Gweltaz Ar Fur: Meglio ascoltare il kan-ha-diskan che il canto delle sirene

Gweltaz Ar Fur

Gweltaz Ar Fur (Gildas Le Fur) è nato a Hennebont nel 1950 e ha iniziato a prendere coscienza delle sue radici bretoni all’età di 14 anni quando la sua famiglia si è trasferita a Metz. Qualche anno dopo mentre studiava a Rennes, pur possedendo una scarsa tecnica strumentale e un registro vocale assai limitato, componeva le sue prime canzoni. L’epoca di lotte lo coinvolse completamente. I gruppi che allora amava erano Steeleye Span, Pentangle, Fairport Convention.

Il 1968 aveva lasciato tracce profonde anche nel cuore dei bretoni: gli scioperi nelle fabbriche e nei cantieri navali fecero incontrare il popolo con i giovani contestatari, i testi delle canzoni diventavano sempre più collettivi e inglobarono le tematiche della classe operaia, i rapporti si modificarono anche artisticamente. Così nel novembre del 1972, una cinquantina di interpreti, musicisti e poeti si riunirono a Plessala per redigere un vero e proprio “Manifesto dei cantanti bretoni” in favore di una cultura popolare. Fra i partecipanti erano presenti tutti gli artisti di cui mi occupo in “Terre Celtiche”.  Non mi dilungo sui vari punti in questione ma la dichiarazione, tutta energia e utopia, originò cooperative musicali sensazionali, che produssero negli anni a seguire numerosissimi dischi-capolavoro: su tutte ricordiamo Névénoé e Droug.

Per uno straordinario colpo di fortuna, addirittura la WEA permise a Gweltaz di incidere un disco nei suoi prestigiosi studi parigini situati sui Champs-Elysées e lui pensò di intitolarlo Champs Celtiques. Ma l’etichetta impose il più “funzionale alle vendite” “Chants Celtiques” e grazie alla pubblicità corposa, il disco vendette in effetti un milione di copie. Era il 1973. Nel disco è presente la famosissima “Er soudarded zo gùisket é ru” (“Ar soudarded zo gwisket e ruz”) scritta dal padre Max Ar Fur e oramai a tutti gli effetti, divenuta canzone popolare e interpretata da molti: ricordo addirittura che a fine 2016 mi trovavo a Praga e l’ascoltai dal gruppo ceco Bran che l’avevano incisa nel luglio di quell’anno come brano iniziale del loro ultimo CD “Beaj vat!”

Scrive Riccardo Venturi: “… mesto, dolente, con la storia del soldato Ar Fur, «il miglior soldato dell’armata» che, forse per darsi coraggio, non crede di morire. Però, fin dalla prima strofa (che viene ripetuta alla fine), la morte incombe con quei soldati vestiti di rosso mentre i preti son vestiti di nero. Anche il soldato Ar Fur sa bene che cosa lo aspetta, introdotto dalle bellissime strofe centrali del cimitero del paese, con l’albero che appassisce quando il soldato muore. Er soudarded zo gùisket é ru è un canto giustamente celebrato, da annoverare tra i grandi canti di soldati del mondo con la sua atmosfera al tempo stesso concreta e tragica, e soprannaturale.” (da Antiwarsongs.org)

Ar soudarded zo gwisket e ruzI soldati van vestiti di rosso
Ar soudarded zo gwisket e ruz,
O lin de lin da lan de lin da
Ar soudarded zo gwisket e ruz,
Ar veleien gwisket e du.

Gwellañ soudard a oa en arme,
O lin de lin da lan de lin da
Gwellañ soudard a oa en arme,
Oa ar soudard Ar Fur, a oa.

Eñ a lare d’e gamaraded,
O lin de lin da lan de lin da
Eñ e lare d’e gamaraded,
Ne gredan ket e varvin ervat.

Met pa varvin-me kreiz ar brezel,
O lin de lin da lan de lin da
Met pa varvin-me kreiz ar brezel,
Interit me e douar santel.

Met pa varvin-me e ti ma zad,
O lin de lin da lan de lin da
Met pa varvin-me e ti ma zad,
Interit me er vourk Brizak.

Er vourk Brizak kreiz ar vered,
O lin de lin da lan de lin da
Er vourk Brizak kreiz ar vered,
Ur sapr-groez ez eus plañtet.

Ur wezenn-groez ez eus plañtet,
O lin de lin da lan dé lin da
Ur wezenn-groez ez eus plañtet,
James delienn n’en deus mañket.

Met ar bloaz-mañ eñ zo gweñvet,
O lin de lin da lan de lin da
Med ar bloaz-mañ eñ zo gweñvet,
Soudard Ar Fur a zo marvet.

Komañs a rae an douar da c’hlebiañ,
O lin de lin da lan dé lin da
Komañs a rae an douar da c’hlebiañ,
Gant ar Vretoned o ouelañ.

Gwellañ soudard a oa en arme,
O lin de lin da lan de lin da
Gwellañ soudard a oa en arme,
Oa ar soudard Ar Fur, a oa.

Ar soudarded zo gwisket e ruz,
O lin de lin da lan de lin da
Ar soudarded zo gwisket e ruz,
Ar veleien gwisket e du.
I soldati van vestiti di rosso,
O lin de lin da lan de lin da
I soldati van vestiti di rosso,
E i preti van vestiti di nero.

Il miglior soldato che era nell’armata,
O lin de lin da lan de lin da
Il miglior soldato che era nell’armata
Sì che era il soldato Ar Fur.

E diceva ai suoi compagni,
O lin de lin da lan de lin da
E diceva ai suoi compagni,
Non credo di morire davvero.

Ma se dovessi morire in guerra,
O lin de lin da lan de lin da
Ma se dovessi morire in guerra,
Seppellitemi in terra benedetta.

Ma se morissi in casa di mio padre,
O lin de lin da lan de lin da
Ma se morissi in casa di mio padre,
Seppellitemi al paese di Brizieux.

Al paese di Brizieux nel camposanto,
O lin de lin da lan de lin da
Al paese di Brizieux nel camposanto,
Un abete da croce ci sta piantato.

Un albero da croce ci sta piantato,
O lin de lin da lan de lin da
Un albero da croce ci sta piantato,
E mai ha perso il suo fogliame.

Però quest’anno è appassito,
O lin de lin da lan de lin da
Però quest’anno è appassito,
Morto è il soldato Ar Fur.

La terra ha cominciato a bagnarsi,
O lin de lin da lan de lin da
La terra ha cominciato a bagnarsi
Assieme alle lacrime dei Bretoni.

Il miglior soldato che era nell’armata,
O lin de lin da lan de lin da
Il miglior soldato che era nell’armata
Sì che era il soldato Ar Fur.

I soldati van vestiti di rosso,
O lin de lin da lan de lin da
I soldati van vestiti di rosso,
E i preti van vestiti di nero.

NOTE
traduzione italiana di Riccardo Venturi 5 gennaio 2016, nota a cura del traduttore
il testo è scritto nel bretone unificato standard
Il paese del soldato Ar Fur, cantato dal suo omonimo, è quello di Brizieux, Brizak in bretone. Brizieux, dove sembra che il cimitero esista ancora, è adesso un quartiere campagnardo di Vannes; allora doveva essere un semplice villaggio. E se siamo a Vannes, bisognerà dire anche due parole sul linguaggio in cui il canto è scritto. In bretone, certo; ma nel dialetto di Vannes, Gwenedeg, o Vannetais. Il Vannetais è considerato il dialetto più aberrante della lingua bretone, specialmente per quanto riguarda la pronuncia (ma ha anche le sue forti particolarità morfosintattiche). Prima dell’introduzione (o invenzione) del «Bretone Unificato», i corsi di bretone erano costretti a riservare una sezione speciale al Vannetais, oppure a presentare le due varianti (il «KLT» -Kernew/Leon/Treger- e il Vannetais) fianco a fianco, raccomandando di scegliere una delle due varietà e di non mischiarle.

Subito dopo Gweltaz Ar Fur, l’antimilitarista, dovette partire per il servizio alla bandiera e quando ritornò la WEA lo scaricò senza farsi troppi scrupoli. Lui incise quindi frettolosamente un secondo disco per la ben più modesta MUSIDISC che, ricordo, trovai per pochi spiccioli al Mercato delle Pulci e poi per un terzo disco “Mebay ‘vo glaw…”si dovette attendere ben…..35 anni!

Il suo tempo preferì impiegarlo a curare le scuole elementari bretoni Diwan, l’apertura di tre librerie celtiche in Bretagna e l’interesse ecologista. Mi ricordo che nel 2009 Gweltaz era entrato pure nel Consiglio Municipale di Quimper e aperto la sua terza libreria a Lorient dove trovai parecchie chicche musicali come il 45 giri “Kanaouennoù Evit Ar Vugale” inciso a supporto della prima scuola in lingua bretone Diwan verso la fine degli anni ’70. Con la partecipazione di Denez Abernot, Dan Ar Bras e altri e che conteneva anche un altro testo anonimo musicato da Gweltaz, “Ar C’hi Talabarder” (che non appare in nessun altro disco). In una di quelle occasioni scoprii che amava a tal punto la lingua da aver sempre parlato con il figlio Kevin solamente in bretone.

LINK
https://fresques.ina.fr/ouest-en-memoire/fiche-media/Region00651/chanson-ar-fur.html
La playlist su You Tube di Chants Celtiques
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=6381
http://www.arlequins.it/pagine/articoli/corporelics.asp?chi=122


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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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