Gavr’inis

Gavr’inis è l’antica scienza di una piccola isola bretone disabitata, un tumulo (cairn) e anche un Grande Tempio che regna dalla preistoria proprio nel centro del golfo del Morbihan.

Questa camera funeraria del IV millennio a. C. è il sito megalitico più alto e il dolmen più lungo di tutta la Francia (16 m. di lunghezza per un diametro di 50 cm.), ben 23 delle 29 pietre del suo corridoio, che scorre lungo un percorso di 14 metri, mostrano incisioni di linee circolari.

il tumulo di Gavr’inis

La colonna sonora abbinata alla lettura

Didier Squiban 

L’interno del cairn

Nelle penombre delle circonvoluzioni che si susseguono di pietra in pietra, il cammino interno porta al centro di se stesso, qui senti sempre nelle orecchie il suono dell’arpa assieme a foglie, piogge e uccelli. Perché questi luoghi di Bretagna stanno diventando troppo immobili per l’epoca moderna e il vento si è del tutto trasformato in musica. Aveva ragione Debussy quando raccomandava di ascoltare unicamente i consigli del vento, non quelli delle persone, poiché è l’unico a saper davvero narrare la storia del mondo.

Quelle incisioni di linee circolari disegnano l’alternanza delle vibrazioni, dei giorni, delle notti, delle maree, delle stagioni e degli anni, mentre intorno i cicli e i ritmi si confondono in immagini sonore che tendendo inevitabilmente al rituale e all’atemporale, alla preghiera e all’incantamento. I silenzi tracciano gli intervalli di tempo che separano gli avvenimenti favolosi nell’immenso calendario di pietra che si sgrana sotto i tuoi piedi e i tuoi occhi, quando sei dentro questa cattedrale naturale.

Gli allineamenti megalitici rappresentano la matematica delle stelle, i punti di riferimento delle origini, gli specchi dell’immaginario dei secoli, le risonanze terrestri della musica delle sfere. La storia scorre davanti alle enormi pietre del sapere che nessuno ha mai osato seppellire o sradicare, il tempo è il loro sangue, la pioggia il loro fiato. Anche le musiche tradizionali e contemporanee le hanno lasciate immutate, insensibili, immobili equidistanti tra quiete e orgoglio. Le danze rituali che hanno saputo spezzare o oltrepassare i limiti della natura umana, non hanno elevato di un solo centimetro la loro ascesa a piani superiori, all’uomo non è rimasto che il proprio silenzio. I danzatori con il battere dei propri piedi hanno, al massimo, tenuto a distanza i lupi ma il mistero di queste enormi erezioni granitiche è rimasto confinato nei radicamenti di Madre Terra, cosicché leggende hanno raccontato di come donne sterili strofinassero il ventre nelle notti di luna piena, al fine che il proprio desiderio si tramutasse in figlio.

dentro al cairn
un viaggio a volo d’uccello su Gavrinis e Er Lannic

I Megaliti in Bretagna

Esistono esempi megalitici lontani o lontanissimi dalla Bretagna: l’Obelisco di Louxor a Parigi, Stonehenge, i Giganti dell’Isola di Pasqua, Ayers Rock in Australia.

In Armorica ci sono luoghi non dissimili da Gavr’inis. Come Lokmaria-Kaer, con il suo Colosso (Grand Menhir Er Groah), scelta geografica precisa dove impiantare un centro, la Colonna del Nord, il Faro di tutto un mondo antico raggruppato intorno a un’unica idea cosmica di Creazione. Si ipotizza che il segnale della sua costruzione sia stata l’apparizione in cielo di una stella, di un astro maestro per gli accadimenti umani. Lokmaria-Kaer, il grande centro della cultura morbihannais, organizzata in cerchi concentrici intorno a Er Groah, ogni pietra innalzata ha il suo posto esattamente come ogni nota in seno a una gamma musicale.

Oppure come Carnac, la Porta del Tempo, il Grande Calendario, con il suo Gigante di Manio. Quattro chilometri megalitici a immagine di un tempo ciclico che tutte le civiltà antiche hanno cantato.

Tra graniti e licheni, le particelle saline riverberano in questo mondo privo di umidità e spesso ricco di chiacchiere, tutta l’enorme fatica antica; sferzati da un incessabile vento solare, loro sono sempre lì immobili e silenziosi, reali ma inaccessibili, tra aria e tempo, anteriori a tutte le lingue conosciute. Né si conosceranno mai i motivi o si saprà quale razza d’uomini le abbiano piantate a monumento del loro passaggio su un suolo probabilmente impastato pure delle proprie ceneri.

Gawr

C’era un dio spaventoso, in una età immemorabile, di nome Balor, una potenza delle tenebre che governava sui Fomori, semidei della mitologia irlandese, forze del caos e della natura. In Bretagna veniva chiamato Gawr (o Kawr) che in gallese significa semplicemente “Gigante”, ecco, potrebbe anche essere questa l’origine del nome di Gavr’inis. Tutto intorno ai giganti pietrosi da sempre esiste il suono primordiale dell’oceano che si infrange su altre pietre come eco di un pensiero di settemila anni fa, quando l’uomo neolitico scelse un nuovo destino per sé e divenne sedentario. Giganti dalle forme tormentate, liturgie di pietra ricoperte da acque, dimenticate da uomini, rivelate da fuoco, testimoni di una sconosciuta tradizione.

Gavr’inis, architetto fuori dalla Spirale del Tempo, Scienza del Movimento della Vita, testimonianza di un’esperienza inaccessibile alla ragione, porta che apre a un bosco di fitte ginestre lungo un umile cammino. Dentro Gavr’inis l’immagine di due serpenti che si affrontano, due movimenti opposti che si incrociano e si intrecciano lungo tutto il percorso, fino all’unità ritrovata dentro la cripta, ad ogni passo una domanda sottile, ricca, complessa. Ovviamente priva di risposta.

Fuori Gavr’inis le ombre massive dei Tumuli dell’Ile Longue vengono nascoste dalla Grande Deessa Solare, espressione del Principio Luminoso che incarna e rivela. Tutto intorno i fruscii ventosi e le preghiere musicali che sono la stessa cosa. Prima dei Greci antichi qualcuno conosceva la Geometria con cui esprimere le proprie conoscenze delle Leggi dell’Universo. Conoscenze astronomiche prima degli Egiziani e prima degli Indiani, anche prima di Babilonia, prima dei calendari Maya, tre millenni avanti i giganteschi affreschi peruviani di Nazca, esisteva chi aveva calcolato il tempo in un vasto sistema che tentava di inglobare tutte le scienze sacre e profane dell’epoca. Ha trasmesso un rebus geometrico che navigando negli spazi del Tempo rivela conoscenza di Numeri e Simboli.

Antichi saperi: il granito artificiale

Ma come è possibile che i megaliti resistano ancor oggi, quando il granito ha mediamente una durata relativamente effimera? Secondo il biologo e chimico francese Joseph Davidovits ciò è dovuto al fatto che i popoli neolitici fabbricassero da sè le proprie pietre. I suoi studi si sono basati sulla facilità di trasformazione dei materiali in roccia, per dimostrare la sua teoria non esitò a ricostruirne copia con le materie naturali disponibili. In effetti sia a Carnac che a Avebury o in altre regioni megalitiche francesi sono stati rinvenuti elementi di questa chimica dell’antichità: granito, calce pura, calcite, argilla. Le civiltà megalitiche utilizzavano questa specie di cemento naturale che tende alla compressione con il tempo ma per creare una pietra che duri in eternità serve decisamente una scienza del globale…“…che la smemorata Bretagna si ricordi di suo figlio, che la stele si drizzi faccia ai venti! Io ho in me l’Oceano…” (Xavier Grall)

https://ontanomagico.altervista.org/megalitismo.html
https://cairndegavrinis.com/en/home/
https://www.ina.fr/ina-eclaire-actu/video/g1172864_001_013/le-cairn-de-gavrinis
https://www.ina.fr/ina-eclaire-actu/video/ryc9712150271/gavrinis-site-megalithique-sur-cette-ile-du-morbihan
https://www.researchgate.net/figure/3D-elevations-of-Gavrinis-cairn-and-walls-passage-and-chamber-from-lasergrammetric_fig2_260444335
https://www.unige.ch/expositions-virtuelles/megalithes/bretagne.html
https://www.ancientmusicireland.com/instruments/the-kilmartin-sessions

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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