Kvindermorderen (Barbablu in Scandinavia)

Barbablu

Al femminicida Barbablu, uno dei più celebri serial killer delle saghe popolari, anche la tradizione scandinava riserva una famiglia di ballate, più o meno esplicitamente imparentate con quelle diffuse in altre regioni, come la Child Ballad 4 (“Lady Isabel and the elf knight”), il francese Renaud o l’eroina piemontese (detta anche “l’Inglesa”) della ballata collezionata da Nigra (tutte già documentate qua in Terre Celtiche Blog)

Brun (versione svedese)
Kvindermorderen (versione danese)
Svein Nordmann (versione norvegese)

la storia

Kvindermorderen

Nelle versioni scandinave un cavaliere corteggia una fanciulla e la convince a scappare con lui. Dopo un po’ si fermano e lui inizia a scavare una fossa. Allo stupore della fanciulla, spiega che la tomba è per lei, e che in precedenza egli ha ucciso un numero variabile di vergini e le ha seppellite nel suo castello. La fanciulla chiede che gli sia permesso di pettinarlo prima di morire, e lui è d’accordo se può promettere che non lo ucciderà se si addormenta. Mentre la fanciulla lo pettina, in effetti lui si addormenta e lei lo lega per le mani e per i piedi. Poi lo sveglia e lo uccide con il suo coltello. Quindi ritorna a casa sana e salva .

origini e varianti

La ballata è presente in tutti i paesi scandinavi con diverse variazioni sul tema, ma quasi tutte riconducibili alla tradizione fiabesca di Barbablu. Il bieco protagonista è in qualche caso “semplicemente” un serial killer lussurioso, in altri una sorta di demone che attira le donne con canzoni stregate; in alcune varianti è un ricco cavaliere, in altre (meno frequenti) un servitore del padre della fanciulla. In alcune versioni norvegesi è un ladro che vuole impadronirsi dei gioielli della ragazza.

Comune a tutte le versioni, come a quelle delle altre regioni europee, è invece la natura coraggiosa e scaltra della donna, che riesce ad ingannare il predatore e a realizzare la sua vendetta. Mentre però nella ballad anglosassone la donna è descritta come una “lady” (perché il seduttore la costringe a sposarlo) e nella ballata piemontese esplicitamente si dice che l’eroina sposa il cavaliere (“saba la va ‘mpromet-la, di dumègna la va spusè”), nelle ballate scandinave la protagonista è una fanciulla vergine, che uccidendo il predatore prima che egli possa possederla, riesce a conservare la propria illibatezza e tornare a casa con l’onore salvo.

la versione danese (Kvindermorderen)

La ballata comprende 41 quartine, ciascuna delle quali segue lo schema doppio alternato verso + ritornello interno. Lo stile è quello tipico anche di molte Child Ballads, con la narrazione spesso rappresentata in forma di dialogo e con frequenti ripetizioni verbali. La versione qui presentata è quella catalogata nell’archivio danese come DgF 183A (manoscritto di Karen Brahe pubblicato in Danmarks Gamle Folkeviser) e registrata nel catalogo generale scandinavo come TSB D411

Vllffuer hand gyllde stallt Wenelild
Men leinenn grodt
“Vel y bliffue alerkereste min?
Y lyder icke paa di raad end!

Ieg skall førre eder till den øø,  
som y skall løffue och aldrig døø.
eg skall førre eder til thett land,
som eder skall aldrig kome saarrig til haand.
Der groer icke andit greess ind løg,
ther sønger icke andre smaa fogle ind høgge.
Ther er wielde-kelder, ther sprenger aff win,
throer paa min thalle, aler-kereste min!”
“Enn vnger-suends ord well ieg well thro,
men alt maa gresett paa iordit graa.
Huor komer ieg aff gaarde med edder
for alle thi wogter, ther hollder paa meg?
Meg wogter faader och moder,
der-till mine rige suooger.
Meg wogtter och min brøder fem,
hin rige Chrest befaaller ieg dem.”
“Allt om eder wogtet nu all eders iet,
y skall meg bortt føllge y denne natt.”
“Huor skall ieg daa kome aff gaarde med eder,
thett min kerre fader hand meg icke sier?”
“Stalt Wenelild, samell dit guld y skrinn,
men ieg saaler ganger min.
eg førrer theg paa min ganger graa,
min gyllte hielem den setter du paa.
Ieg giorder deg med mitt forgyllte sverdt,
jvlligt ridder du nogen iumfru-ferdt.
Thj red denom igenom skuoffue,
theris guld skienitt offuer den saadel-buo.
Ther dy kaam y grønen lund,
ther loster hanom Vlffuer att huile en stund.
Stallt Wenerlild saatte segg nedder till iord,
Vlffuer hand kaster saa dyb en graff.
“Hør i thett Vlffuer, huad ieg sigger eder:  
huor-til daa skall den graff, y giør?
Tell min hest er den for trang,
til min lidel hund er den for lang.”
“Siee deg heesset, huor den staad hun staar,
thj blodig strøme der fraa hin gaard!
Otte iumfruer saa war der inde,
thi fieerst, ieg kunde y landenn finde.
Thi otte iumfruer dem haffuer ieg gieldt,
ieg haffuer thenom alle wed lyffuet skieldt.
Nu skalt du were den niende,
saa skalt thu suare alle min sønder.”
Allt saad stallt Wenelild och thentte der-paa,
alt huad hun skulde till antsuar faa.
“I otte aar haffuer y meg giyld,
rett aldrig ieg eder løske wilde.
Nu haffuer meg lengtes y allt thette aar,
thett ieg matte løske eders fuore haar.”
Hand lagde hans hoffuet vdj hindis skød,
hand soffuede en søffuen, denn bleff hanom icke sød.
Hun thog aff hans hals thett rødde guld-boen,
ther-med bandt hun Vlffuers huiden haand.
Saa løste hun hest aff fieeder,
hun spentte denom om Vlffuers feeder.
“Du wag nu op, Vlffuer, och tall med meg!
y søffuen wild ieg icke suige deg.
Sie nu selffuer, hnor den stad hun star,
di bloddige strømer vd fraa hinder gaard!
Otte iumfruer haffuer du der gild,
du haffuer denom alle wed liffuet skiyld.
Nu skalt du seleff were den niende,
suar matt thu alle deris sønder.”
“Holtt op, stalt Wenelild, du hoge icke meg!
rett aldrig skall ieg suige deg.”
“Meg thøckte, der war stuor suig igen,
der dw vilt nu forraade meg.
Thu gaff meg dinn thro med huiden hand,
du mintte meg dog suig aff hiarttens grund.
Nu skalt dw alldrig merre
och daare nogen iumfruer saa flerre.”
Hun drog vd hans forgyltte suerdt,
thett war hand Vlffuer fulduell werdt.
Saa quendellig hun suerden drog
saa mandellig hun till hanom huog.
“Leg du nu, Vlffuer, thett thieg render blod,
ind well ieg løffue, Wener, en iumfru guod.”
Hun saatte seg paa hans ganger rød, hun red till sinn moder saa wen en møø. 

Ulver(1) corteggiava l’orgogliosa Wenelild(2)
mentre il tiglio (3) cresceva
“Vuoi essere il mio amore più caro?”
Non ascoltare quel consiglio!

Io ti porterò in un’isola
dove tu vivrai e non morirai mai
Ti porterò in una Terra
dove il dolore non ti toccherà mai
Là non cresce erba ma bulbi,
non cantano uccellini ma falchi (4).
Là ci sono sorgenti naturali che sgorgano vino,
credi a quello che dico mia carissima!”
“Alla parola di un giovane posso ben credere
ma l’erba cresce ovunque sulla terra.
Come posso lasciare questa casa(5)con te
con tutte queste guardie che mi tengono qui?
Mio padre e mia madre mi controllano
come pure il mio ricco cognato
e anche i miei cinque fratelli mi guardano,
io li affido al Cristo prezioso” (6)
“Anche se la tua famiglia intera ti controlla
tu devi partire con me stanotte”
“Ma come posso uscire dalla casa con te
senza che il mio caro padre ci veda?”
“Orgogliosa Wenelid metti il tuo oro in uno scrigno
mentre io sello il mio destriero.
Ti condurrò sul mio grigio destriero
tu indossa il mio elmo dorato,
ti cingerò con la mia spada dorata.
Non cavalcherai come una ragazza in viaggio” (7)
Cavalcarono attraverso i boschi
il loro oro brillava sull’arco della sella,(8)
quando giunsero nel verde boschetto(9)
allora Ulver volle riposarsi un poco.
L’orgogliosa Wenelild sedette a terra
Ulver scavò una fossa così profonda
“Ascolta Ulver quello che ti dico:
qual è lo scopo della fossa che stai scavando?
Per il mio cavallo è troppo stretta
per il mio cagnolino è troppo lunga”
“Guarda là dove c’è un castello
con rivoli di sangue che da esso scorrono. (10)
Otto fanciulle sono state là
le più belle che potessi trovare nella regione,
quelle otto fanciulle ho corteggiato
tutte le ho private della vita.
Ora tu sarai la nona
e dovrai pagare per tutti i miei peccati” (11)
L’orgogliosa Wenelild sedette e pensò
a tutto quello per cui avrebbe dovuto pagare
“Per otto anni mi hai corteggiato
e non vorrei mai prendermi gioco di te.
Ma per tutti questi anni ho desiderato
pettinare i tuoi bei capelli”
Egli posò la testa tutta sul di lei grembo
dormì un sonno che per lui non fu dolce.
Ella gli prese dal collo la fascia rosso oro
con quella legò le bianche mani di Ulver
poi slegò le briglie del cavallo
e con quelle legò i piedi di Ulver
“Svegliati Ulver e parlami!
Non ti tradirò mentre dormi.
Guarda tu stesso dove c’è un castello
con rivoli si sangue che ne sgorgano fuori!
Otto fanciulle tu hai corteggiato
a tutte hai tolto la vita.
Ora tu stesso sarai il nono
e pagherai per tutti i tuoi peccati”
“Fermati, orgogliosa Wenelild, non colpirmi!
Io non ti ingannerei mai”
“Pensavo fosse un grande inganno
quando proprio ora hai voluto tradirmi,
Mi hai dato fiducia con la tua mano bianca
ma il tuo cuore era piegato all’inganno(12)
Ora non lo farai mai più
di rovinare altre fanciulle”
Ella estrasse la spada dorata
che era veramente degna di Ulver. (13)
Estrasse la spada proprio come una donna
lo colpì proprio come un uomo.
“Giaci lì Ulver mentre il tuo sangue scorre
e io, Wener, vivo, una vergine pura” (14)
Lei montò sul suo destriero rosso
bella fanciulla sulla strada di casa da sua madre

NOTE
(1) La traslitterazione in danese moderno (Ulver = “lupo”) evidenzia il significato allarmante del nome del maschio predatore
(2) In danese moderno “Venelite” si tradurrebbe più o meno “la piccola graziosa”
(3) Nelle ballate danesi i boschetti di tiglio sono una location tipica per gli eventi drammatici decisivi ai fini della storia
(4) La descrizione dell’isola meravigliosa dove la porterà contiene due dettagli (i bulbi e i falchi) che suonano macabra ironia. “Bulbo” può essere reso anche con “cipolla” (intendendo qualcosa che la farà piangere) mentre il falco chiaramente non è un volatile particolarmente romantico e “canterino”
(5) Il termine gaarde è usato nelle ballate scandinave con diversi significati; qui probabilmente sta ad indicare la residenza nobiliare della fanciulla, in altri casi indica il cortile di un fabbricato o anche il terreno posseduto
(6) Letteralmente “Cristo ricco” (stesso appellativo riservato pochi versi prima al cognato). Verosimilmente si tratta di formule stereotipate che si incontrano spesso nelle ballate, come le “mani bianche” di Ulver o l’aggettivo “orgogliosa” per indicare la fanciulla
(7) Probabilmente vuol dire che dovrà cavalcare come un uomo e non in sella, come appropriato per una signora.
(8) Non sembra uno stratagemma geniale per una partenza clandestina; inoltre non è chiaro come possa brillare l’oro dentro lo scrigno. A meno che il termine skienitt venga fatto corrispondere al moderno skrin (scrigno) invece che skin (“lucentezza”). In questo caso il verso diventa “con il loro scrigno d’oro sopra l’arco della sella”
(9) La scenografia non è chiara: arrivano ad un “boschetto” attraversando un bosco… In realtà, la topografia delle ballate scandinave è simbolica più che geografica: le cavalcate (di innamorati, fuggitivi e quant’altro) sono tipicamente “attraverso i boschi” e la scena d’azione topica è appunto in un boschetto (che è un po’ l’equivalente del “lungofiume” di molte ballate anglo-scozzesi)
(10) Il riferimento è alla stanza del castello di Barbablu con i cadaveri insanguinati delle precedenti vittime appese alle pareti
(11) Il possessivo è ambiguo; secondo molti commentatori dovrebbe essere “i loro” peccati, cioè quelli delle vittime, come sembra suggerire la strofa successiva. La logica sottesa nelle parole del predatore dovrebbe essere che l’ultima vittima si prende in carico i peccati delle precedenti
(12) nelle ballate quanto il “galantuomo” prende una donzella per le mani (ovviamente sempre bianche) è un modo per avvisare gli ascoltatori che sta avvenendo uno stupro. In questo contesto è la fanciulla che ha offerto la mano bianca spontaneamente in segno di fiducia
(13) Probabile che con cruda ironia voglia intendere “se la meritava veramente” (la fine che stava per fare)
(14) Per gli standard dell’epoca la consumazione del rapporto era equivalente ad un matrimonio; avendo evitato il sesso, la fanciulla può ritenersi ancora legalmente libera

la versione norvegese (Svein Nordmann)

(Testo da Norske Folkeviser, M.B. Landstad, 1853; una variante sempre norvegese, contenuta nella stessa raccolta, ha per titolo Rullemann og Hilleborg)

Svein Norðmann han kem seg ridand i gárð
fer den som er graven undeer moldi
stòlts Margjit sto ute aa ser utsola sitt haar
men heran bedlar Svein

fer nordan under bergjan

Du tar inkí slá út dit hår fer meg
eg agtar no inki at beole til deg
Aa anten du beðlar, hell du beðlar ei,
eg er fulla fort til at seja deg nei
Men eg skal före deg på deð land
du genge pa gulli som heran pa sand
Og eg skal före deg på den öy,
du skal syrgjelaus liva og syndelaus doy
Aa der renn ikkje ana tì vatn hell vin,
aa der veks ikkje ana tì gras hell lin.
Der gjel ikkje ana tì fuggel hell gòuk
aa der veks ikkje ana tì gras hell lòuk.
Aa æ de no sant som du seie for meg,
sò lystar naa eg aa fygje mæ deg.
Aa samle naa du ditt gull uti skrin,
mæ eg sâlar paa gangaren min.
Sò ha ‘n ‘n gangar baat’ liten aa spak,
sò sett’ ‘n stòlt Gudbjorg utpaa haanoms bak.
Aa som at di kaam i den grønne lund,
der lysta Svein Nodrmann aa kvile ein stond.
Aa høyr du Svein Nordmann hòtt eg spøre deg,
Hòtt vi’ du mæ den grefte du greve paa der?
Aa fer min hest sá er hon fer trang
men fer min kærast er hon passa lang
Aa 15 jaamfrugur sò hev eg naa havt,
aa alle dei hev eg i gravi lagt.
Aa 15 riddarar hev beila tì meg,
aa alle hev eg luska, men ikkje deg.
Aa gjønne sò maatte du luske meg,
naar du ikkje svevnen vill’ svike meg.
Svein Norðmann somnað pá Guðbjörgs fang
der sov han den svevnen sò passa lang.
Stolt Guðbjörg hon tók up ei silkisnór
sà batt hon Svein Nordmann til hand og fot
Aa höyre du Svein Norðmann , eg talað til deg,
eg lòva eg sille kje svevnen svike deg.
Svein Norðmann han vaknað , og kringum seg ság
da sag han seg bunden fra top og til ta
Stolt Guðbjörg hon tók up ein sylvbunden hniv,
sa sette hon den Svein Nordmann liv
Guðbjörg hon steig pá gangaren grá
sa reid hon seg til sin faders gard No ligge Svein Norðmann fer hund og ravn
men enno sa ber eg mit jomfrunamn

Svein Nordmann arrivò cavalcando nel cortile
per colui che è sepolto sotto il fango
Gudbjorg stava al sole orgogliosa a guardarsi i capelli/ ma qui supplica Svein,
che è andato verso nord sotto le montagne(1)

“Tu non devi sciogliere i capelli per me”
“Non ho intenzione di stare ancora con te
In qualunque modo tu voglia pregarmi o meno
io sono molto pronta a dirti di no”
“Ma io ti porterò in quella terra
dove camminerai sull’oro come qui sulla sabbia.
E io ti porterò su quell’isola
dove vivrai senza dolore e morirai senza peccato.
Là nei ruscelli non scorre acqua ma vino
là non cresce l’erba ma lino.
Là non cantano altri uccelli che il cuculo
là non cresce erba ma cipolle.”
“Se ciò che mi dici è la verità
allora presto fuggirò con te”
“Allora raccogli il tuo oro in uno scrigno
mentre io sellerò il mio cavallo”
Il cavallo di lui era piccolo e leggero
così l’orgogliosa Gudbjorg sedette sul suo dorso.
E quando arrivarono in un verde boschetto
Svein Nordmann volle fermarsi per un po’
“Ascolta tu Svein Nordmann fammi chiedere
perché stai scavando questa fossa?
Per il mio cavallo vedi che è troppo stretta”
“Ma per la mia amatissima è proprio lunga giusta.
Quindici fanciulle ho avuto
e tutte quante le ho seppellite”
“Quindici cavalieri mi hanno corteggiato
tutti li ho respinti tranne te.”
“Oh per favore così hai dovuto respingermi
non vorrai ora tradirmi (2) mentre dormo”
Svein Nordmann si addormentò tra le braccia di Gudbjorg
e là dormì un sonno proprio lungo.
L’orgogliosa Gudbjorg prese una corda di seta
legò mani e piedi di Svein Nordmann
“Ascolta Svein Nordmann quello che ti dico
ho promesso che non ti avrei tradito mentre dormivi (3)
Svein Nordmann si svegliò e si guardò intorno
e vide se stesso legato da capo a piedi
Gudbjorg prese un coltello dalla lama d’argento
e lo spinse nella vita di Svein Nordmann
Gudbjorg salì sul grigio destriero
e cavalcò fino alla casa di suo padre.
Ora giace Svein Nordmann per i cani e i corvi
mentre io ancora chiedo il mio nome da fanciulla(4)

NOTE
(1) Il doppio ritornello interno si compone di tre frasi che sintetizzano l’intera storia:
per colui che è sepolto sotto il fango Gudbiorg annuncia l’atto di vendetta descritto nella ballata
ma qui supplica Svein l’uomo che pensava che nessuno potesse dirgli di no
va a nord sotto la montagna lì dove è avvenuta l’azione
(2) Il termine svike letteralmente significa “tradire” ma, come si comprende nel prosieguo della storia, qui è usato nel senso di “uccidere”
(3) Infatti, avendo Gudbjorg promesso di non ucciderlo nel sonno, prima di farlo deve svegliarlo
(4) Il matrimonio non si è consumato, quindi Gudbjorg può riprendersi il nome da nubile

Una versione svedese del gruppo Sågskära, dall’album Änglarnas språk (1992)
Il cantante norvegese Hoye Strand nella variante intitolata Rullemann og Hilleborg
Una versione strumentale del musicista svedese Johan Muren

la versione svedese (Brun sover allena)

Brun han rider till jungfruns gård
Brun sover allena
Ute för honom jungfrun står
Det blåser och det regnar
Nordast uti fjällen, där vila ock tre nordmän

Brun han breder ut kappan blå
Och själver lyfter han jungfrun uppå
Brun han rider till Rosenlund
Där lyster han att vila en stund
Och hör du min jungfru vad jag säger dig
Här har jag gjort av med femton jungfrur förr
Och Brun han lade sig i jungfruns sköt
Och på honom rann en sömn så söt
Jungfrun tog upp sin förgyllande sno
Så band hon Brun till hand och till fot
Statt upp du Brun så hastelig
Jag vill ej i sömnen förgöra dig
Och jungfrun tog upp sin förgyllande kniv
Så stack hon den i Bruns unga liv
Och ligg nu här båd’ för hund och för ramm
Ännu skall jag bära mitt jungfrunamn
Och ligg nu här på svartan mull
Brun sover allena
Ännu skall jag bära mitt jungfrugull
Det blåser och det regnar
Nordast uti fjällen, där vila ock tre nordmän

Bruno cavalca verso la dimora della fanciulla
Bruno dorme tutto solo
la fanciulla era fuori ad aspettarlo
vento e pioggia di tempesta si abbattono sulle montagne del Nord, là dormono tre uomini dei fiordi (1)

Bruno stende il drappo blu 
issa la fanciulla e parte al galoppo
Bruno cavalca al boschetto delle rose (2)
finchè si ferma a riposare un poco
«Udite bene, madamigella, ciò che ho da dirvi
quaggiù uccisi 15 fanciulle”
E Bruno si riposò nel grembo della fanciulla
finchè un dolce sonno lo colse
La fanciulla si sciolse le bionde trecce (3)
e legò Bruno mani e piedi 
“Svegliati Bruno, svelto,
perchè mai ucciderò un uomo nel sonno”
La fanciulla prese il suo coltello dorato
e pugnalò Bruno dritto al cuore
“E ora resterai qui per i cani e i corvi (4)
e io rimarrò fanciulla.
E ora starai nella dura terra
Bruno dorme tutto solo
e io conserverò la mia verginità»
vento e pioggia di tempesta si abbattono sulle montagne del Nord, là dormono uomini dei fiordi

NOTE
* traduzione italiana di Cattia Salto dall’inglese (english translation here)
(1) letteralmente uomini del Nord, poeticamente uomini dei fiordi, norvegesi
(2) letteralmente “rosen lund“= boschetto delle rose, forse riferito a una località
(3) scioglie le trecce e le taglia per usarle come funi
(4) ramm è una parola collegata ad un artiglio come il rostro di una nave

Garmarna, Brun sover allena in Vedergällningen 1999

LINK

https://cst.dk/dighumlab/duds/DFK/Dorthe/html/KBRA2.htm

https://www.bokselskap.no/boker/riddarballadar2/tsb_d_411_kvinnemordaren

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Ian Cumpstey, The Faraway North, 2016 Skadi Press, England



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Pubblicato da Sergio Paracchini

Sergio Paracchini, ascoltatore seriale di buona musica, dagli anni ’70 innamorato del folk revival (celtico e non solo). Gestisce il gruppo Facebook “Folk rock e dintorni”.

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