The Slave’s Lament

The Slave’s Lament fu pubblicata nel 1792 nello “Scots Musical Museum” di James Johnson come raccolta dalla tradizione popolare da Robert Burns, (Vol IV #384): era l’anno in cui fiorirono le petizioni presso il parlamento unito della Gran Bretagna perchè venisse abolito il commercio degli schiavi (la prima organizzazione abolizionista in Inghilterra venne fondata dalla chiesa quacchera solo nel 1783), ma era anche la stagione della fioritura dell’Illuminismo scozzese a Edimburgo, per gran parte abolizionista.
Molto probabilmente Robert Burns rielaborò una vecchia canzone di cui si è trovato riscontro nelle pubblicazioni in stampa seicentesche dal titolo “The Trappan’d Maiden“, il lamento di una donna inglese soggetta alla servitù debitoria ovvero alla servitù per contratto, il “sistema” inventato all’epoca per gestire i flussi migratori verso le colonie inglesi.

LA SERVITU’ DEBITORIA

Le persona povera che non poteva pagarsi il costo della traversata, stipulava un contratto con il proprietario dell’imbarcazione e, giunti a destinazione, questo contratto veniva messo all’asta e comprato dai datori di lavoro: il lavoratore quindi riscattava il proprio debito con gli anni di lavoro (in genere tra i 3 e i 7), durante i quali non riceveva salario, ma era totalmente a carico del nuovo datore di lavoro; va da sé che molti proprietari del contratto, privi di scrupoli morali, non avevano nessun interesse economico a sobbarcarsi altre spese per sostentare in buona salute il lavoratore, che veniva mantenuto in precarie condizioni, giusto quel tanto che bastava per restare in vita fino al recupero del credito; infatti alla scadenza del contratto il proprietario era obbligato a rilasciare al lavoratore un pagamento di denaro o un piccolo terreno (o anche un compenso in natura). Si stima che nel 1625 il 40% della popolazione della Virginia (non nativa) siano stati dei servants.

Il governo britannico aveva trovato anche un altro modo per fornire la mano d’opera nelle piantagioni e risolvere nello stesso tempo il problema del sovraffollamento nelle carceri: la deportazione dei detenuti ! La prima terra da colonizzare fu l’America, e dopo la guerra d’indipendenza, l’Australia.

THE TRAPPAN’D MAIDEN

La ballata fu data alle stampe tra il 1689 e il 1709 e veniva venduta a Londra. La giovane donna è andata in America come “schiava per contratto” (servitù debitoria) a lavorare in una piantagione di tabacco in Virginia.
La ballata anche pubblicata con il titolo “When that I was weary” o “Weary in Virginny, O” ha molte più strofe di quelle riportate e anche diverse varianti testuali (“The Trappan’d Maiden or The Distressed Damsel Charles Bates (1685)-Roxburghe Ballads Volume I (1774) vedi)


I
Give ear unto a maid,
That lately was betrayed
And sent into Viginny O
In brief I shall declare,
What I have suffered there
When that I was weary, weary, weary O
II
Five years served I, under Master Guy,
In the land of Virginny-o
Which made me for
to know sorrow, grief and woe,
When that I was weary, weary, weary O
III
When my dame says go,
then I must do so,
When she sits at meat,
then I have none to eat,
IV
Instead of beds of ease
to lie down when I please
Upon a bed of straw
I lie down full of woe
V
As soon as it is day,
to work I must away,
Then my dame she knocks,
with her tinder box
VI
I have played my part,
both at plow and cart,
Billets from the wood
upon my back they load,
VII
Instead of drinking beer,
I drink the water clear,
Which makes me pale and wan,
do all that e’er I can
VIII
A thousand woes beside,
that I do here abide,
In misery I spend my time
that hath no end,
IX
But if it be my chance
Homewards to advance
In the land of Virginny O
If that I once more land
on English Shore
I’ll no more be weary weary, weary O.

The Committee of Correspondence in Songs and Ballads of Colonial and Revolutionary America, 1976 strofe I, II, IV, VI, VII, VIII

Keith & Rusty McNeil in Colonial & Revolution Songs 1988 (strofe II, III, V, VI VIII, XI)

Traduzione italiana Cattia Salto
I
Prestate ascolto alla ragazza
che alla fine è stata tradita
e mandata in Virginia
In breve vi dirò
quello che ho patito lì
quando ero stanca, stanca stanca!
II
Per cinque anni ho servito sotto Padrone Guy
nella terra di Virginia
è ho conosciuto
il dolore, le pene e i guai
quando ero stanca, stanca stanca!
III
Quando la mia padrona dice di andare,
allora devo farlo
quando si siede a tavola
poi non resta niente da mangiare per me
IV
Invece di letti soffici
per stendermi quando mi pare
su un letto di paglia
mi sdraio piena di dolore
V
Appena fa giorno,
devo andare a lavorare
poi la mia padrona sprizza scintille
con il suo acciarino
VI
Ho fatto la mia parte
sia all’aratro che al carro
cataste di legna
sulla mia schiena loro caricano
VII
Invece di bere birra,
bevo l’acqua chiara
e divento pallida e smorta
per fare tutto ciò che posso
VIII
In aggiunta a un migliaio di disgrazie
che devo qui sopportare
nella miseria passo il tempo
che non avrà fine fine
IX
Ma se verrà la mia occasione
di ricostruirmi una casa
nella terra della Virginia
 io avrò  più terra di quella che avevo un tempo
sulla costa inglese
e non sarò più stanca, stanca, stanca

NOTE
1) sebbene le broadside ballads siano per lo più anonime alcuni studiosi ritengono che l’autore di questa sia Charles Bates, romanziere e cantautore che scrisse nel 1680 “The History of the Famous Exploits of Guy Earl of Warwick”

The Slave’s Lament

Come per molte altre canzoni dello “Scots Musical Museum” anche “The Slave’s Lament” è attribuita solo parzialmente a Robert Burns, ipotesi confortata dalla diffusione della ballata “The Trappan’d Maiden” (in italiano La donzella afflitta); la questione è ancora controversa perchè Burns non ha mai rivendicato la paternità della ballata; se Burns fosse un abolizionista è questione controversa: certamente non ha scritto pamphlet in merito e anche la sua produzione letteraria più in generale non è molto significativa, così egli non ha mai condannato apertamente lo schiavismo!

Nel 1786 Burns, frustrato dai problemi finanziari, decise di accettare un remunerativo incarico in Giamaica come contabile in una piantagione di schiavi e solo il successo riscosso dalla pubblicazione della sua prima pubblicazione di poesie nota come “Kilmarnock edition” lo fermarono dall’emigrazione. Era consuetudine per la maggior parte dei giovani emigranti scozzesi andare in Giamaica con la speranza di fare una rapida fortuna e tornare a casa ricchi. Si trattava di giovani istruiti che occupavano posizioni manageriali ed erano parte integrante dell’ingranaggio e del traffico degli schiavi. Tuttavia nelle poesie più comunemente fatte risalire a quel periodo, quelle degli addii alla terra natia, Burns è più concentrato sul mondo che sta lasciandosi alle spalle che su quello che troverà nelle Indie Occidentali.

In “The Slave’s Lament” Burns accomuna il dolore dell’emigrante costretto dalle necessità a lasciare i suoi affetti, a quello dell’uomo nero messo in schiavitù e allontanato dal suo amato Senegal. L’atteggiamento di Burns nei confronti dello schiavismo è più blando e tuttavia importante: all’epoca ai neri si vuole negare l’appartenenza al genere umano, ritenendole creature prive di sentimenti umani, perciò sottolineare le eguaglianze negli affetti, contribuiva a far sorgere la compassione per la loro sofferenza. Questa propensione verso un trattamento più umano degli schiavi, non implicava però la denuncia del sistema e molti all’epoca consideravano la schiavitù come una necessità.


I
It was in sweet Senegal(1)
that my foes did me enthrall(2)
For the lands of Virginia-ginia(3) O;
Torn from that lovely shore,
and must never see it more,
And alas! I am weary, weary O! .
II
All on that charming coast
is no bitter snow and frost,
Like the lands of Virginia-ginia O;
There streams for ever flow,
and there flowers for ever blow,
And alas! I am weary, weary O!
III
The burden I must bear,
while the cruel scourge I fear(4),
In the lands of Virginia-ginia O;
And I think on friends most dear
with the bitter, bitter tear,
And Alas! I am weary, weary O!

Traduzione italiana Cattia Salto
I
E’ stato nel dolce Senegal
che i miei nemici mi resero schiavo
per le terre della Virginia;
Strappato da quelle amate spiagge,
che non vedrò mai più
e ahimè! sono stanco, stanco
II
Tutto su quella costa incantevole
non è neve pungente e gelo,
come nelle terre della Virginia
Dove fiumi scorrono perenni
e dove i fiori sbocciano sempre
e ahimè! sono stanco, stanco
III
L’oppressione devo sopportare,
finchè la frusta spietata temo,
nelle terre della Virginia
E penso agli amici più cari
con amare lacrime amare
e ahimè! sono stanco, stanco

NOTE
1) Per tutto il 1700 l’isola senegalese di Goreé diviene il maggior centro di smistamento degli schiavi africani imbarcati verso l’America (la tratta atlantica)
2) enthrall: da thrall termine arcaico per schiavo; era usanza delle tribù nord-africane sottomettere in schiavitù i prigionieri di guerra (com’era stata consuetudine nel mondo antico) che venivano anche barattarli con gli Europei. Quando si pensò di utilizzare i neri africani nel lavoro delle piantagioni delle Americhe, si diede il via a un sordido traffico di uomini catturati e ridotti alla condizioni di merce. Durante la traversata molti schiavi si lasciavano morire per la depressione. I “my foes” sono da intendersi più propriamente come i nemici tribali, mentre oggi siamo portati a considerare il termine in senso più generalizzato e il verso come un atto d’accusa contro tutti i bianchi.
3) fu la Virginia 1619 a dare inizio alla diffusione degli schiavi come lavoratori nelle grandi piantagioni (principalmente tabacco e più in generale per la canna da zucchero, il caffè e il cotone), pratica fino ad allora limitata alle colonie spagnole del Sudamerica. All’inizio i neri erano considerati “servitori” e soggetti alla normativa esistente sulla servitù debitoria ma gradualmente la loro condizione passò allo schiavismo proprietario a vita: per evitare che i discendenti nati da rapporti misti potessero rivendicare i diritti spettanti ai figli secondo le leggi inglesi, nel 1662 venne approvato il principio secondo il quale la discendenza di una donna schiava, era di proprietà del padrone della schiava, a prescindere da chi fosse stato il padre. Il nuovo codice degli schiavi del 1705 in Virginia stabiliva cha la razza bianca era dominante e superiore nei confronti della razza nera. La moralità della schiavitù veniva sostenuta citando i passi della Bibbia.
4) la sottomissione ottenuta con la violenza era sistematica, senza di essa si temeva la ribellione

Dougie Maclean in Tribute 1995
Davidona Pittock per ‘Editing Robert Burns for the 21st Century’
Christine Kydd
Shona Donaldson

FONTI
http://en.wikipedia.org/wiki/History_of_slavery_in_Virginia
http://it.wikipedia.org/wiki/Schiavit%C3%B9_negli_Stati_Uniti_d’America
http://sangstories.webs.com/slaveslament.htm
http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=37158&lang=it
http://www.burnsscotland.com/items/v/volume-iv,-song-384,-page-398-the-slaves-lament.aspx
http://www.electricscotland.com/familytree/frank/burns_lives55.htm
http://www.ijsl.stir.ac.uk/issue4/andrews.htm
http://mudcat.org/thread.cfm?threadid=41994
http://sniff.numachi.com/pages/tiWEARYVA;ttWEARYVA.html

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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