Jomfruen i Fugleham

“Jomfruen i Fugleham” letteralmente “La fanciulla nel nido dell’uccello” è una ballata del genere naturmytiske, (A16 nel catalogo TSB, Dgf 56 in quello danese) con la fanciulla trasformata in uccello da una immancabile matrigna e il cacciatore ostinato il quale sacrifica una parte del suo stesso corpo per spezzare l’incantesimo. Lieto fine assicurato.

la storia

I protagonisti di “Jomfruen i Fugleham” sono Nilaus Erlandsøn, un artigiano nonché cacciatore e una bellissima fanciulla senza nome. L’ambientazione della storia è una bellissima foresta di alberi rigogliosi popolata da animali, tra i quali un usignolo che svolazza qua e là e attira l’attenzione di Erlandsøn. Il cacciatore tenta senza successo di catturarlo e riesce nell’intento solo quando dona letteralmente un pezzo del suo petto (forse del suo cuore) all’usignolo che, dopo essersi nutrito, si trasforma in una bellissima fanciulla. Così ponendo fine all’incantesimo della matrigna malvagia!
Erlandsøn e la fanciulla si innamorano e vivono felici e contenti.

origini e varianti

La ballata, originariamente un canto epico diviso in 19 strofe di 4 versi ciascuna, è giunta fino a noi in sei antiche trascrizioni danesi (DgF 56 A-F), conservate in manoscritti del XVI e XVII secolo. Al XVII secolo appartiene anche un unico documento svedese.

Sebbene in tempi più recenti se ne siano perse le tracce in Danimarca e in Svezia, la si ritrova invece nella tradizione faroese e norvegese di questo secolo. La canzone presenta anche importanti punti di contatto con un’antica canzone popolare francese e con racconti popolari presenti sia in Francia che nei paesi nordici.

simbolismi

Come tutte le ballate del genere naturmytiscken anche “Jomfruen i Fugleham” è pregna di simbolismi. Nel 1959, Villy Sørensen (1929-2001) pubblicò un articolo dal titolo “Racconti popolari e impegni” nel quale ipotizzava che in molte ballate di questo tipo, ciò che veniva allegoricamente rappresentata era la “situazione di fidanzamento“, il momento della vita in cui l’uomo passa dall’innocenza dell’infanzia al mondo della sessualità. In questa situazione di transizione la tradizione popolare vedeva il pericolo che i demoni tramassero per far precipitare l’uomo nell’ansia e nell’infelicità e l’uomo stesso era chiamato a combattere per non cadere in queste oscure trame.

Nella fattispecie della nostra ballata, il centro della storia sarebbe dunque il conflitto psicologico tra Nilaus e la fanciulla trasformata: lei fugge e lui non si arrende. Sørensen vede l’uccello svolazzante come “un eccellente simbolo della fanciulla dal pugno chiuso che in preda al panico sfugge l’assedio dell’amante».

Il punto di svolta di “Jomfruen i Fugleham” è ovviamente il pezzo di carne che Nilaus si taglia dal petto. Perché lo fa? Sørensen ha dato la risposta psicologica. Una risposta religiosa potrebbe indicare il sacrificio del proprio sangue, simile a quello di Gesù.

E che dire dell’uccello? Prima fugge, poi mangia carne umana con la passione di un rapace. Ma gli usignoli non mangiano carne, e certamente non carne umana. Siamo ben oltre il realistico, profondamente immersi nel simbolico.

la versione C

L’interpretazione di Sørensen è diventata abbastanza canonica presso gli studiosi delle tradizioni e ha sicuramente un suo fondamento. Ma c’è una versione di “Jomfruen i Fugleham” (quella riportata qui sotto) che fa sorgere qualche dubbio. La storica della letteratura danese Pil Dahlerup fa notare come in questa versione il narratore inizia raccontando di un bosco meraviglioso, mentre le altre versioni iniziano con il padre della fanciulla che parte alla ricerca di una nuova moglie, oppure con la fanciulla che racconta immediatamente la trasformazione provocata dalla matrigna.

La meravigliosa foresta della versione C ha gli alberi più belli, gli animali più belli e un usignolo che canta. Nilaus è ossessionato da questo uccello. Lo vuole, costi quel che costi. Passa tre giorni a cacciare invano, piazza trappole sugli alberi e sui sentieri, vuole abbattere il tiglio dove posa l’uccello ed è disposto a sacrificare la propria vita.

Certamente è guidato dalla passione, ma quale? Nilaus non ha espresso il desiderio di trovare una ragazza e a differenza delle altre versioni, non sa che l’uccello è in realtà una ragazza. A meno che non si voglia attribuire a Nilaus una pulsione erotica inconscia, egli non è impegnato in un’avventura amorosa. È un cacciatore che ha sentito parlare della meravigliosa foresta e vuole un altro trofeo di caccia. Al più, potrebbe rappresentare l’appropriazione violenta della natura da parte dell’uomo.

metamorfosi

“Jomfruen i Fugleham” ruota intorno alla trasformazione della fanciulla in uccello. Senza scomodare Ovidio, il tema delle trasformazioni di umani in animali o piante è piuttosto diffuso nelle tradizioni popolari. Ma spesso è il testo stesso delle ballate popolari ad essere oggetto di metamorfosi; ogni volta che una canzone passa da un cantante all’altro può subire cambiamenti, sia per scelta che per errore. Per esempio, la versione C della nostra ballata aggiunge il problema dell’uomo e della natura al rapporto tra le persone. Tre elementi in particolare sono decisivi (sempre che si tratti di modifiche e non dell’originale):

1) la poesia si apre con le strofe sulla bella foresta con i adorabili animali;

2) Nilaus non sa che l’usignolo è una ragazza trasformata,

3) l’opposizione selvaggio vs addomesticato è formulata direttamente in parole: “non prenderai mai quel selvaggio uccello senza avere della carne addomesticata

la ballata (versione C)

Jeg ved vel, hvor en skov hun stander,
hun står foruden under fjord;
der gror inde de fejreste træ,
som nogen mand haver hørt. 

Så vinder en svend sin jomfru.

Der gror inde de fejreste træ,
som man kalder silje og linde;
der spiller inde de ærlige dyr,
som man kalder hjorte og hinder

Der spiller inde både hjorte og hinde
og andre dyr så skønne;
der synger så lidel en nattergal
udi en lind så grøn.

Det spurgte Nilaus Erlandsøn
,[som dyren’ er vant at bede],
han lader sin ganger med det røde guld sko,
og did rider han at lede. 

Did red Nilaus Erlandsøn
så såre da mon han lange;
der var han i dage tre,
han kunne ikke fuglen fange.

Så sætte han snaren på alle de træ,
som fuglen var vante at være;
den fugl blev i sin’ øjen snar,
han måtte hende dog ombære. 

Han sætte snaren på alle de stier,
som fuglen’ var vant at gange;
den fugl var i sin’ øjen så snar,
han kunne hende ikke fange.

Han tog øksen i sin hånd,
han ville det træ neder fælde;
der kom den mand, der skoven åtte,
han skød sin skaft imellem. 

“Hugger du neder min fæ’rne skove,
og gør du mig den vælde:
jeg lover dig, Nilaus Erlandsøn,
så dyrt skalt du det gælde.”

Det da mælte den skønne jomfru,
hun stod på højen tinde:
“Ungersvend, vilt du lyde mit råd,
da skalt du fuglen vinde. 

Hør du, favren ungersvend,
og vilt du lyde mit råd:
du får ikke af vilden fugl,
uden du haver tammen brad.”

Han skar braden af sin bryst,
han hængte det på lindekvist;
hun flagred’ med sin’ vinger, hun lod vel om,
fuld ondt var braden at miste. 

Det da var den lidel nattergal,
hun fik det blodige brad;
så blev hun til skønneste jomfru,
der måtte på jorden gå.

Jomfruen under linden stod
i silkesærk hint røde;
ridderen tog hende udi sin arm,
de klaged hverandre deres nød. 

Ridderen tog hende i sin arm,
klapped hende ved hviden kind:
“Sig mig, allerkæreste min,
hvem voldte sorrig din?”

“Jeg sad over min faders bord,
jeg legte med roser og liljer;
min stedmoder kom der gangendes fram,
det var ikke med henders minde. 

Så skabte hun mig til en lidel nattergal,
bad mig ad skoven flyve;
min’ syv møer i ulvelige,bad,
de skulde fuglen rive.”

Jomfruen under linden stod,
slog ud sit favre hår;
der kom løbendes henders tjenestemøer,
i ulvelige de var. 

Nu haver Nilaus Erlandsøn
forvunden båd’ angest og harm;
nu sover han så gladelig
udi den jomfru henders arm.

So dove si trova una foresta
lontano al confine del fiordo:
dentro crescono gli alberi più belli
di cui mai un uomo abbia sentito.

Così un artigiano conquista la sua fanciulla

Lì dentro crescono gli alberi più belli,
quelli che chiamiamo salice e tiglio.
là giocano le bestie più nobili
quelli che chiamiamo cervo e cerva.

Lì dentro giocano sia il cervo che la cerva
e altre bestie piacevoli a vedersi;
lì canta un usignolo tanto piccolo
sopra un tiglio tanto verde

Questo è ciò che voleva Nilaus Erlandsøn
(un cacciatore noto per la sua abilità),
aveva il destriero ferrato d’oro rosso,
e laggiù cavalcò per cacciare.

Laggiù cavalcava Nilaus Erlandsøn,
così a lungo durava il suo tormento;
lì rimase per tre giorni interi,
ma non catturò mai l’uccello.

Allora piazzò delle trappole su tutti gli alberi
dove l’uccello poteva scegliere di posarsi;
ma all’uccello si aguzzò la vista
e la rete che non avrebbe mai potuto catturarlo. 

Allora piazzò delle trappole su tutti i percorsi
dove l’uccello poteva camminare per natura;
ma l’uccello aveva un occhio così acuto
che non è mai riuscito a prenderlo.

Allora egli prese in mano l’ascia,
e stava per abbattere l’albero;
ma venne l’uomo che possedeva la foresta,
teneva la sua lancia bene in vista. 

“Se abbatterai gli alberi dei miei antenati
mi farai un tale torto:
ti avverto, Nilaus Erlandsøn,
questo ti costerà molto caro.”

Poi venne la voce della bella fanciulla,
lei parlava dalla cima dell’albero:
«Giovanotto, se darai ascolto al mio consiglio,
allora conquisterai l’uccello.

Ascolta bene, bel giovane,
e ascolta il mio consiglio:
non prenderai mai quel selvaggio uccello
senza in cambio della carne addomesticata

Egli si tagliò la carne addomesticata dal petto,
la appese a un ramo di tiglio;
lei sbatté le ali, le piacque molto,
per ingoiare tale carne non perse tempo. 

E fu così che il minuscolo usignolo
prese la carne insanguinata,
così divenne la fanciulla più adorabile
che avesse mai calcato il suolo.

La fanciulla stava sotto il tiglio
in un abito di seta rosso;
il cavaliere la prese tra le sue braccia,
si confidarono l’un l’altra i loro guai. 

Il cavaliere la prese tra le braccia,
le accarezzò la guancia bianca come giglio:
“Oh dimmi, cara al mio cuore,
chi ha dunque suscitato tale dolore?».

“Mi sono seduto alla tavola di mio padre,
giocavo con rose e gigli;
la mia matrigna appariva di tanto in tanto
non era molto cordiale.

Lei ha fatto di me un piccolo usignolo
e mi ha detto di volare nel bosco:
le mie sette ancelle furono tutte trasformate in lupo,
con il comando di fare a pezzi l’uccello”

La fanciulla stava sotto il tiglio,
scosse i suoi bei capelli dorati;
corsero da lei le sue ancelle,
erano ancora sotto forma di lupo.

Ora ha Nilaus Erlandsøn
sconfitto ogni paura e ogni pericolo;
ora dorme così beatamente
tra le braccia della sua fanciulla.

Il compositore danese Kim Helveg in un trasposizione sinfonica di “Jomfruen i Fugleham”

LINK
https://johnirons.blogspot.com/2018/12/danish-medieval-ballad-jomfruen-i.html
https://pildahlerup.dk/blog/jomfruen-i-fugleham/
https://kalliope.org/da/text/folke2001030802
https://www.skovgaardmuseet.dk/media/1386/folkevise6-8.pdf
APPROFONDIMENTO
Dott. Gian Luca Caprili “Gli Uccelli come Figure Liminari nella Concezione Poetica di Jacob
Grimm” https://flore.unifi.it/retrieve/handle/2158/1002273/37027/CAPRILI%20GianLuca%20-%20TESI%20Dottorato%20di%20Ricerca%20-%20JacobGrimm.pdf

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Pubblicato da Sergio Paracchini

Sergio Paracchini, ascoltatore seriale di buona musica, dagli anni ’70 innamorato del folk revival (celtico e non solo). Gestisce il gruppo Facebook “Folk rock e dintorni”.

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