Villana che sa tu far

Il Carnevale nel Rinascimento delle città italiane era il periodo che andava dall’Epifania fino al martedì grasso, quando si svolgevano feste e balli, mascherate e carri, tornei e gare (foss’anche rivalità di consorterie risolte a suon di botte), e non mancavano mai schiamazzi, bevute e canti burleschi.

Era anche il tempo dell‘iniziazione sessuale maschile, l’apprendistato attraverso cui i giovani passavano prima di arrivare al matrimonio e comprendeva tutta una serie di oscenità, cerimoniali da confraternita e scurrilità. 

I canti burleschi di Carnevale sono detti a Firenze Canti carnascialeschi[1] per lo più a doppio senso erotico come l’infornare dei fornai e l’innestare degli innestatori.

Villana che sa tu far

Villana che sa tu far -affresco di Palazzo Schifanoia mese di Marzo: le tessitrici -Trionfo di Minerva

Mottetto a 4 voci della seconda metà del ‘400 di compositore anonimo, “Villana che sa tu far” è un canto carnascialesco in un manoscritto conservato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Ms Banco Rari 229) un canzoniere della fine del XV secolo con testi in francese, latino e italiano.
Botta e risposta tra un giovanotto un po’ audace e una campagnola compiacente: alla domanda provocatoria del giovanotto la ragazza finge di non capire e risponde di essere una brava tessitrice, ma che le piace anche ballare e cantare. Non è disposta a cantare tuttavia senza nulla in cambio.

Guido Menestrina
“Villana che sà tu far?
– So filar, e so naspar, so chusir, so tagiar
So ballar, e so cantar e so far chazoncelle!
“Fe’ me de quelle”
– Non fero, se non ho,
Herberine, fa-farine,
el fornaio, una gallina…
“Posta posta pur ben
Tantara tantara
de pur suso, alza la gamba”
Exaudi nos, Kyrie leison
Kyrie leison, Christe leison
Doulce Mémoire(7)
“Villana, che sa tu far?”
– So filare, so naspar, so cusire, so tagliar
So ballar, so cantar e so far ca-canzette!
“Femmi di quelle”
– Nol farò, se non ho, se non ho..
Herberine, fa-farine,
‘el fornaro, una gallina…
“Tan tara tan-taran
e pur suso alza la gamba”
Exaudi nos, Kyrie eleison
Kyrie eleison, Christe eleison

Doulce Mémoire -Lorenzo il Magnifico: Trionfo di bacco 1449-1492, 2012
Guido Menestrina trascrizione musicale

Traduzione italiana Cattia Salto
“Campagnola(1) cosa sai fare?”
“So filare, far matasse(2), cucire e tagliare
so ballare, so cantare e fare canzonette(3)”
“Fammene una”
“Non lo farò, se non ho..
erbette, farine
del fornaio, una gallina(4)”
Appoggiati, appoggiati per bene
Tantara tantara
e in alto alza la gamba(5)”
Ascoltaci Signore pietà
Signore pietà, Cristo pietà
(6)
NOTE
(1) abitante della villa= la campagna, il giovanotto si rivolge alla ragazza chiedendole cosa sappia fare. La domanda è a doppio senso
(2) naspo= aspo arnese girevole su cui si avvolge il filo per formare la matasse
(3) all’ascolto della versione in Doulce Mémoire mi sembra dica “canzette” un termine dal siciliano per calzette; Guido Menestrina scrive “chazonchelle” potrebbe essere una storpiatura per canzonette cioè la ragazza sa come rispondere per le rime alla domanda provocatoria del giovanotto
(4) nella risposta la ragazza sembra riferirsi alla preparazione di un piatto con erbette, farina e uova di gallina. Nelle canzoni tradizionali il riferimento alla preparazione del cibo spesso contiene doppi sensi sessuali, proprio quello che ci si aspetterebbe da una canzone di carnevale
(5) doppio senso
(6) parodia dei salmi
(7) mia trascrizione all’ascolto

[1] “carnascialesco” è la forma arcaica toscana di “carnevalesco”, e quindi sta per “relativo al carnevale”. Il corpus di canti carnascialeschi è tramandato da sette manoscritti fiorentini e uno perugino. Al primo Cinquecento risalgono alcune edizioni a stampa illustrate, come quella delle Canzone per andare in maschera per Carnesciale (1515 ca.)

LINK
http://www.cedomus.toscana.it/fonti-musicali/chansons-voci-bncf-banco-rari-229/
https://www.bncf.firenze.sbn.it/risorse/banco-rari/
https://manus.iccu.sbn.it/risultati-ricerca-manoscritti/-/manus-search/detail/602582?fondo_id_s=1899&page=6

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