I “giorni della merla” (il 29-30-31 gennaio ma anche il 30-31 gennaio-1 febbraio) sono per tradizione i giorni più freddi dell’anno. Hanno luogo in questi giorni di passaggio tra l’Inverno e la Primavera i riti agro-pastorali che accompagnano il risveglio della natura e scacciano il Gelo (prima parte)
Nell’opuscolo della Prolo loco di Soresina (prov di Cremona) La Merla si descrive come si svolgeva un tempo il rituale del canto sulle fascine: “La preparazione del rito avveniva nelle stalle le sere precedenti i tre giorni della merla. Le donne filavano la rocca con il compito specifico di preparare le pezzuole che sarebbero servite per avvolgere le larve. Occorre ricordare che la Merla era l’avvenimento rituale attraverso il quale avveniva la propiziazione per il buon andamento dell’annata agraria, e quindi di quello che era il primo raccolto dell’anno, e cioè il baco da seta.
Nei giorni prestabiliti (ultimi due di gennaio e primo di febbraio – “Dü te i do, ön t’el prumetaro”) coloro che partecipavano alla Merla, si ritrovavano attorno alla catasta di fascine (la fasinèra).
I giovani e gli uomini battevano con i bastoni i tavolati dei carri agricoli ed in genere tutto quanto produceva un forte rumore. Serviva ad avvertire l’altro gruppo, cioè un’altra cascina, dell’inizio del rito. Dopodichè, la donna che all’interno della comunità possedeva la voce più bella, saliva sulla catasta di fascine intonando il primo verso del canto della Merla. Quindi si univano nel canto le voci di tutti i partecipanti. Il rito si conclude con un falò, provocato dalla combustione di un cumulo di fascine, sulla cui sommità viene posta a bruciare una caricatura di una “vecchia”.
La versione più corrente indica in questo episodio l’inverno che brucia e quindi se ne va. “
Cantare La Merla
Così scrive Valerio Gardoni sui canti della Merla lungo le rive dell’Adda: “Il rito propiziatorio del cantare “La Merla” si è persa nei paesi, nelle campagne già alla fine degli anni trenta. Legato al ciclo di riti propiziatori d’inizio anno, il rito della Merla, costituisce una tappa fondamentale del calendario contadino, era necessario assicurarsi il buon andamento dell’annata agricola ed in particolare la riuscita dell’allevamento dei bachi da seta, un tempo primo prodotto dell’anno e prima fonte di guadagno per la famiglia contadina”. (tratto da qui)
Lungo le rive dell’Adda (dalla sponda cremonese a quella lodigiana) si festeggiano ancora oggi i giorni della merla con dei canti rituali e l’accensione di un falò. I testi delle canzoni differiscono leggermente da un paese all’altro, ma mantengono come denominatore comune i temi dell’inverno e dell’amore-fertilità.
La tradizione è ritornata grazie all’opera revivalistica di alcuni gruppi carnevaleschi degli anni 70, oggi un appuntamento folkloristico atteso dalla comunità: chi si riunisce sul sagrato della chiesa, chi sulla riva del fiume, divisi in due gruppi di cantori – uomini e donne- danno vita ad una gara di canto rinverdendo le antiche ritualità dei “contrasti” di genere; le prime due sere accanto ai falò si mangiano le castagne, ma anche i dolci tipici del carnevale – camandolini (castagnole) e lattughe (chiacchiere)- e si beve vin brulè, discutendo sull’esecuzione dei canti, l’ultima sera con una pantomina avviene la riconciliazione tra i due gruppi e si brucia la vecchia. Dalla direzione che prende il fumo si traggono le previsioni sulla stagione entrante..
LA MERLA Trà la ruca ‘n més a l’éra Se gh’è nìgul se ‘nserena (1) volilela volilà volì vola volì e volì e volela (2). La brügna l’è fiurida E tüti i la rimira. La brügna (3) la fa’l fiore e tüti i fa l’amore La brügna la sta en bròca e tüti i se riposa La brügna l’è cascada e tüti i l’ha ütada. Camisa ricamada la metrò en bugada (4) Farùm’na lisiada (5) ma ben ensaunada ’ndarum a resentala ’nde ’na funtana ciara ’ndarum a slargala ’nde ’n bel giardén di fiori ’ndarum a ripiegala all’ombra dell’amore ’ndarum a sarala cu’na ciaveta d’oro. | Traduzione italiana di Galelli Claudio Getta la rocca in mezzo all’aia se c’è nuvolo si rasserenerà volilela volilà volì vola volì e volì e volela. La prugna è fiorita e tutti la rimirano la prugna fa il fiore e tutti fanno l’amore la prugna è vigile e tutti si riposano la pugna è cascata e tutti l’hanno aiutata. Camicia ricamata la metterò nel bucato. Faremo una lisciviata ma ben insaponata andremo a risciacquarla in una fontana chiara andremo a stenderla in un bel giardino di fiori andremo a ripiegarla all’ombra dell’amore andremo a serrarla con una chiavina d’oro |
NOTE
1) è la previsione del tempo riferita alla leggenda dei giorni della merla: se il giorno è nuvoloso arriverà presto il bel tempo
2) la modulazione del canto sembra voler imitare il canto della merla: nel mito dei giorni della merla è il canto del merlo che rompeva il ghiaccio, al suo canto magico seguiva l’arrivo della Primavera. L’uomo per diventare partecipe del suo segreto può solo imitarlo. Canto del merlo e canto umano si uniscono sinergicamente per uno sforzo comune: scacciare l’Inverno. (vedi prima parte)
3) nel descrivere l’andamento delle stagioni, ci si riferisce al passaggio dalla fanciullezza alla maturità sessuale della donna (la prugna – l’allusione è del tutto evidente essendo prugna-prugnetta un modo per indicare la vulva femminile)
4) apprendiamo così che questo canto è il canto delle lavandaie: nelle cascine di un tempo la biancheria grossa si lavava in forma collettiva due volte l’anno, primavera e autunno.
5) una volta quando non c’erano i tensioattivi industriali per lavare, si usava una miscela di acqua e cenere (quello del falò della merla), la lisciva, cotta in un grosso pentolone e versata bollente sui panni sporchi, lasciati poi riposare per una notte. Il mattino successivo le lavandaie portavano i panni al fiume lì erano lavati e risciacquati con cura. Il potassio contenuto nella cenere era utile non solo per rendere bianco il bucato ma anche per eliminare la sericina della seta. L’acqua di scolo del bucato era versata in un recipiente di rame stagnato per essere riutilizzata nel trattamento delle matasse di seta.
Pur non essendoci un ordine prestabilito dei canti nella fase centrale del rito sono a sfondo sessuale e sul matrimonio.
E si arriva al finale con “Martino e Mariana“: nonostante il freddo pungente, Martino è uscito e chissà dov’è (all’osteria a bere), torna poi bello “pieno” e non riesce ad aprire la porta di casa, così incolpa la moglie per averlo chiuso fuori. Si è comprato un cappello nuovo che però ha pagato troppo e subito scatta la lite con Marianna, (su botta e risposta), alla fine si riconciliano con un ballo di buon augurio per i giorni a venire.
Conosciuta con il nome “La canzone del Cappello” (Piemonte), “L’é tri di”, “Martino e Marianna” è un canto da Canzoniere italiano, riproposto spesso dagli artisti da cabaret.
MASCHERATA FINALE DONNE L’è tri de che’l piöf e’l fioca (1) e’l me Martén l’è gnamò turnà o che’l g’ha ciapat la ciuca (2) o che’l s’è desmentegàt (3) UOMINI Dervì chél üs Mariàna corpo de biss, dervì chél üs sango de biss, dervì chél üs dervì chél üs Mariàna DONNE ’ndu set estàt Martin? corpo de biss, ’ndu set estàt sango de biss, ’ndu set estàt ’ndu set estàt Martin? UOMINI So stà al mercat Mariàna corpo de biss, so stà al mercat sango de biss, so stà al mercat so stà al mercat Mariàna. DONNE Sa ghet cumprat Martin? corpo de biss, sa ghet cumprat sango de biss, sa ghet cumprat sa ghet cumprat Martin? UOMINI En capelén Mariàna corpo de biss, en capelén sango de biss, en capelén en capelén Mariàna DONNE Cusa ghet dat Martin? corpo de biss, cusa ghet dat sango de biss, cusa ghet dat Cusa ghet dat Martin? UOMINI Cinch e tri ot (4) Mariàna corpo de biss, cinch e tri ot sango de biss, cinch e tri ot Cinch e tri ot Mariàna DONNE Te gh’è da tròpp, Martin corpo de bìss, te gh’è da tròpp, sangue de bìss, te gh’è da tròpp, te gh’è da tròpp, Martin! UOMINI Son mì el padron, Mariàna corpo de bìss, son mì el padron, sangue de bìss, son mì el padron, son mì el padron , Mariàna! DONNE Te doo on s’giaffon, Martin corpo de bìss, te doo on s’giaffon sangue de bìss, te doo on s’giaffon te doo on s’giaffon, Martin! INSIEME Fasèmm la pàs, Mariàna/Martin sangue de bìss, fasèmm la pàs, sangue de bìss, fasèmm la pàs, fasèmm la pàs Mariàna/Martin! INSIEME Fèmm on ballett, Martin/Mariàna corpo de bìss, fèmm on ballet, sangue de bìss, fèmm on ballet, fèmm on ballett, Martin/Mariàna! DONNE (5) L’è tri dì ch’el pioeuv e’l fiòcca, mè marì l’è tornà a cà per pù perdel in la fiòcca mì l’hoo sarà dént in cà. | Traduzione italiana di Cattia Salto DONNE Sono tre giorni che piove e nevica e il mio Martino non è ancora tornato o si è preso una sbronza o si è smemorato UOMINI Apri quell’uscio Marianna corpo di biscia, apri quell’uscio sangue di biscia, apri quell’uscio apri quell’uscio Marianna DONNE Dove sei stato Martino corpo di biscia, dove sei stato sangue di biscia, dove sei stato dove sei stato Martino? UOMINI Sono stato al mercato Marianna corpo di biscia, sono stato al mercato sangue di biscia, sono stato al mercato sono stato al mercato Marianna DONNE Cosa hai comprato Martino corpo di biscia, cosa hai comprato sangue di biscia, cosa hai comprato cosa hai comprato Martino? UOMINI Un cappellino Marianna corpo di biscia, un cappellino sangue di biscia, un cappellino un cappellino Marianna DONNE Quanto l’hai pagato Martino corpo di biscia, quanto l’hai pagato sangue di biscia, quanto l’hai pagato quanto l’hai pagato Martino? UOMINI Cinque e trentotto Marianna corpo di biscia, cinque e trentotto sangue di biscia, cinque e trentotto cinque e trentotto Marianna DONNE L’hai pagato troppo Martino corpo di biscia, l’hai pagato troppo sangue di biscia, l’hai pagato troppo l’hai pagato troppo Martino UOMINI Sono io il padrone Marianna corpo di biscia, sono io il padrone sangue di biscia, sono io il padrone sono io il padrone Marianna DONNE Ti do uno schiaffone Martino corpo di biscia, ti do uno schiaffone sangue di biscia, ti do uno schiaffone ti do uno schiaffone Martino INSIEME Facciamo la pace Marianna/Martino corpo di biscia, facciamo la pace sangue di biscia, facciamo la pace facciamo la pace Marianna/Martino INSIEME Facciamo un ballo Martino/Marianna corpo di biscia, facciamo un balletto sangue di biscia, facciamo un balletto facciamo un ballo Martino/Marianna DONNE Sono tre giorni che piove e nevica e mio marito è ritornato a casa per non perderlo tra la neve l’ho chiuso dentro casa |
NOTE
1) sono i tre giorni della Merla
2) anche scritto come “se perduu in la fiòcca“
3) credo s’intenda “folle” come lo smemorato di Collegno o semplicemente Martino si è dimenticato di essere sposato
4) Iannacci dice: Gh’hoo dà cinq frànch (gli ho dato cinque franchi)
5) il canto della rievocazione termina con le strofe del balletto riappacificatore: il finale cabarettistico invece lascia l’ultima parola alla donna, la vera padrona della casa, che rinchiude il marito a chiave per non lasciarlo andare all’osteria.
FONTI
https://www.popolis.it/i-canti-della-merla/
http://www.prolocosoresina.it/wp-content/uploads/2015/01/LA-MERLA.pdf
http://www.mondodelgusto.it/2010/01/29/testo-canto-della-merla-secondo-tradizione-pianengo-cremona/