Il Mare, il Fiume e il Canale

In Bretagna i canti del mare e le musiche marinaresche non sono l’unico patrimonio acquatico e il vasto oceano non è la sola fonte di ispirazione per scriverne. Anche i fiumi hanno i loro cantori e la loro tradizione. Perfino i canali. Nel 1975, Gilles Servat immortalò una volta un suo triste amore giovanile nelle acque di quello di Saint-Martin a Parigi, su una musica contemporanea originale del fiatista Jean Querlier. Tra germogli d’aprile che cadevano dai platani urbani e battelli neri che passavano lenti nella notte col loro corpo carico di sale, nel tunnel sotto Boulevard Richard-Lenoir. Il canale attraversa tutti i quartieri orientali de La Grande Ville1, che Honoré de Balzac diceva essere “un oceano”.

(1) Al di là di quello che si può pensare, Parigi è una delle più piccole capitali del mondo. E’ sei volte più piccola di Madrid, nove volte più piccola di Berlino, dodici volte più piccola di Roma e quattordici volte più piccola di Londra. È anche più piccola di Stoccolma, Dublino o Reykjavik. Tra le quaranta città più popolose dell’Unione Europea, solo Barcellona, ​​Atene e Copenaghen le sono inferiori per dimensioni. E, grazie alla sua omonima foresta, perfino il comune di Fontainebleau, nella Seine-et-Marne, supera nell’Île de France, quello di Parigi per estensione.

Il Canale di Saint-Martin

canale di Saint-Martin
Il canale di Saint-Martin al chiaro di luna (Stanislas Lépine)

In Francia, il bretone Servat non è stato il primo a omaggiare il canale di Saint-Martin, prima di lui perfino Edith Piaf lo cita, addirittura nel 1936, cantando Les Mômes de la cloche (scritta da Vincent Scotto e Decaye). E in seguito lo faranno anche Michel Polnareff nel 1970, in Avec Nini e il povero Mano Solo (all’anagrafe Emmanuel Cabut), nel 1993 nella canzone Chacun sa peine. E poi il gruppo rock Les Fatals Picards nel 2009, con un pezzo omonimo a quello di Gilles Servat, all’interno del loro disco Le sens de la gravité. Da ricordare inoltre due pittori: Stanislas Lépine che lo ha raffigurato in due dipinti alla fine del 1800, così come fece l’impressionista inglese Alfred Sisley, a più riprese tra il 1870 e il 1986.

Il fiume traccia un segno su una pagina tutta bianca

Ci sono dei fiumi dagli estuari estinti che sembrano scorrere lentamente in tondo come in un ballo.
A noi umani piace immaginare sia una specie di malinconia per un mancato abbraccio marittimo o magari come una specie di nostalgia per non aver partorito qualche grosso transatlantico. Ma non è così. Il fiume traccia un segno su una pagina tutta bianca. E’ un fenomeno primordiale che riesce col suo scorrere a disegnare vie e confini anche su una terra che in origine non ha cammini.

Il fiume è muto per un suo impulso esistenziale mentre va verso il proprio delta, oppure ha appena parlato di qualcuno o qualcosa che sta già sparendo in lontananza. Le sue acque precipitano nella poesia in forma mitologica e nella musica in forma simbolica, mescolando la purezza della sorgente con il tempo che passa, i fianchi delle montagne con il cataclisma dell’alluvione, la quiete dei meandri con la fragranza sacra, l’irreversibilità della via dell’inferno con quella del paradiso.

Le canzoni dei fiumi in Bretagna

In Bretagna, il poeta Victor Segalen2 diceva: “il fiume non tende verso il mare che lui ignora, ad ogni istante gode il suo scorrere che può credere eterno”. Le acque del fiume sono diverse da quelle dell’oceano ma come esse si nutrono anche di canzoni. Il fiume ha le movenze di un treno. Alle sue idee basta prestare fedeltà alla corrente, per credersi al centro del mondo. Si attorciglia e rotola, non percuote la riva come il mare ma la accarezza. Il flusso turbolento dell’acqua la ama in maniera idrodinamica. Solo talvolta il fiume apre ai suoi ricordi e spesso i suoi dèi attraversano gli specchi.

In Bretagna c’è la Vilaine e ci sono i fiumi costieri come l’Aber Wrac’h, la Laïta, l’Aulne, l’Aber-Benoît. Kristen Noguès con le sue corde d’oro ha evocato lo Skorf. Gilles Servat ha cantato la Loira. L’arpa di Myrdhin ha musicato le onde della Rance. Senza dimenticare le vicende dell’esistenza e relative canzoni nate lungo tutti i chilometri del mitico Canale che va da Nantes fino a Brest.

(2) Victor Segalen, nato a Brest nel gennaio del 1878, è stato un grande “irregolare” del 900 francese. Scrittore, poeta, etnografo, archeologo, sinologo, teorico dell’arte e critico letterario. Ha trascorso l’adolescenza girando per la Bretagna in bicicletta. Dopo aver studiato medicina navale, fu inviato come medico a Tahiti, dove arrivò nel 1903, circa tre mesi dopo la morte di Gauguin. Viaggiò molto nella sua vita e, in una parte di essa, visse anche in Cina, dove prestò le sue cure alle vittime della tremenda peste in Manciuria. Dedito all’uso dell’oppio, le crisi depressive lo portarono ad un ricovero nell’ospedale psichiatrico e ad una seguente convalescenza ad Algeri.

Morì nel maggio del 1919. Fu misteriosamente rinvenuto senza vita, tra il fogliame ed il proprio sangue, con una copia dell’Amleto accanto, all’interno della foresta pietrosa di querce e faggi vicino a Huelgoat, proprio la Broceliande dove sono nate le leggende legate al ciclo di Re Artù. Il fatto di trovare la morte in circostanze poco chiare, in mezzo al “caos granitico” ha alimentato numerose fantasie nei confronti di questo intellettuale, come pure il fatto che il governo francese nel 1934 abbia iscritto il suo nome sui muri del Pantheon dichiarandolo “morto per la Francia durante la guerra del 1914-18”.

Myrdhin De La Source A L’Océan: La Rance 2016
canale di Nantes a Brest
Mappa dei canali navigabili in Bretagna: il canale di Nantes à Brest taglia la Bretagna in due

IL CANALE DA NANTES A BREST

Il motivo che spinse Napoleone Bonaparte a concretizzare infine questo ben più antico progetto e iniziare la costruzione di un canale che taglia letteralmente in due la Bretagna, fu prettamente militare. Intendeva così rispondere al blocco imposto dall’ammiraglio inglese Sir William Cornwallis ed unire gli arsenali di Brest e Lorient con quello di Nantes. L’idea di aprire una via di navigazione interna alla regione però risaliva al 1769 ed era stata pensata soprattutto per ovviare ai pochi percorsi percorribili della sua parte centrale, che infatti a quel tempo era denominata “la Siberia di Bretagna”. I lavori costarono immani fatiche e durarono parecchi decenni, Napoleone nel frattempo fece in tempo a morire all’Elba nel 1821 e l’inaugurazione avvenne da parte di Napoleone III nel 1858.

Nove anni di fatiche

Moltissimi uomini scavarono e scavarono a prezzo della vita: contadini e operai ma anche i prigionieri di guerra spagnoli del campo Jarriais (catturati dopo la rivolta di Madrid del 1808) e i detenuti di Belle-Ile (trasferiti dal 1823 nel Campo di Glomel). Questi 4000 disperati dovettero spostare tanta terra e rocce quante ne servirono per la costruzione di una grande piramide d’Egitto. Nove anni di fatiche per una trincea lunga più di tre chilometri, larga cento metri e profonda ventitré. Tre milioni di metri cubi di terra rimossi con pale e picconi e trasportati con carri o sul dorso delle schiene. Il canale rimase interamente navigabile fino al 1930. Poi lo sbarramento idroelettrico di Guerlédan (45 metri di altezza, 206 di lunghezza e 36 di base) decretò la fine della navigazione nella sua integralità.

I canti della tradizione musicale bretone sul canale

In mezzo a tutti i cantici della tradizione musicale bretone c’è anche quello struggente che illustra il passaggio del canale da Nantes a Brest davanti all’antica Abbazia Cistercense di Notre-Dame di Timadeuc, nei pressi di Rohan, dal titolo Spered Santel Gwir Sklerijen.

Anne Auffret, Jean Baron, Michel Ghesquiere in Sonj (Sacred Music from Brittany – Celtic Music from Brittany -Keltia Musique -Bretagne) 2012

E non mancano lungo le sponde del canale da Nantes a Brest le canzoni che narrano le storie delle vicende umane. Come quelle della figlia sposata dalla madre di Ar Plac’h Dimeet Gand Hi Mamm o quella tradita di Ar Plac’h Manket, entrambe dovute all’informatrice M.me Citarel che abitava una casa del guardiano della chiusa del canale a Châteauneuf-du-Faou nel Pays Darloup. Due storie differenti il cui destino ha però lo stesso finale sfortunato per le due donne.

IL MUGNAIO SEDUTTORE: Ar Miliner

Immancabilmente poi si incontra la figura del mugnaio dall’inesorabile fascino (come vuole la tradizione) nei confronti delle donne. Questo che si incontra sulle rive del canale, nella canzone omonima (Ar Miliner), durante i diciotto mesi dell’assenza del suo padrone….lo renderà padre.

Il tema è ricorrente come è ben testimoniato altrove, sia in Inghilterra che in Francia, è del tutto evidente che nemmeno su queste sponde i mugnai godono di una buona reputazione!

Marig Ar Pollanton

Alan Stivell: Marig Ar Pollanton in “Reflets” 1970

Anche la storia di Marig Ar Pollanton che Alan Stivell ha reso celebre, viene dalle rive del Canale da Nantes a Brest, precisamente da Ar Vro Rouzig (Le Pays Rouzic), luogo che prende il proprio nome dal color rosso-bruno del tessuto di lino con trama in lana, usato per i costumi maschili dei contadini bretoni del 18° e 19° secolo.

Ar vraoa pahig yaouank a zo barz er hanton (x2)
Hanver a rèr anezi Marig ar Polanton (x2)

Oadet eo deuz ugent vloaz hamatrehe ouspenn
Bemde ar baotred yaouank a zeu d’e zihoulenn

Kaoz’zo dei de zimezi mes dimi ne ra ket
Digand’r kondanasion pehini neus choajet

La più bella delle ragazze mai vista nel comune
Si chiama Marig ar Polanton (1)

Ha vent’anni o forse appena di più
Ogni giorno vengono dei ragazzi a domandarla

In sposa, ma lei non si sposa
A causa della condanna che si è scelta

NOTE e traduzione italiana di Flavio Poltronieri (testo completo pubblicato in Antiwarsongs)

(1) Il vero nome di Marig ar Polanton era Marie Quéffelec, sarta viaggiante, nata il primo agosto 1880 a Brigneun, borgo del Commune di Trévagan, ai piedi del Menez Hom e morta il 26 aprile 1925 di tubercolosi. Generò sei bambini tra cui René di padre sconosciuto. Aver messo al mondo un figlio illegittimo fu all’origine della canzone. Marig a 20 anni, di notte intraprese il cammino verso Quimper alla ricerca dell’uomo che amava e che stava prestando servizio militare nell’esercito, per annunciargli la futura nascita di René. Lo trovò sul campo di manovra ma il soldato non volle saperne, temeva per la sua vita, non aveva certezze sul proprio futuro e le disse di non attenderlo. La durata della leva a quell’epoca era di tre anni e spesso la politica estera della Francia inviava le reclute nelle lontane colonie. Vorrei ricordare anche la sentita interpretazione di Louise Ebrel, che amava molto questa canzone ma non la registrò che nel 2010 a Quimper con il solo accompagnamento alla chitarra di Alain Léon. La si può ascoltare nel CD “Ma Zad Ma Mamm”.

Un bellissimo documentario (in francese) sul canale da Nantes a Brest. Leggiamo nelle note: “65 minuti con numerosi filmati d’archivio ci racconta la storia del canale Nantes-Brest.
Per la parte sonora; Musica, testimonianze di storici, ex marinai, guardiani della chiusa, diportisti, escursionisti, responsabili di associazioni, si susseguono per rendere omaggio a questo corso d’acqua e interrogarci sul suo futuro.” [C.S.]

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

6 Risposte a “Il Mare, il Fiume e il Canale”

  1. Esatto, è difficile immaginare i luoghi geografi disgiunti dalle loro storie musicali, comunque è proprio quello. Buon futuro viaggio in battello.

  2. Caro Giorgio, grazie del commento. Tutti i miei interventi bretoni su “Terre Celtiche” vivono un po’ tra realtà e immaginazione. Frugando tra appunti d’epoca, ricordi dei luoghi ed esperienze personali legate agli artisti citati, tutto si mescola e si confonde. Il passaggio a cui ti riferisci descrive l’impressionante cosiddetta “trincea dei condannati” a Créharer-Glomel, dove si trova il punto culminante del Canale, lo spartiacque tra i bacini di Blavet e Aulne.
    kenavo ha salud
    F

  3. Trovo molto belli gli articoli sulla Bretagna di Flavio Poltronieri, che oltretutto scrive benissimo. L’ultimo pubblicato sul “il mare, il fiume e il canale” poi mi intriga parecchio anche perchè ho in lista prima o poi di fare un giro per i canali di Bretagna noleggiando un battello, come ho già fatto sulla Baise. Una cosa però non mi quadra, e sono le dimensioni: scrive “Nove anni di fatiche per una trincea lunga più di tre chilometri, larga cento metri e profonda ventitré.” Sono dati un pò strani: i canali francesi sono poco profondi e anche relativamente larghi…Su wikipedia c’è scritto: “Il canale misura, da l’Erdre al Aulne, 364 km ma non è artificiale che per il 20 % della sua lunghezza, circa 73 km. Infatti ben otto corsi d’acqua sono stati canalizzati per alimentarlo o modificati per renderli navigabili, diventando i rami di una sorprendente rete navigabile bretone.
    Gli operai, talvolta mano d’opera locale, spesso reclusi o prigionieri di guerra, e gli ingegneri crearono in totale circa 600 km di via e 325 chiuse nei cinque dipartimenti attraversati dal canale.
    Turismo e diporto
    Dopo l’erezione dello sbarramento di Guerlédan la navigazione del canale è limitata ai tratti da Nantes a Pontivy e da Carhaix-Plouguer al mare. I podisti ed i ciclisti possono però percorrerne l’intera lunghezza grazie all’alzaia che lo fiancheggia.
    Nel Finistère il canale presenta 46 chiuse su 100 km, attraversa 22 comuni con numerosi porti e luoghi di soggiorno per podisti, ciclisti, cavalieri, canoisti, ecc. “

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