Bretagna a luci rosse

Le "figlie" del capitano di Saint Malo
Van Gogh- Il bodello 1887

Le capitaine de Saint Malo
Le capitaine de Saint Malo (Tri Yann)
Jean François de Nantes
Lulu de Nantes (mazurca)
Nantes
Saint-Malo
Réné Duguay-Trouin, il corsaro moschettiere
Robert Surcouf l’ultimo corsaro

Altri tempi

Nantes è un’isola fluviale tra le braccia del suo fiume. Da qui partivano i “roquios”, i battelli che facevano la traversata della Loira fino a Trentemoult. A Nantes non sapevi più in che epoca stavi vivendo, la respirazione precipitava sulle sue banchine umide: Quai de la Fosse, Quai des Antilles, Quai Turenne… mentre instancabilmente l’acqua sciabordava sui ventri di ferro dei battelli vecchi.
La Bretagna è quella preistorica di Carnac, medioeval-cortese di Dinan, militare di Concarneau ma anche quella che va dal Rinascimento dei Calvari alle macchine immaginate da Jules Verne…poi, allo sparire degli ammassi di stelle, le architetture contemporanee delle albe sporche, il pepe e vaniglia si mescolavano sull’asfalto grasso del porto sfiancato di fatiche, utensili dirigevano getti di gas infiammato dalle mani dei falegnami del ferro. Le urla lancinanti di mouettes e goélands, i vapori di fumo d’alcool estratto dalle melasse delle canne da zucchero, facevano sparire le ombre malfamate, i bastoni, le coppe e i denari della notte. Nantes, la carcassa arrugginita del vecchio ponte trasbordatore, il binario morto del treno di Croisic divorato dalle erbacce, gli argini sommersi.
Nantes gloriosa e buia come una nave affondata, possedeva in un tempo andato molte isole, alcune le chiamano ancora così anche oggi, nonostante non siano più circondate dall’acqua.
Nantes, alberghi degli schiavi, uomini con facce d’assassini e ragazze tutte con i capelli rossi. Nantes, la città più grande di Bretagna, il Castello dei Duchi, il Porto del Cigno Nero.

porto di Nantes Émile Dezaunay
Émile Dezaunay « Le port de Nantes » 1914

Lulu di Nantes

Prima di ereditare una famosa casa di piacere dalle persiane rosse, non lontano da Saigon, Lulu la Nantese faceva l’ostessa nel “Quartiere della Luna”, una casa di tolleranza dietro al molo di Nantes. Amava il valzer, il foxtrot e la java e inventava dei ritornelli che cantava sovente a squarciagola. Ma non le dispiaceva nemmeno la mazurka. Una di queste è conservata negli archivi della città. E’ finita lì per uno serie di circostanze qui irrilevanti. Si tratta di un foglietto con un allineamento sommario di ottave scarabocchiate frettolosamente sul dorso di un pacchetto di sigarette. E’ stato ritrovato nella sacca di un giovane sottufficiale della marina polacca, frequentatore assiduo del bordello.

Una notte d’ottobre del 1947 poco dopo un caldo incontro con Lulu, il ragazzo terminò la sua esistenza a Trentemoult, accoltellato a morte da due sconosciuti mentre ubriaco spolpo, tentava alla cieca di tornare a bordo della sua nave.
Un americano assistette alla scena. Era un tale Enjoy, allampanato, muscoloso e bastardo, nativo del Massachusetts, arrivato chissà come e perché in Bretagna. Dall’infanzia portava i segni ben visibili di una trapanatura nel cranio. Nelle bettole, quando il vino cominciava a scorrere Enjoy suonava l’armonica e certe sere si univa ai violinisti locali: aveva capito al volo come suonava la loro musica. Aveva compreso in fretta le paludi dei ritmi da danza bretoni e ricambiato, mostrando a quei strimpellatori di violinacci, le vecchie arie dei cow-boys scozzesi. Ho letto che ogni tanto in mezzo ad un pezzo, si fermava di colpo e apriva grande la bocca che pareva l’enorme becco di un uccello pazzo. Si credeva un predicatore ed iniziava a parlare a raffica, come posseduto, di qualsiasi cosa gli saltasse in mente. Una sera giurò di aver visto Lulu in mezzo al buio. La signorina faceva dei segni a due tipi, ordinando loro di chiuderle il baule. Quell’americano si faceva dei film. Sosteneva che gli orsacchiotti di peluche di Lulu rendevano difficoltosa l’operazione. Enjoy sparì una sera o forse un mattino. Alcuni sostennero che fosse partito per il sud. Altri invece giuravano che fosse finito in fondo alla Loira, mentre cercava di approfittare del continuo andirivieni delle chiatte sul fiume. Di Enjoy non resta niente a parte qualche aria di sua composizione che per molto tempo ha circolato sulle rive del Vallet prima di diluirsi nel tourbillon della musica tradizionale. Oggi nessuno la saprebbe più riconoscere.

Saint-Malo: terra di corsari e filibustieri

Il biancore del cielo di Saint-Malo aleggia sull’acqua mentre la foschia aleggia sui prati in questo posto da dove partivano gli avventurieri di un tempo che dovevano difendersi da altri filibustieri come loro e dall’inferno degli abissi, dal rumore lancinante dell’onda di smeraldo. Attraverso le canzoni tutte le parole prendono vita e sembrano confidare segreti. Gustave Flaubert parla delle genti di Saint-Malo come di “un piccolo popolo”. E questo ne riassume il prestigio. Città di lupi di mare, violenta, audace, dagli slanci ardenti ma fiera di se stessa, rappresenta nel passato la gloria dell’intera Marina Nazionale Francese.

La storia e la leggenda sono soprattutto legate a due personaggi.

Réné Duguay-Trouin, il corsaro moschettiere

Il magnifico moschettiere, marinaio e corsaro bretone René Trouin, Sieur du Gué, detto anche Réné Duguay-Trouin (o René du Guay-Trouin) che qui nacque il 10 giugno del 1673 e che dal 1973 vi riposa nella sua Cattedrale. Di lui vengono ricordate le intrepide imprese sui mari del mondo e i numerosi duelli per amore. Sostanzialmente, era un personaggio cappa e spada in anticipo sui tempi, come testimoniano perfettamente le sue “Memorie” pubblicate nel 1773 e tutt’ora ristampate. Quello della cappa e spada è un genere narrativo popolare caratterizzato dalle trame storiche dove però l’immaginazione, l’aspetto avventuroso e i colpi di scena sono di primaria importanza. Si è sviluppato tra la seconda metà del XIX° secolo e la prima metà del XX° ma l’ambientazione storica riveste un periodo più ampio (dal Medioevo al Settecento). Il nome “cappa” deriva dall’indumento indossato dai cavalieri, mentre la spada era l’arma principale utilizzata nei duelli. L’autore, credo, più famoso fu Alexandre Dumas con i suoi Tre Moschettieri ma anche Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda oppure Robin Hood appartengono a questo genere letterario. Che comunque è giunto fino al cinema ed ai fumetti: il personaggio di Zorro ne è un ottimo esempio.

Robert Surcouf, l’ultimo corsaro

L’altro rappresentante eroico della città è invece Robert Surcouf che nacque a Binic, vicino a Saint-Malo, proprio nel dicembre dell’anno della pubblicazione del volume “Mémoires de M. Du Guay-Trouin, lieutenant général des armées navales de France et commandeur de l’ordre royal et militaire de Saint Louis”. La madre discendeva da Réné Duguay-Trouin. Robert combatté gli inglesi nei mari indiani con svariati, diabolici trucchi, al punto che i giornali dell’epoca lo definivano “quel diavolo di Surcouf “. A soli 23 anni riuscì a conquistare Le Triton, una nave di 1000 tonnellate, 26 cannoni e 150 uomini d’equipaggio con un guscio di noce (Le Cartier) composto da 19 uomini e 4 cannoni, issando a bordo false bandiere nemiche. Accumulando un successo dopo l’altro, il Capitano di Saint-Malo arrivò a farsi beffe del nemico e a spacciarsi per un ufficiale della marina di Sua Maestà, asserendo che Surcouf era stato catturato ed era ormai in viaggio per la prigione di Madras. Verso la fine della sua vita fu uno dei primi a venir decorato con la Legione d’onore e a ricevere il riconoscimento direttamente da Napoleone. Un solo inglese pianse la sua morte nel 1827, il suo grande amico Lord Saint John.

Tanti ancora sarebbero i bucanieri di Saint-Malo passati alla storia. Ma anche i navigatori come Mahé de la Bourdonnais (1699) o gli esploratori come Jacques Cartier (1491), primo europeo a mettere piede in Canadà. Senza dimenticare che qui nacquero anche il Visconte François-René de Chateaubriand (1) (1768), scrittore, politico e diplomatico, genio immortale e fondatore del Romanticismo, Hugues-Félicité Robert de Lamennais (1782), pensatore, teologo, presbitero e filosofo, Louis-Jean-Noël Duveau (1818), pittore…

(1) Chateaubriand, amava l’autunno quando le canne iniziano a mormorare, subiva gli attacchi di tedio già adolescente a Combourg e generò, tra gli altri miti, quello del Bretone Malinconico. Generazioni di poeti, narratori e filosofi bretoni dopo di lui, furono convinti di appartenere ad un popolo triste. Perfino il gran Renan proclamerà nella sua “Preghiera sull’Acropoli”: “Io sono nato da genitori barbari, i Cimmeri buoni e virtuosi in riva ad un mare scuro, irto di scogli, sempre sbattuto dalle tempeste…le nubi ci appaiono senza colore e perfino la gioia è un po’ triste“.

Malgrado gli uragani di fuoco della seconda guerra mondiale che l’ha rasa al suolo, la fisionomia propria di Saint-Malo si è conservata nella rigorosissima ricostruzione. La Città Vecchia (detta intra muros), i muri a piombo, le strade lastricate in faccia alle maree, la fine della ricostruzione nel 1987 della Cattedrale di Saint-Vincent, iniziata nel XII° secolo sulle rovine di un’altra chiesa, i severi edifici allineati con i loro tetti scuri alle spalle delle mura, sotto un cielo ancora più scuro. Il famosissimo neurologo dell’800 Jean-Martin Charcot (2) sosteneva che dopo aver percorso le strade del mondo “non conosco niente di più bello che la Rade de Saint-Malo e l’entrée de la Rance” e lo scrittore e poeta Paul Scarron (1610) scriveva che nessun porto di mare è migliore di quello di Saint-Malo.

(2) Noto per i suoi studi neuro-psichiatrici (che ispirarono Freud), la cui opera più importante è la raccolta delle sue lezioni sulle malattie del sistema nervoso tenute alla Salpétrière (pubblicata in tre volumi nel 1885-1887 e in seguito poi tradotta in tutte le lingue). In suo onore Freud chiamò il suo primogenito Jean-Martin.

Saint Malo circa 1810
Saint Malo circa 1810

I canti del mare bretoni

Numerose sono in Bretagna, le grandi chansons de bord che raccontano le storie del mare: oltre a Le capitaine de Saint Malo altre chansons à hisser come Nous irons à Valparaiso, Jean François de Nantes, Sur le pont de Morlaix, Y a z’un petit bois oppure ancora le chansons à virer: La Margot, Le grand coureur, Quand la boiteuse va-t-au marché, Passant par Paris, senza dimenticare le chansons du gaillard d’avant: La Danaé, Au 31 du mois d’Août, Adieu cher camarade, Pique la baleine, Les pêcheurs de Groix.

Le capitaine de Saint Malo (Il Capitano di Saint-Malo)

Nessuno sa di chi parli in realtà Il Capitano di Saint-Malo (canzone à hisser). E’ collegata con As-tu connu le père Lancelot? (che proviene da Saint-Hilaire-de-Riez). La canzone viene documentata a Dunkerque nel 1854 dal grande musicologo Charles-Edmond-Henri de Coussemaker. Le parole di questo testo provengono da differenti versioni che venivano cantate a bordo delle navi all’inizio del secolo scorso. Tra queste anche Le père Winslow (3) (canzone à virer), curiosa variante inglese (non di covid, fortunatamente!).

(3) Winselow (con la “e”) fu il capitano inglese della baleniera bretone “Le Nantais” a partire dal 1817. Da due anni, grazie alla pace, i commerci con le lontane isole erano ricominciati ed uno degli armatori nantesi, Thomas Dobrée, esperto nella caccia alla balena, si era trovato senza equipaggio poichè in Francia i marinai balenieri erano oramai diventati rari e così affidò il comando ad un inglese, Joseph Winseloo. Nel 1817 la barca tornò e in soli 14 mesi aveva catturato 27 balene che permisero la costruzione di altre navi e Winslow, divenne francese. La canzone di Père Winslow, così come un’altra sua variante Hardi les gars, vire au guindeau, immortalerà musicalmente il ricordo di questo capitano di gran carattere.

Le capitaine de Saint Malo nella versione interpretata nel 1984 dai Cabestan nel loro esordio discografico (e anche all’estero da interpreti inglesi o americani), ha l’aspetto di una versione educata e, nello specifico, solamente accenna nel testo, all’esistenza di tre figlie del capitano…

Cabestan 1984

Le capitaine de Saint-Malo Ali alo
Qui fait la pêche au cachalot Ali ali ali alo.
Ali alo
Il a trois filles qui font la peau
La première à Valparaiso.
La deuxième à Rio d’Janeiro
La troisième à San Francisco
Il donne à boire à ses mat’lots
A grand coupe d’barre de guindeau.
Il mange la viande, nous laisse les os.
Il fume les cigares et nous laisse les mégots
A la manuvre le bosco
Te dresse à coups de cabillot
Le lieutenant t’envoie la-haut
A coups de bottes dans le dos
Et le second qui est l’plus beau Ali alo
Si tu groumes il te fout à l’eau Ali ali ali alo.
Ali alo

Il capitano di Saint-Malo Ali alo
Che fa la pesca al capidoglio Ali ali ali alo.
Ali alo
Ha tre figlie che fanno la pelle
La prima a Valparaiso
La seconda a Rio de Janeiro
La terza a San Francisco
Dà da bere ai suoi marinai
A grandi colpi di sbarra d’àrgano
Mangia la carne e ci lascia gli ossi
Fuma i sigari e ci lascia le cicche
Alla manovra c’è il gobbo
Che ti raddrizza a colpi di caviglia di ormeggio
Il luogotenente ti spedisce lassù
A botte sulla schiena
E il secondo che è il più bello Ali alo
Se ti lamenti ti butta in acqua Ali ali ali alo.
Ali alo

Le capitaine de Saint Malo nella versione registrata nel loro primo live del 1985 (con l’apporto del pubblico) dai Tri Yann e riproposta nel CD Chansons de Marins (2012), è decisamente scurrile e rivela nel testo particolari pornografici legati alle signorine in questione. Risultando decisamente meno poetica ma più appropriata come canzonaccia originale marinara legata al disprezzo per il capitano-tiranno. La censura probabilmente, in questo caso, si limita a omettere le parole nel libretto del disco.


Le capitaine de Saint-Malo Ali alo
Qui fait la pêche au cachalot Ali ali, ali alo
Ali alo
Il donne la goute à ses matelots
À grand coup de barre de guindeau
Il mange la viande et laisse les os
Il boit de vin et nous de l’eau
Et son second, qu’est un salaud
Il fume le cigare, il nous laisse les mégots
Il a trois filles, trois beaux brins d’peau
À Nantes, au Havre et à Bordeaux
Dans leur con grand comme un seilleau
Le foutre coule à plein tonneau
Le foutre rouge des Russos
Le bleu des Américanos
Celui-là qu’elles en jouissent plutôt
C’est celui du Breton costaud
Le foutre blanc, le foutre chaud
Des baleiniers de Saint Malo
Pique-leur ton vît fier matelot
Comme ton harpon au cachalot
Le capitaine de Saint-Malo Ali alo
Qui fait la chasse au cachalot Ali ali, ali alo
Ali alo

traduzione italiana Flavio Poltronieri
Il capitano di Saint-Malo Ali alo
Che pesca i capodogli Ali ali, ali alo
Ali alo
Dà la merenda ai suoi marinai
Con dei gran colpi di sbarra d’àrgano
Mangia la carne e ci lascia gli ossi
Beve il vino e a noi l’acqua
E il suo secondo che è un farabutto
Fuma il sigaro e ci lascia le cicche
Ha tre ragazze, tre tocchi di puttana[1]
A Nantes, Havre e Bordeaux
Nella loro fica grande come un secchio (2)
Si versa lo sperma (3) come si riempie una botte
Lo sperma rosso dei Russi
Quello blu degli Americani
Ma quello che preferiscono è piuttosto
Quello del Bretone robusto
Lo sperma bianco, lo sperma caldo
Dei balenieri di Saint-Malo
Infilzale alla svelta, fiero marinaio
Come con il tuo arpione, il capidoglio
Il Capitano di Saint-Malo Ali alo
Che caccia i capodogli Ali ali, ali alo
Ali alo, ho

Note
altre versioni riportano varianti “leggere” come quelle dell’uso da parte del “bosco” di un merluzzo (cabillaud) al posto della caviglia di ormeggio (cabillot) per picchiare i marinai
[1] Monique Palomares segnala un errore (visto dalla mudcatters Cheryl “Casey” Casebeer) riportato su internet dalla prima trascrizione del verso da brin a brun: “se fosse: “Il a trois filles, trois beaux bruns d’peau”, cioè “Ha tre belle figlie della pelle bruna” sarebbe “Il a trois filles, trois belles brunes de peau”; le filles in questione sono “tre ragazze che fanno le puttane” (si diceva un tempo “aller voir les filles” = andare a vedere le ragazze = andare al bordello). In gergo: peau = puttana, prostituta: https://www.languefrancaise.net/Bob/14351
“Il a trois filles, trois beaux brins d’peaux =”Ha tre ragazze, tre pizzichi di puttane”
(2)seilleau termine marinaro che identifica uno specifico vaso di legno usato anticamente a bordo dei bastimenti
(3) ulteriori varianti nell’assegnazione di colori o caratteristiche differenti a seconda della provenienza dei vari amanti delle tre figlie del capitano

Du foutre rouge des Anglos
Du foutre vert des Portugos
Du foutre froid du foutre chaud
Des Norvégiens des Italos
Celui-là qu’elles en jouissent plutôt
C’est celui du Français faraud

Dello sperma rosso degli Inglesi
Dello sperma verde dei Portoghesi
Dello sperma freddo, dello sperma caldo
Dei Norvegesi degli Italiani
Ma quello che preferiscono piuttosto
È quella dei fieri Francesi

LINK
https://abp.bzh/le-cd-traou-mad-de-dremmwel-plus-qu-un-best-of–33353

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Pubblicato da Flavio Poltronieri

Etnomusicologo. Autore e traduttore di canzoni. Ha pubblicato su riviste di avanguardia musicale in Italia/Francia/Germania. Fa parte della redazione giornalistica di Blogfoolk, Lineatrad e leonardcohenfiles.com

Una risposta a “Bretagna a luci rosse”

  1. Cattia, esiste anche una canzone “cugina” sulla stessa aria, dove al posto del Capitano figura questo Marcherot che non sono mai riuscito a capire chi sia. L’avevo ascoltata tanto tempo fa da un gruppo folk belga e dalle mie ricerche dell’epoca avevo ricavato che si trattava di una “protest song” degli scaricatori (originaria della zona del porto di Dunkerque, sulle rive del mare del Nord, che come sai è proprio sul confine). La puoi ascoltare qui, il testo è semplice e lo puoi capire bene anche al volo:

    https://www.youtube.com/watch?v=9E1rR4iLNcY
    https://johnroberts1.bandcamp.com/track/marcherot

    Flavio

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