Ann Tri Manac’h Ruz

Ann Tri Manac’h Ruz è un gwerz bretone riportato da Hersart De La Villamarqué e risalente al Medioevo.

Testo e ricerche a cura di Flavio Poltronieri

Nel 1989, delle trentotto strofe di questo gwerz di brutale stupro e omicidio, ne vennero estrapolate dodici da An Erminig, folk group di Bonn totalmente consacrato alla musica bretone, da inserire nel loro secondo disco “Trouz” (Rumore).

La selezione toglie un po’ d’intensità all’abominevole racconto ma dobbiamo essere molto grati all’ensemble tedesco, in quanto sembrano non esisterne purtroppo interpretazioni vocali registrate da artisti bretoni. L’unica, a mia conoscenza, è unicamente strumentale ad opera dell’amico chitarrista Bernard Benoit e si trova nel CD del 1996 da lui dedicato a celebrare il Barzaz Breiz.

Hersart De La Villamarqué attribuisce l’origine della canzone a un fatto realmente accaduto e collocabile al tempo dell’episcopato di Alain Morel, Vescovo di Kemper tra il 1290 e il 1321, affermando di averlo raccolto presso la parrocchia di Nizon dalla bocca di un mendicante. Storie così ne circolavano parecchie in Bassa Bretagna e nel Paese Gallo, una è pubblicata più recentemente (1974) da Louis-Christian Gautier in una raccolta realizzata a La Guerche da Michel Lascaux.

Il testo di “Ann Tri Manac’h Ruz” riflette l’opinione comune in quel tempo, nell’intera Francia e non solo, che i templari fossero avvezzi a crimini seriali e terrificanti. Gli stessi racconti popolari sostengono altresì che tutti i templari di Francia siano di fatto spariti nel giro di una sola notte, come punizione divina per gli orrendi crimini commessi. Ciò è vero solamente in parte poiché non si trattò affatto di un Giudizio di Dio, quanto più prosaicamente dell’ordine di Filippo il Bello, che intendeva impossessarsi forzatamente delle loro grandi ricchezze, favorito dal fatto che, da anni, erano sotto processo in tutti i paesi europei. L’Ordine fu ufficialmente e definitivamente sciolto “per sospetti” da Papa Clemente V, nel 1312 con la bolla “Vox in excelso”. Ricchi lo erano senz’altro.

Le donazioni al Tempio in terra bretone

La prima donazione al Tempio di cui sia rimasto segno nel ducato bretone avvenne a Coudrie, nel Bas-Poitou a opera di un tale Garsire, signore di Retz e Machecoul: un cavallo, armi, fieno e alcune rendite a Pornic e Bouin, probabilmente nella primavera del 1128. Un’altra importante traccia è rintracciabile nella commenda di Nantes: un terreno a Pré d’Anian, Bourg-Main, Faubourg Saint-Nicolas, donato nel 1141 che comprendeva un’abitazione, un cimitero e una cappella dedicata a Santa Caterina edificata nel 1277 (riesumata nel 1825 e oggi andata purtroppo perduta). Attualmente a Nantes, a eccezione di qualche scritta incisa e dei nomi delle strade Pré Nian e Santa Catherine, non rimane alcuna memoria templare.

A partire da quelle prime ci furono ovunque moltissime e generose donazioni, rendite e privilegi verso i templari come i benefici alle esenzioni fiscali che divennero abitudini socialmente radicate nelle società dell’epoca. Tra i benefattori dell’Ordine figuravano sia individui di umili condizioni, contadini o semplici borghesi che rappresentanti di ricche nobiltà.

Finché, come detto, Filippo IV di Francia il 13 ottobre 1307 impartì l’ordine di arrestarli, incarcerarli e sterminarli in massa. Anche al di là della Manica i bambini inglesi erano soliti affermare “Attenti alla bocca dei templari!” e ancor oggi in terra transalpina si può ascoltare il detto “bere come un templare”. Li si accusava di iniziazioni particolarmente infami e terrificanti come l’adorazione di un cranio dalla barba bianca e dagli occhi spiritati, definito “Salvatore”. Un idolo unto e consacrato con il grasso colato dal corpicino di un neonato arrostito sul fuoco e concepito da una vergine con un templare. Per entrare nell’Ordine bisognava sputare pubblicamente sulla croce cristiana.

Alle porte di Kemper erano visibili un tempo le rovine di una antica “commenda” da cui questa anonima ballata potrebbe direttamente derivare. Per molto le genti (ovviamente non solo bretoni) hanno creduto di vedere aggirarsi di notte terrorizzanti monaci vestiti di bianco e con una grossa croce scarlatta disegnata sul petto. Si narrava montassero scheletri di cavalli avvolti in drappi mortuari e ferocemente aggredissero chiunque, rapendo in particolar modo giovani ragazze, che poi non avrebbero mai più fatto ritorno. Un’altra leggenda d’Armorica narra di una di loro che passando una sera accanto al cimitero scorse improvvisamente un cavallo nero coperto da un lenzuolo, che brucava l’erba delle tombe. Subito dopo le apparve dinnanzi una gigantesca figura dagli occhi chiari e, a quel punto, alla malcapitata non rimase che farsi il segno della croce. Al ché sia ombra che cavallo sparirono in uno spaventoso turbinìo di fiamme. Probabilmente si tratta semplicemente di una fantasiosa allegoria popolare di quella che era stata la loro terribile fine collettiva.

L’ordine templare

Nel Ducato di Bretagna, i templari sono rintracciabili già a partire dal secondo quarto del XII secolo. L’Ordine del Tempio faceva parte della cavalleria cristiana del Medioevo ed era nato nel 1120 per iniziativa del piccolo signore di campagna Hugues de Payns, che diverrà anche il suo primo maestro. Era stato istituito in occasione del Concilio di Troyes da parte di una milizia francese, detta “Pauvres Chevaliers du Christ et du Temple de Salomon”, allo scopo di offrire protezione ai pellegrini che si recavano in preghiera presso il Santo Sepolcro di Gesù a Gerusalemme. Nonostante vengano comunemente dipinti come fanatici criminali, idolatri e destinati ai tormenti dell’inferno, esiste pure qualche leggenda bretone che tratteggia altri episodi.

Amédée Guillotin de Corson ne racconta uno localizzato a Montbran (a cavallo tra il XIX e il XX secolo) dove il maestro del Tempio intervenne per aiutare un ladro pentito che lo aveva precedentemente salvato. In gran parte perduti i documenti medievali che li riguardavano (oggi piuttosto rari), andati in rovina i monumenti, la loro verità avvolta di mistero è stata affidata spesso nelle mani di esoterici più che storici a differenza di Francescani, Mendicanti, Domenicani o Cistercensi. In Bretagna, forse anche più che altrove, le storie riguardanti i templari si sono diffuse molto rapidamente soprattutto a partire dal XIX secolo, Nicole Villeroux, ci speculerà scrivendo belle frasi poetiche a effetto quali “per coloro che sanno sollevare il velo e leggere il silenzio delle pietre”. Ma in Bretagna come altrove, altri si sono adoperati con serietà affinché le verità storiche superassero una superficiale attrazione per l’occulto.

Ann Tri Manac’h Ruz

L’enfatica interpretazione vocale di “Ann Tri Manac’h Ruz” ad opera di Andreas Derow in lingua originale, si colloca in perfetta sintonia con la miglior tradizione bretone, accompagnata dall’arpa di Barbara Gerdes e dalla chitarra del fratello Hans Martin Derow.

L’atmosfera intensa e sacrale si avvicina ad alcune di quelle create dai gemelli Queffeleant nel periodo 1975/6 all’interno di An Triskell, anche se il riferimento culturale e ispirativo di An Erminig era soprattutto il compianto Yann Fañch Kemener.

Nella parte da loro non cantata dell’originale di questo gwerz, i tre monaci apparivano su tre grossi cavalli bardati in ferro dalla testa alle zampe, parandosi dinnanzi alla giovinetta che esprimeva subito il proprio timore per quelle spade e per le male cose che circolavano sul loro conto. La ragazza sapeva bene che già sette altre contadinelle non erano mai più tornate a casa. Al che i monaci replicano “Che siano mille volte maledette tutte le malelingue!” e la prendono repentinamente sul dorso di uno dei loro cavalli, urlando “E tu sarai l’ottava!” Quando mesi dopo decisero di ucciderla, erano convinti che mai nessuno sarebbe venuto a cercarla ma “verso il finire del giorno ecco che tutto il cielo si spaccò! pioggia, vento, grandine, il tuono più spaventoso”. Un cavaliere fradicio a causa del furioso temporale, cercando riparo nella chiesa dei monaci, vide dal buco della serratura una piccola luce che illumina la terribile scena. Dal fondo della tomba sotto l’altare la ragazza stava ancora implorando olio da battesimo per la sua creatura ed estrema unzione per sé. Il cavaliere avvisò il Vescovo di Cornovaglia che stava beatamente dormendo nel proprio letto, il quale si precipitava in quel luogo facendo scavare sotto l’altare maggiore e ritrovando i due corpi. Il prelato rimase quindi in quel luogo, inginocchiato in preghiera per tre giorni e tre notti di fila a piedi nudi e con indosso solamente la camiciola da notte. Trascorsi i quali fu proprio il bambinetto a levarsi miracolosamente tra due fiaccole funebri e, davanti a tutti, a indicare i tre monaci assassini.

Ann Tri Manac’h Ruz

Krenañ ’ran em izili, krenañ gant ar c’hlac’har,
O welet ar gwalleurioù a sko gant an douar,
O soñjal d’an taol euzhus, ’zo nevez c’hoarvezet
War-dro ar gêr a Gemper, ur bloaz zo tremenet.

Katellig Moal, gant an hent, o lavar ur c’houblad,
Degou’et ganti tri manac’h hag i harnezet mat

– Deu’t ganeomp d’al leandi, deu’t ganeomp, plac’hig koant,
Eno na vanko deoc’h-hu nag aour, ’vat, nag arc’hant. –
….

Hag i kuit ’trezek o c’hêr, hag i kuit en ur pred,
Ar plac’h a-dreuz war ar marc’h, he beg dezhi mouget.
Hag a-benn seizh pe eizh mintinvezh, pe ’n dra bennak goude,
I a oe souezhet-bras ’barzh an abati-se

Hag a-benn seizh pe eizh miz pe ’n dra bennak goude:
– Petra ’raimp-ni, va breudeur, deus ar plac’h-mañ bremañ?
– Bountomp-ni ’n un toull douar. – Gwell ’ve dindan ar groaz. –
– Gwell ’ve c’hoazh ma ve laket dindan an aoter vras. –
….

Toullet oa an aoter vras, dre urzh an aotroù kont,
Ha tennet ’maezh ar plac’h paour, an eskob o tigont
Ha tennet ar plac’hig paour e-maez deus an toull don,
Ganti he mabig bihan, kousket war he c’halon.
….

Da zigor e zaoulagad, da gerzhet war un dro,
Kerzhet d’an tri manac’h ruz: – An tri-mañ ’n hini eo!-
En tan emañ ’int bet devet, hag en avel gwentet;
O c’horf laket da zamant, en abeg d’o zorfed.

An Erminig,
la versione strumentale

I Tre Monaci Rossi (1)

Mi tremano le gambe, mi tremano di dolore,
Vedendo le disgrazie che colpiscono la terra,
Al pensiero degli avvenimenti orribili che sono accaduti
Nei dintorni di Quimper un anno fa.

La piccola Catherine Moal camminava cantando una canzone,
Quando tre monaci, armati di tutto punto (2), la raggiunsero;
….
-Venite con noi al convento, venite con noi, bella ragazza;
Là né oro né grano, in verità, vi mancheranno-
….

Fuggirono verso la loro dimora, fuggirono rapidamente,
Con la ragazza di traverso sul cavallo, una fascia sulla bocca.
E trascorsi sette, otto mesi o poco più,
Furono molto sconcertati da questa commenda; (3)

Trascorsi sette, otto mesi o poco più:
-Che faremo, fratelli miei, ora di questa ragazza?
-Mettiamola in una buca per terra, -meglio sotto una croce-
-Meglio ancora sotto un altare maggiore-
….

Scavarono sotto l’altare maggiore per ordine del Conte
Estraendo la povera ragazza dalla fossa profonda, quando arrivò il vescovo;/Estraendo la povera ragazza dalla fossa profonda,/Con il suo bambinetto addormentato sul seno
….

Aperti gli occhi, camminò dritto
verso i tre monaci rossi: -Sono loro!-
Vennero bruciati vivi, le ceneri gettate al vento;
i corpi puniti a causa del loro crimine.

(Traduzione di Flavio Poltronieri estrapolata dal volume “Koroll Ar C’hleze” – Danza della Spada – Raccolta di testi bretoni contemporanei – Flavio Poltronieri, 1985)
(1) i templari in Bretagna venivano chiamati “monaci rossi”
(2) l’ordine templare contemplava il doppio ruolo di monaci e combattenti
(3) la “commenda” è un tipo di contratto medievale

dal CD originale di Bernard Benoit
https://www.beatsource.com/track/ann-tri-manach-ruz/3971582

LINK
http://chrsouchon.free.fr/trimanaf.htm

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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