Gruppo di musica tradizionale del canavese scritto inizialmente con la grafia di Umbra Gaja e poi corretto in Ombra Gaja (ci spiega Vittorio Bertola: la o in piemontese si pronuncia come l’italiana u e come il dittongo francese ou; mentre il suono della o italiana e francese è rappresentato con ò; la u in piemontese si pronuncia chiusa come in francese, e come nel suono tedesco ü ) si traduce in italiano ombra allegra, a chiazze cioè l’ombra sotto a un pergolato d’uva o le fronde di un nocciolo, un fico o un sambuco tutti alberi tipici del mondo contadino canavesano.
Il gruppo fondato nel 1997 da Rinaldo Doro e Simone Boglia assume fin dagli esordi lo stile peculiare del quintët canavesano, uno stile musicale a cinque parti, perfetto per reinterpretare quasi classicamente la musica tradizionale del Piemonte, ma anche per innestarsi nel solco della tradizione con composizioni proprie. I due amici già nei Tre Martelli e fondatori dell’Ariondassa si avvalgono per il progetto della collaborazione di giovani ma dotati musicisti di formazione classica.
Scrive Rinaldo Doro: “La Valchiusella è la “patria” di una formazione musicale chiamata localmente “Ël Quintët”, ovvero un gruppo di strumenti a fiato (generalmente ottoni, ma non mancano le ance o la fisarmonica) di origine arcaica. Il “Quintët” suona ballabili: Valzer, Polche, Mazurche, “Monferrine” ma anche “Marce” per i coscritti o “Fanfare” (famosa quella dei “Partënt”, gli emigranti che lasciavano il paese). Perchè “Quintët”? La parola non presuppone solamente il numero dei componenti, ma la caratteristica esecuzione musicale: “Musica a Cinque Parti”. Abbiamo il “Canto”, eseguito dalla tromba o dal clarinetto, il “Contraccanto” che suona le terze o una melodia che affianchi il “Canto”, gli “Accompagnamenti” tenuti dai genis (flicorni) che eseguono le parti dell’accordo e il “Basso”, che suona la fondamentale e tiene la “quadratura” ritmica del gruppo.
Melodie come “La Mazurca ‘d Doru” o “Una Volta ero Bella (Mazurca dao Piën d’Alàs)”, che vengono eseguite a Brosso dal “Quintët” locale, non hanno assolutamente nulla da invidiare come livello compositivo a brani classici o “colti” più famosi. Questo è lo Spirito, la Vita, il “Blues” del Canavese che i nostri vecchi hanno saputo creare e ai quali noi dobbiamo il rispetto e il dovere di perpetuarne la “Memoria Musicale”. tratto da qui
Nel “Demo ’98” è racchiusa infatti tutta la loro filosofia, con Rinaldo Doro (Organetto, Ghironda) e Simone Boglia (Piffero, Flauti, Cornamusa) suonano il violino di Laura Messina e il violoncello di Loredana Guarnieri.
ASCOLTA Suite di Scottish composte da Rinaldo Doro, Scottish del Fré, del Ciaplé, del Suclàt, cioè del fabbro, dello stovigliaio (quello che faceva le stoviglie in terracotta, gli abitanti di Montanaro erano infatti chiamati ‘ciaplé’ o ‘pignaté’) e del falegname, i tipici doppi lavori dei contadini canavesani.
ASCOLTA Arrangiamento del valzer “L’umbra gaia” composto da Tullio Parisi fisarmonicista del gruppo folk Astrolabio.
ASCOLTA La Polca Veglia, Polca ‘d Giaculin, due polke tradizionali tratte dal repertorio canavesano dei “quintet” con l’aggiunta delle percussioni di Diego Zanetto
ASCOLTA Dèrapage, bourrée a tre tempi composta da Rinaldo Doro
Il primo album “Mude, trumbe e quintet” nasce nel 1999 da una ricerca rigorosa che si avvale della collaborazione di Amerigo Vigliermo già fondatore del Centro Etnologico Canavesano di Bajo Dora (To). Per la registrazione
Linda Murgia subentra al violoncello e si aggiunge il flauto traverso di Carla Forneris. Graditi ospiti gli ottoni dei Patelavax (in italiano “picchiatori di mucche”) di Nomaglio.
ASCOLTA Scottish di Masserano
L’anno successivo Ombra Gaja attiva una collaborazione con la cantante jazz Laura Conti (canavesana d’origine) facendo uscire un “Demo 2000” promozionale alla nuova line-up con la new entry al violino di Delia Ferraris seguito dall’album “A l’arbat dël sol” (2001) (su Spotify) per l’etichetta Folkclub Ethnosuoni; al violoncello questa volta si presenta Simone Comiotto tra gli ospiti Adelina Accame (arpa) , Massimo Caserio (cori), Chiara Marola (violino) , Aldo Mella (contrabbasso) , Enzo Zirilli (percussioni).
Fin dagli esordi il gruppo è richiesto in tutto il Piemonte e tiene concerti anche in Francia, Svizzera, Belgio e Germania; ma il sodalizio con la cantante è di breve durata e Laura Conti ritorna a collaborare con Maurizio Verna.
La formazione entra in una specie di stasi, scambiandosi il nome con gli Esprit Follet progetto musicale parallelo di Rinaldo Doro e Sonia Cestonaro, diventando quasi un progetto secondario seppur raro e prezioso, con una rifondazione di quest’ultimo anno di cui si attendono gli sviluppi.
LA BALLATA LIRICA PIEMONTESE
Riallacciandomi all’introduzione già presentata nella categoria “la ballata europea” colgo l’occasione per analizzare più da vicino due ballate dell’album “A l’arbat dël sol”
CASSINA SOLA
Ballata lirica proveniente dal canavese dal repertorio del Coro Bajolese di Amerigo Vigliermo dalla testimonianza di Guido Camosso di Rueglio: malinconico canto di sirena della contadinella che richiama il fidanzatino perchè sente la sua mancanza e ha bisogno di averlo vicino. In poche righe e con una melodia suadente, si trasmette tutto il sentimento della solitudine.
ASCOLTA il Coro Bajolese con l’introduzione di Amerigo Vigliermo che presenta il “portatore” della ballata
ASCOLTA I Cantambanchi, live dallo speciale Rai del 1979
Renato Scagliola (voce), Franco Contardo (voce e tamburello), Giancarlo Perempruner (voce, strumenti autocostruiti), Laura Ennas (voce, chitarra), Claudio Perelli (voce, chitarra, tastiere), Francesco Bruni (voce, chitarra, percussioni), Davide Scagliola (batteria, percussioni), Claudio Zanon (flauto traverso). La versione non comprende la IV e V strofa
ASCOLTA Ombra Gaja & Laura Conti in “A l’arbat dël sol” (2001) la versione è priva della IV strofa
I Son sì dësconsolà ënt una cassina sola (1). Quänd gnërà-lo ‘l mè amor ch’a vėn-a consolemi? II S’i l’hon sëntì na vos travers na colina lontana, s’a fussa ‘l mè amor ch’a vėn da la cassina. III S’a fussa ‘l mè amor a gnërìa pa cantando ma gnërìa con gli occhi a bass (2) e ‘l cuore sospirando. IV S’a fussa ‘l mè gentil galant(3) s’a l’è gentil di vita (4) guardèji sul capel c’ha jà la margherita V E maledet col dì, quell’ora che mi son nata, trovarmi sempre sì per esser consolata. |
Traduzione italiano di Cattia Salto I Sono così addolorata da sola in una cascina. Quando arriverà il mio amore a consolarmi? II Ho sentito una voce da una collina lontana che sia il mio amore che viene verso la cascina? III Se fosse il mio amore non verrebbe mica cantando ma verrebbe con gli occhi bassi sospirando nel cuore. IV Se fosse il mio innamorato sarebbe elegante guardate sul cappello che ha una margherita V Maledetto quel giorno, quell’ora che sono nata per trovarmi sempre così da confortare. |
NOTE
1) il significato è ambivalente “da sola in una cascina” ma potrebbe anche voler dire “in una cascina isolata”
2) la ragazza trasmetto nel fidanzatino la sua stessa impazienza e solitudine
3) letteralmente “il gentile galante”
4) gentil di vita cioè di gusti raffinati, eleganti
LA BELA BARGIROLA
Dalla raccolta “Canti popolari del Piemonte” (1888) Costantino Nigra classifica la ballata al numero 55 con il titolo di “La sposa porcaja” e ne riporta alcune versioni testuali (vedi). La ballata narra di un gentiluomo partito per la guerra, che affida la moglie alla madre raccomandandosi di trattarla bene. In realtà la suocera ha in odio la giovanetta e la manda ad accudire i maiali, facendole mangiare gli scarti della tavola e lasciandola al freddo (vessandola anche con vari lavori faticosi qui non riportati). Passano sette anni in cui la fanciulla non ride e non canta, il primo giorno che riprende a cantare, suo marito che è ritornato dalla guerra la sente e l’incontra nei boschi; messo a conoscenza delle angherie che lei ha sopportato, passa la notte con la moglie meditando sui cambiamenti che ci saranno dall’indomani: sarà la suocera a servire la nuora. Nigra rintraccia la diffusione della ballata in Francia, Provenza e Catalogna.
Il tema della ballata è tipico delle fiabe con la bella sventurata vittima della Cattiva suocera (la regina cattiva).
ASCOLTA Coro Bajolese una versione rimaneggiata rispetto al Nigra (versione C) la versione proviene da Frassinetto all’inizio della Val Soana ed è stata raccolta da Amerigo Vigliermo nel 1994.
ASCOLTA Ombra Gaja & Laura Conti in “A l’arbat dël sol” (2001) Bela Bargirola a chiudere con una bourré: in versione ulteriormente ridotta rispetto al testo del Coro Bajolese.
Variante versione C I Gentil galant a n’in va a la guèra, a l’è stait set ani a riturnè an riturnand për cule muntaniole l’à sentì la vus dla sua mojè “alon alon o bela bargirola (1) alon alon a la vostra mezun” (2) “j’e set agn che ‘l me marì l’è ‘n guèra e mi a táula sun mai pi andè II J’ù da fè cun na trista madona che ‘l pan dël brën mi fa mangè (3) j’e set agn che ‘l me marì l’è ‘n guera ai piè del foco sun pa pi ‘ndè J’ù da fè cun na trista madona che fuori al freddo mi fa restar” “alon alon o bela bargirola alon alon a la vostra mezun III Se fuisa nen che fuisa la me mama con questo pugnale la pugnalerei” a la matina ben da bunura mare madona la va a ciamè “O no no mia mare madona i me pors vu pa pi larghè dël me marì sun sì an cumpagnia cun chiel ancura vöi ripozè” |
Traduzione italiano di Cattia Salto I Gentile Galante è andato alla guerra e ci ha messo sette anni per ritornare, nel ritornare per quelle colline, ha sentito la voce della moglie “Andiamo bella pastorella, andiamo a casa vostra” “sono sette anni che mio marito è in guerra e io a tavola non sono più andata II Ho da fare con una cattiva donna che il pane di crusca mi fa mangiare, da sette anni ho il marito in guerra e accanto al fuoco non sono più andata, ho da fare con una donna cattiva che fuori al freddo mi fa restare” “Andiamo bella pastorella, andiamo a casa vostra III Se non fosse mia madre con questo pugnale la pugnalerei” Al mattino di buon ora la suocera la va a chiamare “O no, no suocera mia non voglio più governare i porci, sono qui in compagnia di mio marito e con lui ancora voglio riposare” |
NOTE
1) nella versione del Nigra è la bela porcairola (bella porcaia cioè l’addetta alla cura dei maiali) il Nigra nelle note riporta anche la variante Bela Bargeirola, da bargé= pastorella
2) il verso è una specie di refrain, mantenuto come tale nella versione della Corale
3) Laura dice qualcosa di diverso ma poco chiaro come senso (dice in dialetto: che quando bevo non mi fa mangiare), ho preferito la trascrizione come nel Nigra
FONTI
http://www.folkclubethnosuoni.com/html/schede/lconti_ombragaia.html
http://web.tiscali.it/umbragaja/bioITA.html
https://www.valchiusella.org/folclore-e-leggende/la-musica/