Agnete og Havmanden, la Bella e il Tritone

"Agnete og Havmanden" (1862 circa) di Vilhelm Kyhn

Agnete og Havmanden è una ballata del XVIII secolo, tra le più popolari in Danimarca ma diffusa anche in Svezia e Norvegia, appartenente al filone delle storie amorose tra umani/e ed esseri soprannaturali di varia tipologia. Qui abbiamo una giovane donna che si invaghisce di un uomo-pesce (l’equivalente maschile di una sirena, discendente nordico del Tritone della mitologia greco-romana).

La popolarità della storia di Agnete in Danimarca è testimoniata anche dalle statue ad essa ispirate, come la fontana in una piazza della città di Aarhus e la scultura subacquea nell’acqua del canale di Hojbro Plads a Copenaghen.

La fontana di Aarhus: Agnete e il Tritone
La statua sommersa di Copenaghen dell’uomo-pesce e i suoi bambini

Agnete og Havmanden

[DgF 38]

Il catalogo svedese (Sveriges Medeltida Ballader) suggerisce una corrispondenza con la Child Ballad 41 Hind Etin (Little Kerstin and the Mountain King / Den Bergtagna / Liti Kjersti / Marit Hjukse), nella quale però l’essere soprannaturale è un gigante “re della montagna”. D’altra parte, una possibile derivazione della ballata da fonti anglosassoni sembra confermata dagli espliciti riferimenti alla terra inglese contenuti nel testo danese.

La storia di Agnete

Il Tritone corteggia Agnete perché lasci i suoi figli e vada a vivere con lui in fondo al mare. Agnete accetta e partorisce un bambino all’anno (in alcune versioni i bambini sono solo due). Un giorno sente suonare le campane della chiesa e chiede all’amante il permesso di tornare a terra per visitare la chiesa e incontrare la madre. Quegli acconsente ma le chiede di adottare una serie di comportamenti, come non inchinarsi di fronte al prete, non sciogliersi i capelli e non sedersi accanto alla madre. La donna entra nella chiesa ed incontra la madre, alla quale racconta la sua nuova vita “acquatica”, ma non rispetta le condizioni poste, decidendo quindi di abbandonare il Tritone (che invano la implora) e i bambini per rimanere con la sua ex famiglia.

Agnete hun stander paa Højelands Bro,
og op kom den Havmand fra Bølgen den blaa.
Hans Haar det var som det pureste Guld,
hans Øjne de vare saa frydefuld’.

»Og hør du, Agnete saa favr og saa fin!
og vil du nu være Allerkjæreste min?«
 »O, ja saamænd, det vil jeg saa,
naar du tager mig med under Bølgen den blaa.«

Han stopped hendes Øren, han lukte hendes Mund,
saa førte han hende ned paa Havsens Bund.
 Paa Havsens Bund der stander hans Bo,
dèr ganger Agnete i røde Guldsko.

 Dér var de tilsammen i otte Aar,
syv Sønner og en Datter med den Havmand hun faar.
 Agnete hun sad ved Vuggen og sang:
da hørte hun Engellands Klokker de klang.

 Agnere hun ganger for den Havmand at staa:
»Og maa jeg mig én Gang til Kirke gaa?«
 »O, ja saamænd, det maa du saa,
naar du kommer igjen til Børnene smaa.«

 »Ja, visselig og sandelig jeg det vil:
der er mig intet kjærere i Verden til.«
 »Men naar du nu skal til Kirke gaa,
saa maa du ikke tage dit røde Guld paa.

 Og naar du kommer paa Kirkegaard,
saa maa du ej slaa ud dit fagre gule Haar.
Og naar du triner i Vaabenhuset ind,
saa maa du ikke smile under Skarlagenskind.

 Og naar du kommer paa Kirkegulv,
saa maa du ikke gaa til din Moder i Stol.
 Og naar Præsten han nævner den høje,
saa maa du dig ikke nedbøje.«

Men der hun nu skulde til Kirke gaa,
saa tog hun alt sit røde Guld paa.
 Og der hun nu kom paa Kirkegaard,
Agnete slog ud sit fagre gule Haar.

 Og der hun tren i Vaabenhuset ind,
Agnete hun smiled under Skarlagenskind.
 Og der hun nu kom paa Kirkegulv
Agnete gik ind til sin Moder i Stol.

 Og da Præsten han nævned den høje,
hun monne sig dybt nedbøje.
 Da mælte hendes Moder, hun stod hende nær:
»Agnete! Agnete! hvor kommer du her?

 Agnete! Agnete! kjær Datter saa blid!
hvor har du været saa lang en Tid?
 Hvor har du været saa lang en Tid?
og hvor er du bleven om Kind saa hvid?«

»Paa Havsens Bund der stander min Bo,
dèr haver jeg givet den Havmand min Tro.
 Dèr skinner ikke Sol hin blide,
derfor er mine Kinder saa hvide.

 Sønnerne syv jeg haver ham født,
den ottende er saa liden en Mø.«
 »Hvad gav dig den Havmand for Æren din,
der han dig fæsted til Bruden sin?«

 »Han gav mig Guldringene fem,
baade Roser og Liljer var lagt udi dem.
 Og han gav mig det røde Guldbaand,
der bindes ikke bedre om Dronningens Haand.

Og han gav mig de guldspændte Sko,
der findes ikke bedre paa Dronningens Fod.
 Og han gav mig en Harpe af Guld,
at lege paa, naar jeg var sorrigfuld.

 Men nu vil jeg blive paa grønneste Grund,
og aldrig vil jeg mere til Havsens Bund.«
 De tænkte, de vare dèr ene to,
men alt stod den Havmand og lydde derpaa.

 Den Havmand han tren ad Kirkedøren ind,
alle de smaa Billeder de vendte sig omkring.
 Hans Haar det var som det pureste Guld,
hans Øjne de vare saa taarefuld’.

 »Agnete! Agnete! kom til Havet med mig!
dine smaa Børn de længes efter dig.«
 »Ja, lad dem længes, mens de længes vil!
dem kommer jeg aldrig mere til.«

 »O, tænk paa de store! og tænk paa de smaa!
og mest paa den lille, som i Vuggen laa!«
»Nej, aldrig vil jeg tænke paa store eller smaa,
og mindst paa den lille, som i Vuggen laa.«

Agnete incontra il re del mare, di John Bauer
Agnete incontra il re del mare – John Bauer

Agnete stava sull’Highland Bridge (1)
E dalle onde azzurre arrivò il Tritone
I suoi capelli erano dell’oro più puro
e gli occhi tanto belli.

“Ascoltami, Agnete, tanto nobile e bella!
Sarai tu la mia amata? “
“Oh sì, sinceramente, lo sarò,
Se mi porterai con te sotto le onde blu “

Le tappò le orecchie, le chiuse la bocca
Poi la condusse in fondo al mare
Ora la sua dimora è in fondo al mare,
Là Agnete cammina con scarpe d’oro rosso

Vissero assieme per otto anni,
Sette figli e una figlia ebbe con il Tritone!
Agnete sedeva accanto alla culla e cantava;
Poi sentì suonare le campane inglesi.

Agnete si avvicinò al Tritone
“Posso andare in chiesa solo per questa volta?”
“Oh sì, sicuramente, puoi farlo,
se (poi) torni dai figli piccolini “

“Sì, sicuramente lo farò per davvero;
Niente mi è più caro in questo mondo “
“Ma quando andrai in chiesa
Non potrai indossare il tuo oro rosso

E quando arriverai al cimitero (3)
Non ti scioglierai i biondi capelli,
E quando entrerai nel portico della chiesa
Non sorriderai sotto al rossore delle guance (4)

E quando camminerai sul pavimento della chiesa
Non potrai andare dove siede tua madre
E quando il sacerdote menzionerà il nome santo
non dovrai inchinarti “

Ma quando lei andò in chiesa
Aveva indosso tutto il suo oro rosso
E quando arrivò al cimitero
Agnete lasciò cadere liberi i biondi capelli

E quando entrò nel portico della chiesa
Agnete sorrise sotto al rossore delle guance
E quando camminò sul pavimento della chiesa
Si avvicinò al punto in cui sedeva sua madre

E quando il sacerdote menzionò il nome santo
Lei si inchinò profondamente
Allora sua madre che le stava vicino disse:
“Agnete! Agnete! Da dove vieni?

Agnete! Agnete! cara figlia così gentile!
Dove sei stata per così tanto tempo?
Dove sei stata per così tanto tempo?
E dove sono diventate così bianche le tue guance? “

“In fondo al mare c’è la mia casa
Lì mi sono data al Tritone
Là il dolce sole non splende
perciò le mie guance sono così bianche

Gli ho dato sette figli
L’ottava è una fanciulla tanto piccola “
“Che cosa ti ha dato il Tritone per il tuo onore
Quando ti ha fatto sua sposa? “

“Mi ha dato cinque anelli d’oro
Con rose e gigli erano decorati,
E mi ha regalato dei braccialetti d’oro rosso,
Niente di più magnifico esiste per le mani di una regina

E mi ha dato delle scarpe con la fibbia d’oro
Non esiste niente di più magnifico ai piedi di una regina
E mi ha dato un’arpa d’oro
Da suonare quando mi sentivo triste.

Ma ora resterò sulla terra più verde
E mai più tornerò in fondo al mare”
Le due (donne) pensavano, lì da sole
Ma il Tritone si era levato e aveva sentito tutto.

Il Tritone entrò allora dalla porta nella chiesa
e tutte le piccole immagini (3) si voltarono
I capelli erano d’oro zecchino.
Gli occhi piangenti.

“Agnete! Agnete! Torna nel mare con me
i tuoi figlioletti ti vogliono”
“Sì, lasciali fare tanto quanto vorranno,
Io non andrò mai più da loro”

“Oh pensa al grande! E pensa al piccolo!
E pensa alla più piccola, che nella culla giace”
“No, non penserò mai più al grande o al piccolo
e meno di tutti alla più piccola che nella culla giace”

Il Tritone entra in Chiesa per chiedere ad Agnete di ritornare da lui
Il Tritone entra in Chiesa per chiedere ad Agnete di ritornare da lui — John Bauer

NOTE
(1) “Hojelands Bro” è la traduzione in danese di “Highland Bridge”, Il toponimo non indica un luogo particolare, ma è un generico riferimento che suona come indizio che l’azione si svolge in terra inglese. Il Ponte inoltre è un elemento significativo nell’essere il tramite tra il mondo soprannaturale e il mondo umano. Occorre osservare che L’Inghilterra viene evocata come una terra lontana, un “luogo esotico” per i fruitori della ballata.
(2) Nei paesi nordici è consuetudine trovare un cimitero nel terreno che circonda una chiesa. Per entrare in chiesa, dunque, Agnete deve necessariamente passare per il cimitero.
(3) sono le immagini dei Santi che voltano il volto dall’altra parte all’ingresso in chiesa del dio pagano; in alcune versioni della ballate le immagini si voltano già all’ingresso di Agnete
(4) letteralmente: la pelle scarlatta

Per chi suona la campana

La storia si presta a diverse interpretazioni, da quella religiosa (il ritorno di Agnete dalla madre che avviene in chiesa e certi dettagli come le immagini dei santi che si voltano all’apparire del Tritone, in alcune versioni già all’ingresso di Agnete, suggerirebbero una “conversione” della donna pentita per la fuga d’amore con il dio pagano) ad una che definiremmo più “umanistica” (che concentra l’attenzione sul Tritone, visto come essere soprannaturale ma non pericoloso, anzi amorevole e alla fine meritevole di pietà, essendo lui alla fin fine il “sedotto e abbandonato”, con prole inclusa).

Certamente, il finale della ballata, in cui la donna un po’ cinicamente dichiara di non voler più vedere i suoi “figli del mare”, appare un comportamento anomalo per le eroine rapite da esseri soprannaturali delle ballate nordiche. Una versione in prosa di Mathias Thiele (1843) suggeriva l’interpretazione che i figli avuti con il Tritone fossero “bambini brutti e piccoli”. Un’altra ipotesi, forse più attendibile, è che la ballata avesse fin dalle origini un intento deliberatamente satirico/burlesco, rappresentando un comportamento della donna ribaltato rispetto ai canoni tradizionali.

Esistono alcune versioni della ballata con un finale più simile a quello di storie dello stesso genere: il Tritone non prende bene la decisione di Agnete e copre di oscurità tutta la Terra così che la donna si perde e finisce di nuovo in fondo al mare, dove verrà confinata lontana dai figli e potrà consolarsi solo con la sua arpa d’oro. Ecco un esempio di questo secondo finale.

Den Havmand bar op sin højre Hand:
»Mulm og Mørke over alle Land!«
Der kom Mulm og mørken Sky,
den skjulte saa vidt over Land og By.

Agnete hun ganger i Blinde,
hun kan ingen Veje finde.
Hun agted sig at gange over grønneste Grund,
da tog hun den Sti til Havsens Bund.

Hun agted sig at gange til sin Moders Gaard,
da tog hun den Sti, til Bunden laa.
»Velkommen, Agnete, under Bølgen den blaa!
ret aldrig skal du mere paa grønne Jord gaa.

Ret aldrig skal du mere paa grønne Jord gaa,
og aldrig ser du mere dine Børn saa smaa.
Men her skal du sidde paa haarde Graasten,
og her kan du lege med døde Mænds Ben.

End lader jeg dig dog den Harpe af Guld,
den maa du end slaa saa sorrigfuld.«
Det maatte man høre i grønneste Lund:
— Fuglene synge. —
Agnete slog Harpen paa Havsens Bund.
— Skjønne Agnete! —

Il Tritone alzò la mano destra:
“Buio e oscurità su tutta la terra!”
Ci furono oscurità e nuvole scure
Nascondevano tutta la terra e le città

Agnete camminava alla cieca,
Non riusciva a trovare la strada.
Voleva incamminarsi verso la terra più verde
Ma prese la strada verso il fondo del mare.

Voleva andare alla fattoria di sua madre
Ma prese la via che porta nell’abisso.
“Benvenuta, Agnete, sotto le onde blu!
Non camminerai mai più sulla terra verde

Non camminerai mai più sulla terra verde
E mai più vedrai i tuoi figlioletti.
Ma qui starai, sulla dura pietra grigia
E qui potrai giocare con le ossa dei morti.

Anche se ti lascerò tenere l’arpa d’oro,
suonerai tristi melodie”
Questo si sente nel folto del boschetto
-cantare gli uccelli-
Agnete che suona l’arpa sul fondo del mare
– Bella Agnete! –

l’arpa d’oro del tritone – John Bauer

Agnete nella letteratura danese

Durante il periodo romantico danese, la ballata ha ispirato molti poeti, che l’hanno per lo più rivisitata secondo canoni “tragici” (il ruolo del destino, la seduzione e l’inganno, il desiderio e la passione).

Così Jens Baggesen “Agnes fra Holmegaard” (1808) e Adam Oehlenschläger in “Agnete” (1812), nonché Hans Christian Andersen nell’opera teatrale Agnete og Havmanden (1834) che fu messa in scena, accompagnata dalla musica di Niels Gade, ma la rappresentazione non ebbe successo.

La ballata di Agnete nel folk revival

Il gruppo danese Virelai in Fra Bolger og Bjerge (2011) esegue una versione della ballata molto ridotta
Trine Lyngvig in Hjertets Sprog (2015)
Una versione più completa ad opera di Mynsterland, altro gruppo danese nell’album omonimo (2017)
Povl Dissing, cantautore danese ormai ottuagenario, in un album del 2006
Lajla Storli  e Kim André Rysstad in Møya Som Drøymde (2013)

LINK

https://www.hojskolesangbogen.dk/om-sangbogen/historier-om-sangene/a-c/agnete-og-havmanden/
https://denstoredanske.lex.dk/Agnete_og_Havmanden
https://bifrost.it/GERMANI/Fonti/Ballatescandinave-02.Agnete.html
http://www.vejenkunstmuseum.dk/Dansk/samlingen/skulpturer2013/agneteoghavmanden.html
https://kalliope.org/en/text/folke2000013101
https://www.zingarate.com/danimarca/copenaghen/Agnete-og-Havmanden-copenaghen.html


Cattia Salto commenta: A me il tritone tradito e sconsolato, ricorda il kelpie della ballata scozzese “Òran Tàlaidh An Eich-Uisge” (“The Skye Water Kelpie’s lullaby” ) abbandonato da Morag. Il Kelpie canta la ninna nanna al figlioletto in lacrime, perchè non c’è più la mamma.
Trovo inoltre molta somiglianza tra l’Havmanden scandinavo e il selkie scozzese
.

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Pubblicato da Sergio Paracchini

Sergio Paracchini, ascoltatore seriale di buona musica, dagli anni ’70 innamorato del folk revival (celtico e non solo). Gestisce il gruppo Facebook “Folk rock e dintorni”.

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