Denez Prigent: Il Faro Bretone

Druido o sciamano d’oggi, bardo biblico di una Bretagna preistorica e futurista. Solitario perché multiplo in questo suo tentativo utopico di conciliare le radici della cultura bretone con un socialismo antirazzista. Attraversa il tempo la musica di questo Uomo metafora dell’Uomo, la sua ombra gli racconta il miracolo dell’esistenza che lui ci ricanta con la poesia secolare di questa terra estrema e con quella sua strepitosa estensione vocale capace di coprire tre ottave e mezzo, di sorvolare le tastiere fino a farsi rispondere da una bagad intera. Denez Prigent è il principe del Gwerz moderno. E’ originario di Santec, nel Léon, e ha festeggiato 18 giorni fa il suo 54° compleanno. Ha iniziato a 16 anni a cantare il kan ha diskan (canto e controcanto da danza) e il suo disco d’esordio infatti era in prevalenza un ostico soliloquio ma…è accaduto un miracolo: un successo insperato e imprevedibile! “Ar Gouriz Koar” doveva essere solo una tiratura limitata per farlo conoscere e invece fu un botto! Al suo interno interpretava addirittura brani composti dagli antichi membri del mitico gruppo rock bretone Storlok (Benez Tangi e Denez Abernot: gente senza compromessi col mercato discografico o altro che mi onora tuttora della propria amicizia, amicizia poetica, reale non su Facebook, intendiamoci!) e da lì in avanti perfino l’elettronica ha dovuto piegarsi al suo volere autenticamente popolare. Caso più unico che raro (ha fallito perfino Stivell). Dopo tanti anni di musica e poesia (perfino in compagnia di Lisa Gerrard, Mari Boine, Szilvia Bognar o del coro gallese Flint Male Voice Choir) la devastante perdita dell’amata moglie e un lunghissimo silenzio discografico, è tornato in questi anni a deliziarci anima e cuore.

Il GWERZ BRETONE: Ballata, canzone, lamentazione
Il gwerz in antichità veniva chiamato dai cantastorie “lais” che vuol dire “poemetto”, a differenza dei canti religiosi o di leggenda, oppure dei canti di festa e d’amore che sono i “kentel” (anche “son” o “zon”). Il gwerz non è un racconto lineare, piuttosto un succedersi di quadri, divisi in atti proprio come le opere teatrali. Ascoltare un gwerz significa accettare di viverlo in prima persona, ovvero entrare profondamente in un mondo differente, sempre drammatico. Significa soprattutto entrarci nel momento preciso in cui l’avvenimento accade, svolgendosi così sotto i nostri occhi in tutta la sua intensità, quadro dopo quadro. Comunque sia, che si tratti di un avvenimento storico oppure leggendario, un gwerz non si può mai ascoltare così come viene, distrattamente. E’ esigente e domanda la nostra totale adesione. Non si usano semplicemente le orecchie, senza attenzione, approvazione, completa immersione non si ascolta un gwerz bretone. Si ascolta qualcosa d’altro. 

Per capire se ti cattura Denez Prigent basta qualche secondo di quest’unico ascolto, o è si o è no:
GORTOZ A RAN

MIL HENT

Denez Prigent Mil Hent

Dopo ben dodici anni di silenzio, passati a scrivere centinaia di catartici gwerz, (anche a causa della perdita dell’amata Stephanie), Denez Prigent ha realizzato in una manciata d’anni, un live e ben due dischi originali, quest’ultimo “Mil Hent”  (2018) reca in copertina una immagine a quadrati bianchi e neri che rappresenta un faro. Nei suoi disegni, questa è una immagine che spesso ricorre accanto a corvi, alberi scheletriti, calvari, chiese in rovina, cieli punteggiati di lune bianche e nere in paesaggi surrealisti su scacchiere perse nell’infinito o ondeggianti su dune desertiche.

Denez Prigent

Quando Alan Stivell incide il suo primo album di arpa celtica “Telenn Geltiek”, Denez Prigent non è nemmeno nato.

Nascerà a Santec, vicino a Roskoff e all’isola di Batz, in mezzo a una natura e a una cultura bretone ben rispettate, nel nord del Finistère. La sua discografia è strepitosa.

Con lui il canto tradizionale a cappella ha intrapreso una strada tutta nuova in un miracoloso equilibrio atemporale, nell’unione di strumenti tradizionali e sequenze e prototipi elettroacustici, in cui il kan ha diskan e i suoni industriali, i gwerz aritmici e l’hip hop si fondono: gli opposti agiscono insieme nella creazione di una forma originale, al servizio di emozione ed energia mentre i suoi oscuri testi hanno messo in parola situazioni di enorme drammaticità: in “Gwerz Kiev” si trattava della carestia di origine dolosa che si abbattè sull’Ucraina tra il 1929 e il 1933, uccidendo quattro milioni di persone, in “Copsa Mica” si evocava la Sometra, la fabbrica che rappresentava l’industria metallurgica romena ad altissimo tasso di inquinamento, spinta al massimo della produttività durante il regime comunista, unica possibilità di lavoro per i giovani e responsabile di un abbassamento delle aspettative di vita della popolazione locale, di dieci anni inferiore a quella media del resto del paese, in “An Droug Red” si narrava dell’epidemia di Ebola in Zaire (il personaggio principale vede tutti morire intorno a lui e alla fine uccide una vecchia donna, allegoria della malattia), in “An Iliz Ruz” c’era una descrizione molto grafica del massacro nell’aprile del 1994 di ventimila civili tutsi e hutu nella chiesa di Nyarabuyé, nella provincia di Kibungo in Rwanda (“Hanno tagliato teste senza pietà, come si taglia il grano in estate”), in “Ar Chas Ruz” si raccontava dell’invasione del Tibet da parte della Cina, dove i “cani rossi” non uccidono solo gli uomini, ma anche la loro cultura, in “Ur Fulenn Aour” si udiva il lamento di una ragazza venduta dai suoi genitori per essere prostituita nelle Filippine, “Ar Vamm Lazherez” e “Ar Wezenn-Dar” avevano come tema l’infanticidio, quest’ultima in particolare riferita al caso dell’India dove la diminuzione della politica demografica ha favorito l’omicidio, in particolare delle ragazze. “Mille Cammini” è una cattedrale sonora di terapeutici salmi d’amore per la natura, sia essa rappresentata da un cavallino bianco (probabilmente lo stesso cantato da Brassens sulle parole di Paul Fort che, dopo aver duramente solcato le zolle per tutta la vita, resuscita infine sotto forma di schiuma d’onda finalmente libera) o un bambino salvato dal miracolo di un angelo (che riscrive il finale di un tragico infanticidio) oppure una “rosa fantasma delle nuvole nello specchio delle fontane”
Un grido contro la deforestazione che oltre delle querce ci lascia privi d’ispirazione nella voce, mentre dagli orrori sulla terra arida nascono gigli neri come il carbone, il gambo coperto di spine affilate come coltelli, che recano sopra ogni petalo la richiesta di perdono a Dio per i crimini commessi. Un altro scrigno prezioso creato e dedicato da Denez Prigent alla Bretagna, alla sua lingua, anima e ricchezza del popolo che ha veramente rischiato di scomparire a causa del tentato etnocidio perpetrato nei suoi confronti il secolo scorso. Ogni lingua è patrimonio dell’umanità, un cammino in più, un faro nel buio. Nel 2016 Denez è stato insignito del premio di poesia Imram, per il suo contributo in lingua bretone. Il premio viene attribuito ogni quattro anni a Saint-Malo, alla “Maison internationale des poètes et des écrivains” e al Castello de La Briantais ed è sponsorizzato dall’Unesco. Ma quel che più conta è che questo è un uomo che quando canta ti emoziona anche se non capisci nemmeno una parola di quel che dice

articolo parzialmente tratto da:
https://www.blogfoolk.com/2018/10/denez-prigent-mill-hent-mille-chemins.html

 APPROFONDIMENTO
Tutti i titoli di Prigent presenti in Terre Celtiche blog: tag denez-prigent
su Spotify si può ascoltare tutto il cd “Mil Hent”  (2018) https://open.spotify.com/album/4P8dcRDA0YDAJgeMd3MGrs
su Spotify si può ascoltare tutto il cd Stur An Avel (2021) https://open.spotify.com/album/1QhZb1VRJaF15uVqrCXc9e

Ulteriore articolo su Denez Prigent (compresa recensione dettagliata di “Ur Mor A Zaeloù” (2022)
I gwerz di Denez: ambasciatore di utopie, messaggero di storie (blogfoolk.com)

« An Enchanting Garden » 2015
Mille Chemins
/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

4 Risposte a “Denez Prigent: Il Faro Bretone”

  1. Peccato che non si ascolti Ar Gouriz Koar perchè per chi ama la musica tradizionale bretone è un punto di partenza davvero imprescindibile. Nessuno si sarebbe neanche lontanamente aspettato quello che poi ha invece prodotto dal secondo disco in poi. Un vero e proprio shock. Ci sarebbe inoltre tutta una storia da raccontare a riguardo quel primo disco ma forse chissà sarà per un’altra occasione…

  2. Per chi volesse conoscere questo artista il primo semplice passo è ascoltare alcuni suoi album disponibili su Spotify, dove mancano quelli degli esordi, ma troviamo una nutrita discografia
    2000) Irvi (Chemins d’écume)
    (2003) Sarac’h (Bruissement du vent dans le feuillage)
    (2015) Ul liorzh vurzudhus – An enchanting garden
    (2018) Mil hent – Mille chemines
    nonchè una Playlist di Spotify “This is Denez Prigent”
    Come suggerito da Poltronieri io inizio da Irvi

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