Goélands barocchi e buonanotte d’arpa

Pulcinella di Mare

La faccia più simpatica e la conseguente fotografia in prima pagina, spettano di diritto ai Pulcinella di Mare che quando dormono, si lasciano galleggiare con il becco sotto l’ala. Però Goélands e Mouettes sono i compagni più fedeli che si trovano in Bretagna. Goélands immacolati o argentati e Mouettes dal Cappuccio Nero in estate, talvolta anche dal Dorso Nero. E poi il Cormorano Crestato e Marangoni col Ciuffo. E’ un privilegio raro incontrare il Gabbiano dal Becco Rosso. Ma il Fou de Bassan e i Macareux Moine si riproducono soltanto qui. Le Bernaches Cravants invece vi svernano. E le maldestre Spatole Bianche vi fanno delle soste prolungate durante le migrazioni, sia in autunno che in primavera. La metà di tutti gli uccelli di Francia nidifica in Bretagna. In mare aperto ci sono ovunque, Guillemot de Troïl, Fulmar Boréal, Océanite Tempête, uccelli che vivono praticamente sull’acqua.

Kittiwake

Uno che non si fa vedere sulla costa, un tipo discreto che ama solo scogliere e isolotti, è il Kittiwake, ovvero la Mouette tridattile che può avere le zampette di diversi colori, anche se da queste parti sono spesso nere. Il compianto Bert Jansch le ha dedicato l’arpeggio di chiusura del meraviglioso “Avocet”, disco strumentale ornitologico del 1978, in compagnia di Martin Jenkins e Danny Thompson.

Bert Jansch

Cala la sera nel nord della terra armoricana e insieme il chiarore lunare sale. Anche su Rue de Jerzual, la più ripida di Dinan. Anche sulla Basilica di Saint-Sauveur, XII° secolo, che mescola influenze bizantine, persiane e romaniche. Un monumento asimmetrico che è rimasto per sempre incompleto. Un’ora formidabile ed incerta come i suoni delle dita di Bernard Benoit nella Chiesa de l’Ile Grande a Pleumeur Bodou. Dinan porta assai bene il suo nome, “Din” significa fortezza e “An” è il diminutivo di una dea protettrice di vivi e morti. Forse Anna, la Principessa che tutta la Bretagna ama e che proprio in questo luogo nel XV° secolo, si ritirò dopo la morte del marito, Re Carlo VIII°. Qui un tempo era tutto un brulicare di conciatori di pelli e tessitori.

Ma la Bretagna è più musicale che altro. Ecco: passare dai quasi tre chilometri di bastioni che circondano Dinan alle falesie vive di arenaria rosa mette le vertigini come ad osservare le modulazioni del viso e della bocca di Lisa Gerrard mentre canta Gloridean.

L’oceano, ad averlo continuamente davanti, tutti i giorni dell’anno, mette addosso, a chiunque sia nato e vissuto in questa campagna della Loira Atlantica, una voglia segreta e assurda di fregarsene dell’acqua. Non di issare le vele di un “tre alberi” per costeggiare la riva, nè tantomeno di salire a bordo per una passeggiata sulle onde, “un promène-couillons” come dicono in questi luoghi. No. Piuttosto di sognare un’assurda traversata dell‘Atlantico a piedi fino dall’altra parte del mondo, perchè questo è lo stesso Atlantico in cui il San Lorenzo scarica tutte le acque raccolte dai Grandi Laghi. Il fiume le cui onde portano l’oceano fino a Montréal. Anche da quel nord, puoi sognare e incontrare nel sogno un angelo bianco con un cane nero accucciato ai suoi piedi, delle ombre egiziane e una figura indistinta che, in lontananza, parrebbe prendere il volo.

Faili, faili, faili oro

In Bretagna ogni luogo da cui ci si separa lascia una dura nostalgia. C’è una canzone, incisa in un 45 giri del 1960, dal suo autore Calum Kennedy e dedicata all’Isola di Lewis (Leodhas), che la descrive perfettamente. Il testo originale in gaelico su una musica tradizionale scozzese, è ripreso dalla voce e dall’arpa di Alan Stivell in «E Langonned» (1974)

Faili, faili, faili oro
Faili, faili, faili oro
Faili, faili, faili oro
‘S cian nan cian bho dh’fhàg mi Leodhas


‘N uair a rinn am bàta gluasad
Leis na soluis ghorm is uaine
Dh’fhàg sin m’inntinn trom fo ghruaman
Siaban nan tonn uain’ ag eirigh.

C’aite, c’aite c’aite an teid mi
‘Nuair a luidheas grian mo cheitein
Slighe chuain eadar mi ‘s m’eudail
‘S iargaineach mo laighe ‘s m’eirigh.

Faili, faili, faili oro
Faili, faili, faili oro
Faili, faili, faili oro

Molto tempo è trascorso da quando ho lasciato Leodhas

Quando la barca si mosse
Con le sue luci blu e verdi
La mia mente divenne pesante per l’oscurità
La nebbia delle onde verdi si levava

Dove, dove devo andare?
Quando il mio sole nebbioso tramonta
L’oceano mi separa dal mio tesoro
E’ una beffa sdraiarsi e alzarsi.
(traduzione Flavio Poltronieri)

Fou de Bassan
Fou de Bassan

A nord della Bretagna, oltre la Costa di Granito rosa, altre polveri continentali emergono a pelo d’acqua. Si tratta dell’Arcipelago delle Sette Isole (Enezeg ar Jentilez) che è formato in verità da cinque isolette: Enez Riouzig, Enez Melbann Enez Bonno, Enez Ar Breur, Enez Plat e da due grossi scogli : Ar Zerr e Kostann, quasi esclusivamente raggiungibili in bassa marea. Qui ci sono uccelli di ogni tipo ma soprattutto i rapaci Fou de Bassan. Sono solo i francesi però a chiamarli « pazzi ». E’ il più grande uccello di tutta la Bretagna, un campione di tuffi ed immersioni. In Spagna lo chiamano Alcatraz (il che è tutto dire!), da noi la Sula Bassana, in bretone è Morskoul (“mor” sta per mare e “skoul” per l’aquilone). “Skoul” significherebbe però anche aquilino, riferito al naso. Ha una apertura alare di un metro e ottanta, può percorrere in un giorno anche 450 chilometri e la sua velocità raggiunge i 100 chilometri all’ora. E può rimanere per 20 secondi sott’acqua, senza respirare.

Esistono le stagioni anche nel territorio dell’anima. Il sole cocente arrossa la pelle, proprio come lo fa il gelo invernale. La Bretagna accarezzata dalle onde è la stessa sferzata dalla tempesta. Quella pericolosa e selvaggia abitata dai ribelli Sciuani, descritta nel 1829 nei «Chouans» da Honoré de Balzac è la stessa verdeggiante e fiorita della narrativa contenuta in «Marie» del poeta di Lorient, Auguste Brizeux (1831). Ci sono sempre due sguardi con cui osservare una provincia dominata dalla natura. La foresta che ostacola la penetrazione della civilizzazione francese descritta dal primo, protegge l’innocenza e la purezza dell’infantile mondo contadino del secondo. Balzac fa parte della letteratura francese, l’opera di Brizeux rappresenta invece forse la nascita di una letteratura bretone di espressione francese. In entrambi i casi la Bretagna, un paese bagnato per tre quarti dal mare, resta totalmente sottomessa all’impero della sua natura. I poeti militanti degli anni 70 hanno affermato a più riprese che si è data troppa importanza a questa natura.

Je dors en Bretagne ce soir

Ma la Bretagna è più viscerale che arzigogolata. Un luogo dove all’uscita di una radura, uno può pacatamente ritrovarsi all’improvviso, a discutere con alcune specie di trampolieri che vengono a rompere i gusci neri delle cozze per mangiare quello che contengono. Intanto controluce un cargo prende il largo, una petroliera, forse una nave-cisterna per il trasporto del vino (pinardier) o per il trasporto di legname (grumier), enorme, con il suo carico prezioso celato nelle viscere. Qualche marinaio starà aprendo un portello per scendere a stiva, nella penombra delle scale, sicuramente strette e scivolose. Nella immobilità forzata attuale dove va a sbattere un an-dro infinito, solo ai ricordi ci si può affidare:

Les pommiers fleuris du printemps
Et la grêle de temps en temps
Sur les talus la blanche épine
La tige fine qui s’incline
Les ajoncs de La Roche-Bernard
Beauté prise dans un regard

Par chance et aussi par vouloir
Je dors en Bretagne ce soir


L’abeille sur le liseron blanc
Et en surface d’océan
L’évanouissement des vagues
L’ombre d’un chemin qui zigzague
La graine des genêts craquant
En plein midi au bord des champs

Par chance et aussi par vouloir
Je dors en Bretagne ce soir

Les bruines de l’arrière-saison
Voilant des ports sans horizon
Une sirène qui résonne
Portant mélancolie d’automne
Le galop fou du vent salé
Sur l’infini des monts d’Arrée

Par chance et aussi par vouloir
Je dors en Bretagne ce soir

L’onglet du pécheur étripant
Le poisson sur le pont glissant
L’alignement mégalithique
Que fait reluire la pluie oblique
Et un peu de neige parfois
Qui blanchit l’ardoise des toits

Par chance et aussi par vouloir
Je dors en Bretagne ce soir
Dans la beauté

I meli fioriti della primavera
E la grandine ogni tanto
Sulle scarpate il biancospino
Il gambo fine che si inclina
I ginestroni della «Roche Bernard»
Bellezza presa in uno sguardo

Per fortuna e anche perchè lo voglio
Dormo in Bretagna stasera


L’ape sulle campanule bianche
E sulla superficie dell’oceano
Lo svanire delle onde
L’ombra di un sentiero che zigzaga
I semi scricchiolanti delle ginestre
In pieno mezzogiorno ai bordi dei campi

Per fortuna e anche perchè lo voglio
Dormo in Bretagna stasera

La pioggerellina della stagione indietro
Che vela dei porti senza orizzonte
Una sirena che risuona
Portando malinconia d’autunno
Il galoppo folle del vento sdalato
Sull’infinito dei Monti d’Arrée

Per fortuna e anche perchè lo voglio
Dormo in Bretagna stasera

L’unghiata del pescatore
Sbudella il pesce sul ponte scivoloso
L’allineamento megalitico
Che fa luccicare la pioggia obliqua
E un po’ di neve talvolta
Che imbianca l’ardesia dei tetti

Per fortuna e anche perchè lo voglio
Dormo in Bretagna stasera
Nella bellezza

(Traduzione italiana Flavio Poltronieri – dal volume “Koroll Ar C’hleze” – Danza della Spada – Raccolta di testi bretoni contemporanei – 1985)

La Bretagna è un luogo mistico dove stai con i piedi nell’acqua, mentre tutto questo vento porta via la testa su un aliante, come fa una nota musicale sulle corde di un’arpa che da secoli non ha mai smesso di suonare. Lo strumento con le corde sospese nell’aria, lo strumento verticale. Velivolo leggero, privo di motore, pensato da un dio generoso per farti volare da solo, a lungo e lungo tutte le correnti atmosferiche che riesci ad immaginare.

statuetta di Paule

Nel 1988, una statuetta di 42 centimetri di altezza, risalente addirittura al II° secolo, è stata rinvenuta a Paule. E’ il primo esempio dell’importanza attribuita all’arpa dalle tribù celtiche. Un bardo seduto che tiene in mano uno strumento a sette corde, che assomiglia ad una lira o ad una cetra, ovvero quelle che furono le antenate dell’arpa di oggi. Si può vedere al Museo di Rennes. Non dimentichiamo che in Irlanda, la prima rappresentazione di questa famiglia di strumenti, si situa tra l’VIII° e il IX° secolo. La troviamo incisa su una croce in granito nella chiesetta di Carndonagh, nella penisola del Inishowen, Contea del Donegal.

Dagda, la principale divinità della mitologia irlandese, possiede un’arpa magica nella quale sono presenti tutte le melodie, certo non si tratta di gighe, reels, hornpipes, strathspeys, che arriveranno molto più tardi, ma nel manoscritto Carth Maighe Tuireadh appartenente alle Harleian genealogies (il più antico carteggio di alberi genealogici delle nobiltà del Galles), ad un certo punto si legge che “un ritornello musicale gaio, dona sorrisi e gioia, uno triste fa insorgere lamenti e pianti”.

Buonanotte d’arpa: Oidhche Mhath Leibh

John MacFadyen fu un poeta e scrittore, nato nell’Isola di Mull e vissuto da ferroviere a Glasgow. Probabilmente aveva anche nella mente la vita dell’immigrato del XIX° secolo, quando scrisse questa canzone in gaelico-scozzese. Oidhche Mhath Leibh dovrebbe risalire al 1897, Alan Stivell l’ha registrata in Chemins de Terre nel 1973 e gli Ossian l’hanno riproposta a conclusione del loro disco d’esordio, nel 1977. Il testo non è quasi mai cantato nella completezza delle sue strofe e neppure in queste occasioni.

Ossian in Ossian 1997

Comunque nessuno dei molti che la incideranno in seguito (Ken Parsons, Connie Dover, Ensemble Galilei, Oran, Cottars, Brian Ó hEadhra, Sòlastas…) ha mai avvicinato l’intensità di quelle due lontane interpretazioni. Ricordiamo però le versioni della famosa cantante ceca Lenka Filipová e di quella gaelico-scozzese Mary Ann Kennedy, nel recente «Glaschu: Home Town Love Song» interamente consacrato alla città di Glasgow. Le atmosfere evocate dalle voci di Alan Stivell e di Billy Ross sono di quelle che restano scolpite nella memoria.

Soraidh leibh is oidhche mhath leibh,
Oidche mhath leibh ‘s beannachd leibh
Guidheam slàinte ‘ghnàth bhi mar ribh
Oidhche mhath leibh ‘s beannachd leibh

Chan eil inneal-ciùil a ghleusar
‘Dhùisgeas smuain mo chléibh gu aoibh
Mar nì duan o bheul nan caileag
Oidhche mhath leibh, beannachd leibh

Soraidh leibh is oidhche mhath leibh
Oidche mhath leibh ‘s beannachd leibh
Guidheam slàinte ‘ghnàth bhi mar ribh
Oidhche mhath leibh ‘s beannachd leibh

Thuit ar crann air saoghal carach
‘S coma siud, tha ‘mhaitheas leinn
Bidh sinn beò an dòchas ro-mhath
Oidhche mhath leibh, beannachd leibh

Addio e buona notte a te
buona notte e benedizioni a te
auguro buona salute
buona notte e benedizioni a te

Non c’è strumento accordato
che risvegli il pensiero del mio cuore alla gioia
quanto una rima dalle bocche delle ragazze
buona notte e benedizioni a te

Addio e buona notte a te
buona notte e benedizioni a te
auguro buona salute
buona notte e benedizioni a te

La nostra sorte è caduta in un mondo ingannevole
di qualsiasi cosa siamo perdonati
vivremo nella migliore delle speranze
buona notte e benedizioni a te
(traduzione Flavio Poltronieri)

LINK
http://ontanomagico.altervista.org/arpa-celtica.html
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=59479
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=59463&lang=it

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

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