Lampabbo Lampa! (Brindisi dei Marinai)

Lampabbo Lampa! ovvero il Brindisi dei Marinai è un canto di lavoro raccolto negli anni ’50 da Alan Lomax e Diego Carpitella in provincia di Trapani (Sicilia).[1]

Stan Hugill lo riprende dalla trascrizione di Alberto Favara in Canti della Terra e del Mare di Sicilia (1921)[2] e si presume che i pescatori trapanesi lo cantassero mentre si davano il ritmo per tirare le reti della tonnara[3] e tuttavia è anche un canto di bevute in cui i lavoratori seduti alla tavola del padrone brindano alla sua salute con vino, rosolio e qualche biscottino.
Hugill nota come la melodia sia identica alla “Reuben Ranzo” (halyard shanty) e scrive “Il traino delle reti e il traino delle drizze sono lavori simili, e le due canzoni hanno melodie identiche e le tirate sono negli stessi punti. Anche il metodo di canto è lo stesso delle sea shanties dove la nota finale del ritornello è sovrapposta alla prima nota degli assoli e viceversa”


ALLIGRIA ! VINU !
‘sciucamunni ‘sta lampa
Lampabbó, lampa!
Di ccá nun sini jému
Si ‘sta lampáni l’a sciucamu
E nui rusoliu vulemu
La misculanza ci l’a mua fari
E nui ccá semu
Di ccá nun si ni jemu
‘sciuccamunni ‘sta lampa
Saluti ci avi a dari,
A cu’ ni fa travagghiari.
e ci l’avamu a’mmugghiari
un biscutteddu n’avia dari
Lampabbò! Lampa!
BACCU ! LAMPA !

Traduzione italiana[2]
Allegria! Vino
Asciughiamoci questa lampada(1)
Lampabbó, lampa!
Da qui (2) non ce n’andiamo,
se questa lampada non l’asciughiamo.
Noi vogliamo rosolio(3),
per fare la miscela!
Noi siamo qui;
da qui non ce n’andiamo.
Asciughiamoci questa lampada!
(Il Signore) dia salute
a chi ci fa lavorare.
Dobbiamo ammollarlo(4)
e ci dia un biscottino!
Lampabbó, lampa!
Bacco! Bacco

NOTE
(1) spegniamo questa lampada=beviamo questa bottiglia di vino
(2) dalla casa del padrone
(3) il rosolio è un liquore nato nei monasteri medievali ottenuto con la macerazione in alcol di zucchero e petali (o bacche) di rosa. La sua diffusione nella penisola ,come liquore da bere dopo i pasti si attesta però nel Settecento, quando l’uso dello zucchero raffinato dilaga in tutta Europa. E tuttavia è il Piemonte a fregiarsi del marchio PAT per la produzione del rosolio servito come aperitivo di corte ai tempi di re Vittorio Amedeo III di Savoia
La ricetta siciliana di Mimma Morana https://www.siciliafan.it/rosolio-il-vero-autentico-liquore-alle-rose/
(4) nel vino

Hulton Clint
Jerzy Brzezinski

English translation
We must put out the lamp, boys!
Lampabbó, lampa!
From here we’ll not be moving!
This lamp it must be doused, boys!

For we all feel like drinking.
We want to mix the drinks, boys!

For here we’ll all be staying!
From here we’ll not be moving!

We must put out the lamp, boys!
We’ll drink a bully toast, boys,

To the one who gives employment.
And we must all be drinking,

Our biscuits we’ll be soaking.
Lampabbó, lampa!

RIFERIMENTI
Canti della terra e del mare di Sicilia (p94-99)
Shanties from the Seven Seas (1a ed. p245-246)
Songs of the Sea(p115)

PESCA SOSTENIBILE?

L’ultima mattanza in Sicilia è stata realizzata a Favignana nel 2007. Il termine mattanza ha un significato mitologico, in termini stretti e cruenti significa strage, massacro. La pesca del tonno rosso ha lo scopo di arpionare e prendere a mazzate gli esemplari di tonno che finiscono nelle reti, definite anche “la camera della morte”. Di antichissime origini questo tipo di pesca, prevede la messa in mare di reti lunghe 3-5 km; il periodo ottimale, tra i 40-70 giorni, è tra i mesi di aprile e giugno. Già in epoca remota le prime civiltà si svilupparono anche grazie a questa tecnica. Il tonno rosso ha come caratteristica quella di radunarsi in branchi e nuotare sottocosta, quindi diventa una facile preda. Non di rado ci si imbatte nei pressi delle tonnare, in piccole Cappelle Votive.

Queste con l’avvento del Cristianesimo, furono erette per ringraziare le divinità del mare e per scongiurare la perdita di vite umane durante la mattanza. Le sue antiche origini trovano riscontro in alcuni scritti ritrovati a firma di Plinio e Omero, che citavano testi narrando della pesca del tonno in mare. Castellammare del GolfoCapo d’OrlandoMilazzo e Trapani, venivano riconosciute già nel XII secolo dal geografo arabo Al Idrisi, come zone geografiche della Sicilia per la pesca del tonno. A luglio del 2018, è venuto a mancare Gioacchino Cataldo, l’ultimo capo dei tonnaroti, il Rais più famoso che partecipò all’ultima mattanza del 2007 a Favignana.
(tratto da https://blog.theotherway.it/le-tonnare-della-sicilia/)

Canti della Tonnara (Song of the Tuna Fishers)

Possiamo definire le cialome come nenie del mare per lo più di ritmo lento, una per ogni fase della pesca del tonno a iniziare dall’armamento delle reti e fino al trasporto negli stabilimenti a terra.

A ciascuna fase lavorativa corrispondevano specifici canti, a cominciare dal ritmo di voga durante il tragitto in barca verso il luogo della tonnara, un canto-preghiera rivolto a Dio, alla Madonna e ai santi (in particolare a quelli localmente venerati), per il buon auspicio della pesca. A cui seguivano i canti ritmici per il trascinamento delle reti, scanditi da richiami e esortazioni.

“La dimensione ritmica appare decisamente più marcata soprattutto in alcuni canti che probabilmente erano impiegati per coordinare le operazioni più impegnative, quelle che necessitavano di maggiore concentrazione per gestire movimenti collettivi più rapidi, per esempio la chiusura delle “porte” oppure la raccolta delle reti nell’ultima “camera” della tonnara e successivamente il sollevamento dei tonni per mezzo degli arpioni astili” (da Ritmare la pesca in https://art.torvergata.it/retrieve/handle/2108/286964/573829/Ritmare%20la%20pesca%20%28Giordano%20-%202021%29.pdf

Altri canti più melodici servivano ad accompagnare i momenti di attesa prima della mattanza oppure al termine della pesca durante il clima festoso e celebrativo.

Vincenzo Sercia, registrato da Theresa Maggio nel 1994, a Favignana: Eee Lina, Lina!
Cantunovu
Alan Lomax e Diego Carpitella registrazioni sul campo 1954 -tonnarotti di Vibo Valentia Marina (Calabria): U leva, leva – A Lina Lina – Urallirà

Eee Lina, Lina!
il canto dei tonnaroti all’atto dell’imbarco delle reti, in cui si decantano le doti fisiche di una bella siciliana (che simboleggia la pesca) promessa in sposa al Rais[4].
I dettagli fisici iniziano dai capelli, la faccia, gli occhi, le orecchie, la bocca, il collo e poi scendono fino al punto G (seno, pancia, ombelico, sedere, gambe e vagina)

O Lina, Lina e Lina,
Eee Lina Lina,
Chi beddi capiddi teni a signorina
chi bedda facci teni a signorina,
chi beddi occhi teni a signorina
chi beddi aricchi teni a signorina
chi bedda vucca teni a signorina
chi beddu coddu teni a signorina
chi beddu pettu teni a signorina
chi beddi minni teni a signorina
chi bedda panza teni a signorina
chi beddu culu teni a signorina
chi beddi cosci teni a signorina
chi beddru stìcchiu teni a signurina
e l’amu a maritari a signurina
viremu a cu cci a ramu a signorina
e ci la ramu o Raisi a signorina
E Raisi si la marita a signorina

La “calata” è la fase in cui si calano in mare le reti predisponendole in “camere” per la cattura del tonno, ogni giorno la barca del raisi si reca alla tonnara per controllare le reti e le cialome di questa fase sono propiziatore ad una buona pesca con preghiere alla Madonna, a Dio e ai santi protettori.

Quando è il momento della mattanza (tutti i tonni sospinti dai pescatori sono entrati nella camera della morte) il solista cialomatore loda Dio creatore di ogni cosa (tonni e tonnare) in una sorta di preghiera del cacciatore.

I Taberna Mylaensis (gruppo storico siciliano del Folk revival negli anni ’70) mixano e rielaborano alcune cialome sotto il titolo di Lampabbó lampa!

La prima
jamuninni cu Maria(1)
jamuninni bellu bellu
San Guseppi vicchiareddu
‘mmanu teni u bammineddu
porta l’ascia e lu scarpeddu
jamuninni, giuvini belli!

[traduzione italiana:
Andiamocene (=cominciamo) con Maria,
andiamocene a poco a poco!
San Giuseppe vecchierello
tiene in mano il bambinello
Porta l’ascia e lo scalpello,
andiamo bei giovanotti]

(1) nella versione tradizionale ogni verso è seguito dal coro Jhan, zozza nui! (forza marinaio) che diventa l’esortazione Nianzò [in italiano Tiriamo con forza]

è seguita dalla Passione di Gesù Cristo (che il Favaro iscrive alla tradizione palermitana)


Passio Domini nostri, Jesu Cristi,
Cu’lagrimu di sangu ognuno scrissi,
Tutti quattru li santi Evangelisti.
Di San Matteu’n principiu, chi scrissi
Di l’amurusu Gesù, summa buntà,
’Nta chiddu tempua l’Apostuli dissi:
«Jorna ci voli e Pasqua venirà,
Chi lu figghiu di l’omu vidiriti
Mortu’ncruci,*nta tanta crudeltà.
Tutti sti turbi, chi oggi vediti,
Vannu gridannu: Osanna! pi la strata,
Crucifiggitul dirannu tutti uniti.»

[traduzione italiana:
la passione di nostro Signore Gesù Cristo
ognuno (di loro) scrisse, con lagrime di sangue,
Tutti e quattro i santi evangelisti.
Da principio San Matteo, che scrisse
di Gesù amoroso, somma bontà,
(il quale) in quel tempo disse agli Apostoli:
«Ci vogliono (pochi) giorni e verrà la Pasqua;
allora vedrete il figlio dell’uomo,
morto in croce fra tanta (molta) crudeltà.
«Tutte queste turbe che oggi,(come) vedete,
van gridando per la strada» Osanna!,
diranno, tutti uniti: Crocifiggilo!]

Taberna Mylaensis in L’Anima du munnu 1998: il canto Lampabbó lampa! inizia a 2:23 ed è preceduto e seguito dalla Cialoma di li tunnari

Jamuninni cu Maria
Passio Domini nostri, Jesu Cristi
Cialoma di li tunnari
Lampabbó lampa!
Cialoma di li tunnari

Cialoma de li Tunnari

Canto di lavoro nel tirare le reti della camera della morte, ci sono varie cialome denominate Aja mola [in italiano Forza Moro] i Taberna Mylaensis seguono il testo di E amòla e amòla! classificata da Alberto Favara con il titolo di “Cialoma di li Tunnari”.


Solo: Emunìnni cu’ Maria
Coro: E amòla e amòla!
San Giuseppi ‘n cumpagnìa
E lu tùnnu è veru bèddru!
Carricàmu ‘stu vascèddru!
E di Gènuva e Portufìnu,
Livùrnu signurìnu!
E assummàmu ‘sta safìna!
E sparàmu ‘sta tunnìna!
E amòla e amòla!
S.: Assùmma! Assùmma!

Jerzy Brzezinski
Mattanza del tonno a Favignana in una foto d’epoca

traduzione italiana:
Andiamocene (=cominciamo il lavoro) con Maria,
E amòla e amòla!
in compagnia di San Giuseppe
e il tonno è molto bello (=abbondante),
carichiamo questo vascello!
Da Genova (andiamo) a Portofino,
a Livorno signorino (=città signorile)
Alziamo questa safina (=la rete della tonnara)
e spariamo questi tonni!
E amòla e amòla!
Su (la rete)! Su (la rete)!]

Ainavò, Assummata di lu corpu di la tunnara

Assummata di lu corpu(1) di la tunnara (Emersione a galla del pesce della tonnara) è una cialoma su di una scansione lunga-breve per aiutare nello slancio al ritiro delle reti piene di tonni dal mare, la successione delle frasi non ha perciò un senso logico e potevano essere intercambiate
Come forma è una parodia del Canto Gregoriano con la parola priva di senso Ainavò, ainavò! secondo i modi del sacro.


A livanti affaccia lu suli. Ainavò, ainavò!
E lu raisi cu li ciuri. Ainavò, ainavò!
Li farati chi massaruna. Ainavò, ainavò!
Li marinara guardaturi.
Li capuvardia cumannaturi.
Dispinseri bon latruni,
Metti nu pisci sutta u bagnuni.
Li muciara bon latruni,
metti l’acqua r’ammucciuni.
U furnaru bon latruni,
ca ci leva lu pizzuluni.
U purtaru bon ‘nfamuni,
ch’arriporta a lu patruni.
[la ripete due volte e chiude con Jan zozza nui ! 
Iemuninni, bellu bellu, Jan zozza nui !
iemuninni cu Maria! Jan zozza nui !
San Giuseppi u vicchiareddu,
Purta l’ascia e lu scarpeddu,
e ‘n manu porta u Bammineddu.
[seguono varie esortazioni]

Al Qantarah – Abballati, abballati! 1999- Assummata di lu corpu di la tunnara inizia a 4:06-segue Navaii (Trad. persiana)
Matilde Politi
Olivia Sellerio in Accabbanna 2018 (un jazz-folk)

Traduzione italiana Riccardo Gullotta[5]
A levante sorge il sole. Ainavò, ainavò!(2)
E il rais(3) con i fiori. Ainavò, ainavò!
I tonnaroti(4) che gran lavoratori. Ainavò, ainavò!
I marinai che sorvegliano.
I capiguardia che comandano.
L’addetto alla dispensa(5) un ladro capace,
Mette un pesce nel fondo della barca.
I marinai della barca del capo(6) bricconi
Aggiungono l’acqua di nascosto.
Il fornaio un ladro patentato,
sottrae un pizzico [di farina].
Il sorvegliante un infamone,
che riferisce tutto al padrone.

E andiamocene volentieri Jan zozza nui !(7)
andiamo con Maria!
San Giuseppe il vecchietto,
porta con sé ascia e scalpello,
E porta il Bambinello in mano.
NOTE
(1) corpu è il “coppu” un arnese dei pescatore
(2) sortazione con funzione ritmica
(3) capo dei tonnarotti
(4) cioè gli arpionatori che sgobbano
(5) cioè l’oste briccone Al Quantarah inverte la frase è l’oste briccone ad annacquare il vino
Dispinseri bon latruni,
metti l’acqua r’ammucciuni
(6) muciara è la barca del rais, si potrebbe tradurre più semplicemente con i barcaioli anche se in senso più generico così nella frase di Al Qantarah sono i barcaioli a nascondere il pesce in coperta
Li muciara bon latruni
Metti nu pisci sutta ‘u bagnuni
(7) Jhan, zozza nui! (forza marinaio) che diventa l’esortazione Nianzò [in italiano Tiriamo con forza].
Anche “Gnanzù, nzu zza” o “Nianzò, ûzza”. Annota Riccardo Gullotta “Il significato è controverso. Secondo Ninni Ravazza “Gnanzù” sarebbe una forma contratta che significha “tira su”. Analogamente “zza” per l’etnomusicologo Marcello Messina. Nell’opinione di altri, tra cui Beatrice Torrente, “Gnanzù” sarebbe il derivato di un’invettiva contro i turchi.”

[1] Nel Luglio del 1954 Alan Lomax si recò nel Sud Italia (Calabria, Sicilia, Puglia) per raccogliere le testimonianze dei canti di tradizione popolare di quelle terre: canti marinareschi (ritmi e canti della tonnara e per la cattura del pesce spada) e di altre attività di lavoro (canti di carrettieri, salinari e zolfatari, canti per la raccolta delle olive), lamentazioni rituali del Venerdì santo.
http://lnx.vincenzosantoro.it/2008/01/03/quando-alan-lomax-cercava-il-blues-nelle-tonnare-siciliane/
Il diario del viaggio di Lomax, oltrechè di testi, è fatto di tante foto scattate lungo il suo itinerario, che fissano su pellicola la Sicilia degli anni cinquanta, ancora rurale e premoderna ma con un ambiente e un paesaggio agrario vivo e popolato, con usi solidali e costumi caratteristici..
https://www.lafrecciaverde.it/alan-lomax-in-sicilia-nel-1954/
https://www.vorrei.org/culture/12404-alan-lomax-e-diego-carpitella-due-grandi-documentaristi-in-salento.html
[2] Canti della terra e del mare di Sicilia
https://archive.org/details/cantidellaterrae00fava
Canti di Tonnara (Cialoma) e altri canti di lavoro del trapanese
http://www.trapanisiannu.it/canti1.html
https://izi.travel/it/7174-cialome-i-canti-della-tonnara/it
https://www.trapaninostra.it/libri/Gaspare_Scarcella/Favignana_La_perla_delle_Egadi/Favignana_La_perla_delle_Egadi-12.pdf
canti di tonnara nel Calabrese
https://www.pde.it/prodotto/canti-della-tonnara-immagini-e-suoni-dalla-ricerca-in-calabria-di-alan-lomax-e-diego-carpitella-vibo-e-pizzo-1954-con-cd-audio~623a715166daa71175d80be0/
https://art.torvergata.it/retrieve/handle/2108/286964/573829/Ritmare%20la%20pesca%20%28Giordano%20-%202021%29.pdf
[3] Allora tutte le tonnare delle coste del circondario di Trapani calavano le reti, le cosiddette tonnare e con le loro mattanze pescavano migliaia di tonni di quasi due quintali ciascuno e anche più. Erano 5 le tonnare di Trapani: dell’isola di Favignana, dell’isola di Formica, San Cusumano, San Giuliano e Bonagia e davano lavoro a centinaia di tonnaroti. Centinaia di donne e ragazze lavoravano negli stabilimenti delle stesse tonnare per la cottura del tonno per la produzione dello scapece in scatola, così si chiamava in dialetto il tonno nelle lattine. Di tutto il pescato del tonno, una parte veniva commerciato fresco nei mercati trapanesi, siciliani e italiani mentre la maggior parte veniva cotto e inscatolato. A Trapani la tonnina fresca veniva detta la carne di poveri perché costava poco. Il tonno negli stabilimenti veniva bollito secondo la tradizione di cammarioti, così venivano chiamati gli uomini che cucivano e salavano la tonnina e le interiora, in grandi pentole di rame rosso stagnati con acqua dolce e salata. Dopo la cottura il tonno veniva messo a scolar nelle ceste e quindi veniva confezionato in scatola con olio di oliva con dei macchinari che iniettavano l’olio nella latta e la chiudeva. Il prodotto fresco di tonnara veniva commercializzato nei mercati nazionali ed esteri.
Tratto da https://www.cosedimare.com/2018/04/trapani-la-cucina-dei-marinai-e-le-tradizioni-perdute/
[4] Nelle tonnare di Sicilia, rais è colui che dirige l’organizzazione tecnica e comanda gli uomini addetti alle operazioni di pesca (in siciliano ràisi, che significa anche, più genericamente, «capobarca»)
[5] https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=64894

LINK
http://www.fresnostate.edu/folklore/ballads/Hug245.html

http://www.capodomo.it/Pesca/tonnara.htm
http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/rais-padroni-e-faratici-nelle-tonnare-di-tripolitania-2/
https://www.nauticareport.it/dettnews/report/la_tonnara_una_vera_mattanza-6-4288/
https://www.marinaiditalia.com/public/uploads/2012_7_58.pdf
https://www.myrrha.it/trapani-la-pesca-tonnara-lorena-coluccia-numero-8/

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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