La canzone del Cappello: cantare la Martina

Nell’Atlante delle feste popolari del Piemonte si annovera l’usanza nel Canavese di Cantare la Martina, un canto di veglia o come si dice nel canavese una « vioira », tipico del Carnevale.

all’interno del paese di formavano delle comitive che attraversano le vie bussando di porta in porta e rivolgendo la frase rituale “Canté Martina”. Se i residenti della casa rispondevano con “Deie l’aria”, significava che l’invito era accolto e, dopo aver cantato la Martina, la compagnia sarebbe stata invitata all’interno dell’abitazione per uno spuntino, una bevuta o per fare una chiacchierata. Successivamente tutti insieme partivano alla volta di un’altra casa, in questo modo a fine serata gli abitanti che avevano partecipato al rito si sarebbero ritrovati tutti riuniti. Il passare di casa in casa aveva la funzione rituale di “sacralizzare” il territorio visitato e i suoi confini.” (cf)
La comitiva che chiedeva d’entrare era formata da giovanotti, e a rispondere tra chi era all’interno della stalla (o della casa) erano le donne. Quando alla fine la porta si apriva iniziavano le danze e anche le pantomime con tre personaggi il vecchio, la vecchia (un uomo travestito) e il pagliaccio.

Scrive Euclide Milano (1880-1959) “Prima che imbrunisca dei giovani raccolgono castagne abbrustolite, noccioli, fichi, dolci ( le batiaje) [tipici dolcetti piemontesi fatti con pasta di meliga] da riempire una calza bianca e rossa* ; poi vanno insieme al luogo convenuto. All’uscio della stalla fermansi cheti cheti e il capo della brigata a suon di chitarra canta
“Buna sera, Madona,
a cui la padrona di casa:
“Buna sera Martin,
e dime un po, da duva io rive?
I rivu da la fera, Madona, buna sera! 
E ciò dicendo apre l’uscio e getta la calza in grembo della padrona o di qualche ragazza cantando
Lo Carlevé s’ racumanda, chi v’l nen cherde, ecc ausi la gamba**” (Euclide Milano, Raggi di sole a cura di Agostino Borra, Cuneo, 2005 pp 74-75.)

[* c’è da osservare che rosso e bianco sono colori rituali che indicano il principio maschile e quello femminile]
** il Carnevale si raccomanda, chi non vuole credere.. alzi la gamba]

Tra le ipotesi interpretative del rituale il sindaco di Cocconato d’Asti Eugenio Rocca scriveva
Martina è una canzone con domande e risposte, che andavano a cantare a modo di serenata dinanzi a qualche abitazione, e da dentro rispondevano. Quest’usanza sembra che sai derivata dal contrasto fra la suocera e la nuora che abbia abbandonata la casa maritale, ma poi volendo farvi ritorno supplica la suocera, la quale dopo averla fatta sospirare apre la porta e la riceve nuovamente in famiglia come prima. Altri invece dicono che cantar martina sia derivato dall’amante che si presentava in tal modo alla giovane che desiderava di chiamare per isposa. Questa usanza di cantar Martina si perdette nella seconda metà del secolo passato” (Eugenio Rocca, Cenni storici, produzione e mercato di Cocconato seguiti da appunti diversi dedicati alla patria nativa, Torino, Baravalle e Falconieri, 1912, p. 324).

Ma a ben vedere l’usanza di cantare la Martina viene da un più atavico rituale calendariale.
Le veglie contadine coincidevano con il periodo di riposo della campagna e iniziavano con San Martino, una sorta di protocarnevale in cui si mangiava l’oca e si beveva il vino nuovo, così Fulvio Romano accosta le due date di San Martino e di Santa Martina [30 gennaio]: Ci sono molti degli ingredienti del Carnevale: la ritualità, la trasgressione, lo scherzo salace e sessuale, la seduzione ed il corteggiamento amoroso. Decisivo poi il riferimento, che troviamo in tutte le versioni del canto, alla “fera” da cui arriva il protagonista maschile con il suo regalo per la bella, fiera che non può essere che quella dell’11 novembre, San Martino. La titolazione alla protagonista femminile del Canté Martina può invece alludere .. al periodo del freddo più pungente dell’inverno. A quel Santa Martina del 30 gennaio che corrispondeva all’inizio dei giorni della Merla e che precedeva di poche ore la notte dell’Orso.
E così, anche questa scansione calendariale si chiude nell’armonia della Quarantina. L’11 novembre, San Martino; il 30 gennaio, Santa Martina: ottanta giorni esatti li separano e li uniscono. Martino e Martina possono allora cantare insieme l’inizio e la fine della brutta stagione e, nello stesso tempo, aprire le due porte della Festa: quella del Protocarnevale di San Martino, quella del grande Carnevale dell’Orso. [in Fulvio Romano, Il protocarnevale di san Martino, tra calendario lunare e meteorologia popolare.]

La canzone del Cappello (Costantino Nigra)

La canzone del Cappello è stata riportata da Costantino Nigra nella sua antologia I canti popolari del Piemonte” al numero 132. Nelle note di commento scrive

La canzone così detta del cappello o di Martina, si canta in Canavese, nelle sere di carnevale, da due compagnie d’uomini e donne, una fuori e l’altra dentro la stalla, ove si sta a veglia. Quella di fuori comincia a dar la buona sera col primo emistichio. Quella di dentro chiede chi è fuori. L’altra risponde, e così di seguito. Al penultimo verso l’uscio si spalanca e la compagnia che è di fuori irrompe nella stalla. Il caporione di essa porta con sé un cappello con un gran pennacchio e lo pone sulla testa del padrone della stalla. Poi si mettono tutti a ballare al suono del violino; e i bicchieri, riempiti di vino, vanno in giro

I due protagonisti sono Martino (ma chiamato Martina) e Marianna (genericamente detta Madonna cioè damigella). Un bel cappello comprato alla Fiera, bordato d’oro e d’argento e decorato da un bel pennacchio, sarà donato al capo-stalla purchè si faccia entrare la comitiva.

(Ritornello: Corpo de mi , sangue de mi)
— Buna séira, vióire.
— Chi è-lo ch’è lì di fora?
— S’a Tè Martin, Madona.
— Dunt è-tu stàit, Martina?
— A la fera, Madona.
— Ch’as-tù cumprà a la fera?
— D’ùn capelin, Madona.
— Coz’ j’è-lo sii, Martina?
— D’ùn bel piùmass, Madona.
— Di ch’è-l bordà, Martina?
— D’or e d’argent, Madona.
— A chi ’l vòs-tù dè, Martina?
— A lo padrun dia stala.
— Intrè, intrè, Martina.
— Pruntè d’ bucai, Madona.
— Sun già pruntà, Martina.
— Pruntè d’goblot, Madona.
— Sun già pruntà, Martina.
— Levè j’ascagn, Madona.
— Sun già leva, Martina.
— Levè i cunot, Madona.
— Sun già leva, Martina.
— Pruntè i violin che bàllan.
— Sun già pruntà, Martina.
— Drobì-ne l’ùss, Madona.
— L’è già dovert, Martina.
— A brass a brass, Madona.
— A brass a brass, Martina.
[Villa- Castelnuovo, Canavese]

(corpo di me, sangue di me)
— Buona sera, vegliatrici (1).
— Chi è lì di fuori?
— Gli è Martino, Madonna.
— Dove sei stato, Martina (2)?
— Alla fiera (3), Madonna.
— Che hai comprato alla fiera?
— Un cappellino, Madonna.
— Che c’è su, Martina?
— Un bel pennacchio, Madonna.
— Di che è orlato, Martina?
— D’oro e d’argento, Madonna.
— A chi vuoi tu darlo, Martina?
— Al padrone della stalla.
— Entrate, entrate, Martina.
— Preparate i boccali, Madonna.
— Son già preparati, Martina,
— Preparate i bicchieri, Madonna.
— Sono già preparati, Martina.
— Levate gli scagni (4), Madonna.
— Sono già levati, Martina.
— Levate le cune (5), Madonna.
— Sono già levate, Martina.
— Preparate i violini, che balliamo.
— Sono già preparati, Martina.
— Apriteci l’uscio, Madonna.
— È già aperto, Martina.
— A braccio a braccio, Madonna.
— A braccio a braccio, Martina. —

NOTE versione italiana di Costantino Nigra
(1) Vioire sono le fanciulle che vegliano, cioè le ragazze che d’inverno stavano nella stalla a filare e cucire, perchè era l’unico ambiente della cascina riscaldato a costo e km zero.
(2) le ragazze continuano a chiamare l’uomo Martina è il cantè Martina cioè nel giorno di San Martina
(3) che il ragazzo arrivi dalla Fiera è riportato in tutte le versioni, secondo Fulvio Romano il riferimento simbolico è alla Fiera di San Martino
(4) ascagn sono gli sgabelli di legno quelli da mungitore a tre piedi
(5) cunot sono le culle portatili= culletta

La canzone di Martin /Le vioire

Le versioni testuali sono molte, ma tutte sono strutturate come un contrasto amoroso a botta e risposta tra il coro maschile e quello femminile: al centro della contesa un cappellino decorato da fiori (in alcune versioni rimane solo il mazzolino di fiori) che sarà donato alla bella non appena Martin avrà il permesso di entrare. Ci troviamo nell’ambito dei contrasti tra il principio maschile e quello femminile, la ritualizzazione dei corteggiamenti nella cultura contadina, che avveniva in coincidenza con il Carnevale (o all’arrivo della Primavera).

La Lionetta in Danze e Ballate dell’aerea celtica italiana

Bunà sèirà vioire
e la piuma la piuma la bela
bunà séirà vioire e la piuma del Camevàl
Chi è-lu li di fora?
Sun mi Martin madona. . .
nin vieti la primavera stagiun de le rose e fior
Da duva vén-tu Martino?
Da la féra madona
Co ‘ ‘t l’as putta Martino?. . .
nin ven la primavera stagiun de le rose e fior
D’un capelin madona
A chi vós-tu dunéilu Martino?
A la pi bela ‘ d la stala
O vegni avanti Martini!

Buntemp in Sciabrat 1987

Una curiosità: il detto canavese “Fé cantè Martina” [fare cantare Martina] si usa quando si vuole fare aspettare qualcuno alla porta.

Nell’archivio di Raiteche al 110 e fino al 117 sono ascoltabili le registrazioni sul campo nel Canavese titolate e anche il CEC ha documentato diverse versioni sempre raccolte nel Canavese.

“Le vioire” Coro di Bajo Dora Il Canavese (Canti popolari del Piemonte Vol 1 – Folksongs from Piedmont) 1973
“Buna séira Martina” –Coro Bajolese e Amerigo Vigliermo che spiega il canto

E buna séirà, Martina là là
e puitrallarillalera là là

E chi j è-lu, lì di fora?
E se i suma nui, bei giuvu
Duva séve stait, béi giuvu
E se suma stait en fiéra
Cosa l’eve purtà béi giuvu
Sa l’è ’n capelin Martina
A chi velu deilo béi giuvu
Sa l’è la pu bèla dla stala
E intré e intré, béi giuvu

Con il titolo di Vioire lo raccoglie anche Leone Sinigaglia

Buna seira viorie , lerà
o che bel cor, o che bel fiur,
andiamo in cerca del nostro amante per far l’amur
Chi è lo lì de fora lerà
sun mi Martin vioire lerà
o che cor o che bel fiur
andiamo in cerca del nostro amante per far l’amur
(DONNE) Duv’se stu stait Martino –
(UOMINI) a la fiera
Cas’t’las cumprà di fera –un capellin
Chi vostu regarelu -al me amur

Felo balè Martino -pruntei violin
(DONNE) Entrè, entrè Martino –
(UOMINI) a brass, a brass Madona

La Ciapa Rusa in “Aji & Safràn” (1994) Vioire + Ad oriente, composizione di Maurizio Martinotti dedicata al festival interceltico di Lorient.

Nel guardare la mappa sul Geoportale della Cultura Alimentare balza agli occhi il limitare occitano della tradizione così la Martina ‘d Miziní è una versione proveniente da Mezzenile (Valli di Lanzo) con varie frasi in franco-provenzale inframmezzate all’italiano.

[Bouna seira filere (1) rimbomba la mezzanotte, noi siamo i giovanotti vogliamo la libertà.
Chelin che la di fora il cielo è cariato di stelle, viva le bionde belle che trattano il carlevè. ]

An sestou stait Martina (2)
chicchipiù chicchipiù toullallena,
noi siamo di carnevale
chicchipiù chicchipiù toullallà.
Soun stait a la fèra madona (3)
la stella di là del mare,
prega prega la tua mare che ti lasci maridar.
Cos t’las coumprà di fèra (4)
e la scodella rotonda
con due mazzetti in fondo
la ricciolina d’amor.
A qui vostou regaleilou (5)
bernardin bernardin bernardena.
A la pi bela dla stala
l’uzelin l’è la su la rama,
i è la ruza ca lou banha
é l’aria lou fa tremar (6).

Barba Zachi

Buna sëira Viòire Noi siamo i Giovinotti
Già rimbomba la mezzanotte
E viva al Carlevé

Chi jé lo li da fora Noi siamo le Viòire 
Già rimbomba la mezzanotte
E viva al Carlevé

Sun mi, Martin, madone
‘Nte che tzé stèt Martino
A la fera, viòire
Có ‘d jè purtâ Martino
Un mazzolin di fiori
A chi ‘d vole dunailo
A la pí bela viòira
Purtelo pur avanti
Duèrtène l’ùss, viòire
L’ùss l’è duèrt Martino

Buna sëira Viòire, E viva al Carlevé

Nel Cd Enfestar dei Blu L’azard

NOTA
(1) filere sono le ragazze che filano
(2) Anche qui come nel Nigra Martina sta per il nome maschile Dove sei stato Martino
(3) Sono stato alla fiera, signora
(4) Cos’hai comprato alla fiera
(5) A chi vuoi regalarlo
(6) Alla più bella della stalla l’uccellino sul ramo, la rugiada lo bagna e l’aria lo fa tremare

Cantare la Martina
Cantare la Martina illustrazione di Ilenya Querio per Le Viòire di Barba Zachi

La coincidenza calendariale è prossima ai giorni della Merla così ritroviamo lo stesso canto nei Canti della Merla del cremonese/lodigiano.

La Martina “Tsant’an tsamin 2018” presso la frazione Bonaudi di Condove (Canta in cammino è una lunga camminata lungo le borgate della Valle di Susa di cultura francoprovenzale)
Bruno Armando Foppiani & Casimiro ‘Miro’ Foppiani che cantano una versione molto simile a quella raccolta da Costantino Nigra (sebbene la Canzone del Cappello sia raccolta nell’album Canti da strada, Liguria la lingua è il piemontese)
Qui il litigio si protrae per un bel po’ e si conclude con il balletto riappacificatore!

LINK
https://www.piemunteis.it/wp-content/uploads/132.-La-canzone-del-cappello.pdf
https://www.museosanmichele.it/apto/schede/la-canzone-del-cappello-2/
https://www.museosanmichele.it/apto/schede/la-canzone-del-cappello-3/
http://www.atlantefestepiemonte.it/t_identview.php?IdFesta=42&CodiceFesta=00116808
Nel Geoportale della Cultura Alimentare la mappa dei luoghi in cui si sono raccolte testimonianza sul Cantare la Martina (e relativa notazione)
http://www.chambradoc.it/dancarALaChantarela-LeCanzoni/Martina-d-Mizini.1.page
http://www.nonnagiuse.it/martino_e_marianna.htm
http://www.teche.rai.it/2014/11/archivio-del-folclore-musicale-italiano-piemonte/
http://amischanteurs.org/wp-content/uploads/35.pdf
http://www.barbazachi.it/index.php?option=com_content&view=article&id=156:la-vioire&catid=22:caenta-marco-caenta&Itemid=4
https://www.academia.edu/5883806/Il_protocarnevale_di_san_Martino_tra_calendario_lunare_e_meteorologia_popolare

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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