Una passerella tra le rive armoricane e americane

Youenn Gwernig: Perak?
Youenn Gwernig: Perak?

Perak? è l’omaggio a Youenn Gwernig nell’anniversario della sua scomparsa, il 29 agosto 2006.

Pochi armoricani hanno espresso la propria storia oltre-Atlantico in bretone e in inglese in un meticciato ritmico e sonoro, forse solo lui. Dopo il lavoro giovanile alla scultura delle poltrone Luigi XV, dodici anni di vita da emigrante tra il 1957 e il 1969.

Dodici anni di vita new-yorkese con la nostalgia in tasca. L’infanzia di Scaër, il menhir di San Giovanni, la Foresta di Coatloc’h erano come un’armonia persa per strada. Le lattine di birra a New York, la compagnia di Haydn, Mendelssohn, Mozart, Stravinski e la volontà di esprimersi in una lingua che nessuno conosceva ma a cui sentiva di appartenere.

2 maggio 1980: “Il nostro villaggio è il mondo,
la Terra che abbiamo intorno, è grande, quello che abbiamo intorno…”

“Perak?”, “Me Garfe” e “El Barrio” sono le canzoni interpretate durante l’intervista

Le coccinelle: Perak?

Le poesie gli venivano unicamente in bretone. Youenn Gwernig, la povertà liberatoria in faccia alla ricchezza alienante della metropoli.


PERAK?

Glao a ra breman
Brao but er ger
Mat en em gavomp’tal an tan
Glao a ra breman
Ha tud a c’hervel
Ha tud a vervel
Dindan ar glao

Heol a ra breman
Brao bout er park
O sunan ouzh brann an Douar
Heol a ra breman
Ha tud a c’hervel
Ha tud a vervel
Dindan ar glao

PERCHÈ?

Adesso sta piovendo
Siamo a casa
Tutti insieme accanto al fuoco
Adesso sta piovendo
E c’è gente che piange
Gente che muore
Sotto la pioggia

C’è il sole
E noi siamo nei campi
E mangiamo i frutti della Terra
C’è il sole
E c’è gente che piange
Gente che muore
Sotto la pioggia


ME GARFE

E peuc’h ar c’hoad me ‘garfe mont
Gant va merc’hig ur wechig c’hoazh
He dorn em dorn me ‘garfe mont.

War gwele flour ar man
Hep larout ger nemet selaou
Ouzh ene kuzh ar gwez o hiboudin.

Ha war hon pouezig dont d’ar gêr
Hon daou da vare koan

MI PIACEREBBE

Mi piacerebbe andare nella pace della foresta
ancora una volta con la mia piccola bambina
Con la sua mano nella mia mano, mi piacerebbe camminare
Sul soffice letto di muschio
Senza dire niente, solamente ascoltando
Mormorare l’anima nascosta degli alberi

E dolcemente rientrare a casa
Insieme all’ora di cena


EL BARRIO* IL BARRIO

Ur verc’hodenn kollet ganti
He divrec’h hag he bleo
Ur verc’hodenn e loustoni
El Barrio

Klangadiglangadomm dans ar poubellennoù
Lu ar sailhoù diroll a sailh war riblennoù
El Barrio
Ur verc’hodenn ur vaouez kozh a furch

Kollet ganti n’oar den petra
He divrec’h treut er boubellenn
Hag he bleo reut louedet lous
Ur verc’hodenn ur vaouez kozh
E loustoni
El Barrio

* Nei paesi dell’America Latina (ma anche in Irlanda), viene comunemente definito barrio la zona più depressa di una qualsiasi città, caratterizzata dalla presenza di abitazioni precarie e dalla totale assenza di servizi. Altri termini analoghi in luoghi differenti sono favela, slum, baraccopoli.

Una bambola che ha perduto
Le braccia e i capelli
Una bambola nel sudiciume
Del Barrio

Clangadiglangadomm è la danza dei cestini dei rifiuti
L’esercito di cestini dei rifiuti danza sui marciapiedi
Del Barrio
Una bambola, una vecchia donna perquisita

Ha perduto qualcosa
Le sue braccia magre nel cestino dei rifiuti
I suoi capelli grigi e sudici
Una bambola, una vecchia donna
Nel sudiciume
Del Barrio

Traduzioni italiane di Flavio Poltronieri
(dal volume “Koroll Ar C’hleze” – Danza della Spada – Raccolta di testi bretoni contemporanei – 1985)

L’esilio diventato rivelatore d’identità anche grazie agli incontri con altri appartenenti a minoranze spesso emarginate. Nelle sue liriche si legge la gioia di vivere e di libertà che si accompagna ad una quiete ardente. L’opera poetica di Youenn Gwernig oscilla tra meraviglia e compassione, malizia e tenerezza. In quel lontano periodo del suo rientro in Bretagna, così ardente di contestazione e rivendicazione generalizzata, anche ciò ha avuto un suo ruolo nel risveglio collettivo delle coscienze. Era un tempo primaverile e l’dentità di ciascun essere e di ciascun popolo doveva fiorire, dai fienili alle colline, alle vallate. E una eco amplificava il bisogno di comunione. I bicchieri si riempivano velocemente delle storie e delle canzoni, in un nuovo autunno di sogni dai colori multipli, là nella Bretagna interiore.
Ricordiamo anche la figlia maggiore Annaïg che il 24 aprile dell’anno scorso ci ha lasciati (oltre alle altre due figlie Gwenola e Marie che lo hanno spesso accompagnato nel canto).

Annaïg e Gwenola alla 92 edizione del festival de Cornouaille a Quimper del luglio 2015 .
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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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