La notte del lupo che porta l’inverno

Il 30 novembre nel mondo contadino è l’inizio dell’inverno, nel calendario liturgico è la festa di Sant’Andrea, primo tra gli Apostoli di Gesù che secondo la tradizione andò a predicare il Cristianesimo in Asia Minore e intorno al Mar Nero, tra i Daci, i Sarmati e i Russi risalendo fino al Volga.
Tuttavia queste peregrinazioni dell’apostolo non sono storicamente accertate e le fonti letterarie sono vaghe e confuse.
La cristianizzazione dei daco-romani avvenne in modo lento, sulla scia della diffusione del Cristianesimo nelle Chiese Orientali, in continua dialettica con la Chiesa di Roma che portò allo Scisma d’Oriente; la Chiesa ortodossa rumena fece capo al Patriarcato di Costantinopoli per proclamarsi autocefala nella metà dell’Ottocento.

“Sabina Ispas, la direttrice dell’Istituto di Etnografia e Folclore “Constantin Brăiloiu” di Bucarest spiega che nella cultura romena, Sant’Andrea è situato al confine tra autunno e inverno. “Dopo la sua celebrazione inizia l’inverno propriamente detto. Infatti il primo mese invernale reca il suo nome, perché dicembre è noto anche con i nomi di Indrea o Undrea. A cominciare dalla sera di Sant’Andrea si fanno i preparativi per accogliere il neonato Gesù Cristo. La sera di Sant’Andrea la gente non dorme. Se si trova in chiesa o in monasteri, prega, mentre a casa, vengono praticati rituali volti a proteggere dalle forze negative“, spiega Sabina Ispas.” (tratto da qui)

Anche la cultura sarda conserva il nome dell’apostolo  nel mese di novembre chiamandolo SANT’ANDRÌA che Salvatore Dedola traduce come ‘Mese in cui il Cielo inzuppa la terra’. (vedi)
A  Ion Corvin (Constanța, sud-est della Romania)  la grotta di Sant’Andrea è ancora luogo di grandi pellegrinaggi; la grotta scavata nella roccia si trova alla base di un boschetto che la nascose alla vista per secoli. Si racconta che attorno all’anno 60 d.C. Sant’Andrea utilizzasse le sorgenti di acqua vicine alla grotta per battezzare i primi cristiani: la strada era già spianata perchè  i Geto-Daci credevano nell’immortalità dell’anima e veneravano il dio Zamolxis (Zalmosside) un dio della montagna o del cielo -ma anche del mondo infero-

… questo Zamolxis – conoscente del modo di vita ionio, e di abitudini tranquille di quelle tracie, perchè ha avuto legami con i greci e con Pitagora, un grande pensatore di questi,- ha costruito una casa per radunare tutti gli uomini, dove, si dice, lui li riceveva e li metteva a banchettare, tutti i capi dei paesi, dicendogli che nè loro nè i loro discendenti moriranno, ma andranno in un posto dove avranno parte di tutte le bontà. Nel frattempo quando si facevano i banchetti e quando lui diceva queste cose, iniziò a costruire una abitazione sotto terra. Quando fu pronta, lui scese nella sua casa, e visse lì per tre anni. I Traci volevano riaverlo e lo piansero e fecero un lutto per lui. Nel quarto anno lui riapparse, e così Zamolxe fece i suoi insegnamenti degni di essere creduti.” Herodoto, Storie, lv , 95 -96.
Per l’approfondimento sull’uomo-dio Zalmoxis rimando alle ricerche di Marco del Rio (qui e qui)

La  Ciuleandra è una danza rituale che si ritiene fosse praticata dai Geti per trasmettere messaggi al  Dio Zamolxis, il nome significa “Danza del cardo rosso”, diffusa pianta dai poteri curativi.

MONOTEISTI?

In merito alla religione e ai miti dei Daci (e ai Daci stessi) si conosce molto poco, la prospettiva odierna può solo prendere atto della mancanza di sufficiente materiale su cui compiere degli studi rigorosi; con buona probabilità la civiltà dacia è molto più antica e complessa di quanto si sia voluto ammettere, con un pregiudizio a favore dell’occupazione romana, potendosi ravvisare piuttosto un antenato comune tra le due popolazioni ascrivibile ai Traci. Ma come per i Celti, di Traci e Geti non si hanno informazioni scritte di prima mano, di loro ne testimoniano usanze e credenze i Greci e i Romani con tutti gli inevitabili o voluti fraintendimenti.

IL POPOLO DEI LUPI

I Romani sotto Traiano ci misero cinque anni per conquistare la Dacia, vi trovarono dei guerrieri tenaci che combattevano con cariche tumultuose e accompagnate da molto strepito, un po’ alla maniera dei guerrieri celti. (continua)
Il loro stendardo era una testa di lupo con corpo di drago. Così il furor heroicus passava attraverso la metamorfosi rituale in belva (vedasi i germani berserkir) e il Lupo rimase lo spirito protettore dei Daci.
A leggere certi storici sembrerebbe che la popolazione dei Daci sia stata sterminata dai civilizzati Romani (la maggior parte uccisa e il rimanente portato in catene a Roma) sostituita da bravi e volenterosi coloni provenienti da ogni dove dell’impero romano; ma molto probabilmente non è così che è andata, nei Romeni di oggi  il sostrato geto-dacico è molto più presente di quello “romano”; ulteriori conquistatori si avvicendarono in quelle terre, Goti e Unni pressanti alle soglie del morente Impero Romano, e nel Medioevo Slavi, Ungheresi e Turchi.

L’INVERNO DEL LUPO

In Romania la festa di Sant’Andrea viene collegata dal folklore alla “notte del lupo che porta l’inverno”, sono i lupi famelici identificati con i rigori dell’inverno, il gelo e la neve della stagione della fame (“tempo da lupi”, “fame da lupi”); così come il celtico Samain la notte della vigilia è una notte magica in cui i viventi devono proteggersi da lupi e lemuri (spiriti della notte), principale ingrediente nei riti è l’aglio con le teste intrecciate a decorare porte e finestre; si svolgeva in particolare la Veglia dell’Aglio, una sorta di notte bianca con musica e balli presso la casa dall’anziana del paese.

Delia Suiogan, etnologa presso l’Università del Nord di Baia Mare, spiega: L’aglio può legare la bocca ai lupi, perché abbiamo anche questo simbolo in questa notte magica. Si pratica anche la veglia dell’aglio. La gente usava riunirsi nella casa di un’anziana che conosceva tutte le regole di questo rito. Venivano tutte le ragazze del villaggio e ciascuna portava con sé tre teste di aglio. Passavano poi una notte bianca sorvegliando questo aglio accanto al quale veniva messo un pupazzo detto proprio Indrei, che rappresentava una divinità precristiana sotto la forma di Babbo Andrea, che doveva morire. Si faceva così una veglia allegra, anche se tutto ciò succedeva durante il periodo di digiuno che precedeva il Natale.”(tratto da qui)
L’aglio era poi distribuito tra le fanciulle per portare in casa fortuna e salute.

SPETTRI VIVI, SPETTRI MORTI, VAMPIRI

Il termine romeno strigoi si traduce con spettro ma anche stregone o vampiro, il popolo romeno distingue tra spiriti vivi (“strigoi vii”) e spiriti morti (“strigoi morţi”), coloro cioè destinati a diventare vampiri dopo la morte. Si diventa strigoi dalla nascita quando i genitori non sono sposati (o se si muore prima del battesimo) o quando si nasce con la “camicia” (cioè con la membrana amniotica che avvolge la testa del neonato), anche i settimini sono sulla buona strada per diventare strigoi, o chi conduce una vita peccaminosa (praticare la stregoneria o ottenere denaro con l’inganno)  o chi diventa un suicida. Questi strigoi  possono fare del male volontariamente o involontariamente già in vita (una sorta di jettatori all’ennesima potenza) e sono sorvegliati attentamente dai loro famigliari, i quali sono pronti a compiere i dovuti rituali post-mortem per impedirne il ritorno nel mondo dei vivi. Gli spettri morti sono spiriti che non sono riusciti a varcare la soglia dell’al di là così ritornano spesso nelle proprie case, disturbando l’ordine dei viventi.
Scrive Moreno Pedriziani nel suo saggio “Alcuni elementi sulle credenze e le creature soprannaturali in età moderna”
La parte più superstiziosa e popolare di queste leggende vuole che un uomo che non mangi mai aglio sia soggetto al vampirismo, così come se una donna incinta si rifiuta di mangiare il sale, o se un vampiro incrocia lo sguardo con una donna incinta (in questo caso sarà il bambino a nascere vampiro). Diventa vampiro anche colui la cui ombra viene calpestata da un gatto, o chi proietta la propria ombra su un cadavere.
Il termine romeno per vampiro è strigois, dalla radice semantica del verbo che significare “gridare”, poiché si riteneva che la loro apparizione fosse accompagnata da terribili grida, quelle che potevano essere sentite nella notte di Sant’Andrea, un momento considerato magico. La parola fu soggetta a tabù linguistico e i vampiri vennero sempre chiamati con altri nomi: necurat (sudicio), deformato poi in nosferat. Il vampiro di sesso femminile in Romania era lo strigoaica, che amava succhiare il sangue degli infanti e distruggere la fertilità dei campi e la salute delle persone, poteri che in Occidente erano associati tradizionalmente alle streghe di sesso femminile. Gli strigois erano considerati particolarmente subdoli poiché potevano anche alimentarsi di cibi umani e fingere di compiere una vita normale, sposarsi e fare figli per assicurare la loro stirpe malvagia a cui trasmettevano il loro stato d’essere. (Tratto da qui)

Il trailer di Strigoi di Faye Jackson (2008)

L’Andrea delle ragazze

La notte di Sant’Andrea  le fanciulle pregavano il santo per conoscere il futuro marito, tradizioni condivise tra le popolazioni contadine europee nelle notti magiche: il grano sotto al cuscino per sognare il ragazzo che verrà a chiedere di seminarlo, come pure le infiorescenze  del basilico o i semi di mela (che devono essere 41), sempre messi  sotto al cuscino, con tutti i simbolismi sottesi alla fertilità. Spiega Sabina Ispas “Questo gesto non va guardato come una specie di incantesimo, ma come un gesto tramite cui, in un momento speciale, l’uomo entra in contatto con il trascendente tramite la mediazione di Sant’Andrea, per sapere informazioni su ciò che succederà con lui e con i suoi beni, ma solo per la durata di un anno. Si tratta non di chiaroveggenza, ma di un messaggio che il trascendente trasmette all’individuo tramite la mediazione del vegetale” (tratto da qui)
Tanti esempi di questa mediazione vegetale li troviamo nei racconti nelle ballate popolari vedasi ad esempio il rituale celtico dei semi di canapa (qui)
Nelle notti magiche è inoltre più facile avere accesso a delle visioni connesse con la luce riflessa: occorre una lanterna o una candela per guardare nel fondo di un pozzo  o attraverso uno specchio o anche una bacinella (d’argento) piena d’acqua.

Alla Festa di Sant’Andrea sono legate anche una serie di superstizioni:
-se durante la notte della vigilia della Festa di Sant’Andrea nevica o piove, oppure se il cielo è coperto e segue la fase di luna piena, allora sarà un inverno difficile e molto freddo;
-si portano in mansarda dodici grandi cipolle, una per ogni mese del anno, e si tengono lì fino a Natale. Le cipolle che hanno germinato significano mesi ricchi per l’agricoltura, mentre le cipolle marce significano mesi con tanta pioggia e grandine;
-non ci si presta né ci si regala nulla in questa giornata, in modo da avere un anno nuovo ricco e con pochi danni di ogni genere. (tratto da qui)

continua

FONTI
https://celticfearn.wordpress.com/2010/05/28/il-lupo-miti-leggende-insegnamenti/
http://gazzetta.arkekairos.org/appuntamento-la-daciastoriatradizioni-cultura/
http://www.turismoitalianews.it/i-luoghi-piu-insoliti/11786-romania,-tradizioni-e-costumi-in-bucovina-e-maramure%C5%9F-per-la-festa-di-sant%E2%80%99andrea
http://www.rri.ro/it_it/sant_andrea_e_san_nicola_nella_tradizione_romena-2556590

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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

Una risposta a “La notte del lupo che porta l’inverno”

  1. Oggi tre febbraio in Bretagna è Saint Bleiz. ‘Bleiz’ in bretone significa “lupo” dunque oggi è San Lupo. Proviene anche dal Duca bretone del XIV° secolo. Nella cultura celtica è una figura positiva, piena di vigore, molte divinità e molti eroi ne assumono le sembianze, anche la Morrigan talvolta. Poi accompagna pure il Dio Cernunnos nella foresta assieme a orso e lontra. E’ messaggero della Dea della “Morte nella Vita” e conduce i defunti della Terra dei Morti. In Bretagna usano pure i suoi diminutivi Bleizig e Bleizou. Onoriamolo in branco.

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