Il ceppo di Natale

Il ceppo di Natale una tradizione antica del mondo contadino

Nelle varie ricorrenti dissertazioni più o meno dotte e/o più o meno indotte (dalle varie appartenenze religiose e politiche) sulle “tradizioni” legate al Natale che ho potuto leggere o ascoltare non ho però mai sentito citare quella che forse è la tradizione più antica di tale periodo, ovvero quella del “Ceppo di Natale”, nonostante nelle nostre valli e campagne essa sia sopravvissuta fino a pochi anni fa.

Per comprenderne l’origine va ricordato che la la data del 25 dicembre come ricorrenza del Natale cristiano venne stabilita dalla Chiesa nel 376 come ragionata operazione di sincretismo a sovrapposizione e sostituzione delle precedenti feste legate al culto del sole di molte culture precristiane. Presso gli antichi Romani per esempio tale data andò a coincidere con la festa del Natalis Solis Invicti celebrato al solstizio d’inverno[1].

Si festeggiava il ritorno del sole che lentamente sottraeva spazio alla notte e alle tenebre.
Le antiche feste del fuoco (come simbolo del sole) legate al solstizio d’inverno sopravvissero largamente in Europa (specialmente in Italia, Francia, Inghilterra, Germania, Spagna del nord) con l’usanza del ceppo (o ciocco) di Natale.

[a integrazione Monique Palomares ha tradotto in italiano il racconto di Frederic Mistral nel suo “Memòri e raconte”  
Fedele alle antiche usanze, per mio padre la festa più grande era la vigilia di Natale. Quel giorno gli aratori staccavano presto; mia madre regalava a ciascuno, in un tovagliolo, una bella frittella sott’olio, una forma di torrone, un pezzo di fichi secchi, un formaggio di mandria, un’insalata di sedano e una bottiglia di vino cotto. E chi di qua, e chi di là, andavano i servi, a “mettere la legna sul fuoco”, nel loro paese e nella loro casa. Al Mas restavano solo i pochi poveri che non avevano famiglia; e talvolta i genitori, qualche vecchietto, per esempio, arrivavano di notte, dicendo: “Buone feste! Veniamo, cugini, a mettere il ceppo sul fuoco, insieme a voi altri.” Tutti insieme, con gioia, siamo andati a cercare il “ceppo di Natale”, che – era tradizione – doveva essere un albero da frutto. Lo portavamo al Mas, tutti in fila, il più grande lo teneva da un lato, io, il più giovane, dall’altro; tre volte lo portavamo in giro per la cucina; poi, giunto davanti al focolare, mio padre versava solennemente sul ceppo un bicchiere di vino cotto, dicendo:
Gioia! Gioia, miei bellissimi figli, che Dio ci riempia di gioia!
Con il Natale arrivano tutte le cose belle:
Dio ci dia la grazia di vedere il prossimo anno.
E, se non siamo più numerosi, che non siamo di meno.
E tutti gridavamo: “Rallegratevi, gioia, gioia! “, posavamo l’albero nella brughiera e, appena usciva il primo getto di fiamma:
Al ceppo, dagli fuoco!diceva mio padre facendo il segno della croce. E ci sedevamo tutti a tavola.
Oh! la tavola santa, veramente santa, con intorno la famiglia completa, pacifica e felice. Al posto della lampada, sospesa ad una canna, che durante l’anno ci illuminava con il suo lumino, quel giorno, sul tavolo, brillavano tre candele; e se, qualche volta, la miccia si volgeva verso qualcuno, era di cattivo auspicio. A ciascuna estremità, su un piatto, c’era il grano verde in germoglio, che era germogliato nell’acqua il giorno di Santa Barbara. Sulla tripla tovaglia bianca apparivano in successione i piatti sacramentali: le lumache, che ciascuno toglieva dal guscio con un lungo chiodo; baccalà e triglie fritti con olive, cardo, cardoncello, sedano al pepe, seguiti da un mucchio di prelibatezze riservate per quel giorno, come: focacce sott’olio, uvetta, torrone alle mandorle, mele del paradiso; poi, soprattutto, il grande pane natalizio, che non cominciavamo mai senza aver religiosamente donato un quarto al primo povero che passava. La veglia, in attesa della messa di mezzanotte, era lunga quel giorno; e alla fine, attorno al fuoco, parlavamo degli antenati e lodavamo le loro azioni.]

Tradizione che vai ceppo che trovi

Le descrizioni che ci provengono dai vari paesi confermano il valore profilattico e propiziatorio universalmente attribuito al rito e ne fanno riconoscere l’originario carattere agrario.

Per esempio in Germania fino a circa metà dell’Ottocento il ceppo di Natale costituito da un pesante blocco di quercia, ardeva nel focolare tutto l’anno e le sue ceneri si spargevano nei campi, durante le dodici notti tra Natale e l’Epifania, per stimolare la crescita delle messi.

In Provenza il ceppo (chiamato tréfoir) aveva la virtù, se messo sotto il letto, di proteggere la casa da incendi e fulmini per tutto l’anno e di guarire il bestiame da varie malattie, mentre le sue ceneri sparse sui campi, impedivano che il grano si ammuffisse.

In molte parti della Francia e dell’Inghilterra tuttora il ceppo carbonizzato protegge la casa non solo dai fulmini bensì anche dalle stregonerie.

In Italia citiamo ad esempi l’usanza umbra in cui si faceva ardere un grosso ceppo di olivo e poi se ne spargeva le ceneri nei campi e nelle vigne pronunciando parole augurali, mentre i contadini romagnoli la vigilia di Natale incendiavano un grosso ceppo che doveva ardere tutta la notte e talvolta sino all’Epifania: chi bruciava il più grosso era destinato ad ammazzare il maiale più grosso.

In Toscana esiste addirittura la “Festa del Ceppo[2].

La tradizione in Piemonte prevedeva che tale ceppo (il such) venisse acceso dal patriarca di casa a Natale e mantenuto vivo fino all’Epifania, bruciandovi resti di cibo e foglie di alloro per trarne presagi di fortuna e, nella successiva cristianizzazione del rito, versandovi anche del vino rosso in ricordo del sangue di Cristo[3].

Negli anni settanta e ottanta durante le nostre ricerche “sul campo” tra le colline delle Langhe e del Monferrato trovammo conferma di tale usanza nei ricordi di diversi informatori.

Dalla tradizione del ceppo deriva anche quella del dolce chiamato ciocco natalizio o tronchetto di Natale, molto diffuso soprattutto nei Paesi francofoni (Piemonte compreso), dove è chiamato bûche de Noël[4]

[1] https://terreceltiche.altervista.org/yule-la-festa-del-solstizio-dinverno/
[2] https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/la-tradizione-del-ceppo-in-toscana/1030
[3] La notte di Natale era una delle più magiche notti dell’anno. Prima di andare alla messa di mezzanotte veniva portato in casa un ceppo, el süc ’d Natal, che dopo esser stato lasciato a seccare un paio di anni sotto il portico della cascina veniva quindi messo a bruciare nel camino. Il focolare, vero e proprio “altare domestico” (Baldini, Bellosi, 2012, pp. 65-92), avrebbe accolto e riscaldato Gesù Bambino nel momento in cui fosse passato a portare i propri doni. Inoltre bruciando pian piano avrebbe così atteso il ritorno della famiglia dalla messa della veglia: in quel momento la famiglia si scambiava gli auguri e i pochi, simbolici regali che la povertà del mondo contadino poteva permettere. La fiamma del ceppo di Natale era giudicata foriera di indicazioni sull’anno venturo. Lo ha ricordato recentemente anche padre Enzo Bianchi nelle sue memorie intitolate Ogni cosa alla sua stagione, in cui rievocando la propria infanzia monferrina scrive: «Se al ritorno dalla messa si trovava il ceppo che ardeva di un fuoco robusto si diceva “Buon segno, ci sarà pace in famiglia e con i vicini”; se invece faticava a bruciare ci si diceva sconsolati “Eh, quest’anno non andrà tanto bene…”» (Bianchi, 2010, pp. 71-72; cfr. anche Bianchi, 2008, pp. 79-86). I carboni del ceppo natalizio venivano poi conservati ed esposti in occasione dei temporali estivi, al fine di preservare i raccolti dai danni causati dalla grandine. [Gianpaolo Fassino in https://www.unisg.it/voices/il-natale-nelle-colline-del-piemonte-fra-tradizione-e-complessita/]
[4] qualche ricetta del tronchetto di Natale https://terreceltiche.altervista.org/deck-the-halls/#t4

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Pubblicato da Enzo G. Conti

Musicista alessandrino e ricercatore etnomusicologo, fondatore del gruppo di musica popolare piemontese Tre Martelli, Presidente dell'Associazione Culturale Trata Birata, con cui realizza produzioni discografiche ed editoriali, concerti, mostre, convegni, seminari ed eventi vari legati alla cultura popolare ed etnica. https://it.wikipedia.org/wiki/Enzo_Conti

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