la brigada / che ci sono nella brigata
J’ è gnun ch’ ai ten-a pè. / non c’è nessuno che gli tenga dietro.

XXIII
L’ universal erede / L’universale erede
A sarà la mia crica / sarà la mia cricca
Për amicissia antica / per amicizia antica
L’ è ‘l men ch’ i peussa fé / è il meglio ch’io possa fare
Con pat ch’ an companìa / col patto che in compagnia
Tut vada a l’ ostarìa / tutto sia speso all’osteria
Fin ch’ ai sia un doi dnè. / finche ci sian due soldi.

XXIV
Butéme su la tampa/ Mettete sulla mia fossa
(Ch’a m’ scrivo con d’vin sul marmo / mi scrivano con del vino sul marmo)
Còst’iscrission bin scrita/quest’epigrafe ben scritta
(Coust epitafi an stampa: / quest’epitaffio in stampatello:)
A l’ha perdù la vita/ ha perso la vita
(L’ è sì, slongà ant la tampa / “E’ qui, steso nella fossa)
Coul pover Giaco Tros / quel povero Giacomo Torsolo.
Përchè ch’ ‘na sola vota / Perché una sola volta
An leu d’ andé giù an crota / invece di andare giù in cantina
L’é andàit a bèive al poss. / è andato a bere al pozzo.

XXV
Pié tuit da mi l’ esempi / prendete tutti l’esempio da me
A beive mai nen d’eva / a non bere mai acqua
Përchè l’ è roba greva / perché è roba pesante
Ch’ a fa marsò ‘l pansat / che fa marcire la pancia.
Mandéla a la malora / Mandatela in malora
S’ i veule nen ancora / se non volete ancora
Tiré vostr ultim pat. / tirare l’ultimo peto.

Il Testamento di Giaco Tross

Si riportano con il titolo in grassetto le strofe cantate da Roberto Balocco nel suo album dal titolo Il cuore allegro il ciel l’aiuta [“Cheur giojos ël cel l’agiuta”].

NOTE
Testo in parte tratto da Le vecchie Piole, come pure la traduzione in parte riveduta
(per le varie revisioni del testo vedasi anche https://www.piemunteis.it/wp-content/uploads/Canzone-25.pdf; https://pms.wikisource.org/wiki/Ignassi_Isler/%C3%8Bl_Testament_%C3%ABd_Giaco_Tross).

1) nel dizionario piemontese -italiano di Michele Ponza leggiamo: Pau, pavana: tire de pavane, tremare, aver gran paura e ancora Pavana, spavento, battisoffia, spaventagli; nella traduzione in Le Vecchie Piole si traduce un po’ più liberamente: che mi fan tirare delle scoreggie
2) Il brindor (brentatore) era l’addetto al commercio del vino, prendeva il nome dalla Brenta (brinda) al tempo stesso contenitore e strumento di misura che serviva per trasportare e travasare il vino dalle botti dei venditori nei recipienti dei compratori.

Giaco Tross el brindor
Giaco Tross el brindor. La brenta era un tempo costruita con doghe di legno, a sezione ovale con un lato schiacciato aperto in alto simile a una gerla.
La brenta veniva usata anche per la raccolta dell’uva e il trasporto del mosto e infine per il travaso del vino e il suo trasporto-commercializzazione

I brindor erano inquadrati in un ordine quasi militaresco e avevano anche una vera e propria uniforme: portavano un camisaccio (camison) di colore azzurro con una placca attestante il loro mestiere, la brinda e l’immancabile bottaccio o pongone (pongon) in legno di bosso tornito dalla capacità di una pinta (1,369 litri). Il brindor riceveva appunto una pinta di vino per ogni brinda trasportata e a questo serviva il bottaccio. In realtà questa era una specie di tassa sulla compravendita perchè il brindor aveva anche una funzione civica, era una specie di pompiere; doveva accorrere con le brente piene di acqua in caso di incendi. (tratto da Associazione per Il Museo Storico di Poirino)
Le loro incombenze andavano ben oltre il semplice servizio di trasporto e consegna: dovevano assaggiare il vino in vendita per certificare che non fosse annacquato e inacidito, e verificare che le tasse fossero state pagate regolarmente. Per essere riconosciuto brentatore bisognava dunque essere persone perbene, serie e oneste. Non era infatti un mestiere facilissimo.” (Luca Buggio in Il vino e i brentatori nella Torino barocca)
Ma proprio per le grandi quantità di vino che gli passavano sotto il naso, il termine brindor finì per significare ubriacone.
Ulteriori notizie sul brentatore in Un antico e quasi sparito mestiere quello del “Brentatore”!
3) burnìa= barattolo in vetro. Nel mio piemontese del canavese è il barattolo di vetro con chiusura a gancio e guarnizione (tappo a chiusura ermetica) che si usava per conserve dolci o salate. In casa la si usava anche come zangola per fare il burro a uso domestico.
arbanella, albarello, arbarella sono termini dialettali diffusi in liguria, basso piemonte e lunigiana. Nell’enciclopedia Treccani  albarello Vaso, per lo più di maiolica dipinta, più raramente di vetro e in origine, forse, di legno di pioppo (da cui deriverebbe il nome); di forma generalmente cilindrica, con una rastrematura centrale che lo rende simile a un segmento di bambù, fu usato in passato dagli speziali (e in Francia, nel sec. 18°, come insegna di farmacie), ma in seguito anche come barattolo per confetture, colori o altri materiali: l’adel salel’adelle acciughealberelli di lattovari e d’unguenti colmi (Boccaccio); meglio al bosco un vermicciol gli aggrada Che in gabbia un adi panico (Pascoli).

Chevaliers De La Table Ronde

La popolarissima drinking song della tradizione francese intitolata Chevaliers De La Table Ronde viene registrata nel 1930, ma si ricollega sul tema settecentesco diffuso in Francia e in Piemonte, della donna ubriaca [vedasi Maria Gioana].

Les Quatre Barbus

Chevaliers de la Table Ronde
Goûtons voir si le vin est bon. (2 volte)
Goûtons voir, oui, oui, oui,
Goûtons voir, non, non, non,
Goûtons voir si le vin est bon. (2 volte)

S’il est bon, s’il est agréable,
J’en boirai jusqu’à mon plaisir. (2 volte)
J’en boirai, oui, oui, oui,
J’en boirai, non, non, non,
J’en boirai jusqu’à mon plaisir. (2 volte)

J’en boirai cinq à six bouteilles,
Une femme sur mes genoux. (2 volte)
Une femme, oui, oui, oui,
Une femme, non, non, non,
Une femme sur mes genoux. (2 volte)

Si je meurs, je veux qu’on m’enterre
Dans un’ cave, où y a du bon vin. (2 volte)
Dans un’ cave, oui, oui, oui,
Dans un’ cave, non, non, non,
Dans un’ cave, où y a du bon vin. (2 volte)

Les deux pieds contre la muraille
Et la têt’ sous le robinet
. (2 volte)
Et la têt’, oui, oui, oui,
Et la têt’, non, non, non,
Et la têt’ sous le robinet. (2 volte)

Et les quatre plus grands ivrognes
Porteront les quat’ coins du drap. (2 volte)
Porteront, oui, oui, oui,
Porteront, non, non, non,
Porteront les quat’ coins du drap. (2 volte)

Pour donner le discours d’usage,
On prendra le bistrot du coin. (2 volte)
On prendra, oui, oui, oui,
On prendra, non, non, non,
On prendra le bistrot du coin. (2 volte)

Et si le tonneau se débouche (ou se débonde)
J’en boirai jusqu’à mon loisir. (2 volte)
J’en boirai, oui, oui, oui,
J’en boirai, non, non, non,
J’en boirai jusqu’à mon loisir. (2 volte)

Et s’il en reste quelques gouttes,
Ce sera pour nous rafraîchir. (2 volte)
Ce sera, oui, oui, oui,
Ce sera, non, non, non,
Ce sera pour nous rafraîchir. (2 volte)

Sur ma tombe, je veux qu’on inscrive,
Ici gît le roi des buveurs. (2 volte)
Ici gît, oui, oui, oui,
Ici gît, non, non, non,
Ici gît le roi des buveurs. (2 volte)

Les Rats d`Swompe

Versione italiana (da Musicamedia)
Cavalieri del vino buono
Esprimiamo il nostro pensier:
bevi bevi, si, si, (2 volte)
bevi e senti come va giù!
bevi bevi, si, si, (2 volte)
bevi bevi: che vuoi di più
[Se è buono e piacevole ne berrò quattro o cinque bottiglie, con una ragazza sulle mie ginocchia.]
Quando muoio voglio finire
in cantina dov’è il buon vin.
Bevi bevi, si, si…
Con la botte tra le mie braccia
e la bocca piena di vin.
Bevi bevi, si, si…
Sulla lapide voglio scritto:
“Giace qui un gran bevitor”.
Bevi bevi, si, si…

Link
https://www.reteitalianaculturapopolare.org/ar/archivio-partecipato/item/868-tutte-le-canzoni-e-poesie-piemontesi.html
I. Isler, Poesie piemontesi. 7. ed.: https://archive.org/details/poesiepiemontesi00isleuoft
https://archive.org/details/poesiepiemontesi00isleuoft/page/94/mode/2up?q=Giaco+Tross (pg 94)
https://xavier.hubaut.info/paillardes/chevaliers.htm
https://www.europacristiana.com/la-poesia-di-padre-isler-1699-1778-un-mondo-di-tradizioni-e-valori/

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.