Scriccioli di vari tipi

scricciolo a tre bande
Dreolan-kabell-flamm

Una volta nel Finistère erano più numerosi gli Scriccioli Euroasiatici, oggi sono quelli crestati e quelli a tre bande (Dreolan-kabell-flamm). Il primo non ha strisce di piume bianche sulla testa e possiede un sopracciglio nero e uno bianco, il secondo invece quando ha una fascia gialla sulla testa è femmina, se ce l’ha arancione è maschio. Sono uccellini bellissimi e codardi, sempre in movimento. Sulla Penisola di Crozon ce ne sono a migliaia.

Lo scricciolo è il Re degli Uccelli. Ha sempre ispirato leggende e canti meravigliosi.

WREN SONGS

Steeleye Span riprendono il canto della notte della vigilia dell’Epifania alla Contea di Pembroke, per festeggiare la fine dell’inverno, quando viene portato di porta in porta dentro una cassetta inghirlandata. Un Re vestito della miglior seta e nastri rari per questo canto di questua, propiziatorio di salute, amore e pace.

APPROFONDIMENTO Please to see the king
https://terreceltiche.altervista.org/hunting-the-wren-the-king/

Steeleye Span: “Please to see the king” o semplicemente “The King” proviene da Pembrokeshire in Galles, ed è tradizionalmente cantato a Santo Stefano.

Lo scricciolo è un Re anche furbo perché la leggenda narra che quando si trattò di decidere chi dovesse fare il monarca e si scelse di attribuire il titolo all’uccello che sarebbe volato più in alto, salì sul dorso dell’aquila e così vinse. Ad un certo punto, prese anche delle sembianze rivoluzionarie, durante la rivolta dei contadini del 1381. In varie leggende lo scricciolo rappresenta la tirannia della proprietà baronale a cui bisognava porre fine con la sua uccisione e la conseguente ri-distribuzione dei beni ai contadini. L’antico canto magico di uno spaventoso uccello gigantesco prese un nuovo significato simbolico, mutandosi quindi nel minuscolo scricciolo. Fatto sta che l’enorme animale alato sarebbe stato difficile da catturare ma avrebbe sfamato il popolo, l’uccellino esattamente il contrario. Ironia e segreti della mitologia foklorica popolare.

Royston Wood & Heather Wood (si veda la loro scheda in The Young Tradition)
Steeleye Span

APPROFONDIMENTO The Cutting Wren
https://terreceltiche.altervista.org/hunting-the-wren-the-cutty-wren/

Per i Druidi lo scricciolo era sacro e in varie antiche religioni veniva prima protetto e poi sacrificato per il bene e la fertilità di tutti, ogni sette anni. Sette anni era anche il tempo che durava in Irlanda lo sposo della regina prima di venire sacrificato come lo scricciolo. In Galles perfino il calendario veniva mutato in onore del rito degli scriccioli.

L’an-dro dello scricciolo

In Bretagna c’è un an-dro a lui dedicato che ho ascoltato dal flauto di Jean-Michel Veillon e che è stato ripreso anche dai Tri Yann per fornire la melodia al brano di apertura di Urba, Kerfank 1870 (che parla di tutt’altro). Ma esiste traccia discografica anche precedentemente ad opera dello sconosciuto gruppo Kistinidiz, sotto il titolo Gweharall. In ogni caso, in Bretagna gli an-dro, quando non hanno un testo, sono spesso senza titolo. Sono an-dro e basta.

Jean-Michel Veillon & Yvon Riou
Kistinidiz

Gli Scriccioli del Curragh

Scriccioli del Curragh la comunità di donne irlandesi del 19° secolo
Scriccioli del Curragh

Gli “Scriccioli del Curragh” furono una comunità di donne irlandesi del 19° secolo, che vissero per decenni al di fuori dalla società civile riconosciuta, nelle pianure di Kildare. Molte di loro erano lavoratrici del sesso nel limitrofo Campo Militare. La maggior parte erano rimaste orfane a causa di una tremenda carestia e la prostituzione era finita per essere l’unica maniera di sussistere che avevano trovato. Qualcuna, originariamente era pure stata allevata in una famiglia agiata. Venivano chiamate “scriccioli” perché dormivano dentro le cavità del terreno, negli argini o nei fossati, ricoperte di cespugli, il che li rendeva questi luoghi assai simili ai nidi che fanno appunto gli scriccioli.

Si erano organizzate per condurre uno stile di vita comunitario e condividevano tutto: dal (poco) denaro, al cibo, all’assistenza ai bambini. Gerarchie non ne esistevano. Dipendevano economicamente soprattutto dai soldati ma lavoravano anche indumenti a maglia, che tentavano poi di vendere ai mercati. Alcuni dragoni riconoscenti, le fornivano, un paio di volte alla settimana, di acqua fresca e qualche genere alimentare. Inutile sottolineare che queste donne erano abbandonate, emarginate, respinte e, in generale, alquanto malviste: c’era chi si lamentava perché gravavano sulle tasse della comunità “per bene” e chi per il “pessimo esempio di corruzione morale che fornivano alla società”.

Nessuna pietà, nessun soccorso

Il grande romanziere inglese Charles Dickens, nel 1864, sei anni prima della morte, compose indimenticabili pagine indignate e solidali nel proprio diario, su queste povere creature, sotto il titolo “La Pietra dei desolati” (Stoning the Desolate).

Tra i meno dotati di umanità, proprio il cappellano presbiteriano del campo che nel 1877, arrivò a scrivere una lettera al quotidiano londinese “The Times”, lamentandosi della loro presenza. Un altro prete recatosi nella caserma di Newbridge, chiese all’ufficiale di comando di distruggere le baracche di queste disgraziate, che vennero infatti date alle fiamme. Avendone poi incontrata una per strada, le strappò lo scialle e prese a frustarle le spalle a sangue, mentre la poveretta piangeva e urlava per il dolore senza che nessuno della folla circostante osasse intervenire. Così nel gelo invernale, la tapina, dal dolore, non poté neppure coprirsi con gli stracci durante i giorni a venire. Ma il gelo dell’anima di chi assistette alla scena non era inferiore: nessuno fu udito pronunciare neppure una sola parola di pietà. Mai nessuno però, udì neppure lei dire una parola di odio verso quel perfido uomo in tonaca. In Inghilterra una simile azione sarebbe stata probabilmente punita dalla legge ma non nell’Irlanda dell’epoca. Perché il feroce credo religioso di quel tempo, che non ammetteva misericordia nelle strade di Dublino, era ancor più spietato nei vicoli di Cahir, Limerick, Buttevant, Athlone o Templemore. Altro che “Opere di Misericordia Corporale”.

Per queste donne la vita era solamente un lungo peccato e una miseria incessante. Esposte al sole cocente o al gelo furioso, perseguitate mentre in giro veniva predicata sugli altari “la pace in terra” e “la buona volontà”. Dunque quando trovavano un fossato sufficientemente profondo e asciutto sul ciglio della strada, lo ricoprivano con del fieno raccolto in giro e con dei rami d’albero caduti. Sul Curragh la pioggia è spesso battente, il vento del nord non dà tregua e il nevischio scende per molti mesi all’anno. Anche le pecore e gli agnelli cercano riparo ma la polizia era impietosa davanti a loro, rannicchiate nei fossi, seppur totalmente inermi ed innocue. Quando nevicava copiosamente, seguendo l’esempio degli Esquimesi, si sdraiavano con la schiena all’insù.

La cantante irlandese Jane McNamee, originaria di Clonmore, County Offaly, canta una meravigliosa canzone in onore di queste donne, “The Curragh Wrens

“Per un centesimo ti darò il mio corpo, per due penny ti venderò la mia anima”

Ollie Kennedy ha poi scritto una canzone con lo stesso titolo ma il testo non fa riferimento alle donne, bensì al punto di vista di un soldato del campo.

Più recentemente, anche il gruppo alt-folk irlandese Lankum (già Lynched) ha inserito il brano “Hunting the Wren” in chiusura del proprio disco The Livelong Day (Rough Trade, 2019)

Il cui testo allude chiaramente alle donne di Curragh: “Acuto è il vento, fredda la pioggia, dura è la giornata, che dura tutta la vita sulla vasta pianura. Dall’incavo di Donnelly, sotto tristi nepe e ginestroni c’è un giovane scricciolo che dai santi è stato maledetto….si accalcano intorno i soldati, con le loro giacche così rosse…”

Sulle donne del campo militare di Kildare sono state scritte anche altre canzoni, come Jenny Wren di Frank Callery (2021) e Jenny Wren di Paul McCartney (2005) “Come molte ragazze Jenny Wren sapeva cantare ma un cuore spezzato portò via la sua anima. Aveva visto la povertà distruggere la sua famiglia e guerrieri feriti hanno portato via la sua canzone…ma verrà il giorno in cui Jenny Wren canterà ancora, quando questo mondo rotto aggiusterà la sua strada insensata…”

LINK
http://www.kildare.ie/ehistory/index.php/stoning-the-desolate/
https://www.wikiwand.com/en/Wrens_of_the_Curragh
https://irishorigins.wordpress.com/2017/11/06/the-wrens-of-the-curragh/
http://www.curragh.info/articles/wrens.htm

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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