Nel Medioevo era a Carnevale che si abolivano le regole e le inibizioni (derivato dai Saturnali dell’Impero Romano) e gli studenti erano i primi a darsi al bere e ai divertimenti (tanto pagava papà!). Si badi bene studenti universitari debosciati, ma eruditi questi clerici vagantes, che invece di spostarsi di aula in aula per seguire le lezioni come nei moderni atenei, si spostavano da un’università all’altra dell’Europa per perseguire la loro formazione professionale, attirati dai migliori docenti che si potevano trovare sulla piazza.
Come nei Saturnali degli antichi romani così nei canti goliardici medievali si rovesciavano i valori costituiti, o meglio si irrideva e parodiavano le cerimonie della Chiesa.
IL CANTO DEI BEVITORI
“In taberna quando sumus” è forse uno dei Carmina Burana (Poesie di Beuron, dal nome del monastero benedettino vicino a Monaco nella cui biblioteca sono state ritrovate) più noti e generalmente conosciuto con il titolo di “Il canto dei Bevitori“: l’elogio al bere e al gioco ai dadi, l’uno come livellatore delle gerarchie sociali, l’altro per scongiurare la miseria.
Le taverne erano considerate nel XII e XIII secolo dei luoghi di malaffare a causa dei suoi frequentatori: vagabondi, studenti, meretrici e soprattutto giocatori d’azzardo (gioco peraltro vietato perché occasione di frode e di bestemmie).
Con una forte carica dissacratoria si inneggia a Bacco dio del vino e dell’ebbrezza, parodiando nella parte centrale i testi liturgici propri della Messa. Nella canzone in un crescendo di concitazione tutti sono travolti e accomunati dal piacere del bere.
I In taberna quando sumus Non curamus quid sit humus Sed ad ludum properamus Cui semper insudamus Quid agatur in taberna Ubi nummus est pincerna (1) Hoc est opus ut queratur Si quid loquar, audiatur II Quidam ludunt, quidam bibunt Quidam indiscrete vivunt Sed in ludo qui morantur Ex his quidam denudantur Quidam ibi vestiuntur Quidam saccis induuntur(2) Ibi nullus timet mortem Sed pro Baccho mittunt sortem (3) (Litania) (4) Primo pro nummata vini Ex hac bibunt libertini (5) Semel bibunt pro captivis Post hec bibunt ter pro vivis Quater pro Christianis cunctis Quinquies pro fidelibus defunctis Sexies pro sororibus vanis (6) Septies pro militibus silvanis (7) Octies pro fratribus perversis (8) Nonies pro monachis dispersis (9) Decies pro navigantibus Undecies pro discordaniibus Duodecies pro penitentibus Tredecies pro iter agentibus III Tam pro papa quam pro rege Bibunt omnes sine lege Bibit hera, bibit herus Bibit miles, bibit clerus Bibit ille, bibit illa Bibit servis cum ancilla Bibit velox, bibit piger Bibit albus, bibit niger Bibit constans, bibit vagus (10) Bibit rudis, bibit magnus Bibit pauper et egrotus Bibit exul et ignotus (11) Bibit puer, bibit canus Bibit presul et decanus (12) Bibit soror, bibit frater Bibit anus, bibit mater Bibit ista, bibit ille Bibunt centum, bibunt mille IV Parum sexcente nummate Durant, cum immoderate suffice Bibunt omnes sine meta Quamvis bibant mente leta Sic nos rodunt omnes gentes Et sic erimus egentes Qui nos rodunt confundantur Et cum iustis non scribantur | traduzione italiana * I Quando siamo all’osteria, non ci curiamo più del mondo, ma al gioco ci affrettiamo, al quale ognora ci accaniamo. Che si faccia all’osteria, dove il soldo fa da coppiere (1) questa è cosa da chiedere, e sentite ciò che vi dirò: II C’è chi gioca, c’è chi beve, c’è chi vive indecentemente. e tra quelli che muoiono per il gioco, c’è chi viene denudato, chi al contrario si riveste, chi di sacchi si ricopre (2). Qui nessuno teme la morte, ma per Bacco gettano la sorte (3). (Litania a Bacco) (4) Per primo si beve a chi paga il vino, poi bevono i libertini(5). poi si beve una volta per i carcerati, e tre volte per chi è vivo, quattro volte per i cristiani, e cinque per i fedeli defunti, sei per le “brave donne” (6), sette per i cavalieri erranti (7), otto per i fratelli traviati (8), nove per i monaci vaganti (9), dieci per i naviganti, undici per i litiganti, dodici per i penitenti, tredici per i partenti. III Per il papa e per il re tutti bevono senza regole. Beve la signora, beve il signore, beve la milizia, beve il clero, beve questo, beve quella, beve il servo con la serva, beve il lesto, beve il pigro, beve il bianco, beve il nero, beve il fermo, beve il vago (10), beve il rozzo, beve il raffinato, beve il povero e il malato, beve l’esule e lo straniero (11), beve il bimbo e l’anziano, beve il vescovo e il decano (12), beve la suora, beve il frate, beve la nonna, beve la mamma, beve questa, beve quello, bevon cento, bevon mille. IV Poco 600 denari durano, se senza freno e senza fine tutti bevono: ma ciascuno beve in allegria! Così tutti ci disprezzano e noi siamo sempre al verde! Ma chi ci disprezza sia punito e non sia ricordato tra i giusti |
NOTE
* ho rielaborato la traduzione italiana prendendo come traccia quella di E. Vecchi in “Poesia latina medievale” 1959
(1) “dove comanda il denaro” infatti soltanto chi ha denaro può bere. Il coppiere era il servitore che versava il vino durante i banchetti.
(2) chi si veste di sacco è un poveraccio
(3) il gioco d’azzardo era quello dei dadi, che vengono gettati in aria
(4) inizia una lunga litania in cui ai alza il bicchiere per bere alla salute dei presenti: il primo è ovviamente per colui che paga da bere. E’ un inno al vino che imita i salmi. Come osserva Emanuele Pennini (il quel riporta peraltro un’agile traduzione del testo) “si nota una litania in onore del dio del vino, Bacco, che riprende la preghiera dei fedeli del Venerdì Santo. Ci sono anche altre espressioni, che riprendono il Messale romano, dove si prega “in commemorazione dei fedeli defunti, dei pellegrini e dei viandanti, per la salute dei viventi, per i pubblici penitenti e per i nemici”.(qui)
(5) dissoluti, dediti ai piaceri terreni
(6) letteralmente “sorelle leggere o smarrite”, donne di facili costumi
(7) i figli cadetti della nobiltà che non avevano dritto all’eredità paterna e andavano in giro alla ricerca di soldi e avventure
(8) frati corrotti e immorali
(9) anche i monaci (come gli studenti) erano viaggiatori che andavano a consultare le biblioteche delle molte abbazie per la loro opera di copiatura, traduzione e miniatura di codici e manoscritti che erano la summa del sapere del tempo
(10) l’uomo sicuro di sé e al contrario chi è timoroso
(11) ignotus, ignorato nel senso di sconosciuto, straniero
(12) ovvero i membri della gerarchia ecclesiastica
FONTI
http://ontanomagico.altervista.org/saturnalia-taberna.htm