Pelorus Jack: la storia di un delfino e di una country dance

“Peloro: un nome dai tanti significati legati al mare” pubblicato su Rivista Marittima (fascicolo n° 1 del mese di gennaio 2016) una dissertazione sul significato del termine Peloro: il Capo Peloro di Messina (detto anche Capo Faro o Punta del Faro); un nome mitico (la divinità del mare dei Pelasgi detto Peloros, il gigante, ma anche la ninfa Pelorias) e il leggendario pilota di Annibale, Pelorus; un apparecchio nautico detto Peloro (Pelorus o dumb compass – in italiano bussola muta); il nome di una nave a vela e infine di un delfino, il famosissimo Pelorus Jack.  (Articolo pubblicato su Rivista Marittima fascicolo n° 1 del mese di gennaio 2016)

Pelorus Jack: il nome di un delfino

(in stalcio da “Peloro: un nome dai tanti significati legati al mare” -Rivista Marittima fascicolo n° 1 del mese di gennaio 2016)

Molte culture hanno assegnato ai delfini un posto speciale tra gli amici e i protettori degli umani. I Maori parlavano di loro come di «taniwha», o spiriti degli abissi, guide e guardiani per gli umani. Quella di Pelorus Jack, Tuhirangi (17) per i Maori, è la strana storia di un figlio del mare appartenente alla specie grampus griseus, che gli anglosassoni chiamano Risso’s dolphin (italiano Grampo). Alla nascita è di colore grigio chiaro, che con l’età scurisce e, da vecchio, diventa quasi del tutto bianco. Il nostro Jack era descritto come un delfino di colore bianco-grigio, di lunghezza tra 12 e 15 piedi (3,5-4,5 m), forse un maschio, pure se il suo sesso non fu mai ufficialmente determinato.

Il primo avvistamento è del 1871, a opera della goletta Brindle, in viaggio da Boston a Sidney. A causa del cattivo tempo, il capitano aveva deciso, di non aggirare D’Urville Island, ma di affrontare il French Pass (Te Aumiti), una pericolosa scorciatoia tra il Cook Strait e la Tasman Bay. Mentre la Brindle si avvicinava al Pass (18), i marinai videro il grampo saltare fuor d’acqua precedendo la nave quasi a indicare una rotta sicura, che le consentì di superare il difficile canale. Negli anni Ottanta dell’ottocento, un certo capitano Massey, affermò «lo battezzai Pelorus Jack, appellativo con cui è noto in tutto il mondo». Per opinione diffusa, il nome deriverebbe dall’accostamento di quello del Sound e «jack tar», il nomignolo del generico marinaio. Chi scrive, peraltro, ha buoni motivi per dissentire da questa interpretazione (19).

All’altezza del Pelorus Sound il delfino raggiungeva le navi dirette a Nelson, nella Tasman Bay, e le precedeva lungo tutta l’Admiralty Bay fino al French Pass, senza attraversarlo. Nel percorso inverso incontrava le navi all’uscita del Pass, e rimaneva con loro fino al Pelorus Sound, prima di andarsene per proprio conto. La sua fama dilagò, e la popolazione fece pressioni sulle autorità affinché fosse adottata una legge per la sua protezione. Nel 1904 il Governatore della Nuova Zelanda emanò un decreto che rendeva illegale la cattura della specie grampus griseus nelle acque dello Stretto di Cook «o anche di quelle delle baie, dei sound o degli estuari». Così Pelorus Jack fu il primo animale espressamente protetto da una legge.
Un giorno i piroscafi che attraversavano l’Admiralty Bay, cercarono invano il suo dorso bianco, ma nessuno voleva credere che potesse essere morto. Come tutti i personaggi simili, egli aveva raggiunto una specie d’immortalità; i Maori sostenevano che avesse mille anni. La sua morte fu riferita nel 1911, ma egli riapparve brevemente nel 1912, per poi svanire per sempre. Il mistero circonda la sua fine. Molti credono che sia stato arpionato da baleniere norvegesi al largo del Pelorus Sound, nel tardo aprile 1912. Un anonimo, in punto di morte, confessò di aver aiutato a sopprimere un delfino spiaggiato, che riteneva Pelorus, rimanendone ossessionato per il resto della vita. Uno dei guardiani del faro di French Pass, invece, sostenne che Pelorus Jack si fosse arenato su una spiaggia dove la sua carcassa imputridì. Testimonianza verosimile, giacché il delfino, avendo più di 30 anni, probabilmente, era morto di vecchiaia. 

Questa meravigliosa creatura vive ancora, in vari modi, nel ricordo e nella tradizione del popolo neozelandese. Anche quando tutti i racconti su di lui siano stati depurati dei loro risvolti fantastici, rimane il fatto che per più di 30 anni aveva scortato le navi per sei o sette miglia attraverso l’Admiralty Bay, se non proprio nel porto di Wellington, come avevo letto anni prima.

NOTE
(17) Tuhirangi era il taniwha che guidò la nave di Kupe (mitico navigatore polinesiano) da Hawaiki, la terra ancestrale del popolo Maori. All’arrivo ad Aotearoa, Tuhirangi si fermò nelle pericolose acque di Te Au-miti (French Pass), dove viveva in una grotta nota ai Maori come Kaikaiawaro. Alla comparsa di Pelorus Jack, essi lo indentificarono con Tuhirangi.
(18) Il Pass è largo 500 metri, con rocce affioranti e correnti irregolari fino a otto nodi, ma il canale navigabile si restringe a 100 metri, e il fondale è una secca di 20 m.
(19) I balenieri denominavano specifici esemplari con il nome della zona frequentata, accompagnato dal diminutivo di un nome proprio. Esempi si trovano in Melville già nel titolo: Moby Dick, nome reale Mocha (Isola al largo del Cile) Dick. Nel cap. 45 – Affidavit (testimonianza) – sono elencati anche: Timor Tom, New Zealand Jack (poco oltre chiamato New Zealand Tom), Morquan del Giappone e Don Miguel del Cile. Ritengo, quindi, che Jack sia riferibile al diminutivo di John o James, piuttosto che a Jack Tar. Il nome suonerebbe, quindi, come «Giovannino (Giacomino) del Peloro».

Tale fu l’impatto della vicenda che a Pelorus Jack  venne dedicata non solo una danza ma anche una particolare coreografia dei passi detta dolphin reel.

La scottish country dance

“La danza è descritta da Barry Skelton (RSCDS Book 41) ed è abbinata alla Christian Catto jig composta da Allan Kindness. La prima pubblicazione della danza Pelorus Jack risale però al 1994 in “The Dolphin Book” in cui Barry Skelton descrisse una decina di scottish country dances dedicate ai mammiferi degli oceani: Skelton è neozelandese di Auckland e non poteva non creare una coreografia al “Giovannino del Peloro” così caro alla tradizione.
(Un piccolo equivoco è sorto intorno alla musica annotata nel Dolphin Book  “Suitable Music: The Peterhead Express” ma The Peterhead Express non è altro che la coreografia di una danza scritta da Andrew Paterson abbinata alla Christian Catto jig! -Christian Catto è il nome di un insegnante di danza popolare locale a cui Allan Kindness (1936-2014) dedicò la composizione.)
La coreografia della Pelorus Jack non presenta grosse difficoltà tranne il Dolphin reel (detto anche Tandem reel) la “figura di otto” in cui i danzatori della coppia leader si muovono come una cosa sola, uno dietro l’altro a imitare la grazia e l’agilità dei delfini – un reel di 3 in cui uno dei danzatori è seguito da una quarta persona affiancata in coda. ” [Nota di Cattia Salto]

The reel proceeds in the normal way, except that when the couple turns at each end of the reel, they turn individually, without passing each other, so that if the man is leading in one direction the woman is leading in the other, and vice versa. (tratto da qui)

(la figura si svolge in modo normale tranne che quando i due arrivano alla volta del reel, si girano individualmente senza superarsi, così se l’uomo è in testa in una direzione la donna condurrà nell’altra e viceversa. )

Una danza da livello avanzato che nel video dimostrativo dispiega tutta la sua eleganza.
VIDEO: le spiegazioni passo passo a cura di Robbie Shepherd

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Pubblicato da Italo Ottonello

Contrammiraglio in congedo assoluto. Cultore delle tradizioni marinare e della vita di mare all’epoca della vela, in particolare nella Marina britannica ai tempi di Nelson. Collabora con la Rivista Marittima dal 1985.

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