[Nigra 63; trad.]
“L’uccello fuor di gabbia” è un canto narrativo documentato nell’Italia settentrionale, ma poco diffuso. Costantino Nigra riporta nella sua raccolta “Canti popolari del Piemonte” tre lezioni.
Il tema dell’uccellino in gabbia/fuor di gabbia e più generalmente dell’uccellino parlante, ricorre abbastanza frequentemente nelle ballate anglo-scozzesi. Il suo ruolo di solito è quello di delatore e/o di messaggero. La bella promette all’uccellino in cambio del silenzio (che sia una sua scappatella amorosa o l’omicidio) una gabbietta dorata, ma l’uccellino non si lascia prendere, e racconta tutto quello che ha visto al marito tradito, o alle autorità del caso.
L’uccello fuor di gabbia
Più spesso “L’uccello in gabbia” è una metafora che corre all’identità fra uccellino e fanciulla, racchiusa nella frase “la sicurezza è meglio della libertà”. Così la fanciulla dopo essere stata racchiusa all’interno delle mura domestiche della famiglia (oppressa/custodita e guidata nelle sue scelte) passa nella gabbia dorata del matrimonio. Nella sua gabbia trova sicurezza e protezione, ma il mondo fuori dalla gabbia è così vasto e il suo cuore vorrebbe volare in alto, per vivere le sue passioni e seguire i suoi desideri.
“L’uccello fuor di gabbia” anela alla libertà, come la novella sposina male sopporta le attenzioni di un marito, spesso più vecchio di lei, e che la considera “roba sua”, da disporre a piacimento.
L’uccello fuor di gabbia/Léva sü, béla, ca l’é dì
La versione registrata dalla cantora Teresa Viarengo è però una variante dalle lezioni trascritte dal Nigra, peraltro limitatamente a tre frammenti.
Nel frammento A (da Moncalvo -Casal-Monferrato) la bella che è in giardino a raccogliere delle rose vede l’uccellino sul ramo del nocciolo e lo apostrofa dicendogli ” Tu fuggi la gabbia, a me vogliono dare uno che non amerò mai“. Nel frammento B (da Carbonara, Tortona) la bella chiede all’uccellino se vuole entrare nella gabbia e l’uccellino risponde “No perchè mi tarperai le ali e il becco“.
Il frammento C è quello più lungo (8 versi) preveniente sempre dal Monferrato in cui la bella cattura l’uccellino che si lamenta “non voglio stare nella tua gabbia, voglio andarmene oltre mare a servire il re e la regina“. E proprio in quest’ultimi versi che l’identità tra fanciulla e uccellino si spinge ad esprimere il desiderio di fuggire via e combattere per il re, per assumere un ruolo maschile (ed ecco un altro tema battatistico della Vecchia Europa la cross-dressing ballad)
“Léva sü, béla, ca l’é dì, a l’é dì, ca j spunta l’alba”
e poi trullalari lallala
La léva sü, a la va ‘n giardì, la va a cöi le röse frèsche.
O s’a n’ à fana ‘n bel mazulì, tüti rösi e margherite,
pöi l’à ciapà d’ün bel uselì, l’à bütalu ‘n gabrióla.
O s’a l’é stait ‘na nöte e ‘n dì, cul uselì j à pià il vólo.
“O turna, turna, bel uselìn, turna, turna ‘n gabrióla.
“E mi in gabrióla riturnò pa, l’é perché tùa madóna
l’à vursümi taié ‘l bechĩ(1)”
“Alzati bella che è giorno e spunta l’alba”
e poi trullalari lallala
Si è alzata e va in giardino a cogliere le rose fresche:
Si è fatta un bel mazzolino di rose e margherite,
poi ha preso un bell’uccellino e lo ha messo in gabbia.
Dopo neanche una notte e un giorno l’uccellino vola via
“Torna bell’uccellino torna, torna in gabbia”
“E io in gabbia non ci torno mica, perche la vostra signora mi ha voluto tagliare il becco”
NOTE
la trascrizione in piemontese è tratta da “Cantè Bergera” di Roberto Leydi
1) nel senso che l’uccello non cantava più per la tristezza di essere rinchiuso o più probabilmente perchè l’uccellino è stato costretto dalla sua padrona a mantenere un segreto. Chi pone la domanda all’uccellino potrebbe essere il marito e l’uccellino può aver assistito ad un incontro amoroso tra la bella malmaritata e un giovane amante. L’esiguità del testo non permette di aggiungere ulteriori congetture.
FONTI
Pdf Nigra#63