Lë Spìrit Folèt

Le Spìrit Folèt è una canzone piemontese erotico-satirica composta da Angelo Brofferio e inclusa nell'”Antologia della Canzone popolare piemontese tra Settecento e Novecento” a cura di Michele Straniero.

Lë Spìrit Folèt del poeta piemontese Angelo Brofferio è lo spirito di Amore, inteso come sentimento istintivo, “motore” naturale dirompente e più forte della ragione.

Nel testo abbondano i doppi sensi, ma il linguaggio non scade mai nella trivialità piuttosto nel “piccante” un po’ salottiero per far sorridere e arrossire le dame smaliziate.

Lë Spìrit Folèt (In francese Esprit follet -lutin) o più semplicemente Folèt è il temine piemontese con cui si indicano le creature fatate che vivono più a stretto contatto con gli umani. Spiritello che può essere incorporeo (come foco fatuo) o che può assumere piccole sembianze umanoidi, il folletto campagnolo del folklore si diverte ad annodare le code e le criniere dei cavalli, a rubare il latte alle mucche, a portare scompiglio nel fienile e nella dispensa.
In piemontese Spìrit Folèt per estensione è un giovanotto che fa continuamente rumore, insolenze o sfacciataggini.
In genere il folletto si prende gioco degli umani, ma senza nuocere veramente, anzi talvolta può compiere grandi atti di generosità versi gli animi onesti e gentili, come eseguire al posto loro dei lavori in casa o nei campi, oppure lasciare doni preziosi.

Lë Spìrit Folèt


Angelo Brofferio, spirito epicureo dalla conversazione brillante, di bella presenza e con un viso ricco di fascino (tipico esempio di galiné ovvero di donnaiolo impenitente) scrisse in gioventù alcune canzoni erotiche e erotico-satiriche.
Scrive Vittorio Croce “ne Lë Spìrit Folèt Brofferio fa la filosofia dell’Eros, che egli intende quale forza istintiva che tutti travolge, anche quelli che lo negano come i presunti filosofi, le vedove con l’aria da Maddalena penitente, preti e frati, la moglie separata, nòne fruste e sgangherà …”

testo in piemontese di Angelo Brofferio
I
Voi ch’iv ciame fierament
spìrit creus dël mila e eutsent
teste incrédule ch’i eghe
ch’a j’é ‘d spirit, ch’a j’é ‘d streghe,
pieve guardia dai giughét
ch’a fa ‘l folèt. (bis)
II
Sël matin dla prima età
fiëtte bele e dësgagià,
voi ch’i sente ch’av davan-a
una frev ch’a smia tërsan-a
a la larga dai pachèt
ch’a dà ‘l folèt.
III
Voi che ‘n feve vni rusnent,
fomne al sugh dël sentiment
con dle frasi elo ch’j’imàgine
dene Tròja e ne Cartàgine?
D’un sospir al trabuchèt
a j’é ‘l folèt.
IV
Pòvre vidoe, i lo seu ben
che la neuit i deurme nen:
povre vidoe, im feve pèn-a
con vòstr’aria da Madlèn-a.
Tnive al recipe segret
ch’a dà ‘l folèt.
V
Buvatass d’la castità
pòvri Prèive, pòvri Frà,
quand j’esamine quaich bela
dal përtus dla gratisela
prest un Pater che al ghicèt
a j’é ‘l folèt.
VI
Vòstre fomne a custodì
voi chi sude, ò bon marì,
j’eve bel stopé ‘d filure,
buté ‘d criche e ‘d saradure:
a la mira dël luchèt
a j’é ‘l folèt.
VII
Voi ch’i lëcche pr’un bindel
ij modion ‘d piassa Castsu Troia e Cartagine el,
voi ch’iv deuvre na cariera
‘d vòstre fomne ans la zartiera,
chi elo col ch’av dà ij brevèt?
A l’é ‘l folèt.
VIII
Cola dvòta separà
dal marì për nen fé pcà,
con sò pàroco ad dispera
ch’ai ven strèita la brassiera
pr’un fiat mihi ant un corèt
con ël folèt.
IX
Voi ch’i ségui ‘l carlevé
fra ij batman e fra ij chassé
d’una bela spartitura,
quand l’amor a bat la mzura
col ch’a son-a ‘l flagiolèt
a l’é ‘l folèt.
X
Fie, ch’iv sente toché ‘l cheur
dai sospir d’un mirlifleur
guai s’i lasse ch’a v’ambarca
con dle rime a la Petrarca:
a la cova dël sonèt
a j’é ‘l folèt.
XI
Armanach ‘d moralità
nòne fruste e sgangherà
a l’é inùtil ch’i gabele
con le giovne e con le bele:
tnive el prèive e al scaudalet:
pi gnun folèt.

traduzione italiana
I
Voi che vi chiamate fieramente
spiriti profondi (1) del milleottocento;
teste incredule che negate
che esistano spiriti e streghe
guardatevi dagli scherzetti
che fa il folletto (2)
II
Sul mattino della prima età,
ragazze belle e disinvolte,
voi che sentite che vi divora
una febbre che sembra terzana (3),
alla larga dai pacchetti (4)
che dà il folletto.
III
Voi che ci fate arrugginire
donne al sugo del sentimento
con delle frasi che v’immaginate
di darci Troia e non Cartagine (5)?
D’un sospiro al trabocchetto
c’è il folletto.
V
Povere vedove lo so bene
che di notte non dormite;
povere vedove mi fate pena
con la vostra aria da Maddalena.
Statevi al recipe (6) segreto
che dà il folletto
V
Ebbri della castità
poveri Preti, poveri Frati,
quando esaminate qualche bella
dalla grata del confessionale,
presto un Pater che nei pertugi (7)
c’è il folletto.
VI
Le vostre donne a custodire
voi che sudate, bravi mariti,
avete un bel turare gli spiragli,
mettere lucchetti e serrature:
all’altezza del lucchetto
c’è il folletto.
VII
Voi che leccate per un nastrino [d’onorificenza]
le mensole (8) di piazza Castello
che vi aprite una carriera
delle vostri mogli in giarrettiera (9)
chi è quello che vi dà il brevetto?
E’ il folletto!
VIII
Quella devota separata
dal marito per non far peccato
col suo parroco si dispera
che le viene stretto il busto
per un fiat mihi in uno stanzino(10)
con il folletto.
IX
Voi che seguite il carnevale
fra il battimano e il passo scivolato (11)
d’una bella partitura
quando l’amore batte la misura
quello che suona il flauto
è lo spirito del folletto.
X
Ragazze che vi sentite toccare il cuore
dai sospiri di uno zerbinotto
guai se lasciate che v’imbarchi
con le rime del Petrarca:
nella coda del sonetto
c’è lo spirito del folletto..
XI
Almanacchi di moralità
nonne sciupate e sgangherate
è inutile che gabelliate
le vostre sorti con le giovani e le belle;
tenetevi prete e scaldino (12),
per voi, più nessun folletto!!

NOTE
traduzione italiana in “Antologia della Canzone popolare piemontese tra Settecento e Novecento” a cura di Michele Straniero con alcune mie modifiche
(1) creus significa cavo e può indicare un oggetto sia vuoto che profondo
(2) Il folletto o spirito folletto appariva in forma di fuoco fatuo e fiammella vagante dai boschi e dalla paludi, dal carnaio pestilenziale del sagrato, nelle scure vie, dintorno ai fossati delle città murate e dei castelli medioevali: appariva lontano dalle fucine accese di notte in montagna e tra le miniere scavate nelle rocce disgregate con ardenti bracieri. Quella popolazione selvaggia di carbonai e di minatori amando godere di maggior libertà, lasciava volentieri crescere dintorno a sé la paurosa leggenda. Siccome poi abbondavano fra loro i rifugiati dalle persecuzioni baronali e abbaziali, gli empirici sanitari, riputati stregoni e maghi, una corrente favorevole a tutti i perseguitati si diffondeva nel popolo e confondeva facilmente i messaggeri segreti di quelle congreghe cogli spiriti benefici: spiegava ogni fenomeno col loro provvidenziale intervento. Intanto i signori, gli abati a cui premeva la conservazione dell’ ordine e la tutela dei sacri canoni, attribuivano ad opera diabolica tutte le seduzioni che conturbavano le loro famiglie o i loro capitoli conventuali o in bene o in male : ogni malizia ed ogni scappatoia era merito del folletto. [nota di De-Mauri op.cit.]
(3) tipica febbre malarica che compare a giorni alterni
(4) pachèt si traduce con pacchetto, involto/fascio di lettere, e per estensione una confezione di vario formato avvolto nella carta. Il senso è lo stesso dell’italiano: essendo il pacchetto incartato non è possibile essere certi del suo contenuto. Il Brofferio si riferisce ai regalucci che i corteggiatori fanno alle fanciulle per circuirle.
A me piace pensare che sia un’esortazione le fanciulle “in calore/febbricitanti” a prestare attenzione alle fregature del sesso che potrebbero essere le gravidanze fuori dal matrimonio o più in generale ai piaceri del sesso che fanno perdere la ragione.
(5) Il De-Mauri ipotizza “concederci solamente sguardi languidi, e null’altro” — Le signore romantiche del 1830 affettavano pallore, inappetenza e volgevano al cielo gli occhi per sentimentalismo.” Cioè le arti seduttive per catturare gli uomini ma senza nulla concedere.
Di ben altro avviso è Giorgio Gregori che legge il verso con malizia: ecco che Troia e Cartagine sono due zone erogene femminili e così commenta. “Tenuto conto dello spirito della canzone, non vedo tra Troia e Cartagine un dilemma tra amore carnale e virtù, bensì un malizioso stuzzicare femminile tra ben altre scelte.” E prosegue “Per quanto riguarda il misterioso “sugh del sentiment” mi vengono in mente gli indovinelli di Giovanni Francesco Lazzarelli, che pubblicò nel 1692 “La Cicceide”. Nell’indovinello 10, si parla di quel coso che pende davanti e talvolta emette un “catarroso liquor”, senza di lui non si nasce al mondo… che sia questo il “sugo del sentimento”? In merito a Cartagine, più che alla virtù di Didone, mi riallaccio ad un antico parere: quello di Salviano di Marsiglia, autore cristiano del V secolo, nel De Gubernatione Dei, si riferisce a Cartagine, la capitale dell’Africa romana, che contendeva ad Alessandria e ad Antiochia il primato della dissolutezza e godeva della reputazione di essere il paradiso degli omosessuali. Salviano interpreta l’invasione dei barbari come un castigo per questa trasgressione morale.
Che Troia quindi sia il fare sesso “davanti” e Cartagine “di dietro”? Ci si trova di fronte alla scelta di dove depositare “il sugh del sentiment”? Sempre riallacciandomi a Lazzerelli, nell’indovinello 12, parla di qualcosa di grosso, lungo e duro, buono a trovar da solo il buco destinato, “anche l’oscuro”.
(6) ricetta medica
(7) L’esame dietro alla gratella non è solo quello confessionale, ma anche concupiscente
(8) modion (o mogion) è uno sorgozzone (sergozzone) cioè una trave a sbalzo infissa al muro per sorreggere un elemento architettonico in aggetto come un ballatoio, una loggia ma più in generale e specialmente nel Medioevo per sorreggere quella parte di edificio detto “sporto”. Il termine è arcaico per indicare la mensola (trave orizzontale a sbalzo) puntellata da una trave inclinata incastrata sempre nel muro (puntone). Il termine sergozzone viene definito nel vocabolario della Crusca del 1612 come “Colpo, che si da nella gola a man chiusa” ma anche  è nome, che usano gli architettori, e vale sostegno, ed è lo stesso, che mensola”. 
Straniero invece traduce come colatoi.
Commenta Valerio Rollone “per “modion” o “mogion” intendiamo le mensole che sostengono i balconi; quelli di Piazza Castello possono rappresentare i potenti, quelli che appunto si affacciano da lì.
(9) la zartiera in voga nell’ottocento era un legaccio, legacciolo detto becca, con cui si legavano le calze cingendo la gamba, Ho preferito il termine più moderno di giarrettiera invece di legaccio proposto da Straniero.
(10) Córett= camerino presso il coro nell’abside della chiesa, destinato per confessare i sordi.
(11) figure di danza
(12) dispositivi con cui si riscaldavano le lenzuola prima di entrare nel letto nelle notti invernali: il prèive (prete) era un’intelaiatura di legno a forma di fuso che conteneva all’interno lo scaudalet il braciere con o senza coperchio di metallo o terracotta riempito di brace. Il prete teneva sollevate le coperte e permetteva al calore di diffondersi.

Spìrit Folèt
Lo Spirito Folletto fu uno dei primissimi giornali di satira politica italiana, fondato a Milano da Antonio Caccianiga il 1° maggio 1848, fu subito soppresso il 5 agosto al ritorno di Radetsky, e riprese ad uscire nel 1851.

Fausto Amodei (I, VI, XI)

Gipo Canta Brofferio

L’omaggio di Gipo Farassino nell’album “Guarda che bianca lun-a” 1974 ci regala 12 canzoni scritte da Angelo Brofferio

Gipo Farassino 25:20 Le Spirit Folèt (I-II, da IV a VI, VIII, XI)

Anche Roberto Balocco rende omaggio a Brofferio con l’album “Guarda ‘l mond e fà d’ canson”, 2010

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

2 Risposte a “Lë Spìrit Folèt”

  1. La terza strofa è molto strana e oscura. Tenuto conto dello spirito della canzone, non vedo tra Troia e Cartagine un dilemma tra amore carnale e virtù, bensì un malizioso stuzzicare femminile tra ben altre scelte. Per quanto riguarda il misterioso “sugh del sentiment” (sugo? succo? del sentimento? ) mi vengono in mente gli indovinelli di Giovanni Francesco Lazzarelli, che pubblicò nel 1692 “La Cicceide”. Nell’indovinello 10, si parla di quel coso che pende davanti e talvolta emette un “catarroso liquor”, senza di lui non si nasce al mondo… che sia questo il “sugo del sentimento”? In merito a Cartagine, più che alla virtù di Didone, mi riallaccio ad un antico parere: quello di Salviano di Marsiglia, autore cristiano del V secolo, nel De Gubernatione Dei, si riferisce a Cartagine, la capitale dell’Africa romana, che contendeva ad Alessandria e ad Antiochia il primato della dissolutezza e godeva della reputazione di essere il paradiso degli omosessuali. Salviano interpreta l’invasione dei barbari come un castigo per questa trasgressione morale.
    Che Troia quindi sia il fare sesso “davanti” e Cartagine “di dietro”? Ci si trova di fronte alla scelta di dove depositare “il sugh del sentiment”?
    Sempre riallacciandomi a Lazzerelli, nell’indovinello 12, parla di qualcosa di grosso, lungo e duro, buono a trovar da solo il buco destinato, “anche l’oscuro”.

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