Magna Giuana (Maria Gioana) e il problema del bere

[Nigra 87; trad.]

Il tema della testamento in cui il protagonista esprime il desiderio di essere sepolto insieme al suo amato whiskey è un topico delle drinking songs irlandesi e scozzesi. Ma anche in Piemonte tra i canti della piola abbiamo Magna Giuana, (Maria Gioana) la zia Giovanna (con magna che si italianizza più tardi in Maria) che esprime il desiderio di essere seppellita in una cantina vinicola con la damigiana come cuscino o con la testa proprio sotto alla spillatrice della botte, di modo che il vino che le bagnerà la terra durante la spillatura, finisca tutto nella sua gola.

Maria Gioana non è un canto allegro, perchè la donna è vino-dipendente, col fegato distrutto dall’alcol, e il suo vizio la porterà alla tomba.

Già Costantino Nigra riporta nella sua antologia “Canti Popolari del Piemonte” (1888) la versione sentita da Domenica Bracco di Sale-Castelnuovo canavese con il titolo di Zia Giovanna al numero 87. Il Nigra collega la canzone piemontese alla Provenza e alla Francia, ma non aggiunge altro. E in effetti troviamo testi simili sul versante occitano del Piemonte e in Francia. (vedasi anche Il testamento di Giaco Tross)

Coro brigata Alpina Taurinense
Maria Gioana filatrice saggia
Questa Filatrice Saggia di Antonio Rotta potrebbe essere il ritratto della nostra Maria Gioana

Magna Giuvana l’era ‘n su l’uss
l’era ‘n su l’uss ch’a n’u’n filava.
J’e’ passa-je sur medichin: 
— Magna (1) Giuvana, cum’a la và-la?
– La mi và-la pa vaire bin,
m’è tacà-me tant mal di testa.
– Magna Giuvana, mesceisse ‘l vin,
a la matin saria guaria.
– Ma se mi mesceissa ‘l vin,
a la matin saria (già) morta.
A l’è morta che mi sarè, sutarè-me ant una crota,
con la testa suta al butal e la buca sut la spinela.
Tuta la gent ch’a vniran per vin,
mantniran la buca fresca.

Note
1) il termine in genere indica il grado di parentela, quello della zia, ma talvolta nei paesi un personaggio un po’ anziano viene spesso appellato da tutti come Barba (zio) o Magna (zia), vuoi perchè nei paesini erano tutti un po’ imparentati tra di loro, vuoi come forma di rispetto.

Zia Giovanna era sull’uscio
era sull’uscio che filava.
Ci passò il dottorino: 
— Zia Giovanna, come la va?
– Non mi va molto bene,
m’è venuto gran mal di capo.
Zia Giovanna, se mischiaste il vino
il mattino sarete guarita.
– Ma se io mischiassi il vino,
il mattino sarei morta.
Morta che sarò, sotterratemi in una cantina,
con la testa sotto la botte e la bocca sotto lo spillo.
Tutta la gente che verrà per il vino
mi manterrà la bocca fresca.

2) Il medichino (il dottorino) suggerisce di mescolare il vino con l’acqua. Il verbo mescere (dal latino) non vuol dire solo “versare” il vino, ma nel suo significato originario vuol dire mescolare; il vino prodotto nell’antichità era raramente bevuto puro e veniva mischiato con l’acqua (tre a uno facevano i greci nei loro simposi, cioè tre parti d’acqua e una di vino); ancora nel medioevo il vino di prima spremitura era destinato alla nobiltà mentre il volgo si accontentava di quello che era chiamato “acquerello”, ottenuto aggiungendo acqua alla poltiglia delle vinacce.

1) Fabrizio De Andrè interrompe la storia di Maria Gioana al primo consiglio medico: se lei smettesse di bere tanto vino le passerebbe il mal di testa.
3) Amemanera trasformano il brano in un lamento blues. Dalla voce di Marica Canavese ascoltiamo tutta la vicenda: quando morirò sotterratemi in una cantina con una damigiana per cuscino e delle bottiglie stappate per candele. E coloro che mi accompagneranno al funerale dovranno cantare la Violeta; e infine che il prete sia ubriaco di Barbera!

Ho fatto un collage del testo preso dalle versioni 1-2-3

Maria Giuana l’era in s’ l’uss, l’era in s’ l’uss ca la filava oh l’era in s’ l’uss ca la filava ohi trulalala.
L’e passaie sur Bernardin (medichin) (1) cusa feve Maria Giuana oh cusa feve Maria Giuana ohi trulalala.
Sun trei dì che stag nen bin e m’fa tant tant ma ala testa oh e m’ fa tant tant ma ala testa ohi trulalala.
Si bevei si nent tant vin, mal la testa passeria oh, mal la testa passeria ohi, trulalala.
[Se beveisse nen tant vin
st’ura sì sarija già morta.]

E peui quande che i meura mi
veuj ch’am sotro ant una crota òh
veuj ch’am sotro ant una crota òh
trulla lai la.
Damigian-a për cussin
bote stope për candèile òh
bote stope për candèile òh
trulla lai la.
E la gent ch’am veno dré a mi
veuj ch’a canto la Violeta òh
veuj ch’a canto la Violeta òh
trulla lai la.
E col preivi ch’am mena a mi
veuj ch’a sia cioch ëd barbera (branda) (2) òh
veuj ch’a sia cioch ëd barbera òh
trulla lai la

2) Gianmaria Testa e Banda Osiris live: Testa prosegue nel racconto con la risposta di Giovanna, se non avesse il vino che la consola sarebbe già morta (dai dispiaceri, la vita grama)
La Lionetta, versione strumentale in suite per cornamusa, Magna Giuvana, Ballo della banda dei gobbi
4) Mario Piovano in versione valzer con fioriture di fisa, il testo è simile al testo a fianco
dalla collezione di Alan Lomax

Note
1) il signor dottore chiede a Giovanna: “come stai?” o piuttosto “che cos’hai?” Nella versione estesa di Pirovano al medico basta una guardata in faccia per accorgersi dei postumi della sbornia “e non la vista mica bere il vino? Come state Maria Giovanna?”
2) la barbera e la grappa (branda) sono l’equivalente piemontese di birra e whiskey nelle abitudini alimentari di questi due popoli

Lezioni francesi di Maria Gioana

Nel versante francese Eugene Rolland, citato dal Nigra, nel suo  “Recueil de chansons populaires” pubblica nel Vol IV tre versioni di questa canzone, di cui una bretone con il titolo “La Vieille a qui le medicin ordonne de ne plus boire de vin”. La vecchia Mathurine risponde al medico che le ordina di non bere più vino


J’en ai bu toute ma vie,
J’en boirai jusqu’à la fin. 
Tintin , tirlitintine ,
Tintin, tirlitintm.
E poi nel testamento dice
Si je meurs, que l’on m’enterre
Dans la cave où est le vin ;
Les pieds contre la muraille
La tète sous le robin.


Così le versioni occitane riportano lo stesso tema
quando sarò morta, seppellitemi nel più profondo della cantina,
mettetemi con i piedi alla parete, e la testa sotto la cannella
!”

Valli Occitane del Piemonte

Dino Tron, etnomusicologo e polistrumentista scrive a proposito di Maria Gioana “Nelle Valli Pinerolesi, ne esistono alcune lezioni, sia in lingua francese, sia in “patois”, le varianti locali della lingua occitana. Lou Dalfin ne pubblicò una, raccolta da Robert Tagliero dit “Le Diable” (cantore valdese originario di Topioun di Villar Pellice) sul disco del 1982 “En Franso i ero da granda guera” (1982) e, riarrangiata, sul CD “Lo Viatge” (1998). Il gruppo ”La Cantarana” di Pinerolo ne raccolse, nella prima metà degli anni ’80, una variante dalle sorelle Ilda e Liliana Tron, originarie della Borgata Campo Clot di Rodoretto (Prali), pubblicata in originale nella audiocassetta “La Bello a la fenetro”, e reinterpretata dal gruppo stesso più tardi, nel CD “Le Joli Moulin”. Un’altra importante lezione transalpina é “Lo Boier”, la quale mi risulta essere (o meglio, potrebbe essere) uno dei rarissimi canti di origine trobadorica sedimentatosi nella tradizione popolare dei paesi d’OC”.

La femno lourdo

Dal primo album dei Lou Dalfin “En Franso i ero de granda guera”, (1982) una versione de la fenno lourdo, raccolto in Val Pellice

Quand son òme ven dal marchat
Trovo sa fromo lordo
“ola ma frema, ço qu’aveu?”
“ai tant mal a la teto”
Vau subit sercha lo metge
qu’a ven ve la maladio
Quand lo metge es arubà
Counissu la maladio
“s’ou buta l’aigo dins son vin
deman es ja garido”
“s’ou buta l’aigo dins mon vin
Deman siu poei ja morto”

La versione della Frema Lorda ha una strofa aggiuntiva in cui il medico chiede quanti litri di vino abbia bevuto la donna

Quando Il suo uomo torna dal mercato
Trova la moglie ubriaca
“olà, moglie mia, che cos’hai?”
“Ho tanto mal di testa”
Vado subito a cercare il medico
Che venga a vedere la malattia
Quando il medico arriva
Riconosce la malattia
“Quanti litri hai bevuto,
Che hai tanto mal di testa?”
“Ne ho bevuti quattro o cinque,
Il rosso mi piaceva”
“Se mettete acqua nel suo vino,
Domani è bell’è guarita”
“Se mettete acqua nel mio vino,
Domani sarò già morta”

La frema lorda

Lou Dalfin, nell’album “Lo Viatge” riarrangiano il brano

Quand son ome ven dal marchat
troba sa frema lorda
“Ola ma frema, ço qu’aveu?”
“Ai tant mal a la testa”
Vau subit cerchar lo metge
que ven veire la maladia
Quand lo metge es arubat
coneissut la maladia
[“Quant de litres as tu begut,
que as tant mal a la testa?”
“N’ai begut ja quatre o cinc,
lo rotge m’agradava” ]
“Se butatz d’aiga dins son vin
deman es ja garrìa”
“Se butatz d’aiga dins mon vin
deman siu pei ja morta”

Ciucca anca ‘ncoi

Nel Trentino la canzone fu importata dai boscaioli che si trasferivano a lavorare stagionalmente in Piemonte. La melodia è la stessa di Maria Gioana, il testo si sofferma sul testamento funebre del bevitore – inteso in senso maschile e lo proclama da sbronzo, con le gambe in mezzo alle botti e la bocca sotto alla spina.
Quattro ubriaconi dovranno portare la bara, ci sarà una damigiana per cuscino e quattro fiaschi come candelabri.
Anche il prete al funerale dovrà avere un bicchiere in tasca. Niente terra consacrata del camposanto quanto piuttosto la terra “santa” di vigneto!

Mixteca nell’arrangiamento country di Jimi Trotter
(testo sottotitolato nel video)

LINK
http://luposelvatico.blogspot.com/2016/04/maria-giuana-storia-di-una-canzone.html
https://xavier.hubaut.info/paillardes/chevaliers.htm
http://www.amemanera.com/testi/12.pdf

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

5 Risposte a “Magna Giuana (Maria Gioana) e il problema del bere”

  1. Ciao, sono tornato solo oggi sul mio post-ricerca su Maria Giuana (il mio blog è abbandonato da tempo) e sono contento che tu l’abbia ripreso/ampliato (anzi, se me lo permetti integro anche il mio, soprattutto con le versioni che hai trovato tu, in primis quella di Testa che nel 2016 davo per perduta). Bellissimo davvero questo blog, per un po’ di tempo ne avrò di cose da leggere!!!!:-D

    1. Grazie Marco e buona lettura. Ben vengano collaborazioni, suggerimenti, divulgazioni.. Se vuoi aiutare il blog a crescere manda i tuoi commenti o segnala argomenti, canzoni etc.

  2. Cara Cattia, il tema del vino, come sai, mi è familiare, data la mia passione per la figura di Piero Ciampi. Io sono astemio però credo che in questo caso, abbia contribuito a produrre indirettamente arte sublime. Anche se purtroppo a caro prezzo. Ma manca la controprova, quindi resta solo un’opinione personale. Nella poetica di Ciampi non è solamente una presenza, ma una specie di altro sangue che gli pulsa nelle vene, gli scorre nelle profondità dell’anima, donando alle parole luci ed ombre. Mescolandosi ovviamente, anche in questo caso, con la sua personalità di bevitore che come tutti noi è mortale, invischiato nel materialismo, inibito nelle volontà e ostacolato nelle percezioni. Ma che per propria natura tende al sublime. Sembra che il vino porti abbastanza velocemente verso quella direzione. Di per sè, da un punto di vista estetico, il suo uso dovrebbe ostacolare la produzione artistica. Non aumenta certo la genialità, semmai il contrario. Abbassa anche la volontà e tutta l’immaginazione guadagnata cozza con la diminuita capacità di saperla utilizzare. In quanto illusorio questo effetto non può essere giocoforza realmente sublime come tutto ciò che deriva da una dipendenza. Dolori da annegare, ricordi da dimenticare o sublimare, castelli fatti d’aria sono gli amati ed odiati spettacoli ed incantesimi del vino. Il grande Gaston Couté, di cui ho pubblicato un saggio (musicale) l’anno scorso sulla rivista Azione Nonviolenta, ha scritto mirabili poesie contadine su di lui e la bravissima Claude Antonini ne ha tratto anche un disco. Anche Cesare Pavese ha amato profondamente la vigna, madre del vino, anche se per altri motivi ma questo ci porterebbe molto lontano dalle canzoni che hai trattato qui. Buona serata. Ciao.

    1. “Ha tutte le carte in regola
      Per essere un artista.
      Ha un carattere melanconico,
      Beve come un irlandese.
      Se incontra un disperato
      Non chiede spiegazioni.”

      (dal brano “Ha tutte le carte in regola”).

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