(indirizzata a Cattia, la marinara!)
“In ogni pozzo c’è qualche goccia d’acqua chiara nel fondo del secchio, quando quest’acqua è blu, la sete si calma; nel cuore di ogni ragazza ci sono delle lacrime d’amore, quando queste lacrime sono versate, la tristezza se ne va.”
Dopo la grande guerra la città portuale di Brest verrà riedificata sulle macerie e su tutta quella malvagità che l’aveva rasa al suolo. Ma occorreva anche un simbolo che le facesse ritrovare il passato marinaro glorioso che la legava alla storia dell’oceano, una specie di Dovere della Memoria. Fu perciò ricostruita “La Recouvrance”. Ambasciatrice galleggiante, vascello che rappresentava l’armonia con quel suo modo di vivere, in ricordo ai tempi in cui gli dèi del vento portavano quella gloriosa goletta verso le coste lontane e a sfidarsi sulle onde con i bastardi battelli negrieri che perpetuavano un commercio immondo. Anche se purtroppo la fine di quelle imbarcazioni non metterà certamente termine alle disumane schiavitù. La storia tra Brest e il mare dura dalla notte dei tempi, a noi ascoltatori di terraferma non sono richiesti tormenti, rischi, abnegazioni, coraggio, il nostro mare passa solamente attraverso le canzoni.[*]
Ma rimane la magia sulle labbra dell’oceano, un tale abisso nel suo sguardo, si ode chiara in quella voce fluttuosa, la musica eterea di sogni spaventosi. Sotto la pioggia di ponente, l’orizzonte oceanico mostra i cammini di cui sono rimaste le voglie in fondo agli occhi dei vecchi marinai. Qualcuno di loro scioglie la lingua e canta, oramai con scarsa voce, delle barche che non torneranno, nessuno conta più sui venti da sud-ovest o da nord-ovest oppure sul “bôme” (l’antico “gui”), il longherone con cui si orientavano le vele auriche o triangolari. Chi ha conosciuto il tempo delle vele-regine non dimentica sartie, fiocchi, alberi di trinchetto, grani di rosari, tempeste gelate di Noroît. E spera sempre di scorgere in fondo alla bruma, il sortilegio di una sagoma misteriosa apparire dal nulla, lo stesso fantasma che abbigliò di nero la vita di tante donne bretoni. Ancora le folate colpiscono l’acqua che si riversa ovunque ma oggi questi non appaiono più come tragici emblemi per nuovi cimiteri, nessuno resta separato neppure “tra lo scoglio di Néroth e la cappella di Saint-Corentin” (come recita la celebre canzone “Marie-Jeanne Gabrielle”).
Marie-Jeanne Gabrielle
Il brano composto dal cantautore bretone Louis Capart omaggia la propria madre, donna nativa dell’isola di Sein, una menzione particolare va alla versione dei Tri Yann che le riservano un trattamento strumentale dalle tinte barocche e uno canoro dallo spirito rinascimentale.
Sein è un’isola a ponente separata da un braccio di mare lungo otto chilometri dalla Pointe du Raz, tra tutte si tratta della più esposta al furore degli elementi essendo del tutto priva di vette. Le case sono molto piccole e strette tra loro, il mare le assalta senza ostacoli quando decide di scatenarsi. La vita isolana un tempo era molto più dura, non a caso in Bretagna vige il detto “Chi vede Ouessant vede il suo sangue, chi vede Molène vede il suo dolore, chi vede Sein vede la sua fine, chi vede Groix vede la sua croce.” Non si sa cosa sia peggio!
Gli iniziali abitanti erano dei naufraghi inseguiti da pirati e furono proprio loro a edificare le prime abitazioni a cui seguirà un indispensabile faro (a questo soggetto i Tri Yann orchestrarono un drammatico tradizionale dal titolo “Gwerz Porsal” nel loro cd “Le Pelegrin” – 2001) e un minimo di vita sociale.
Le donne dei marinai del XVIII secolo, isolane o continentali che fossero, affrontavano una vita drammaticamente dura, si sposavano in media a diciannove anni, rimanevano spessissimo sole, sulle loro spalle reggeva l’intera economia e responsabilità domestica. La vita intera era regolata dalla locale meteorologia. Di fatto si trattava di un matriarcato, le famiglie erano sovente numerose e la legge dell’epoca stabiliva sei mesi di anticipo sullo stipendio alla partenza dalle navi e ulteriori ma solamente su presentazione di note firmate dal parroco che certificassero lo stato di coniugi. Le notizie dei mariti imbarcati erano scarse o, peggio, inesistenti e quando il ritorno non avveniva, alle disperate donne non restava che solidarizzare tra loro.
Nel XVII secolo avvenne l’evangelizzazione dell’isola da parte del missionario cristiano Michel le Nobletz, dato che i suoi abitanti venivano considerati dei selvaggi mezzo pagani, in quel tempo l’autorità era rappresentata infatti da due sacerdotesse adoratrici del sole, che pregando un dio chiamato “Doue Tad” (Dio Padre) perpetuavano un culto pre-cristiano. La storia narra che, oltre alle terribili inondazioni, anche carestie ed epidemie (specialmente quella di colera tra il 1849 e il 1885) colpirono quest’isoletta. E’ noto come i copricapi tradizionali delle donne di Sein, da sempre bianchi, a un certo punto cambieranno colore, divenendo definitivamente neri in segno di lutto perpetuo.
Marie-Jeanne-Gabrielle, entre la mer et le ciel
Battu par tous les vents au raz de l’océan,
ton pays, s’est endormi
Sur de belles légendes illuminant son histoire
Gravées dans la mémoire des femmes
qui attendent les marins d’île de Sein
Raconte-nous l’enfant que tu étais
courant du sable fin aux galets
Parle-nous de ces jeunes gens
sautant les feux de la Saint Jean
On pouvait croire au paradis en ce pays
Chante nous si tu t’en souviens
pour passer le Raz de Sein
Le cantique à Sainte-Marie qu’on ne chante qu’ici
La peine et l’ennui, de l’automne à l’été
On ne vit qu’au rythme des marées
De la naissance au grand Sommeil
Règne le flambeau de la Vieille
On mêle la cannelle
Au parfum des chandelles
On dira pour embarrasser
La mort: “Joie aux Trépassés”
Car sur cette terre fidèle
Les âmes vont au ciel
Quand le jour s’achève au dessus de la grève
sur la pierre écorchée de l’île
On croit voir au fond de la brume
comme des feux qu’on allume
Où la barque ensorcelée qui apparait
Menaçante elle vient jeter la peur sur les naufragés
Et le noir habille la vie des femmes du pays
La vie a changé sur le court chemin,
du Néroth à Saint-Corentin
On ne reste plus très longtemps isolés du continent
Meme les anciens ne reviennent qu’au Printemps
Et la mer a tourné le dos aux pêcheurs des temps nouveaux
Elle entrainera les marins loin de l’île de Sein
Marie-Jeanne-Gabrielle, tra il mare e un cielo
Battuto da tutti i venti oceanici,
Il tuo paese, si è addormentato
Su belle leggende che illuminano la sua storia
Impresse nella memoria delle donne
In attesa dei marinai dell’Isola di Sein (1)
Raccontaci la bambina che eri
E che correva dalla sabbia ai ciottoli
Parlaci di questi ragazzini
saltellanti ai Feux de la Saint Jean (2)
Si potrebbe credere al Paradiso in questo paese
Cantaci se te lo ricordi,
Per oltrepassare il Raz di Sein (3)
Il cantico a Santa Maria che qui non si canta
La pena e la noia da autunno a estate
Non vivono che a ritmo di maree
Dalla nascita al grande Sonno
Regna la fiaccola della Vieille (4)
Si mescola la cannella
Al profumo delle candele
Si dirà, per mettere in imbarazzo
La morte: “Gioia ai Defunti”
Perché su questa terra di fedeli
Le anime vanno in cielo
Quando il giorno termina sotto il greto
Della pietra scostata dell’isola
Sembra di scorgere in fondo alla foschia
Come dei fuochi che si illuminano
Dove la barca stregata che appare
Minacciosa, viene a spaventare i naufraghi
E a vestir di nero la vita delle donne del paese
La vita è cambiata sul corto sentier
che da Néroth porta a Saint-Corentin
Non si resta più a lungo isolati dal continente
Anche i vecchi non tornano che a primavera
Il mare ha girato le spalle ai pescatori dei tempi nuovi
E porterà i marinai lontano dall’isola di Sein
(Traduzione italiana di Flavio Poltronieri dal volume “Koroll Ar C’hleze” – Danza della Spada – Raccolta di testi bretoni contemporanei – 1985)
NOTE
(1) L’Île de Sein (in bretone Enez-Sun) è un’isola bretone nell’Oceano Atlantico, al largo del Finistère, a otto chilometri dalla Pointe du Raz (raz significa “corrente d’acqua”), da cui è separata dal Raz de Sein.
https://www.bretagna-vacanze.com/destinazioni/alla-scoperta-delle-destinazioni/quimper-cornouaille/sein/
https://bretagna.com/un-fine-settimana-a-lile-de-sein/
https://www.melarossa.it/viaggi-assaggi/alla-scoperta-dell-ile-de-sein/
(2) fuochi del solstizio d’estate che derivano dagli antichi riti pagani
(3) passaggio marittimo tra l’omonima isola e la Punta di Raz (Finistère)
(4) faro del Comune di Plogoff, edificato a fine ‘800 e divenuto monumento storico francese una decina di anni fa
Le antiche canzoni oggi sono solamente sussurrate; basta secche, correnti, relitti, non si passa più dalle onde alle lacrime di gioia o di dramma, che per tanti dispersi si piansero. Ma rimane la stessa chiarezza sulla fronte delle onde, una tale oscurità nei capelli della corrente, un tale boato nel flusso che invade chi lo ascolta…che non può che infonde ricchezza interna. E’ una costante fonte di benessere appassionato, caotico, inesauribile, una direzione infallibile, quella che il caro Gilles Servat tanti decenni fa cantava “sulla superficie dell’oceano lo svanire delle onde è l’ombra di un sentiero che zigzaga”. Le scogliere rocciose nude si protendono sempre verso lo zenith, ripide, paurose, alte oltre l’immaginario, piene di fretta e pronte a cambiar stella.
Ben oltre le nebbie del cielo mattutino dove i piccoli uomini lanciano la propria nave della memoria contro l’impetuosa marea del tempo, piccole anime con povere visioni stentate e costrette a misurarsi con i giganti. Ma questo non impedisce loro di brindare, a ritmo di maree e odissee ritmiche di lungo corso, alle avventure che non hanno vissuto, alle meraviglie di queste visioni, con bicchieri di “champagne bretone” (come bene insegnava il linguaggio marinaro delle golette antiche): miscuglio di rhum e limonata…insomma vero e originale champagne dei poveri!!
[*] archivio sea-shanty e canzoni del mare in Terre Celtiche Blog
https://terreceltiche.altervista.org/sea-song/