Annkrist cantante francese d’origine bretone, merita una citazione se non altro per il suo omonimo primo LP (mai purtroppo ristampato). Il disco d’esordio rappresenta, per profondità, ispirazione e originalità, l’esempio più luminoso di una qualche mai dichiarata ufficialmente “canzone d’autore bretone” (seguito a ruota dai primi contemporanei dischi dei suoi complici Melaine Favennec e Gerard Delahaye e anche da quelli del compianto Serge Kerguiduff). Le canzoni di Annkrist oscillano tra folk e blues, descrivendo una vertigine sorda e un sottile filo. Sono questi che uniscono il paesaggio reale che serve da sfondo e il luogo intimo che è celato in ognuno dei protagonisti.
Alcuni hanno chiamato questo disco con il nome della prima traccia: PRISON 101. La copertina in realtà riporta solo ANNKRIST. La potenza cinica e desolata delle parole della canzone iniziale (che sembrano descrivere un sogno in un carcere femminile) le conferirebbe questo titolo, ma solo perché non si sono ancora ascoltate le altre e quindi la titolarità del disco le può spettare unicamente per un diritto cronologico. Finita la parte giuridica passiamo a qualcosa di più interessante.
Annkrist (Le Goarer, nata nel 1949, da genitori bretoni a Menzel Bourguiba in Tunisia) non assomigliava a nessuno. Una donna davvero seducente nella sua inafferrabilità, molto misteriosa, arrivata a Brest a otto anni, in seguito innamorata soprattutto della pittura. E malva sembra essere il suo colore, un colore cangiante, che ogni tanto fa capolino nei suoi testi. Un colore così simile sia alle rocce solitarie della Pointe de Fréhel, temprate dal freddo del mare, quanto alle lande settembrine di Bretagna. A sentirla cantare però, la sua particolare voce acre pareva aver vissuto molti più anni di quelli che l’anagrafe le attribuiva.
All’epoca l’ispirazione era allo zenith. La crudezza e l’angoscia dei versi sembrano contenere tutta la spietatezza tipica dei racconti dei gwerz tradizionali bretoni, seppur nella mutata forma-canzone. Un lupo mannaro sembra essere sul punto di uscire in ogni momento da un angolo, tra una riga e l’altra, mentre i suoni cristallini dell’arpa di Kristen Nogues conferiscono all’ambientazione sonora un clima sinistro e surreale.
La straziante poesia di questa giovane donna restituiva tutta la rabbia e il mal di vivere in una periferia francese dalla mediocrità uguale a tante altre, la stessa descritta magistralmente da Claudio Lolli nei suoi primi dischi qui in Italia. Nella ballata “La nuit de l’Arsenal” la scenografia spettrale è quella del porto di Brest. Prison 101 potrebbe essere un riferimento a 1984 di Georges Orwell, ogni canzone meriterebbe un capitolo a sè, “Par la rue haute” suona per metà celtica e per metà blues dell’Africa dell’ovest, “27 rue Kernadeis” ritrae con uno sguardo allucinato la miserabile vita notturna di una operaia tra le strade torbide, una stanza sconosciuta e la fabbrica, la delirante “La nuit tout est permis” si conclude addirittura con un lucido infanticidio, vero o presunto che sia.
PRISON 101 | PRIGIONE 101 |
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Qu’est-ce qu’on foutait prison 101 ? (x2) Est-ce qu’on rêvait de beaux dimanches De pétales au mois de mai Ou de désirs de robe blanche Que nous ne porterions jamais Qu’est-ce qu’on foutait prison 101 ? Tu sais, si on les laisse faire Ils diront qu’on parlait de mecs Et qu’on se fardait les paupières Pour coller nos rêves avec C’était pas ça prison 101 ? Tu gardais un œil en service Sur le garde-chiourme africain Qu’avait préféré les coulisses Pour descendre chez les Caïn Qu’est-ce qu’on foutait prison 101 ? Je retaillais le cou gracile D’une vierge enceinte et bombée Avec des yeux morts et fragiles Moi qui n’enfanterai jamais Qu’est-ce qu’on foutait prison 101 ? P’t-être bien qu’on attendait le soir Pour coller nos seins et nos cuisses Un coup qu’ personne pourrait savoir: Cause de la nuit du ciel qui pisse Qu’est-ce qu’on foutait prison 101 ? J’te dis, nous deux même en cellule J’te dis, des dingues! qu’on était Même qu’on croyait aux libellules Descendues des lunes d’été Qu’est-ce qu’on foutait prison 101 ? Un jour on m’a tué Mireille Va savoir qui ? voilà qu’arrive La troupe dardée des abeilles Pour bouffer l’ suc de sa salive Qu’est-ce qu’on foutait prison 101 ? On m’a mise au bout de la rue droite Du trou d’un bar d’un bleu falot J’entendais la mélodie moite De la musique d’un salaud J’ai pas guéri prison 101 J’y retournerai un matin J’y retournerai c’est pas ma faute Mais j’y retournerai c’est certain Prison 101 ou bien une autre Parce que tu sais prison 101 Elles sont montées dans mon cerveau Ouvrir ma voix comme on fend l’huître Elles sont montées dans mon cerveau Pour faire des trous dans mon pupitre | Cosa ce ne importava della Prigione 101? Sognavamo delle belle domeniche, dei petali nel mese di maggio o dei desideri di abiti bianchi che non indosseremo mai. Cosa ce ne importava della Prigione 101? Sai, li si lascia fare, diranno che si parlava di ragazzi, che si truccavano le palpebre per incollarci i nostri sogni Non era questo prigione 101? Tenevi d’occhio il servizio sul secondino africano che aveva preferito le quinte per scendere a casa di Caino Cosa ce ne importava della Prigione 101? Tagliavo il gracile collo di una vergine incinta e convessa con degli occhi morti e fragili io che non avrò mai figli Cosa ce ne importava della Prigione 101? Può darsi che si aspettasse la sera per incollarci i seni e le cosce nessuno può saperlo a causa della notte, del cielo che piscia Cosa ce ne importava della Prigione 101? Ti dico noi due anche in cella delle pazze, quello eravamo, anche se credevamo alle libellule scese dalle lune d’estate. Cosa ce ne importava della Prigione 101? Un giorno mi hanno ucciso Mireille va a sapere chi? eccola che arriva la truppa trafitta delle api per nutrirsi del succo della sua saliva Cosa ce ne importava della Prigione 101? Mi hanno messo all’angolo della strada dritta, nel buco di un bar blu lanterna, sentivo la melodia umida della musica di un bastardo. Non sono guarita, Prigione 101 Ci ritornerò un mattino ci ritornerò, non è colpa mia ma ci ritornerò di sicuro Prigione 101 oppure un’altra Perchè tu sai prigione 101 Mi sono entrate nel cervello hanno aperto la mia voce come si apre l’ostrica mi sono entrate nel cervello per fare dei buchi nella mia scrivania |
Raccolta di testi bretoni contemporanei – 1985)
Poco dopo l’uscita del disco, nel gennaio del 1976, Annkrist fu colpita da un terribile incidente automobilistico, fu ricoverata a lungo all’ospedale di Morlaix.
Maripol, Claude Besson, Gérard Delahaye, Patrick Ewen, Kristen Nogues, Melaine Favennec, Serge Kerguiduff, An Triskell e molti altri la supportarono musicalmente e anche finanziariamente.
La seguente carriera musicale di Annkrist, lungo una decina di anni, non recherà che qualche sporadico accenno alla Scena Bretone, restando comunque sempre appassionatamente e romanticamente legata all’angoscia del vivere. Non risultano collaborazioni e rarissime sono state anche le sue apparizioni pubbliche documentate: l’unica testimonianza ufficiale risulta essere “La beauté du jour” contenuta nel CD “Grandes voix de Bretagne aux tombées de la nuit“, registrato a Rennes il 3 luglio 2002. In quella occasione presentò anche altre canzoni inedite, rimaste purtroppo non pubblicate.
Segnalo per chi avesse tempo per approfondire, due siti non proprio ottimali e anche un po’ datati, uno dove si possono trovare alcuni testi dell’artista e l’altro una discografia link all’ascolto
trascrizione di alcuni testi
http://www.parolesmania.com/paroles_annkrist_12945.html
Discografia completa con link per l’ascolto dei brani in rete
http://jacquesderic.free.fr/RastellToull/RT_C162A1_Annkrist_Discographie.html
Grazie Flavio, ho integrato il commento nel post