Il Carnevale nell’Arte Medievale

I colpi di coda dei canti rituali dell’inverno sono quelli del carnevale carnem levare, cioè “eliminare la carne”. Iniziano le orge gastronomiche per esaurire le ultime scorte di carni prima della primavera. E insieme alla sregolatezza alimentare, la liberazione temporanea dalle regole vigenti e dai tabù.
E’ per questo che il linguaggio ed i simboli del carnevale sono la parodia e i travestimenti.


Il nome Carnevale ha origine altomedievale per indicare inizialmente solo i giorni immediatamente precedenti al digiuno quaresimale in vista della Pasqua (che inizia con il Mercoledì delle Ceneri): questa “vigilia” caratterizzata da eccessi alimentari culmina ancora oggi nel Martedì Grasso.

Ma oramai con l’abbondanza alimentare, la laicizzazione della società di pari passo con il lassismo religioso, sono in pochi a rispettare il digiuno quaresimale: il Carnevale più che un periodo di eccessi alimentari per gli adulti è diventata una festa dei dolcetti per i bambini (però si mantengono ancora le tradizionali fagiolate o gnoccolate di piazza).

Il nostro Carnevale è stato congeniato nel Medioevo e si è innestato su antichi rituali legati al passaggio stagionale, nonchè ai rituali di iniziazione sessuale maschile per gli adolescenti che hanno superato la pubertà, e sono entrati nell’età adulta e riproduttiva. Non a caso erano proprio le confraternite dei giovani i motori della festa, e ancora oggi in ogni comune italiano non mancano mai i comitati che se ne prendono l’onere.
Dei tempi andati è rimasta l’allegria forzata, la voglia di mettersi in maschera (che affascina tanto i bambini) e con esse il ribaltamento dei ruoli, la parodia e la dissacrazione esibiti nelle parate a piedi e nei carri allegorici.

Il Torneo tra Carnevale e Quaresima

Il famosissimo dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio Kampf zwischen Fasching und Fasten[1] è un compendio illustrato delle usanze fiamminghe tra carnevale e la quaresima distribuite però in un lungo lasso temporale tra Capodanno a Pasqua.
Da un lato l’Osteria, dall’altro la Chiesa e in mezzo un’umanità di artigiani, bottegai e qualche ricco mercante, con tutte le sue miserie e ipocrite falsità tra storpi, mutilati, moribondi (o cadaveri) e derelitti. Emblematici i bambini intenti nel gioco della trottola, sintesi a mio avviso di tutto il significato del quadro, una vita ciclica, alternata tra follia e ragione, povertà e ricchezza, abbondanza e penuria, così le figure nella piazza sono disposte lungo un cerchio (schiacciato dalla prospettiva) vorticoso.

Kampf zwischen Fasching und Fasten [la Battaglia tra Carnevale e Quaresima] Pieter Bruegel: Combattimento fra Carnevale e Quaresima,1559
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Il Macellaio grasso a cavalcioni di una botte

Carnevale è un grasso macellaio seduto a cavalcioni di una grossa botte di birra, sistemata su di una barchetta azzurra (il carro navale su ruote che veniva portato in processione nella festa alle antiche divinità, ma anche la Nave dei Folli in cui si isolavano i malati di mente abbandonandoli al mare).
Il primo piano del dipinto è la parodia di un torneo medievale tra Carnevale e Quaresima in cui a sinistra un rubicondo e rubizzo bottegaio scimmiotta l’aitante cavaliere, così impugna un lungo spiedo invece della lancia in resta. Nello spiedo è infilzata una strana creatura appena arrostita, con la testa di maialino e il corpo di un pollo, seguono una quaglia (o un analogo uccello) e due salamelle e come se non bastasse un cotechino legato con una cordicella penzola proprio in corrispondenza delle sue terga (e possiamo facilmente immaginare cosa simboleggi).

Il Cavaliere-macellaio indossa come elmo un pasticcio, una torta di carne in crosta guarnita a mo’ di pennacchio da due zampe di merlo, e infila i piedi in due capienti brocche in peltro. La sua insegna, conficcata con un coltellaccio nella botte, è un prosciutto pronto per essere affettato. Un bel set di coltelli alla cintura lo qualificano, a scanso di equivoci, come macellaio, era infatti la corporazione medievale dei macellai a fornire la carne per i festeggiamenti carnevaleschi.

Le tre figure che seguono il carro navale sono dei suonatori-cantori, il ragazzo aggrappato alla botte e che spinge la barca del Carnevale, indossa la casacca gialla del giullare-giocoliere, il colore dei truffatori, imbroglioni, traditori (guarda caso il colore preferito dai pittori per il mantello di Giuda), in testa indossa un cono -che sembra essere ricavato da un imbuto- colorato a spicchi con il giallo della follia, ma anche il rosso e l’azzurro del vizio[2]. A tracolla come una bandoliera porta delle placchette circolari che lo qualificano come appartenente alla Gilda dei Macellai[3]. Ai lati due maschere fanno fracasso con degli strumenti “improvvisati” ricavati dagli attrezzi recuperati in casa, una gratella-forcone da percuotere con un coltello (buffissimo il cuscino rosso e azzurro appoggiato sulla testa della maschera bianca in volto come fosse un tricorno!) e un orcetto di terracotta chiuso con una membrana bucata al centro da uno stecco. Si tratta del tamburo a frizione, uno strumento povero ancora oggi utilizzato in alcuni gruppi di musica tradizionale/etnica.

Il suonatore si è messo sulla testa un tappeto colorato-copriletto legato attorno al collo da una morbida fascia bianca come mantella, così la scena sulla sinistra è disseminata di bizzarri copricapi e mantelli improvvisati come pure cuscini infilati sotto ai vestiti per simulare pance gonfie o gobbe sulla schiena e tantissimi oggetti d’uso comune riciclati per assolvere a una diversa funzione (ribaltamento, sovvertimento delle consuetudini).[4]

Pieter Bruegel: Combattimento fra Carnevale e Quaresima dettaglio del cavaliere-macellaio

Immediatamente dietro seguono altre maschere in cui una indossa sulla testa nientemeno che un tavolino tondo imbandito con panini tondi e cialde rettangolari. Al fianco del suonatore di chitarra (un ragazzo con una pentolaccia infilata in testa e un grosso cuscino a gonfiargli il girovita) una maschera impellicciata porta tra le braccia un enorme piatto pieno di cialde. Reca addosso a sè tutto l’occorrente per cucinare questi dolci tipici del carnevale: una collana di grosse uova le decora il collo, una piccola madia a cintura per la farina e il testo di ferro in spalla.

Pieter Bruegel: Combattimento fra Carnevale e Quaresima

Le cialde di Carnevale

I gaufre, waffle e le cialde/canestrelli dei paesi germanici, scandinavi ma anche francesi/italiani, sono tipici per la Candelora e il Martedì Grasso, stesso dolce, ricette simili, cambia solo il nome e la consistenza.

Un impasto semplice liquido o più cremoso a base di farina, acqua/latte e uova (e l’aggiunta di latticello, burro o panna, poco zucchero e lievito) che acquista croccantezza o morbidezza per come viene cotto.
Già nel Medioevo si utilizzano per la cottura i “testi” delle pesanti “piastre” munite di un lungo manico, uno sorta di stampo goffrato a nido d’ape [Gaufre dal franco wafel «favo di miele»] che si appoggiava sul fuocherello del camino. Derivavano dai testi incisi con disegni elaborati che si usavano nei Monasteri come stampi per le ostie.
Nel dipinto del Bruegel una donna in mezzo al cerchio dei paesani è in procinto di verificare la cottura delle sue cialde: le grandi uova sullo sgabello alla sua destra sono più probabilmente uova d’oca che di gallina. Ha già versato nel testo qualche cucchiaiata della sua cremosa pastella contenuta in un grosso tegame di terracotta, (ne possiamo ancora ammirare l’impasto dalla consistenza soffice e corposo) e lo ha posto su un basso treppiede circolare o un braciere sopra al fuoco da campo. E’ intenta a staccare la pastella in eccesso dal bordo della piastra con un coltello per saggiarne anche la consistenza e verificarne la cottura.

Combattimento fra Carnevale e Quaresima dettaglio cottura dei gofri
Pieter Bruegel: Combattimento fra Carnevale e Quaresima, la panettiera che cucina le cialde

Le Ricette Medievali

Le prime ricette giunte fino a noi sono contenute ne Le ménagier de Paris, testo di cucina della fine del 1300, per preparare dei gauffres salati con farina, le uova sbattute con un pizzico di sale e il vino (e ancora oggi le cialde che arrivano dalla tradizioni monastiche sono preparati con il vino liquoroso tipo vinsanto); una variante con l’aggiunta di formaggio (in una versione più liquida oppure più densa) e l’ultima con farina uova e zenzero. La piastra deve essere velocemente passata con uno straccio imbevuto di olio o di burro.
Nei ricettari cinquecenteschi/secenteschi la “pasta tedesca” diventa dolce. A casa ogni tanto provo qualche ricetta del passato e ho trovato una versione fritta dei goffri nel ricettario di Cristoforo Messisbugo[5] definito spesso il primo grande chef del Rinascimento.

La ricetta per 10 persone dice: “Piglia libbre 3 di farina bianca burattata [setacciata] e ponila in un catino, con libbre 3 di latte di vacca, e libbre una di butiro [burro] fresco, e once 3 di acqua rosata [di rose], e libbra una di zuccaro [zucchero], ed un poco di zaffarano [zafferano], uova vinti, dieci con tuorli e chiaro e dieci con tuorli soli. E componi bene ogni cosa insieme in detto vaso, che divenga come una colla [pastella]. Poi abbi libbre 5 di butiro fresco o dileguato [sciolto] in una patella che sia ben bogliente. E abbi i ferri ben netti, e ponli a scaldare nel grasso bogliente: poi mettili in detta colla che se gli attaccherà la pasta; e poi li tornerai nella patella e si spiccheranno dai ferri.
E quando non si spiccassero bene, perchè la colla fosse troppo chiara o troppo spessa, la acconcerai a tuo giudizio, e dopoi gli porrai sopra once 6 di zuccaro. E dette paste si possono empire, dopoi che son fritte, di marzapane o gelatìa o mariconda o crema o d’altro, e sarìa meglio

Nella ricetta abbiamo farina setacciata, latte e burro, zucchero (in rapporto di 3:1) qualche goccia di acqua di rose per profumare e di zafferano per dare il tanto amato colore dorato nella cucina rinascimentale. Ci sono inoltre tantissime uova metà intere e metà solo di tuorli. Lo chef non precisa come precedere nel mescolare gli ingredienti, io mettere a lavorare nella planetaria farina, zucchero e burro (con aromi e colorante naturale), le uova e poi aggiungerei il latte a filo. Ma per incorporare più aria (in assenza di lievito nella ricetta) sarebbe meglio sbattere le uova a parte e poi aggiungerle agli ingredienti “asciutti”.
Non mi è ben chiara la cottura di queste cialde perchè se si usasse il burro fresco si brucerebbe con le alte temperature (è più adatto il burro chiarificato).
Lo chef dice di mettere i ferri a scaldare nella padella contenente il burro, poi di immergerli nell’impasto, poi di rimetterli nella padella ed ecco che con il calore la pasta si staccherà dai ferri.
Ovviamente bisognerebbe capire come funzionavano questi stampini incisi con le insegne o anche a forma di animali.
Il procedimento per cuocere le cialde con i ferri è però diverso dalla frittura

Ferri da cialda

Nella forma più semplice si tratta di una “tenaglia” da cialda, originariamente in ferro dolce, due piastre metalliche incise e rivettate insieme. Oggi è una macchina elettrica detta biscottiera/gofriera o piastra con stampi tondi su modello rosone oppure rettangolare a nido d’ape.

I Ferri da Cialda sono ancora realizzarti artigianalmente in alcune località italiane, se ne vedono di bellissimi nei musei risalenti al XIV ed il XX secolo, quando erano realizzati da mastri ferrai e facevano parte del corredo della sposa. La moda della “cialda personalizzata” dilagò nel Rinascimento e i ferri portavano incisi gli stemmi araldici e i nomi dei proprietari[6]. Si misero al lavoro anche abili orafi/argentieri per stampi incisi a bulino, veri e propri capolavori d’arte. Con l’Ottocento i “ferri” vennero realizzati in ghisa, si passò alla tecnica dello stampo e ad un maggior spessore per una migliore distribuzione del calore e della cottura.
Ancora oggi i ferri da cialda sono una valida alternativa alle macchine elettriche.

Impronta dei ferri da cialde di Simone d’Antonio da Parnaciano, 1532, gesso, Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria 
tenaglia da cialda prima metà del 1500, piastre decorate con festoni, cornucopie, medaglioni e al centro due stemmi Museo Civico dell’Arte Antica, Palazzo Madama Torino

Come si procede alla cottura

I ferri vengono unti all’interno con del lardo o del burro e scaldati sulla fiamma vivace. Una volta bel caldi si aggiunge al centro della parte interna del ferro un cucchiaio di pastella e si stringe gradualmente fino a chiudere il ferro da cialda, cuocendo poi più o meno brevemente ogni lato (un paio di minuti circa).

Gofri a go-go

Nella tradizione montanara del Piemonte e Valle d’Aosta si chiamano gòfri o gòffre e sono un sostituto del pane, preparati con acqua, farina, sale e lievito di birra (e un pezzo di lardo per ungere la piastra)[7]
La ricetta dell’alta Val di Susa
La ricetta della Valchisone

Nel torinese pinerolese e in città sono diventati un popolare street-food farciti con salame, pancetta, prosciutto e formaggio, oppure ricoperti di miele, marmellata o crema al cioccolato.

Waffles o Canestrelli?

Stillleben mit Zinntellern, Steinkrug und Waffeln, 1600

Ricette a confronto

La versione più ricca con uova, zucchero, olio (o burro e latte e anche in alcune versioni aromatizzato con scorza di limone, vaniglia o rum), lievito è però quella della “pasta tedesca” che abbiamo visto nei ricettari rinascimentali.
Si ottengono delle spesse cialde, croccanti all’esterno e morbide all’interno con il caratteristico disegno a grata, servite con abbondante miele colato sopra, farcite con burro o marmellata, o creme. Per un dessert super-goloso si possono aggiungere pezzetti di frutta fresca, mascarpone, panna montata, scaglie di cioccolato o nocciole tostate, caramello ma anche il gelato.

La video ricetta dei Waffle (Le Ricette di Lara)
La ricetta con un mix di farine e l’abbinamento di vari lieviti (Diario di Cucina)
La ricetta abruzzese delle ferratelle (Terre dei Trabocchi)

Varietà di canestrelli piemontesi
Varietà di canestrelli piemontesi

Una variante ingegnosa è il canestrello canavesano (ofela o canestrel) di forma rotonda come un biscottino. Attenzione che con lo stesso nome s’indica anche un biscottino di pasta frolla a forma di fiore con un buco al centro e in effetti l’impasto è simile, si differenzia nella cottura il primo con i “ferri” il secondo nel forno (canestrelli di pasta frolla)

Per il canestrello canavesano l’impasto è invece più consistenze come una pasta frolla e viene fatto raffreddare in frigo sotto forma di palline. C’è anche la variante al cacao o con le nocciole macinate fini.

Varietà di canestrelli piemontesi: più spessi e con grigliature rilevate i Canestrelli di Vaie; sottili e con grigliatura leggera quelli di Montanaro; simili a monete medievali quelli di Tonengo di Mazzè, croccanti, sottilissimi e impressi con stemmi di famiglia quelli di Borgofranco d’Ivrea.

La ricetta del Canavese (fatti per voi da Claudia Mondino)
La ricetta dei canestrelli di Vaie
La ricetta dei Canestrelli di Vaie (Due Amiche in Cucina)

Nelle Isole Britanniche e in America il Martedì Grasso è il Pancake Day

[1] Del dipinto furono realizzate diciotto copie, di cui cinque dal figlio Pieter Bruegel il Giovane. Confrontando la tavola dipinta da Bruegel padre e conservata a Vienna con la riproduzione del Bruegel figlio conservata nel Museo delle Belle Arti di Bruxelles in Belgio possiamo notare come alcuni dei particolari più macabri siano stati “cancellati” con qualche pennellata dello sfondo, da qualche proprietario del primo dipinto

[2] tre colori contraddistinguono il personaggio chiave nel dipinto posto al centro del quadro e voltato di schiena seguito da una coppia. E’ la follia che illumina il cammino delle due Chiese, Luterana e Cattolica una cristianità al buio, dilaniata dai contrasti tra cattolicesimo e riforma protestante.

[3] la gilda era una corporazione delle arti e mestieri allo scopo di fornire mutua assistenza tra gli aderenti ma anche di regolamentare e tutelare le attività di una specifica professione https://it.wikipedia.org/wiki/Corporazioni_delle_arti_e_mestieri
Tutti gli attori delle rappresentazioni carnevalesche provenivano nel Medioevo dalle corporazioni degli artigiani e dei bottegai, che si organizzavano in confraternite per l’organizzazione della festa, dalla creazione delle maschere e dei costumi, il reperimento dei materiali scenici e la fornitura delle cibarie

[4] In una recente mostra al Kunsthistorisches Museum di Vienna sono stati allestiti una serie di oggetti simili a quelli presenti nel dipinto, presi in prestito dalle collezioni museali del Belgio e Olanda

[5] Pasta Tedesca fatta in diverse Armi e Cappe di S. Giacomo, o Croci; e diversi animali, fritte, sutte, o piene di Marzapani, o di Mariconda, o Crema, o d’altro Pastume, per far piatti dieci – Cristoforo di Messisbugo -Banchetti composizioni di vivande e apparecchio generale 1549.

[6]  le cialde si offrivano ai commensali al momento di unioni matrimoniali, di battesimi o di altre occasioni solenni che riunivano il casato. Cialde e ostie eucaristiche hanno dunque una funzione comunitaria di stesso stampo. La cialda con lo stemma araldico, ma anche con ritratti e iscrizioni, permetteva di condividere ciò che fondava l’identità famigliare, dinastica: il lignaggio e il nome. Identiche e riprodotte in serie, le immagini impresse nella cialda erano mangiate in un rituale chiamato a consolidare i legami familiari e clientelari e a creare l’identità di una comunità. La specificità di questo è sottolineata, oltre che dallo stemma (o dagli stemmi nel caso di matrimoni)  o dalle raffigurazioni impresse (e non solo dalla cialda), anche dalle iscrizioni. Il loro ruolo in questa condivisione si manifesta infatti nel fatto che esse indicano come una (sola) famiglia aveva il copyright esclusivo sui ferri da cialda incisi. 
https://antinomie.it/index.php/2021/05/28/la-grande-abbuffata-storie-di-immagini-in-bocca/

[7] https://www.taccuinigastrosofici.it/ita/news/contemporanea/panini-e-cibi-di-strada/gofri-cialde-alpine.html

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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