Next Time Around [Sandy Denny]

Anche tralasciando ipotetici, metaforici riferimenti alle tragiche vicende infantili riguardanti Jackson C. Frank[1] per cui rimando la lettura del mio articolo pubblicato da Blogfoolk Magazine qui: https://www.blogfoolk.com/2024/08/jim-abbott-jackson-c-frank-la-luce.html
un po’ tutto il testo di “Next Time Around” di Sandy Denny è farcito di rimandi relativi al compianto cantautore (che per qualche mese fu suo fidanzato).

Next Time Around

da: The North Star Grassman, 1971

Oltre alla citazione della città di Buffalo e di Theo Johnson, in più punti sembra proprio una risposta alle frasi di “Dialogue” di Jackson, contenuta nel suo unico disco: “Vorrei stare solo, ho bisogno di toccare ogni pietra di fronte alla tomba in cui sono cresciuto…i cambiamenti che non dovevano succedere trascinano le ore nel mio ricordo, cantami una canzone d’amore che dica – non devi mai, mai restare solo…”
Risulta pressoché impossibile non pensare fosse una canzone a lui rivolta.


Then came the question and it was about time
The answer came back and it was long
The house it was built by some man in a rhyme
But whatever came of his talented son?
Who wrote me a dialogue set to a tune?
Always you told me of being alone
Except for the stories about God and you
And do you still live there in Buffalo?

They put up the walls with no more to say
Nobody stopped to ask why it was done
The stream was too far and the rain was too high
So into the city the river did run
Because of the architect the buildings fell down
Smothered and drowned all the seeds which were sow
I wish I were somewhere, but not in this town
Maybe the ocean next time around

I seem to remember the face and the name
But if it’s not you, I won’t care
I know of changes, but nothing would change you
To Theo the sailor who sings in his lair

And then I’ll turn and he won’t be there,
Dusky black windows to light the dark stair
Candles all gnarled in the musty air
All without flames for many’s the year

– traduzione italiana Flavio Poltronieri –
Poi venne la domanda e riguardava il tempo (1)
La risposta tornò indietro ed era lunga
La casa venne costruita da qualcuno in una rima
Ma cosa è stato del suo talentuoso figlio?
Che mi scrisse un dialogo in una canzone? (2)
Mi dicevi sempre di essere solo
Tranne che per le storie su te e Dio,
Vivi ancora laggiù, a Buffalo? (3)

Hanno tirato su i muri senza nient’altro da dire
Nessuno si fermò a chiedere perché l’avevano fatto.
Il ruscello era troppo lontano, la pioggia troppo forte
Così il fiume inondò la città.
Per colpa dell’architetto le costruzioni crollarono
Dissodati o annegati tutti i semi che erano stati seminati
Vorrei essere da qualche parte, ma non in questa città
Magari nell’oceano, la prossima volta

Mi sembra di ricordare la faccia e il nome
Ma se non sei tu, non è importante
Conosco i cambiamenti, ma niente può cambiare te
In Theo (4), il marinaio che canta nel suo rifugio

E poi mi volto e lui non è più lì,
Finestre oscure per illuminare la scala buia
Candele tutte contorte nell’aria ammuffita
E tutte senza fiamma per anni e anni

NOTE
(1) è ipotizzabile si riferisca a “Who Knows where The Time Goes?” famoso hit della Denny composto proprio in quei tempi
(2) cita e in parte risponde al brano “Dialogue” di Jackson
(3) Buffalo è la città natale di Jackson.
(4) L’ex- marinaio Theo Johnson fu una delle prime persone incontrate da JCF al suo arrivo in Inghilterra nella primavera del 1965. Personaggio allora ben conosciuto nell’ambiente folk londinese, incoraggiava i giovani musicisti e, per qualche mese, lo fece anche con lui (specialmente al Barge Club). La frase “sings in his lair” deriva dal fatto che Theo aveva un certo potere decisionale anche presso un pub di Richmond Upon Thames dove si esibiva personalmente. Ma non era per nulla apprezzato dagli altri musicisti e, anche questo, la Denny sottolinea nella canzone. Le dichiarazioni dei frequentatori, riguardanti l’atmosfera generale che si respirava sottocoperta al Barge, sono poi esattamente concordanti con quelle dalla Denny descritte in conclusione del pezzo (odore di muffa, poca luce, candele, scala pericolosa, finestre scure).

Who Knows where The Time Goes? 1967
Dialogue 1965

[1] Jackson C. Frank cantautore statunitense, la cui vicenda discografica si svolse nella Londra degli anni ‘60, all’interno della primavera del folk revival anglosassone.. In quelle affascinati e lontane scene folk londinesi diventate oramai storia, lo frequentarono e conobbero da vicino, artisti che diventeranno poi famosi, come Paul Simon, Al Stewart, Sandy Denny, Tom Paxton, Bert Jansch, Donovan, Heather Wood, Art Garfunkel, Roy Harper, John Renbourn.
https://www.blogfoolk.com/2024/08/jim-abbott-jackson-c-frank-la-luce.html

https://athosenrile.blogspot.com/2023/03/who-knows-where-time-goes-il-capolavoro.html

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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