Pierre Ménoret: Verso le stelle, il corpo libero e il cuore aperto

Purtroppo durante questo assurdo periodo di pandemia, pochi giorni prima del suo compleanno, Pierre Ménoret se n’è andato.

Là dove finisce la terra c’è un angolo di chiaroscuro,
un terreno coperto di ciottoli scorticato dalla pioggia…
una lingua di fuoco abbracciata al mare, una testa di prua alla punta del mondo.
Si direbbe un vascello…

Pierre Ménoret albums

Quasi nessuno ne ha scritto nemmeno in Francia, poco male per uno che aveva rifiutato lo show- business. Era nato nella rada di Brest, il 28 luglio 1938 ed era uno dei sei figli del giornalista Rémy Menoret (che, più conosciuto probabilmente come scrittore e critico letterario sotto lo pseudonimo di Yves-Marie Rudel, pubblicò una ventina di libri tra cui “Crapitoulic, Barde Errant” e “Johnny de Roscoff”).

Pierre-Jakez Hélias scriveva la prefazione ai suoi dischi, Anjela Duval diceva di sentire le lacrime agli occhi quando ascoltava il suo canto nostalgico, dove la Bretagna appariva costantemente, ma perennemente in filigrana. E la poetessa Marie-Antoniette Porz-Even di Kankaven trovava la sua voce profonda, sottilmente modellata quasi fosse un violino.

Pierre Ménoret: Elle s’appelle la tendresse

L’onda della sua melodia indirizzata alla tenerezza non poteva non far pensare a Jacques Brel, per il quale quello rappresentava il sentimento umano più profondo.

Pierre Ménoret: Elle s’appelle la tendresse – Mon Bonheur c’est de la Musique. 1997

Si chiama la tenerezza…
si getta nel corso del tempo…
e attraversa l’indifferenza con dei meandri segreti,
canta a chi la vuol sentire la più chiara delle melodie…
è navigabile, senza onde, senza fondo…
naviga secondo il vento…
è il più semplice dei linguaggi, porta così bene il suo nome

Ma a Brel anche lui ci pensava, eccome.
E’ stato, non so più, da qualche parte, nella giovinezza, quando la primavera ci lascia un terreno sconosciuto. Una voce come un segno, un timbro differente… sei tu che mi hai mostrato la musica delle cose…mi hai fatto conoscere un modo di scrivere, le parole da dire sull’aria di una chitarra… si raccoglie, si eredita, si mantiene la fiamma, la corrente -Amsterdam- trascina e ti invita… i miei recinti e le mie lande, le mie isole fiorite contro il tuo paese piatto e le tue feste fiamminghe. Un profumo di -Isole Marchesi-, un’illusione -Fanette-…

L’impalpabile linguaggio…

Tra la leggenda, il sogno e il tangibile, l’impalpabile linguaggio di Pierre Ménoret e le sue parole brumose ed elegiache (sempre in lingua francese) trasportavano la speranza dell’uomo lungo sentieri alteri. Verso i regni della natura generosa, della foresta, dei venti.

Il suo talento esplodeva di calore ad ogni angolo delle frasi, cesellate con la minuzia di un orafo, con la pazienza di un mosaicista, attorno ad ogni nota.

…idoli, stelle e vedettes, fuochi d’atificio e cinema, si sono messe in bocca le trombe, i super, gli extra, il vello d’oro e tutta la potenza, Sodoma…nel nome degli dei o della scienza, del sangue, dell’oro, eccetera… il giorno si leva sulle colline… si può credere, invecchiare, tacere o semplicemente sognare, intanto il mare si ritira.

…dalle frange oceaniche ai confini del deserto, dalle nevi eterne al punto più basso della terra, dal levarsi del mondo fino al coricarsi del tempo, passa, è passato, passerà il vento.

…della classicità

Le sue canzoni erano in forma classica, atemporali, di una altissima qualità, il loro mare poetico conduceva all’infanzia, all’amicizia e alla primavere. Le forme ascendenti con i loro flussi e riflussi contenevano talvolta dei finali incantatori e spesso prendevano una forza esaltante, così ben indirizzate direttamente all’anima.

Abbiamo, tu ed io, fatto un sogno atlantico… a bordo dell’Occidente, abbiamo composto un mondo oceanico… abbiamo inventato delle idee d’America senza sfida, senza drappello, inoffensivamente, siamo tracciati di strade pacifiche… abbiamo inventato delle idee sinfoniche…

Canzoni che nascondevano al loro interno l’opinione di Pierre nei confronti del mondo e rivelavano all’esterno i colori nelle sublimi copertine dei dischi che le contenevano e negli evocativi arpeggi. Le prime tutte ad opera dei pennelli del fratello compianto pittore Bernard Ménoret e i secondi delle preziose dita di Bernard Benoit.
Il mare ha trovato in queste canzoni il suo sempiterno bilanciamento, la terra la sua anima fiorita, l’amore la sua plenitudine e l’uomo la sua etica.

Da tanti anni si era ritirato a vivere nell’amata Saint-Briac-sur-Mer, antico villaggio di pescatori circondato da nove spiagge sabbiose, che deve il suo nome da Saint Briag giunto dall’Irlanda nel 548 circa, al seguito di Saint Tugdual.

tutta la discografia in
http://bretagne.poesie.free.fr/disco.html

Pierre Ménoret dal vivo “Elle s’appelle la tendresse” accompagnato al piano dall’amico Thierry LEFAIS, 
numero di marionette del teatro di Metz
https://www.ina.fr/video/I07254939

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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