Jumpin’ John/Her daddie forbad, her minnie forbad

Jumpin’ John (in italiano Gianni lo Smilzo) anche intitolata Her daddie forbad è una breve canzone umoristica scozzese collezionata e riscritta in parte da Robert Burns per la pubblicazione nello SMM, la cui melodia richiama la ancora oggi popolarissima “Cock of the North”.

Una melodia che ritroviamo già nelle raccolte inglesi seicentesche con il titolo di “Jumping John/Joan” and “Joan’s Placket (Is Torn).”[1]
Nella tradizione orale c’erano ulteriori strofe decisamente più esplicite.

Il testo in scozzese[2]
The lang lad they ca’ Jumpin John
Beguil’d the bonie lassie!
The lang lad they ca’ Jumpin John
Beguil’d the bonie lassie!

1. Her daddie forbad, her minnie forbad;
Forbidden she wadna be:
She wadno trow’t, the browst she brew’d
Wad taste sae bitterlie!
2. A cow and a cauf, a yowe and a hauf,
And thretty guid shillins and three:
A vera guid tocher! A cotter-man’s dochter,
The lass with the bonie black e’e!

Tony Cuffe
Ewan MacColl
Cock o’ the North una popolare pipe tune scozzese

Traduzione italiana Cattia Salto
Lo spilungone che chiamano Gianni lo Smilzo(1)
ha sedotto la bella ragazza!
Lo spilungone che chiamano Gianni lo Smilzo
ha sedotto la bella ragazza!

Suo padre lo vietava, sua madre lo vietava;
ma lei voleva l’amore proibito(2):
non avrebbe creduto che la birra che preparava
avrebbe avuto un sapore così amaro(3)!
Una vacca e un vitello, una pecora e un agnello,
e trentatrè buoni scellini(4):
un’ottima dote(5) per la figlia del fittavolo(6),
la ragazza dai begli occhi neri!
NOTE
(1) Jumpin è qui come soprannome una parola che può derivare dal Medio Inglese jumpen =‘to walk quickly run or jump’ oppure dal primo Inglese Moderno jump= ‘exact precise’. Nel dialetto scozzese riferito a persona può significare snello..
(2) lett. non voleva essere proibita
(3) la ragazza che si era divertita a “fare la birra” con John è rimasta incinta: ebbrezza del piacere, amarezza della gravidanza
(4) ancora nell’Ottocento la sterlina si divideva in 20 frazioni (scellini)[3]
(5) la storia ha un lieto fine: il matrimonio riparatore, il padre non l’ha cacciata di casa, ma le ha dato una dote e ha acconsentito alle nozze
(6) Ai tempi di Burns con le Lowland Clearances i cottars dei piccoli insediamenti non riuscirono più a pagare gli affitti e furono costretti a trasformarsi in braccianti agricoli a tempo pieno presso le grandi bothy farms o nei villaggi appositamente costruiti per loro dai proprietari terrieri (planned toun); molti migrarono nei nuovi centri industriali di Glasgow e di Edimburgo se non nel Nord dell’Inghilterra o all’estero. In queste fattorie più grandi date in affitto per più anni ad un affittuario principale o coltivate in proprio i braccianti erano una sorta di domestico o servitore di famiglia che poteva abitare nelle hinds’ cottages, casette a schiera con il proprio nucleo famigliare oppure dormire nella stalla o nella casa padronale se non sposato.

A vera guid tocher: il ruolo della donna nel Settecento

A cow and a cauf, a yowe and a hauf,
And thretty guid shillins and three:
A vera guid tocher! A cotter-man’s dochter,
The lass with the bonie black e’e!

Ancora “angelo del focolare” la mission di una donna nel Settecento era quella di essere una buona moglie e una buona madre. Apparteneva prima al padre e poi al marito, non aveva voce in capitolo in merito al suo matrimonio e dipendeva per la sua sussistenza interamente dall’uomo.
In pratica l’infanzia di una donna benestante si svolgeva tra le mura domestiche e anche la sua istruzione era molto limitata.

Negli accordi matrimoniali tra lo sposo e il padre della sposa si stabiliva la dote della fanciulla che avrebbe portato con sè, compreso il corredo, oggetti e mobili, la somma che avrebbe percepito mensilmente dal marito e ciò che le sarebbe spettato in caso di vedovanza.

Una ragazza senza dote, difficilmente si sposava a meno che non fosse molto bella, d’altro canto se una figlia non era abbastanza graziosa lo poteva diventare con una bella dote. Anche se la dote era spesso vincolata (la dote era in genere investita per produrre una rendita annua, solitamente pari al cinque per cento del capitale) non erano infrequenti i cacciatori di dote, giovani libertini che si sposavano vedove attempate o giovani verginelle per saldare i debiti di gioco. Depurata così da molte garanzie e tutele verso la donna, la dote finisce per assumere il significato di premio allo sposo per essersi portato via la ragazza![4]

E le donne povere? Una donna nata in una famiglia povera o cacciata via di casa dal padre, doveva lavorare! La cosiddetta donna del popolo è una forza lavoro multitasking, anche se considerata a livello inferiore rispetto all’uomo, accudisce la casa e gli anziani/malati della famiglia, provvede ai figli, lavora nei campi. Molte prestavano servizio presso le famiglie benestanti- ma solo se avevano una buona reputazione (cioè se non si erano fatte mettere incinta dai maschi della casa).
Sarà la rivoluzione industriale in particolare in campo tessile a portare le donne al lavoro nelle fabbriche (ovviamente sfruttate al pari della mano d’opera minorile, i loro stessi figli che si dovevano portare sul lavoro non avendo altri posti dove lasciarli), ma sarà l’Ottocento l’epoca di transizione verso l’emancipazione femminile.

[1] The ‘Cock o’ the North’ was an honorary title of the (fifth and last) Duke of Gordon, who held sway over the northern part of the Scottish Highlands (from a note in a monograph on William Mashall printed in his 1845 Collection). David Murray, in Music of the Scottish Regiments (Edinburgh, 1994), writes: “While most of the great magnates of the Highland had a Gaelic patronymic, the Duke of Gordon’s was ‘The Cock of the North’, for although he owned vast estates in the Highlands, Gaelic was not widely spoken in Aberdeenshire, where his influence was the strongest” (pg. 181). Chappell alleges the earliest reference to the tune (under the title “Joan’s Placket”) is in an entry in Pepys’ diary for June 1667. Bayard (1981) and Kidson (1915) both trace the tune to the 17th century, where they find the titles for this tune were “Jumping John/Joan” and “Joan’s Placket (Is Torn).” It was published by Oswald (vol. 10) c. 1758, by Feuillet in Recueil de Contredanses (1706) in Paris, and by Playford in the 1674 and 1686 editions (and all subsequent editions) of his Dancing Master, each time under the title “Jumping Joan.” In fact, a Shetland reel version of the tune from the island of Whalsay collected in modern times still goes by the name “Jumping John” (Cooke, 1986). https://tunearch.org/wiki/Annotation:Cock_of_the_North_(1)
http://cornemusique.free.fr/ukcockothenorth.php
[2] la traduzione inglese in http://robertburnsfederation.com/poems/translations/jumpin_john.htm
[3] https://red-jack.blogspot.com/2013/11/la-valuta-britannica-nel-1888.html
[4] https://ontanomagico.altervista.org/matrimonio-celtico-storia.html

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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