Stur An Avel – Denez Prigent

Stur An Avel (2021)

“Eccomi alla deriva secondo la volontà di un vento senza timone
a chiamare con tutto me stesso la bellezza perduta del mio paese
ma mi rispondono solo i lamenti lontani dei naufragati,
il corno dei vascelli-fantasma che errano senza respiro sul mare buio come me.
A forza di cercare un’isola che non esiste più da lungo tempo,
a forza di sperare un paese sparito da tanto tempo”

Stur an Avel (Il Timone del Vento), è l’undicesimo album di Denez Prigent

Nel vento contrario germineremo, diventeremo grandi, impareremo, inverdiremo, germoglieremo, fioriremo, appassiremo, ci sciuperemo, ci perderemo, piangeremo ma continueremo.
Nel vento contrario invecchieremo, ci tempreremo, resisteremo, daremo frutti, semineremo, raccoglieremo, vinceremo, canteremo e il senso del vento cambieremo

Convergenze parallele del Bretone

Nonostante oggi sia parlato praticamente solo nella parte occidentale della regione, il bretone è il simbolo stesso della Bretagna. Da qualche decina di anni c‘è anche chi sostiene l’origine totalmente insulare della lingua. Questa venerabile lingua che riappare continuamente, come diceva Gilles Servat lingua di ceneri, lingua fenice che rinasce senza sosta, albero in mezzo al cemento, lusso magnifico delle povere genti disprezzate“.

Le sue tracce, la sua influenza si ritrovano ovunque e dappertutto in terra armoricana è rispettata e onorata. Anche se nella prospettiva tradizionale, l‘epica dei racconti ci ricorda sempre che il suo stato di perfezione si situa in un
lontanissimo passato, dove rappresenta unità di purezza.
Come riaffermano spesso i testi di poesia popolare, l’antica storia della Bretagna è stata un continuo degradarsi di un ordine naturale, principalmente dovuto a invasioni. Bisogna sottolineare comunque che già verso la fine del 1600 si affievolirono i fattori che mantenevano una certa unità della lingua. Senza dimenticare che a partire dal XII° secolo, e ancor più nel XVI°, i grandi dialetti della regione originarono graduatamente il Vannetais nel sud-est e il Kerne-Leon-Treger nel nord-ovest (che prende il nome da tre vescovi della Bassa Bretagna) ben prima della creazione anche dei Dipartimenti Francesi.

Ma recentemente ho sentito sostenere in Bretagna che, analizzando la geografia linguistica, oggi si arriva a conclusioni anche diametricalmente opposte. Ovvero che i dialetti riflettano, nelle loro diversità, esattamente il percorso di una lingua composta di convergenze e divergenze a seconda delle vicissitudini della storia. L’unità quindi non si troverebbe all’origine bensì risulterebbe essere meramente un’ipotetica potenzialità. Ci sarebbe stata già all’origine una spaccatura in due, l’esistenza insomma di una sorta di “dualità dialettica primitiva”.

Stur An Avel

Anche musicalmente nei recenti decenni, la contaminazione tra tradizione e contemporaneità ha conosciuto un’accelerazione esponenziale in Bretagna e Stur An Avel (2021) ne è una ennesima eccelsa prova.

Solo un talento e una sensibilità estremi come quelli posseduti da Denez Prigent sono in grado di trovare l‘alchimia perfetta tra duduk, bandoneon, bombarda, biniou kozh, uilleann pipe, veuze, whistle, programmazioni elettroniche, onde Martenot, tasti di pianoforte, corde di violino, viola, violoncello, chitarre acustiche ed elettriche, sassofono soprano.
Il tutto filtrato dalle profondità del suo unico e vibrante canto radicato, un incantesimo talvolta sacro, talvolta oscuro, più raramente luminoso.
La fusione tra strumentazione acustica e suoni elettronici è, come sempre, il filo conduttore dell’opera di Denez. L’anello di congiunzione che tiene unito questo work in progress unico che non dimentica però mai, neppure per un attimo, la magia della matrice contadina e il suo fondale primitivo. Come spesso accade, trattandosi di arte bretone, si crea un universo sonoro in cui due sono i mondi che si oppongono, si uniscono e comunque convivono: quello dei vivi e quello dei morti, quello del visibile e quello dell’invisibile, quello dell’indispensabile speranza e di una più concreta e reale disillusione.

Le canzoni sono tutte di sua composizione, originariamente registrate in solitaria a cappella, a Le Chausson, nei pressi della propria abitazione, ma il loro ascolto resterà un sogno inesaudito.
Di queste tracce è stata individuata poi la loro corrispondenza elettronica sulla quale i vari musicisti hanno sovrapposto i suoni degli strumenti.
Nessun accordo è stato prefissato e lo studio di registrazione ha fatto da luogo di creazione.

Nei suoi testi i margini delle cose sembrano tremolare prima di sbriciolarsi.

Il mio fuoco si è spento, la mia speranza è morta, in mezzo alla cenere niente braci,
eccomi dunque immobile sulla soglia del vecchio maniero dei miei rimpianti,
del maniero funebre delle mie illusioni, fantasma di quello che fui.
Il mio sguardo si perde nella bruma, i miei pensieri svaniscono nell’acquerugiola,
non cerco più la mia stella.
E alla morte crudele che passa domandandomi stupita a vedermi senza terrore
– Sono io l’Ankou, non hai paura? – rispondo disincantato
– Con tutto il rispetto, in verità non ho alcuna paura perché voi siete già passata

Denez possiede un sacro rispetto quando fonde suoni e ritmi attuali con una musica ancestrale, le sue parole di oggi con una poesia eterna. Descrive una realtà che parla di identità e differenze attraverso la disperazione per lo sradicamento, la scomparsa dell’antica cultura con gli echi dei drammi contemporanei. La poetica bretone anche lontano dai codici e dai riti religiosi o indipendentemente da quelli contadini da cui spesso trae origine, anche separatamente dalle influenze delle sue radici, riconosce in sé il senso umano di una forte comunità. Stur An Avel ne è un artistico, luminoso esempio.

Prigent compone e canta lunghi e onirici gwerz originali quali quello consacrato ai tragici fatti accaduti otto secoli fa tra le rovine del Castello di Montségur oppure quello della Regina Cannibale del Paese-delle-Montagne (Ar Rouanez Ganibal) originato dal ritrovamento di una vecchia croce in pietra nascosta in mezzo a rovi rossi e ortiche. La narrativa di tradizione orale, spontanea e antichissima, conserva sempre attraverso la scrittura la memoria di un passato quasi a volerlo preservare, lo afferra per trascinarlo ad incastonarsi a forza nel presente.

“Illustre bardo nella bara cosa resta della vostra gloria, dei vostri canti e delle vostre rime?
Chierico venerato nella tomba cosa resta del vostro sapere, dei vostri discorsi e delle vostre verità?
Potente re in fondo alla terra cosa resta della vostra fierezza, della vostra corona?”

Tra cielo e terra, tra morti e vivi, tra mare e continenti, questo disco di Denez è innervato da una trama malinconica portatrice di auspicata salvezza per ogni forma vivente, foglie comprese. Nonostante il rinnovarsi continuo del dolore per la dolorosissima perdita prematura dell’amata moglie Stéphanie. Quando si tratta di gwerz, è sempre a disposizione l’inchiostro per piangere.

Perchè il gwerz è il flamenco bretone, il blues del Finisterre, quello che in un mondo musicale privo di confini geografici, i portoghesi chiamano fado, i capoverdiani chiamano morna o i greci chiamano rebetiko. I testi parlano di identità, differenza, sradicamento, disperazione e persino scomparsa della cultura del suo Paese.

“Vado e vengo, portato qua e là nella landa desolata dal vento ghiacciato,
solo come un fantasma, i miei sogni se ne sono andati come rondini.
Le rondini torneranno, i miei sogni no. Eccomi anima errante alla ricerca di cosa?
Non so. Mi perdo nel profondo di una nebbia fitta, quella di un paese che fu il mio
e di cui non resta niente tranne dispiacere e disperazione”

Denez ribadisce un’ennesima volta come la Bretagna sia il paese di questa lucida malinconia. Un luogo dove esiste da tempo immemore il maggior numero di canzoni drammatiche possibili, dove la falce e il carretto di Ankou sono presenza costante ma contemporaneamente dove si balla sempre di più.

Musicalmente Stur an Avel, che inizia con sontuosi archi sinfonici, è il risultato di una perfetta alchimia tra strumenti tradizionali e macchine, un “elettro-tradi-classico” universale, dedicato a tutti i popoli oppressi e a tutti i cittadini rifiutati del mondo, anche in termini poetici, filosofici, letterari. Le radici, il cuore e l’anima di queste viscerali composizioni sono contemplative, ammalianti, emotive.

I testi del cd sono tutti cantati in bretone tranne Waltz Of Life che è il matrimonio di tre voci e tre lingue: bretone, francese, inglese. Una canzone diversa dalle altre che rappresenta bene l’attraversare dei confini di ogni tipo da parte dell’amore.

(traduzioni Flavio Poltronieri)

Stur An Avel (2021)- Denez Prigent
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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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